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Autore: callistas    08/11/2013    12 recensioni
Ciao!
Eccomi tornata come promesso a postare il primo capitolo di una nuova storia con gli immancabili Draco e Hermione.
Draco è il titolare di Hermione, la quale lavora presso di lui come centralinista. Grazie a una piccola diatriba con la fidanzata di Draco - leggete e saprete fin dal primo capitolo chi è - per Hermione inizia un calvario senza fine, fatto di dispetti e punizioni immeritate.
Spero vogliate darmi ancora l'occasione di sapere cosa ne pensate.
Vi aspetto numerosi!
Un bacio,
callistas
P.S.: La magia non c'è.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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10 - Il marchio del tradimento Mie fedelissime… un bentornato a voi.
E a me. ù_ù

È stata dura, devo ammetterlo.
Non immaginavo che andare in ferie fosse così stressante. E non scherzo.
Sono stata al paese del mio fidanzato e in una settimana ho dovuto girare mezza Sicilia per andare a trovare amici e parenti.
È un bel paese, per carità, ma molto caotico. Anche se non ti conoscono, ti fermano e si mettono a chiacchierare mentre io, invece, sarei più un tipo da “meditazione Zen”, ovvero lasciatemi-in-pace-e-fatevi-i-cazzi-vostri.

Ma tutto sommato è andata bene.
Tempo bellissimo e mare stupendo.
Vabbè, torniamo con i piedi per terra e con il capitolo su EFP.


A parte gli sproloqui sulle mie ferie che, naturalmente, non interessano a nessuno, non ho molto altro da dire.
Il mio angolino si trova sempre in fondo alla pagina, nel quale ho messo un paio di spiegazioni sul titolo.

A più sotto,
callistas









Lunedì diciassette novembre e tutto era ripreso a scorrere come doveva essere.
Hermione si divideva ancora tra contabilità e magazzino ma con la mente era già alla gavetta che Draco le aveva preventivato in aereo.
Una parte del suo cervello, però, era tutta sulla registrazione di quelle provvigioni. Chissà quanti altri dati sbagliati c’erano e se Draco si era già messo all’opera per trovare la soluzione.
La ragazza avrebbe tanto voluto fare qualche domanda ai tecnici ma non sapeva se fosse una buona idea. Non voleva prendere iniziative sconsiderate, non ora che aveva raggiunto finalmente un equilibrio con Draco.


Non poteva andare meglio di così.
Anche se avevano stretto una sorta di “amicizia” – se di amicizia tra un datore di lavoro e una collaboratrice si può definire il loro rapporto – per Hermione non cambiava niente, se non solo per qualche battuta in più che poteva permettersi di fare con Draco alle quali l’uomo rispondeva o con una ghignata delle sue o con un’esasperata alzata di occhi al cielo.
Il biondo direttore aveva smesso di farsi venire l’orticaria di fronte a tutti i “perché” della riccia, solamente per il fatto che da quando erano tornati a Londra, quei “perché” erano mirati a colmare le lacune in ambito lavorativo.

A volte sembrava di vedere un padre che trasmetteva il proprio sapere al figlio.

Hermione assorbiva come una spugna tutte le nozioni che Draco le forniva sull’azienda. A volte il biondo pensava che le mancasse solo un block notes e una penna per fare di Hermione una scolara.
Con le informazioni di Draco, stava lentamente mettendo insieme il puzzle che era la Malfoy Home.

Di tanto in tanto, Draco se la tirava dietro in qualche settore, giusto per farle assaggiare come sarebbe stata la sua vita futura all’interno dell’azienda.
Hermione gli trotterellava dietro, tutta contenta di essere finalmente stata notata per le proprie capacità.


Un po’ meno contenta ma abile nel nasconderlo, era invece Pansy Parkinson.
La mora fidanzata del direttore della Malfoy Home era costretta a rosicchiarsi le unghie per quella confidenza e per quel feeling che i due avevano sul lavoro e, naturalmente, come ogni fidanzata gelosa insicura del rapporto con il proprio uomo, vedeva cose inesistenti dappertutto.
Purtroppo Draco era stato chiaro quando avevano parlato al suo rientro dall’America.

“Siediti.”
L’aveva convocata nel suo ufficio con una freddezza e un distacco tali, che davvero Pansy pensò che l’avrebbe lasciata.
“Allora, veniamo subito al dunque.” – chiarì lui. – “Mi sto onestamente stancando.”
Pansy era sbiancata.
“Sono stanco di vederti fare i tuoi comodi all’interno di quest’azienda, stanco di chiamare nel tuo ufficio e non trovare nessuno, stanco di vedere i dipendenti entrare nel mio ufficio con delle carte che tu dovevi firmare, ma che per un astruso motivo hai sempre accantonato ma soprattutto… sono stanco di vederti provocare Hermione.”
La mora aveva tirato un sospiro di sollievo. Non la stava lasciando. Tuttavia, non gradì che Draco prendesse le parti di quell’insulsa contadinotta e non le sue.
“Hermione.” – ripeté lei, sfoggiando l’arma della gelosia. – “Dunque il viaggio a New York è andato meglio del previsto?” – chiese, osando insinuare atteggiamenti poco etici di un fidanzato nei confronti della fidanzata lontana e di un datore di lavoro nei confronti di una dipendente.
Draco la guardò duramente.
“Queste sono le insinuazioni di una donna di basso borgo, Pansy.”
La mora arrossì per la stoccata.
“E tra le tante cose di cui sono stanco, è dovervi sempre difendere dalle tue accuse di tradimento. Ogni volta che parlo con una donna del mio organico, devo sempre fare i conti con te e la tua inutile gelosia. Stiamo per sposarci. Questo non significa niente per te?” – l’accusò.
Pansy chinò lo sguardo.
“E’ solo che vedo quanto tu sia accomodante con certe donne Draco. Tutto qui.” – disse, riferendosi volutamente a Hermione.
“Se devi parlare di Hermione, fallo apertamente, per favore.” – la riprese.

La chiacchierata con la riccia aveva dato i suoi frutti.
Hermione non si faceva problemi a dire le cose in faccia e Draco aveva iniziato a trovare questo comportamento molto positivo e da persone mature. I giri di parole, i sottintesi… iniziavano davvero a stancarlo.

“Ti ho già detto che la trovo una valida collaboratrice e che intendo puntare su di lei. Ora hai due scelte: o accetti Hermione, magari non come migliore amica ma come collaboratrice, oppure te ne vai.”

Aveva parafrasato le parole della riccia e quando se ne era accorto, se ne era sorpreso parecchio.

Pansy era sbiancata paurosamente. Le stava dando un ultimatum?
“Dunque è a questo che siamo arrivati? Agli ultimatum?” – chiese Pansy, indignata. – “E tutto per chi? Per Hermione Granger? Ma si può sapere che ha quella in più degli altri?”
“E’ una brava ragazza Pansy, una che nonostante l’abbia ficcata in magazzino per farti contenta non si è arresa e ha migliorato non solo il lavoro, ma ha anche sistemato un grave problema di Sicurezza sul Lavoro che, da quello che mi risulta, spettava a te. Una che nonostante le abbia dato anche l’amministrazione da seguire, sempre per farti contenta, se ne è rimasta zitta e ha fatto pure quello. Obiettivamente, Pansy: chi non vorrebbe in azienda una così?”
“Draco… mi giuri che non c’è niente tra voi due?”

Aveva giocato la carta dell’incompresa che, di solito, funzionava sempre.
E così fu anche quella volta.

“Niente di niente. Solo rispetto.”
Pansy annuì.
“D’accordo. Scusami per le mie assenze. Ti prometto che non capiteranno più.”
Draco annuì.
“Va bene. Coraggio, ho bisogno di te qui dentro.”
Sorridendo, Pansy uscì.




Il giorno in cui Hermione riuscì ad ottenere ciò che si meritava, fu il martedì della settimana successiva.

Draco si era mobilitato e aveva chiamato una squadra di tecnici esperti per mettere a soqquadro ogni computer aziendale o mezzo tecnologico che potesse avere a che fare con i bilanci che erano arrivati in mano a John e che si era accampata lì già dal giovedì precedente.
Non avevano saltato nessuno su ordine di Draco stesso: neanche il centralino, il cui unico lavoro era smistare le chiamate e che con la contabilità non c’entrava proprio niente.
Ogni settore che entrava in contatto con quei tecnici, veniva bloccato per delle ore e scansionato fino a trovare il più microscopico degli errori. Per l’occasione Draco non aveva badato a spese: anche se ci avessero impiegato un mese, alla fine la falla doveva saltare fuori.

Solo alla fine delle loro ricerche, gli esperti avrebbero fatto un resoconto sul sistema operativo aziendale e lo avrebbero consegnato a Draco e a nessun altro.


“… già che ci sei mandami via mail… cosa? Sì, sì! Anche quello! Ok, ok allora l’aspetto, grazie!”
Hermione riagganciò il telefono e annotò sul block notes l’appunto telefonico. Voci di corridoio dicevano che a breve quei geni dei computer sarebbero arrivati anche nel loro ufficio e tutti erano un po’ – un bel po’ – preoccupati perché sui propri computer c’erano informazioni personali, disdette di polizze assicurative o mail inviate ad amici per l’organizzazione di una serata, che con il lavoro non c’entravano niente.
Hermione, invece, non aveva niente di tutto ciò. Il suo computer era lindo come il culetto di un bambino appena lavato e non temeva niente.
Continuò con il proprio lavoro, con la coscienza pulita.


“Non capisco perché non hai fatto fare questo lavoro ai nostri tecnici.” – chiese Pansy, mentre guardava dalla finestra di Draco il parcheggio sottostante e si rigirava tra le mani il girocollo di perle. – “Ti costerà un patrimonio.”
“Può costarmi anche l’azienda, non m’interessa.” – disse Draco, pinzando un paio di fogli insieme. – “Voglio sapere che cos’è successo e poi scoprirò chi ha spedito quei documenti a John.”
Pansy continuò a fissare il paesaggio, rigirandosi la collana tra le dita.
“Hai magari pensato che forse non è un problema del software?” – chiese, girandosi.
Draco si girò e la guardò dritto negli occhi.
“Sì.”
“Quindi?”
“Quindi ho chiamato questi tecnici proprio per appurare che nel sistema non ci sia niente.”
“E se è stato qualcuno dell’azienda, cosa farai?”
“Non lo so. Prima devo sapere chi è.”
“Certo, certo… Mi chiedo poi chi sia stato a mandare quei bilanci a John.”
“Scoprirò anche questo.” – disse Draco, che ormai era sulle spine.
“Beh, ti lascio al tuo lavoro. Torno nel mio ufficio.”
“Sì, certo.”
Pansy uscì e Draco pensò che la chiacchierata post viaggio in America era stata un toccasana per la sua fidanzata, perché l’aveva vista più presente sul lavoro, meno distratta e più consapevole del proprio ruolo all’interno del suo organico.
Forse quella sera potevano recuperare gli arretrati accumulati, pensò divertito.




Controllare alcuni settori aziendali fu un lavoretto molto semplice e veloce, perché certi computer non erano programmati per alcune funzioni che, invece, erano proprie del reparto amministrazione.

Era martedì pomeriggio e a breve i tecnici della Hogwarts’ Academy avrebbero consegnato a Draco il resoconto sul lavoro eseguito.
Avevano invaso la sua azienda per una settimana, ma se era vero quanto si diceva su di loro, erano talmente bravi che avrebbero trovato anche il classico ago nel pagliaio.
Non riusciva a spiegarsene il motivo, ma non era convinto che il difetto fosse nel software: quella era opera di qualcuno che voleva sabotargli l’azienda. Per non parlare di quell’intrusione avvenuta nell’ufficio di Pansy solo qualche anno addietro.
Avevano sporto regolare denuncia contro ignoti, ma i ladri non erano più stati trovati.
Quando il giorno dopo avevano scoperto il fatto, sembrava non mancasse niente. Solo dopo aver visto parte del bilancio della sua società da John, Draco si era reso conto di cosa mancasse: quei ladri dovevano aver fatto una copia del programma per il bilancio in modo tale da tenerlo sempre sotto controllo.

Draco era davvero preoccupato.
Se non poteva fidarsi delle persone con le quali lavorava come avrebbe potuto fare?

“Draco?”
“Sì?”
“Ci sono i tecnici qua fuori.”
“Falli entrare Pansy.”
“Subito. Prego, entrate.” – disse agli esperti.
In fila entrarono in silenzio con in mano delle cartellette. Entrò anche Pansy, che andò a sistemarsi dietro le spalle di Draco in un atteggiamento che l’uomo giudicò estremamente professionale.
Aveva capito come doveva comportarsi.
“Buon giorno signori.” – salutò l’uomo.
“Buon giorno.”
“Allora, che mi dite? Novità?” – chiese Draco, che non aveva voglia di girarci intorno.
“Qualcuna, sì.” – disse quello che doveva essere il responsabile dell’operazione. – “Analizzando i vostri computer, abbiamo trovato parecchie cose non inerenti all’ambito lavorativo.”
Draco divenne di ghiaccio e quando sentì la mano di Pansy posarsi sulla sua spalla, si rilassò. Forse Pansy non sarà stata la persona più solare di questa terra, ma capiva quando lui aveva bisogno di sostegno.
Proprio come in quel momento.
“Del tipo?”
“Oh, le solite cose… E-mail personali su come organizzare la serata, a che ora trovarsi per il cinema… cose così.” – chiarì.
Ma Draco non era tranquillo. Non era quello che gli interessava sapere.
“E… del programma gestionale cosa mi dite?”
“Quello funziona a meraviglia, signor Malfoy.”
Draco abbassò lo sguardo per un attimo.
Cazzo…
“Lo ZXP9500/1 è forse il miglior programma attualmente in commercio che resiste a qualsiasi attacco di forzatura esterna. Una volta contabilizzati i dati non si possono più modificare, a meno che…
Draco alzò lo sguardo di colpo.
“A meno che?” – era in un bagno di sudore.
“A meno che non venga introdotto un Cavallo di Troia, con unica funzione quella di cancellare certi tipi di dati. Una volta cancellati, si possono reinserire sbagliati.”
E meno male che era il miglior programma attualmente in commercio che resiste a qualsiasi attacco di forzatura esterna, pensò Draco ironico.
“Dunque alla fine è stato qualcuno a manomettere i bilanci.” – fu la conclusione di Pansy.
“Purtroppo sì. E sappiamo anche chi.”
Ecco il momento della verità.
“Abbiamo trovato su un computer una fitta corrispondenza, tra l’altro nascosta molto male, tra il suo dipendente e una società fittizia alla quale siamo risaliti mediante un’approfondita ricerca. Questi sono i testi che abbiamo stampato.”
Draco li prese e sfogliò le pagine con fare distratto. Si poteva quasi dire che fosse più interessato al quantitativo che non a quello che vi fosse scritto sopra: l’essere venuto a conoscenza che nella sua azienda c’era qualcuno che gli remava effettivamente contro era stato davvero un duro colpo.

Di nuovo, il confronto con il padre fu inevitabile. Draco non aveva mai sentito parlare di questi problemi quando suo padre gestiva l’azienda.
Perché dovevano iniziare proprio con lui?

“E di chi è il computer in questione?” – chiese Pansy con aria grave.
“Risponde al nome di…” – il tecnico aprì la cartelletta e lesse il nome. – “… Hermione Granger.
Draco avvertì nitidamente una lama conficcarsi nella schiena.




La ragazza in questione stava tranquillamente parlando al telefono con Roger.
A causa di quel viaggio, alcuni lavori si erano accumulati sulla sua scrivania e non aveva avuto modo di salutare i colleghi del deposito come avrebbe voluto.
“… beh, ho visto pochissimo perché Draco è voluto rientrare praticamente subito. Sono ancora mezza rimbambita dal fuso orario.” – rise lei.
“Draco, eh?”
“Sì! Mi ha permesso di chiamarlo per nome e dargli del tu. Sai!, ha detto!…” – si zittì immediatamente e iniziò a parlare sotto voce. – “… ha detto che ha dei progetti per me, che secondo lui potrei essere un valido aiuto per l’azienda, ti rendi conto? E poi ha già iniziato a farmi vedere qualcosina…” – disse, ridacchiando eccitata.
“Te l’avevo detto che Draco è una brava persona.”
“Mi sa che avevi ragione tu.”
“E hai visto altro di New York?”
“No. Ma sai la cosa buffa? Ho trovato una mia amica che adesso lavora nella Livin Home! Il mondo a volte è davvero piccolo!”
“Ma pensa te!”
“Così adesso che so dove sta Laney, la mia amica, mi organizzerò e andrò a trovarla, in modo da vedere meglio la città.”
“Sì, certo. E…”
“Hermione?”
E mentre Roger le faceva la sua domanda, Hermione si girò verso la Parkinson.
Beh, doveva ammettere che da quando era tornata in ufficio, non l’aveva più fermata per delle cazzate, anzi… non l’aveva più fermata per niente e aveva pure iniziato a lasciarle aperta la porta quando la intravedeva nel parcheggio. Forse aveva ragione Draco su di lei: bastava conoscerla un po’ meglio per ricredersi.
“Hermione mi senti? Ohi?”
“Ehm, Roger scusa, posso richiamarti dopo?”
“Sì, certo. Ciao.”
“Ciao.” – salutò. – “Ha bisogno?” – chiese Hermione.
“Draco vuole vederti. Adesso.”
“Ah va bene.” – ordinò frettolosamente le carte che aveva sul tavolo e poi seguì Pansy.

Il suo sesto senso era attivo.
Forse si stava sbagliando, forse Draco voleva parlarle di quella famosa “gavetta” di cui le aveva anticipato in America o forse era lei stessa che, ogni volta che vedeva Pansy, entrava in allarme.

Pansy aprì la porta dell’ufficio di Draco e usò a Hermione la cortesia di farla passare per prima.

A quel gesto i campanelli d’allarme di Hermione suonarono a festa perché non era mai capitato prima e non era proprio possibile che Pansy fosse cambiata così radicalmente in quei pochi giorni che erano stati lontani. Per non parlare poi quando aveva visto l’intero gruppo di esperti seduti davanti a Draco che la guardavano come se fosse stata infetta.
E adesso che succede?, si chiese la ragazza.
“Buon giorno.” – salutò.
Nessuno rispose.
“C’è… c’è qualche problema?” – chiese, mentre si stropicciava le mani.
Quel gesto non passò inosservato al direttore della Malfoy Home che lo prese come una sorta di ammissione di colpa.
“Draco?” – lo chiamò Pansy. – “Fai tu o faccio io?”
“Fai tu.” – disse Draco con una voce così fredda che fece venire la pelle d’oca a Hermione.
Perché quel tono? E perché Draco permetteva a Pansy di avere di nuovo “a che fare con lei”? Non avevano forse detto che era bene tenersi a rispettosa distanza per evitare guai? Perché si stava rimangiando la parola?
“D’accordo. Granger, li riconosci questi?”
Malamente, Pansy sbatté sul petto a Hermione – che prese una bella botta sul seno – un pacco di fogli. La ragazza si trattenne dal risponderle male non per soggezione, ma perché voleva capire che stava succedendo.
Guardò i fogli e prese a girarne le pagine.
E che cavolo è ‘sta roba?, pensò Hermione che man mano che girava le pagine le si presentavano davanti agli occhi codici e numeri di cui non sapeva assolutamente nulla.
“Cosa sono?” – chiese, alzando il capo.
“Quelli, Granger…” – continuò Pansy. – “… sono le prove che questi signori hanno trovato sul tuo computer e che fanno di te una criminale!”
Non solo era indispettita per quell’aggressione, ma soprattutto perché la parola “criminale” associata al suo nome era proprio l’ultima cosa che quella puttana! stronza doveva fare!
“Oh! Moderiamo i termini, eh? Io non sono una criminale!”
“Ciò che lei regge in mano signorina Granger…” – iniziò un tecnico che catturò tutta la sua attenzione. – “… sono messaggi, fax e mail che lei ha spedito alla concorrenza e che attestano che lei ha modificato i dati per compromettere la situazione finanziaria dell’azienda.”
Hermione spalancò la bocca, incredula e i fogli le caddero dalle mani.
“Cosa… noo!” – esclamò! – “Non farei mai una cosa del genere! Draco diglielo anche tu!”

Fino a quel momento, Draco era rimasto zitto perché il nodo che gli serrava la gola era talmente enorme che gli avrebbe solo fatto uscire dei rantoli e che avrebbero palesato tutta la sua delusione.
Non si era mai sentito così stupido in tutta la sua vita. Era andato a fidarsi e a confessare cose private proprio alla persona che stava remando contro di lui!
Aveva sbagliato completamente il suo giudizio su una persona e non era una cosa che gli capitava molto spesso. Herm… la Granger era stata molto brava a raggirarlo.

“Cosa dovrei dire?” – chiese Draco, dopo essere riuscito a sciogliere, almeno in parte, quel nodo.
Dal tono di voce, Hermione comprese immediatamente che lui non le credeva.
“Draco…”
“Mi sono fidato di te e in cambio tu… tu spedivi dati falsi alle altre compagnie!” – tuonò.
Hermione sobbalzò sul posto.
Era davvero arrabbiato.


Il reparto si zittì immediatamente.
Non avevano mai sentito il signor Malfoy urlare in quel modo. Chissà che aveva fatto Hermione…


“Ti sei venduta bene, complimenti!”
Un’unica lacrima le solcò la guancia.
“Non sono stata io…” – disse, con voce incrinata. – “Non ho spedito nessun dato a nessuna azienda e non so che cosa siano questi numeri!” – esclamò.
“Ma come?!” – la derise Draco. – “Tu che sai sempre tutto, non sai cosa siano questi dati?”
“No, va bene? Non lo so!”
Ecco che tutta la sua preparazione, ottenuta solo grazie a immensi sacrifici, le si ritorceva contro.
“Peccato che non ti creda per niente! Sei solo una bugiarda! Una falsa! Un Giuda!”

Ah no, eh?
Di tutto si poteva dire di Hermione Granger, ma non che fosse una traditrice!
In un attimo, comprese che tutto era andato in fumo: la fiducia, l’onestà, i suoi sacrifici… tutto in fumo perché quell’idiota di titolare preferiva fermarsi alle apparenze, piuttosto che indagare meglio. Evidentemente il suo impegno sul lavoro non era servito a niente se quello stronzo, appena cadeva una foglia, la accusava!
Lei non aveva fatto niente, cazzo! Niente!

“E tu un emerito pezzo di merda.” – scandì Hermione, dura come il granito che vendevano.
La voce era ferma e dura e gli occhi erano due gemme d’ambra inespressive.
I tecnici sbarrarono gli occhi, ora leggermente a disagio.
“Ma come ti per…” – tentò Pansy, ma Hermione ne aveva anche per lei.
“Ti prego!” – disse Hermione, con gli occhi spiritati. – “Dì un’altra parola e ti butto giù dalla finestra!”
Pansy si zittì.
“D’accordo, me ne vado…” – disse, con un sorriso sarcastico. – “… almeno non dovrò più vedere la tua merdosa faccia ogni sacro santo giorno!” – si sentì subito meglio l’attimo successivo.
Pansy aprì la bocca, indignata.
“Dio Cristo Pansy! Sei la peggior calamità che la terra abbia mai visto dai tempi dei faraoni!” – nessuno sarebbe riuscito a fermare il suo fiume di parole. – “Forse qualcosa di buono in tutta questa storia c’è: finalmente posso dirti in faccia quello che penso di te, senza dover rischiare di beccarmi un surplus di lavoro!” – disse, guardando in faccia Draco, che tenne lo sguardo fisso sul suo. – “Ma non mi lamento di questo, no! Quello che mi è stato sulle palle dall’inizio di questa commedia è che tu sei una poveraccia, che non sa pulirsi il culo da sola, che deve sempre ricorrere all’aiuto di qualcuno! L’unica cosa che mi auguro è che un giorno tu ti possa rendere conto di quanto la tua vita sia vuota e di come hai trattato le persone, anche se forse quella mosca che gira su quel cumulo di merda che tu osi chiamare cervello, non arriverà mai formulare un pensiero che vada oltre il te stessa!”

Tutti, Draco incluso, rimasero sbigottiti dalla rabbia e dalle parole violente di Hermione.
La riccia, dal canto suo, si era sentita liberata di un peso. Che la prendessero per una persona volgare, mal istruita e campagnola ignorante, non le interessava!
L’unica cosa che le interessava era potersi guardare allo specchio la mattina, conscia di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per non avere rimorsi di coscienza.
E quel suo sfogo… oh sì!, quel suo sfogo l’avrebbe fatta andare in giro a testa alta!

Amareggiata da una parte per aver scoperto di non aver mai avuto la reale fiducia di Draco ma felice dall’altra, perché aveva detto in faccia a Pansy tutto quello che pensava di lei dal momento in cui aveva incrociato la sua strada, Hermione si rivolse a Draco per l’ultima sua volta.

“Quanto a te, fai pena Draco Malfoy.” – sputò Hermione. – “Sai perfettamente che io non c’entro niente con questa storia, ma nonostante tutto, preferisci nasconderti dietro un dito, piuttosto che fidarti delle mie parole. Ancora, dopo tutto quello che ti ho dimostrato, non riesci a fidarti di me!”
“Quei documenti erano sul tuo computer!” – esclamò Draco.
“Per favore, evita…” – disse, commiserandolo. – “… sei solo capace di sfruttare le persone per poi buttarle nel cesso quando non ti servono più. Ma sai cos’è che mi fa più ridere?” – chiese Hermione, sinceramente divertita. – “Tu potrai licenziarmi e cacciarmi a pedate nel culo fuori di qui, ma il problema ti rimarrà ugualmente sul groppo e quando capirai chi è il vero responsabile di tutto questo casino, sarà troppo tardi. Tu non sei capace di fidarti delle persone, anzi… conosci il significato della parola “fiducia” solo quando conviene a te. Ti saluto.” – inforcò la porta dell’ufficio del direttore e uscì, sbattendo sonoramente la porta, e facendo sussultare Pansy che, ancora allibita per le parole offensive della ragazza, non era riuscita più a dire nulla.


Si fermò a metà corridoio.
Sentiva freddo dentro di lei, perché non credeva possibile che sarebbe potuta accadere una cosa simile.
Non si era azzardata a versare una minima lacrima per tutto il casino che era successo.
Stava male, provava una rabbia talmente profonda che non sapeva se sarebbe mai riuscita a sbollirla. Eppure… le sembrava che tutto stesse procedendo bene tra lei e il direttore, in ambito lavorativo, s’intenda. Avevano raggiunto un ottimo feeling.
Aveva preso il doppio lavoro non più come una sfida verso Draco ma verso se stessa: se fosse stata in grado di mantenerlo, tutti gli altri lavori sarebbero stati delle bazzecole a confronto e gli avrebbe dimostrato allo stesso tempo di essere una persona affidabile! Aveva smesso di prendersela per ogni cosa che diceva Draco e aveva notato che lavorava addirittura meglio, aveva imparato a chiedergli consigli su come migliorare una determinata situazione, da impiegata che cerca di migliorarsi ogni giorno, e lui l’aveva consigliata, suggerendole trucchi che erano stati insegnati a lui. Faceva domande sull’azienda, dimostrandosi interessata all’attività e ai suoi contenuti, insomma… aveva dimostrato a Draco che lui poteva affidarle anche la sua stessa vita, che lei l’avrebbe protetta anche con i denti, che altro voleva di più!?!

Ma l’aveva tradita.

Aveva preferito a credere a delle prove inesistenti e facilmente eliminabili con un colpo di spugna che al lavoro da lei svolto fino a quel momento.
L’unica nota positiva di tutto quel casino era che aveva potuto dire a Pansy tutto ciò che pensava di lei.


Quando Hermione mise piede in ufficio, l’intero reparto si zittì.
Immaginò che avessero sentito tutto. Conosceva alcuni di loro come persone sfacciate, che più di una volta aveva beccato fuori dalla porta di Draco a origliare mentre faceva il cazziatone a qualcuno.
Entrò a testa alta, perché non aveva niente da nascondere. Arrivò alla sua scrivania e iniziò a mettere via le proprie cose.

Nessuno le chiese come stava.

Come ognuno di loro, aveva decorato la propria postazione con oggettini vari: una matita colorata, un pupazzetto, un adesivo con una di quelle scritte simpatiche… stava mettendo via le sue cose in borsa alla rinfusa, senza preoccuparsi che potessero sgualcirsi, quando la voce di Draco le arrivò da dietro le spalle.
“Sei pregata di non portare via niente da questo ufficio.”
Hermione chiuse gli occhi e continuò imperterrita a mettere via le proprie cose – e chi si portava via niente! – senza dargli risposta.
Nelle postazioni lì accanto, i colleghi iniziarono a indietreggiare con le sedie per evitare di essere colpiti dalla furia di Draco.
“Hai sentito quello che… ah!”
Una serie di increduli e spaventati “oohh!” si levò nella sala. Nessuno si fece più scrupolo nell’alzarsi per vedere meglio ciò che stava succedendo.
Senza tante cerimonie, con una manovra che insegnano ai corsi di auto-difesa, Hermione si girò e piegò Draco sulla scrivania, gli torse il braccio destro dietro la schiena e con l’altra mano gli tenne la testa schiacciata sulla scrivania di Alley, la sua colle… ex-collega.
“Mettimi ancora le mani addosso, e giuro che non potrai usare il braccio per molto, molto tempo.” – aspettò che la minaccia arrivasse a destinazione e poi lo mollò, nemmeno avesse avuto tra le mani del letame.
Draco si rialzò, rosso in volto per l’umiliazione subita.
“E ricordati di questa posizione stronzetto.” – disse Hermione aspra come mai lo era stata in vita sua, ricordandogli di come si fosse trovato a novanta. – “Perché adesso credi sia stata io a fotterti, ma quando arriverà il vero colpevole, ti assicuro che prenderlo in culo farà tre volte più male!”
Tornò a mettere via le proprie cose in silenzio.
“Sei violenta e grezza, oltre che bugiarda!”

E ora, la ciliegina sulla torta.

Incurante delle conseguenze, Hermione si girò e gli sferrò un pugno dritto sul naso. Draco, impreparato per la seconda volta, cadde a terra come un sacco di patate. Poi Hermione, non contenta, gli andò sopra e lo prese per il colletto della sua costosissima camicia.
“E tu sei un perdente Malfoy. Ti circondi di lusso ma sta attento… quando verrà fuori la verità, rimarrai completamente solo. Nessuno ti tenderà una mano!”
Poi lo mollò a terra, afferrò la sua borsa e uscì, una volta per tutte, dalla Malfoy Home.


Di fronte ai suoi dipendenti, uno più sbigottito dell’altro – beh, c’era già chi stava messaggiando con i colleghi di altri reparti per informarli su quanto accaduto e chi aveva sfacciatamente ripreso tutto con il cellulare – Draco si rialzò, rifiutando l’aiuto di un ragazzo.
Era infuriato per ciò che aveva scoperto e per la figura da donnicciola fatta.
“A tutti coloro che hanno usato il materiale aziendale per i propri comodi, verrà diminuito lo stipendio di cinquecento sterline per sei mesi!” – urlò.
E tutti seppero di essere colpevoli.


Hermione salì in macchina come se avesse avuto alle calcagna un’orda inferocita di tori.
Voleva mettere più distanza possibile tra lei e quel mondo di merda che le aveva solo procurato guai. Gettò la borsa sul sedile affianco, accese il motore e ingranò la retro, rischiando di lasciare nel parcheggio il cambio per la violenza usata e scappò a casa.


Draco rientrò nel proprio ufficio con un diavolo per capello.

E con un senso di colpa non indifferente a schiacciargli il petto.

Pansy lo accolse, premurosa come sempre e sbarrò gli occhi quando vide la sua camicia macchiata di sangue e lui che si teneva il naso con la mano.
“Oh mio Dio! Ma che è successo?” – chiese Pansy, cercando di capire l’entità del danno.
“Niente.” – disse lui, brusco.
“Draco fammi vedere!” – esclamò la donna, preoccupata.
“Ho detto niente Pansy. Dove sono i tecnici?”
“Beh, se ne sono andati.” – disse lei, come se fosse ovvio. – “Avevano finito il loro lavoro e poi… non erano molto a loro agio dopo la scenata della Grenfer.” – disse Pansy.

E nonostante l’avesse accusata pubblicamente e pesantemente di tradimento, Draco non riuscì a mandare giù il fatto che la sua ragazza avesse sbagliato il cognome di Hermione.

Cazzo!, aveva appena scoperto che lei boicottava la sua azienda e lui si preoccupava che Pansy pronunciasse correttamente il suo cognome? Ma aveva battuto la testa quand’era caduto?
Si morse la lingua per non correggerle l’errore.
Si sedette pesantemente alla propria scrivania, togliendo di tanto in tanto il fazzoletto per accertarsi che l’emorragia fosse terminata.
“Sai…” – disse Pansy con un tono gioviale e molto poco adatto alla situazione che lo fece girare con un’aria perplessa. – “… mia madre mi ha chiamato e mi ha detto che per la cerimonia ha contattato Maggie Carlton per cantare l’Ave Maria di Schubert.”
Meggie Carlton era una soprana molto famosa.
Draco la guardò, sbigottito. E che c’entrava?
“E ti sembra il momento di dirmelo?” – chiese, non comprendendo cosa passasse nella mente della sua ragazza. – “Pansy, ho appena scoperto che una mia fidata collaboratrice mi remava contro…”
Appena pronunciò quelle parole, Draco le sentì stridere come uno strumento male accordato, se paragonate a tutto quello che Hermione, in soli tre mesi aveva fatto per l’azienda.
“… e tu mi vieni a parlare della Carlton?”
“Draco, so che sei sconvolto ma ormai abbiamo beccato chi era la mela marcia. Dovresti chiudere questo capitolo e guardare avanti.” – disse Pansy.
Sì, forse avrebbe dovuto, ma se ripensava alla forza di volontà di Hermione, al suo non arrendersi mai, al suo aiutare le persone, al suo sfidarlo, non ci riusciva.

La reazione della ragazza era stata troppo sincera per essere studiata. Quella era la reazione di una persona innocente che si è vista accusata di fatti che non aveva compiuto.
Ma i dati erano sul suo computer, però, continuava a pensare Draco.
Dunque?

“Draco? Draco mi stai ascoltando?”
L’uomo serrò gli occhi, per la prima volta infastidito dalla voce della sua futura moglie.
“Pansy…”
“Guarda che se non vuoi la Carlton possiamo sempre chiamare qualcun altro e…”
“Pansy sta zitta!”
Pansy serrò immediatamente la bocca, incredula.


Draco non si era ancora reso conto dell’incredibile pugnalata che aveva inferto a Hermione e forse non se ne sarebbe mai veramente capacitato.
L’unica cosa che sentiva, che sapeva, era che quella sera a New York, dopo che era uscito dalla camera di Hermione per quella lunga chiacchierata, aveva dormito serenamente per la prima volta dopo anni.









Arrivata a casa, Hermione gettò il borsone e la borsa a terra, mentre la sua cagnolina la guardava con un enorme punto interrogativo in testa. Della serie “come mai già a casa?”
Hermione guardò la sua Lilly e poi andò in camera per riposarsi, ma prima dovette fare una cosa molto importante.
Prese il cellulare e compose il numero.

“Pronto?” – chiese una voce femminile.
A Hermione si strinse il cuore in una morsa d’acciaio.
“Daphne? Ciao sono Hermione. Come stai?”
Possibile che il nodo alla gola dovesse saltar fuori proprio in quei momenti?
“Hermione! Ciao! Io bene e tu?” – chiese Daphne, la maggiore delle sorelle di Hermione.
“Abbastanza bene, grazie. Voi? Tutto bene?”
“Oh, non ci lamentiamo… tu piuttosto, cos’hai?”
Hermione allontanò il telefono dall’orecchio e guardò in alto, cercando di impedire alle lacrime di scendere. Ma che aveva quella? La palla di cristallo? Come faceva a capire sempre quando stava male?
“Niente, perché?”
“Non ci provare…” – disse Daphne, che conosceva la sua famiglia meglio delle proprie tasche. – “Dimmi cosa c’è.”
“Daphne… non posso venire per le ferie di Natale.”
“Perché?” – chiese lei, delusa. – “E’ forse successo qualcosa?”
“Purtroppo c’è molto lavoro e mi hanno revocato le ferie. Mi dispiace tanto…”
Daphne sospirò.
“Capisco… quando potremmo vederti, allora?”
“Non lo so… dammi il tempo di smaltire il lavoro di questi due-tre mesi e appena posso mi prendo le ferie che mi hanno negato. Poi ci vedremo.” – stava piangendo. Non era riuscita a impedirselo.
“Ok… pazienza. Lo dirò io alla mamma e al papà, tranquilla.”
Hermione tirò un sospiro di sollievo.
“Grazie, Daphne. Ora scusa, ma devo scappare. Mi sono fermata solo per chiamarti, ma sono in giro per conto della ditta. Devo rientrare.”
“Allora vai e stammi bene.”
“Ciao Daphne. Salutami tutti.”
“Ok, un bacio. Ciao…”
“Ciao…”
E la conversazione, terminò.
Quanto odiava mentire in quel modo. Non le piaceva, ma non se la sentiva di festeggiare il Natale in quelle condizioni e rischiare di rovinarlo ai suoi cari. Non ne aveva il diritto.
Gettò il telefono sul comodino e si stese sul letto, dove si addormentò.

Si era accovacciata in posizione fetale e Lilly era riuscita a trovare un posto sul suo seno, dove si sentiva meglio il cuore battere.
Sola, Hermione strinse a sé il cane e si addormentò.




Si svegliò verso le nove di sera, intontita.
Guardò la sveglia e sbuffò e pian piano si alzò dal letto. Era tutta incriccata, aveva dormito senza una coperta ed era quasi congelata. La sua Lilly le andò dietro in cucina e iniziò a girare come una pazza intorno alla stanza perché aveva uno spasmodico bisogno di uscire. Ancora addormentata, Hermione le mise il guinzaglio, rischiando di infilarglielo per il sedere e poi finalmente poterono uscire.

L’aria pungente della notte la svegliò dal suo torpore, ma la solitudine di quella passeggiata la indusse a ripensare a quello che era successo.
Scosse la testa, cercando di ricacciare le lacrime insolenti, ma era tutto inutile: un colpo basso simile non le era mai arrivato in tutta la sua vita.

Rientrò in casa, trovando un immediato sollievo a contatto con un ambiente caldo e tranquillo. Il cane, liberato dal guinzaglio, zampettò nella sua cuccia accanto al termosifone e si sistemò comoda.
Lei invece era ancora assonnata. Andò in bagno e aprì l’acqua per farsi una bella doccia calda e cercare di rilassarsi. Si spogliò lentamente. Sembrava che soffrisse mentre si levava la maglia, a vederla, sembrava avesse mille ferite sparse sul corpo che a contatto con il frusciare della stoffa le procurassero un dolore indicibile.
Sotto il getto d’acqua, Hermione non pensò a niente. Svuotò la mente di tutti i pensieri di quella giornata e lasciò che l’acqua la conducesse a ricordi felici. Ricordi della sua infanzia.

Ma ecco che il ricordo di Draco e della sua pugnalata si fece prepotentemente spazio nella sua mente e la fece ripiombare nell’amarezza più nera.
Chiuse con rabbia la manopola dell’acqua e uscì dalla doccia, avvolta dall’accappatoio. Di nuovo, ferma davanti allo specchio si guardò, ma davanti a sé riappariva sempre l’immagine di Draco che la accusava di tradimento.
Si asciugò in fretta e andò in camera a mettersi il pigiama e tornare a dormire.
Il giorno dopo avrebbe pensato a cosa fare.









Draco era a casa.
Aveva rifiutato categoricamente di vedere Pansy quella sera, perché non era in vena di fare niente.
Nemmeno sesso.
Più si diceva che aveva fatto bene a licenziare un dipendente per manovre illecite ai suoi danni, più riteneva che licenziare Hermione fosse stato il suo sbaglio più grande.
Era diviso a metà e lo sfogo della ragazza era ancora impresso nella sua mente.

"Ma sai cos’è che mi fa più ridere? Tu potrai licenziarmi e cacciarmi a pedate nel culo fuori di qui, ma il problema ti rimarrà ugualmente sul groppo e quando capirai chi è il vero responsabile di tutto questo casino, sarà troppo tardi.”

Quelle parole gli ronzavano in testa come una sorta di profezia e ogni volta che se le ripeteva nella mente, una sensazione di cattivo auspicio gli cresceva dentro.

Dunque era innocente?
Che qualcuno avesse voluto incastrarla? Ma perché? Chi?
Hermione aveva dato l’anima per la sua azienda e solo in quel momento si rese conto della veridicità delle sue parole: lui l’aveva spremuta come un limone e poi gettata nell’immondizia e quello era stato il suo ringraziamento per il lavoro – eccellente – svolto fino a quel mattino.

Pansy aveva protestato, sbattuto i piedi a terra come una mocciosa e Draco non aveva retto oltre. L’aveva accompagnata a casa e poi aveva girato i tacchi, troppo nervoso anche solo per cenare insieme.

E ora… era sdraiato sul suo letto a due piazze e non riusciva a dormire.
La cosa più saggia da fare sarebbe stata quella di andare da lei e venire a capo di quell’incresciosa situazione ma aveva come la sensazione che se le avesse suonato al campanello, si sarebbe presentata alla porta con un doberman affamato da mesi e una mitraglietta carica tutta per lui.
Sì, ci sarebbe andato ma dopo che il periodo natalizio sarebbe passato, ovvero a Gennaio.
Era il venticinque di Novembre, ma per come venivano bombardati di ordini in quei giorni per i loro arredamenti, sembrava Dicembre.
Ma, forse, non avrebbe dovuto aspettare tanto…









In azienda s’iniziò a risentire della mancanza di Hermione già dal giorno successivo. Non occorsero giorni o settimane, ma un solo, unico giorno, che tutto era ripiombato nel caos totale: senza Hermione che teneva sempre il fiato sul collo ai fornitori, che faceva i D.D.T., che scaricava la merce, che lavorava con una minuzia tale da far svergognare perfino la signorina Rottermeier, l’azienda stava lentamente tornando ai vecchi tempi.
Draco aveva sempre sostenuto che un unico dipendente non fosse indispensabile per l’azienda.
Si era dovuto ricredere.

Ma c’era anche un altro problema.
Le azioni stavano scendendo giorno dopo giorno.

Draco non sapeva dirsi come mai, ma la sua azienda stava inesorabilmente colando a picco. A nulla valsero le riunioni straordinarie indette da un giorno all’altro, ogni giorno, per cercare di capire cosa stesse succedendo e arginare la situazione.
I clienti smisero di comprare, i fornitori di fornire le materie prime e alcuni dipendenti, captata un’aria preoccupante, iniziarono a dare le dimissioni; altri, invece, vennero direttamente licenziati. Draco Malfoy partì dagli uffici, sfoltendo i lavoratori e sobbarcando le spalle dei rimanenti di maggior lavoro.
In quel momento ebbe una sensazione di de-ja-vu. Aveva dato a ogni lavoratore rimasto un doppio, se non a volte un triplo lavoro, come aveva fatto, a suo tempo, con Hermione.
L’unica differenza stava nel fatto che i lavoratori rimasti alla Malfoy Home si lamentavano per la mole di lavoro assurda mentre Hermione, invece, aveva preso quel doppio lavoro come una sfida con Malfoy e con se stessa e quando aveva ingranato il meccanismo, l’aveva portato avanti quasi fosse stato un gioco.

La situazione comunque non era rosea, anzi… era un disastro assoluto! In un mese e mezzo, tra licenziamenti e dimissioni, Draco si era ritrovato con il personale decimato.
Nemmeno una peste bubbonica avrebbe potuto tanto. Il Natale, Draco lo passò in azienda, a cercare di lavorare per mantenere lo standard al quale molti clienti erano abituati mentre Pansy era andata con la sua famiglia nel cottage di montagna.

Narcissa e Lucius erano ogni giorno sempre più preoccupati: per il loro bambino e per l’azienda.
Forse potevano apparire dei materialisti, preoccupati di perdere gli introiti ai quali erano abituati ma non era così: la Malfoy Home era nata da un’idea di famiglia, era cresciuta con una conduzione di stampo familiare e così avrebbe dovuto essere fino alla sua fine.
Draco stava risentendo molto di questa situazione, perché stava rovinando il sogno di suo padre e di suo nonno prima di lui.
Dormiva poco e mangiava ancora meno. La mente stava iniziando a dare i primi segni di cedimento, le azioni continuavano a crollare giorno dopo giorno finché non fu costretto a decretare la fine della sua azienda.

Fu il giorno peggiore di tutta la sua vita e, come profetizzato da Hermione, nessuno era lì per aiutarlo. L’unico aiuto che aveva rifiutato era stato quello che suo padre aveva tentato di offrirgli ma era ancora stupido e immaturo per rendersi conto che, certe volte, accettare aiuto dalle persone non era un sinonimo di debolezza.

Ma di forza.

Parole dure vennero pronunciate e suo padre, ferito per come si stavano mettendo le cose con la sua azienda e per Draco, che non riusciva a venirne a capo, gli voltò le spalle.

Ma a volte, voltare le spalle a qualcuno, non significa abbandonarlo.

A Lucius, quel gesto, costò moltissima fatica, fatica per nulla alleggerita dai continui pianti di sua moglie che, pur essendo d’accordo con il marito, non riusciva a non darsi la colpa per non essere stata in grado di trovare una soluzione alternativa all’abbandono.
Quel brutale distacco, sperava Lucius, avrebbe dovuto insegnare nuovamente a Draco quell’umiltà che i suoi continui successi in campo accademico e lavorativo gli avevano sopito. Era stato troppo sicuro di sé, suo figlio, e purtroppo era giunto il momento che capisse quanto importante fosse mantenere sempre i piedi ben saldi a terra.


Ma comunque qualcosa si salvò, grazie all’intervento di Theodore Nott, uno dei soci.
Rilevò la società di Draco, le cui azioni valevano meno della carta straccia, benché il biondo fosse restio a farlo, ma tante persone, che dipendevano da lui e da quella cessione, riebbero i propri posti di lavoro.
A Draco fu garantito un posto fisso nel consiglio d’amministrazione, una carica che gli permettesse comunque di gestire la propria azienda, anche se non ne era più il diretto responsabile.

Suo padre, inutile dirlo, era furioso come mai lo aveva visto.

Ma fu uno sciocco.
Draco si era reso conto troppo tardi di quello che era successo alla sua azienda, fin quando non beccò Pansy e Theo scambiarsi gesti inequivocabili.
Chiese spiegazioni, beccandosi solamente di rimando due risate di scherno e la spiegazione alle sue domande. L’ex direttore della Malfoy Home aveva lasciato correre troppe cose, come il pagamento in contanti alle modelle, che alla fine erano risultate prostitute che si fingevano indossatrici. Le aveva retribuite in contanti, lasciando così la prova tangibile che lui pagava una prostituta. Il fatto che la concorrenza lo battesse sempre nei prezzi, era perché Pansy provvedeva a passare i listini e altre informazioni affinché Draco prendesse decisioni sbagliate, come aveva infatti fatto.
Gli furono tolte tutte le proprietà, le case, le ville, gli appartamenti e gli attici che erano stati intestati all’azienda e si ritrovò solo.
Solo e senza un tetto sulla testa.
Come si dice…dalle stelle alle stalle.




Era passato Natale e Capodanno senza che se ne accorgesse in un rudere in periferia a Londra che l’Ente di Riscossione Crediti aveva in elenco, ma che non aveva mai sequestrato poiché era talmente a pezzi che non ci avrebbero ricavato nemmeno un rifugio per cani.
La raggiunse in taxi, poiché aveva con sé qualche banconota, ma sapeva che ben presto sarebbero finite anche quelle. Avrebbe avuto di che mangiare e bere per un paio di giorni poi… il nulla.

Era martedì due Gennaio e alla fine della fiera era rimasto solo.

Avrebbe dovuto passare le feste con Pansy in una località di montagna, ma ora era cambiato tutto, la sua vita era cambiata.

Altra cosa che lo preoccupò, sarebbe stato il freddo che quell’anno si sarebbe prospettato più tagliente degli ultimi quindici anni.
Non ci volle pensare, per il momento. Ora doveva solo trovare un riparo e poi avrebbe pensato al da farsi.









“Buona sera… apriamo il tg con la notizia che ormai da settimane sta tenendo banco su ogni telegiornale regionale e nazionale. La Malfoy Home, famoso mobilificio affermato in tutto il mondo, ha fallito a causa della mala gestione del precedente titolare, Draco Malfoy, ora caduto in disgrazia…”

Hermione era appena uscita dal bagno e aveva ascoltato per l’ennesima volta il resoconto della disgrazia di Draco.
Suo padre glielo aveva sempre proibito, ma niente poteva impedirle di gongolare dentro di sé.
La prima volta che il tg aveva dato per certo il fallimento della Malfoy Home, aveva radunato tutti i suoi vicini e aveva offerto loro una cena. Aveva brindato e bevuto per il fallimento di Malfoy alla faccia sua.

“Ha avuto quel che si meritava…” – disse Hermione, guardando la sua Lilly che giocava con un pupazzo che le aveva regalato per Natale.
Lilly, sentendo la sua padrona parlare si girò, ma poiché non era a lei che si stava rivolgendo direttamente, tornò a coccolare il suo pupazzo.

La ragazza aveva passato un Natale in solitudine.
La botta che Draco le aveva dato si era un po’ alleggerita ma di tanto in tanto ci pensava ancora. Aveva visto un progetto lavorativo molto importante sfumarle davanti agli occhi e ora come ora non se la sentiva di trovare un altro impiego e ricominciare tutto daccapo. I lavori che Draco le aveva affidato erano stati molto pesanti dal punto di vista mentale e fisico, così si disse che con l’anno nuovo avrebbe iniziato a cercare un nuovo impiego ma per ora si sarebbe goduta le ferie.




I giorni trascorrevano tranquilli avvolti dalla solita routine fin quando questa si spezzò il pomeriggio del sette di Gennaio.

Di nuovo, il telegiornale aprì quell’edizione con la notizia del crollo della Malfoy Home.
Hermione alzò il volume.
I telegiornali le piacevano perché di una notizia davano dieci versioni diverse. Un giorno aveva ascoltato l’ennesima storia sull’abbandono di animali in autostrada. Il primo tg aveva parlato di abbandono, il secondo di maltrattamenti, il terzo di sevizie, il quarto di sesso con animali e il quinto… non lo ricordava neanche più. Così si era divertita ad ascoltare le mille versioni sul crollo della ditta di Draco: erano così pittoresche, che avrebbe potuto scrivere un libro di fiabe per bambini!

Ma quel giorno c’era qualcosa di diverso.
Forse era stata la voce della cronista, forse le immagini del servizio o forse che Hermione aveva un po’ sbollito la rabbia che l’aveva portata ad augurare tutto il male possibile a Draco, a Pansy e a quell’azienda del cazzo!, si era ritrovata a provare una sorta di… pena per ciò che stava succedendo.

Per quanto arrabbiata potesse essere, Hermione non aveva mai dimenticato quella chiacchierata fatta nella sua stanza d’albergo a New York, dove Draco le aveva confessato i trucchi di un imprenditore per evitare che lo stato gli sequestrasse le proprietà private e qualcos’altro di più personale.

“Tutte le mie abitazioni sono intestate alla ditta. È una precauzione nel caso in cui dovessero trovare illegalità nella mia vita. Almeno avrò sempre un tetto sulla testa…”

Hermione si ritrovò a fissare lo schermo della tv e a pensare intensamente.
I telecronisti, supportati da fotografi e investigatori privati abili nei loro campi, erano venuti a sapere che Draco non aveva più contatti con i suoi genitori e che era rimasto senza niente.
Così Hermione desunse che, ora, fosse da solo da qualche parte a Londra.

Fece le spallucce ma non riuscì più a fregarsene come riuscì a fare all’inizio.
“Adesso mi spieghi perché mi devo sentire una merda io?” – chiese retoricamente alla sua Lilly che si stava srotolando sul divano.
Si fermò e la guardò, per poi riprendere nell’indifferenza più totale.
“Grazie eh?”
Niente: il cane era più interessato a crogiolarsi sul divano che a darle retta.
“Ma guarda te…” – borbottò.
Figurati se è da solo, pensò Hermione. E poi non vedo perché lo devo aiutare io quando non si è fatto mezzo problema a sbattermi fuori accusandomi di tradimento. A me!, pensò Hermine indispettita.
In quel momento il cellulare suonò e la fece sobbalzare. Come suoneria aveva impostato il miagolio di un gatto e ogni volta che suonava, la sua Lilly iniziava a correre come una cretina in giro per casa alla ricerca dell’invasore. Poi, stanca, si buttava in cuccia mentre Hermione se la rideva di grosso.
“Pronto?”
“Hermione!”
La riccia guardò il cellulare, stranita.
“Laney?”
“Sì, sono io! Hermione che sta succedendo?”
“Adesso me lo chiedi? Sarà un mese e mezzo che c’è fuori la notizia.” – disse, perplessa da quel tempismo.
“Scusa! Ero in ferie in montagna e non avevo la televisione. Hermione che succede?”
“Succede che Draco ha avuto quello che si meritava.”

Stavolta fu Laney a guardare perplessa il cellulare.

Quello che si meritava? Ma che diavolo era successo?
“Che vuoi dire?”
Così Hermione fece il riassunto del riassunto di quella che Hermione stessa riteneva essere una soap opera da quattro soldi. Laney ascoltò il tutto con gli occhi a palla.
“… e questo è quanto.” – concluse Hermione, dopo dieci minuti.
“Mi sembra tutto così assurdo…” – esalò l’altra.
“Oh fidati: adesso per tutti io sono un Giuda, mentre Draco ha perso tutto. Direi che siamo pari.”
“Sei proprio arrabbiata…” – constatò l’americana.
“Incazzata renderebbe meglio l’idea.” – disse Hermione, atona.
“Posso fare qualcosa?”
“Non lo so…” – disse assorta. – “… per caso John sta assumendo in questo periodo?”
Laney rise piano.
“Spiacente, siamo al completo.”
“E te pareva… vabbè, allora non puoi fare niente.”
“Hermione, ma tu stai bene? Vuoi che venga lì?”
“A fare che?” – chiese Hermione, stranita per la richiesta ma grata dell’interessamento. – “No, non preoccuparti. Io sto bene. Mi sto riposando e poi inizierò a cercare un nuovo lavoro.”
“Hermione… per qualsiasi cosa chiamami, ok?”
“Sì, non preoccuparti. Grazie per aver chiamato Laney.”
“Figurati. A presto.”
“Sì, ciao.”
Quando riagganciò, Hermione si portò il cellulare alle labbra e sorrise. Poi però tornò alla realtà, una realtà che prevedeva Draco Malfoy sperduto chissà dove.

Un altro ricordo le arrivò alla mente proprio in quel momento, come se avesse voluto aiutarla a prendere la decisione giusta.

“L’unica casa, se così si può chiamare, in mio possesso è un vecchio rudere nella periferia di Londra, ma è tutto trasandato e sta per cadere a pezzi. Ho sempre rimandato la sua sistemazione e non so perché.”

Rimase impalata a guardare il suo cane, come se potesse darle la soluzione, invece Lilly la guardava come per chiederle “perché mi guardi così?”. Hermione rise di fronte alla buffa espressione. Era indecisa sul da farsi, davvero non sapeva proprio cosa fare: aiutare Draco o lasciarlo da solo, affinché riflettesse su ciò che aveva fatto?




Furono le feste di Natale più lunghe e solitarie che Hermione e Draco avessero mai festeggiato.
Festeggiato, poi… che parolona.
Una sera, Hermione si era preparata un pasto degno di un ristorante e l’aveva condiviso con la sua cagnolina poiché in quel periodo dell’anno bisognava essere buoni. Però molte volte se lo chiedeva: perché solo a Natale o sotto le feste bisognava rispolverare i buoni sentimenti, fare la carità, aiutare il prossimo… mentre gli altri giorni dell’anno si ritorna ad essere cinici e freddi? Non aveva mai capito questa situazione. Lei cercava di essere buona sempre, in ogni giorno dell’anno.
Lasciò da parte questi filosofici pensieri e si concentrò sul suo arrosto… chissà che stava mangiando in questo momento Draco…
Alzò gli occhi esasperata. Erano quelli i momenti in cui odiava la sua coscienza.
Seccata lei stessa per quello che stava per fare, Hermione si alzò da tavola e la sparecchiò, prese la sua borsetta e le chiavi dell’auto e andò a prendere quell’emerito faccia di culo.









Calli-corner:

Allora, partiamo con ordine.
Ho voluto dare questo titolo al capitolo per tre motivi:

1-- Il primo tradimento al quale faccio riferimento è quello presunto di Hermione. Secondo Draco è lei la colpevole e non vuole sentire ragioni.
2-- Il secondo è quello è quello di Pansy.
Alla fine, è stata lei a fare tutte quelle cose in collaborazione con Nott, che non vedeva l’ora di fregare la compagnia a Draco per avere l’occasione di entrare nel mondo dei manager di successo.
3-- Il terzo, il peggiore, ovvero quello di Draco. Dentro di sé, l’uomo sa che la ragazza è innocente, che in quei mesi di lavori forzati lei non si è mai lamentata, che ha sempre svolto con onestà il lavoro ma davanti a sé ha i tecnici e Pansy, che si aspettano che lui licenzi la ragazza perché le prove erano sul suo computer.


Di ritorno da New York, le cose sembrano andare bene tra i due, ma è bastata una foglia morta a scatenare tutto questo pandemonio.

Draco alla fine rimane solo, come predetto da Hermione.
La ragazza non è una veggente, è solo una che ragiona con la testa. Draco stesso aveva ammesso che nel mondo degli affari, dove girano tanti soldi, è difficile trovare persone sincere come Hermione e Hermione ha ricordato queste parole, aggiungendo la postilla che, essendo il mondo di Draco un mondo marcio, al primo cenno di cedimento non avrebbe trovato nessuno ad aiutarlo.
E così è accaduto.
Le amicizie, a certi livelli, non esistono: esistono solo i rapporti finalizzati a incrementare il potere e Draco se ne è accorto nel modo peggiore possibile.

Hermione si è sfogata.
Devo dire che quando ho scritto tutto quel veleno – con parolacce e volgarità affini – ero parecchio incazzata. Non mi ricordo più perché, ma ricordo bene che schiacciavo i tasti della tastiera con una ferocia tale che non si sarei stupita se me ne fosse saltato uno.
Anche se da sola ad affrontare tutta quell’ingiustizia, Hermione sa di aver parlato a nome dell’intera Malfoy Home quando ha insultato così pesantemente Pansy, la cui mosca che gira su un cumulo di merda, pensa solo al proprio matrimonio e non allo stato di Draco.

Draco.
Draco che si è reso conto, praticamente fin da subito, di aver commesso un grave errore ad incolpare Hermione così, su due piedi ma se tenta di risolvere subito la faccenda presentandosi da lei, sa che potrebbe trovare un arsenale nucleare ad attenderlo.
Aspetterà l’anno nuovo, anche se è troppo tardi.
Già sotto Natale si ritrova senza niente e costretto a vivere in una baracca che ormai è al limite della stabilità.

Lucius è molto arrabbiato, con Draco e con quel Nott.
Con Draco, perché più di una volta lo aveva pregato di non mischiare il privato con il lavoro ma il ragazzo, troppo sicuro di sé, ha voluto fare il passo più lungo della gamba, trovandosi con la cacchina nelle sue preziose mutande firmate Gucci.

I giornali danno ogni giorno la notizia del fallimento della Malfoy Home.
Hermione ha brindato al suo fallimento, ma quando ha smaltito un po’ la botta, ha iniziato a sentirsi in colpa, tentando di immaginarsi Draco rannicchiato in un angolo a battere i denti per il freddo.
Così ha preso le sue cose ed è andata a prendere quell’emerito faccia di culo.

Chissà ora che succederà a quei due.
Che sia la volta buona che si parlino faccia a faccia e mettano delle regole?
Boh, lo scopriremo solo leggendo.

Detto ciò, vi lascio al solito spoileruccio, che tanto so che vi piace tanto. ^_^

“Sì, ho capito. Davvero?” – si chinò per levare il guinzaglio al cane che andò a bere e a salutare Draco. – “Sei una maiala, Ria.”
Draco sbarrò gli occhi.
Hermione si scusò per la terminologia.
“Dato che ci sei, perché non vi registrate? Poi magari vi riguardate anche.” – disse, pesantemente sarcastica. – “Ria? Ria? Ria!, dicevo così per dire! Sì, vabbè ho capito… ah senti… volevo sapere se per caso lì stavate cercando mano d’opera.”

Uhmmmm… e chi sarà la “maiala” della conversazione?
Sono aperte le scommesse!


Un bacione,
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