Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Aleu    09/11/2013    1 recensioni
"E’ il filo della matassa, ciò che cerco. E’ una via di fuga… o la strada del ritorno.
E’ una nota, una melodia, una parola, un’idea effimera che mi salvi dalla marea. E’ un espediente, uno sfogo, è una boccata d’ossigeno che mi svegli dal torpore. E’ il calore delle braccia di mia madre, la fiducia di una stretta di mano dall'alto, è la riscoperta della vera libertà dopo le catene di stupidi mantra ripetuti e fissati per la paura dell'ignoto."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eppure i miei occhi continuano a cercare.
Uno scatto, poi fermi, catturando l’argento spettrale delle volte d’alabastro accarezzate dalla luna.
Il rosone centrale proietta le sagome variopinte delle sue pitture, macchiando il gelido marmo  della navata di difformi colori.
L’ombra delle colonne doriche si alterna in un lungo filare di giochi in chiaroscuro, tingendo di inchiostro buona parte delle panche lignee che, regolari, danno quel tocco di rigore a contrastare lo sfarzo barocco dei ghirigori.
Seduta immobile, aspetto che le mie mani si sciolgano dalla presa ferrea con cui stringono quel foglio di carta ormai spiegazzato, con l’inchiostro sbavato in più punti, intrappolato tra le dita.
Solo i miei occhi continuano a muoversi freneticamente, quasi a cercare un appiglio per risollevarmi, per cogliere il bagliore, seppure flebile, di un’illuminazione che spero mi porti a realizzare ciò che la mente si rifiuta d’accogliere.
Non ho idea di come sia arrivata fin qui.
Ho letto la lettera, più e più volte… neanch’io so bene quante.
Mi ritrovavo a fissare le parole senza realmente vederle, non riuscendo più a distinguere i segni… tutto era diventato solo un vortice di simboli neri che mi dava di stomaco.
Dopo di che ogni cosa è così confusa…
L’inerzia mi spingeva a mettere un piede davanti all’altro, come in trance mentre i rumori della strada si affollavano nella testa.
Un passo, poi un altro… un passo, poi un altro… avanti così per un tempo che sembrava tendere all’infinito.
E alla fine mi sono ritrovata qui, avvolta da questo austero silenzio che mi impregna i sensi, ancora una volta in questo posto maledetto… e ora, qui, non ricordo più come muovere il corpo, la sola idea di spostare una gamba mi sembra così ridicola e, francamente, impossibile… quasi come se non potessi più ritornare a farlo. Quasi come se non l’avessi mai fatto.
Eppure i miei occhi continuano a cercare.
Cosa?
Non lo so…
Ma ci sarà dell’altro, qualcosa che mi sfugge… so che c’è, deve esserci.
E’ il filo della matassa, ciò che cerco. E’ una via di fuga… o la strada del ritorno.
E’ una nota, una melodia, una parola, un’idea effimera che mi salvi dalla marea. E’ un espediente, uno sfogo, è una boccata d’ossigeno che mi svegli dal torpore. E’ il calore delle braccia di mia madre, la fiducia di una stretta di mano dall’alto, è la riscoperta della vera libertà dopo le catene di stupidi mantra ripetuti e fissati per la paura dell’ignoto.
Il respiro mozzato, mi affanno ad esaminare qualsiasi cosa possa farmi restare a galla… ma è così difficile afferrare i pensieri che sfuggenti, si allontanano veloci scivolando come seta tra le dita.
E mi ritrovo con il pugno vuoto, la testa pesante e un’opprimente sensazione in gola.
-“Sapevo di trovarti qui…” una voce, la sua voce profonda fende la quiete della Cattedrale facendomi appena sobbalzare.
-“Ti stanno cercando, sono tutti preoccupati… io ero preoccupato” mi rimprovera basso mentre sento l’eco dei suoi passi avvicinarsi alla mia panca.
Non mi volto, non voglio farlo e neanche riuscirei.
Scorgo la sua ombra che si china in ginocchio proprio dietro di me, appoggiando i gomiti al mio schienale.
-“Non ho mai capito perché continui a tornare in questo posto” prende tra l’indice e il pollice una ciocca corvina dei miei capelli e inizia a giocarci, sento il suo fiato solleticare il collo e chiudo istintivamente gli occhi “Per favore, andiamo via”.
Mi costringo a scuotere leggermente il capo suscitando uno sbuffo affettato da parte sua che sembra quasi odiare quel luogo più di me.
-“Come vuoi…” si alza per accostarsi a me cingendomi con un braccio le spalle.
Quel gesto trasforma in un momento lo smarrimento in rabbia facendomi scostare infastidita da lui.
-“Che cosa stai facendo?” gli domando contrariata.
-“Quello che faccio sempre” mi risponde cauto.
-“Quello che non farai mai più, vorrai dire!” ribatto con una punta di doloroso sarcasmo.
-“Non dire sciocchezze… sai benissimo che io…”
-“Che tu mi hai lasciata!”

La frase urlata riecheggia per le tre navate, lasciando Seth basito per un attimo.
-“Io… io non l’ho mai fatto!” tuona anche lui sulla difensiva.
-“Oh sì invece, l’hai fatto nel momento stesso in cui ha deciso da solo quello che volevi fare, l’hai fatto quando hai deciso d’ ignorare del tutto il mio parere, l’hai fatto quando hai deciso di scrivermi questa fottutissima lettera!” agito il foglio davanti al suo viso.
Lui sospira, si passa una mano dietro la nuca per calmarsi, poi torna a fissarmi con i suoi occhi color di foglia.
-“Ok, ho capito il tuo punto di vista… possiamo non gridarci addosso però? E’ già abbastanza brutto stare qui dentro…” si siede invitandomi a fare lo stesso. Acconsento lasciandomi mollemente guidare dalla sua mano.
-“Sai benissimo che non ti ho lasciata. E’stupido che tu lo dica” sussurra sommesso.
-“Invece ti sbagli… potrai forse non averlo scritto ma avevi una scelta da fare…  e sapevi che decidendo di partire, contro il mio parere, mi avresti persa” .
-“Io non riesco a capirti! E’ l’occasione che aspettavamo da undici anni! Ti avevo anche proposto di venire con me… certo avrei preferito andarci da solo,sarebbe stato più sicuro, ma per il mio egoismo e la voglia di starti vicino ti ho addirittura chiesto di accompagnarmi! Come fai ad aver dimenticato quanto sia importante?” risponde accalorato.
-“Io non ho dimenticato, non potrò mai dimenticare… ma con il tempo ho capito che a volte inseguire la vendetta non è la scelta migliore che si possa fare! Non quando si sta cercando di ricostruire la propria vita, non quando si è trovato un equilibrio, seppur sottile ma tale da rendere plausibile la speranza di un futuro migliore!”  lo fisso dritto negli occhi incontrando la sua espressione desolata… eppure  ferma sulla sua posizione.
-“E potrai vivere serenamente sapendo che loro non hanno pagato per quello che hanno fatto? Hanno ucciso mio fratello, Ev! Hanno ucciso tuo padre! Come può non importartene più?” scatta in piedi quasi indignato ed io lo imito.
-“Non osare dire che non mi importa più, Seth! Tu sai cosa…” la voce si spezza non lasciandomi finire la frase. Incontro lo sguardo di Seth e inevitabilmente, perdendomi nel suo profondo smeraldo turbato dall’ansia, sento le lacrime farsi strada sulle guancie accaldate.
Abbasso gli occhi mentre il cuore rimbomba sordo nel mio petto, lottando frenetico contro la mano invisibile che lo attanaglia strozzandolo e, disperata, inizio a tremare arrendendomi alla sofferenza.
In un attimo lui mi circonda la vita con un braccio e porta l’altro a cingermi dolcemente le spalle.
 Sento le sue mani scivolare lungo la schiena disegnando armoniosi arabeschi.
Mi rifugio nella sua stretta calda e familiare, ma mai per questo meno bramata, il naso nel morbido incavo del suo collo, scossa da singhiozzi muti che non riescono a trovare il coraggio di esprimersi, aggrappandomi alle sue spalle… quelle spalle così ampie che ogni volta mi hanno sorretta e consolata… quelle spalle che non potrò più accarezzare.
Avvolta da Seth, non riesco ad immaginarmi all’infuori delle sue braccia, nulla mi sembra più reale della mia guancia sulla sua clavicola, il suo petto sotto la mia mano cadenzato dai forti battiti del suo cuore, il calore del corpo e la protezione che trasmette la sua sola presenza, il suo profumo…
Non posso chiedergli di non partire. So di non poterlo fare e questo mi uccide.
Potevo suggerirgli cosa fare, gli ho fatto capire il mio dissenso, ho cercato di farlo ragionare, di intaccare il germe della vendetta che in tutti questi anni è cresciuto in lui… che forse io stessa ho contribuito a nutrire, eppure i miei sono forse stati dei tentativi deboli, infruttuosi.
Non sono riuscita a proteggerlo da se stesso.
Né da me, né da questo luogo maledetto.
Se gli chiedessi di non partire, se lo implorassi di non farlo, lui resterebbe con me, so bene quanto sia radicato il suo amore nei miei confronti.
Ma quale sarebbe il prezzo da pagare?
Incatenarlo qui come un randagio a cui è stato messo di forza il collare, privandolo della libertà di scegliere, allontanandolo di peso dalla sua battaglia, costringendolo a ripudiare i suoi ideali, negandogli ,forse,  anche la possibilità di trovare finalmente pace, a cosa porterebbe tutto questo?
Non posso obbligarlo ad una vita maledetta, che lo vedrebbe sprofondare nel rimpianto, ma non riesco neanche a stare qui, proprio qui con lui e lasciarlo andare via… verso la fine.
Non ho il coraggio di impormi, non ne ho il diritto eppure tremo quando le gelide dita della separazione si insinuano tra i nostri corpi.
Così mi stringo ancora più forte e serro gli occhi, illudendomi che il buio possa avvolgerci tra le sue spire e cullarci in una ninna nanna senza principio né fine.
-“Ev… ti prego…”
Dolcemente la sua mano va a sfiorarmi il mento alzandolo di poco e le sue labbra cercano le mie per poi sfiorarsi morbide. Socchiudo la bocca lasciandolo saggiare il mio labbro inferiore, poi approfondisce il contatto e mi ritrovo a rispondere al bacio con più foga del solito… con più disperazione.
Una mano dietro la nuca e l’altra a scompigliargli i capelli, mi inebrio del sapore dell’uomo che amo e che sto perdendo, piangendo per la mia e la sua vita marchiate a fuoco da questo posto, per il poco tempo che ci è stato concesso, per la sete di vendetta di Seth che non sono mai riuscita a colmare.
Lui spinge profondamente la sua lingua contro la mia, per ricordare a entrambi quanto ci siamo appartenuti e così inizia la nostra lotta, bocca contro bocca, paura contro paura, per poi ritrovare l’armonia consueta, scossa però dalla necessità di sentirci ancora più vicini, di non rompere quel nostro, forse ultimo, momento.
Seth si allontana di poco e, mentre parla, le sue labbra continuano a sfiorare le mie.
-“Chiedimelo” soffia straziato.
Abbasso gli occhi, so cosa vuole dire. Ma non posso farlo… vorrei, oh, solo io so quanto vorrei… ma non posso.
-“Evey… chiedimi di restare” la sua voce trema ormai.
Rimango in silenzio, provando la stessa sensazione dei condannati a morte che stringono da soli il loro cappio.
-“Evey…” mi prega prendendomi le mani.
-“Sai che… non posso…” deglutisco a fatica continuando a guardare in basso.
Nulla si muove, tutto sembra essere sospeso in quel luogo… sospeso da undici anni.
Seth è immobile, conosce il significato delle mie parole.
E’ una sua scelta, non può addossarmene il peso.
-“Se tu me lo chiedessi…” mi fa alzare lo sguardo.
-“Lo so, Seth, lo so” dico ricacciando le lacrime.
Tutte queste reticenze, quei toni sommessi, le frasi lasciate in sospeso…  tutto ciò mi uccide.
Eppure sembra che non riusciamo proprio a liberarcene, ritornano insistenti ogni volta che riapriamo le pagine di questo capitolo, sbucano di continuo soffocando ogni barlume di trasparenza.
-“Non sarebbe dovuto essere così difficile…” sussurra Seth in una smorfia di amara rassegnazione.
Non saprei cosa rispondergli, così avvicino il suo capo e lo bacio di nuovo. Seth ,frustrato, morde il mio labbro inferiore quasi per sfogare la rabbia di una decisione che ha già preso undici anni fa, crudele per entrambi , ma forse inevitabile. Mi fa male, ma non oso spostarmi di un solo millimetro.
Sento che ad un tratto si stacca da me, come scottato, fa un respiro profondo, chiude gli occhi e appoggiando la fronte contro la mia, carezza piano con la lingua la mia bocca vincendone facilmente la resistenza, siglando così la fine delle frasi incompiute.
Quando gli carezzo dolcemente il petto per sospingerlo poco lontano da me ed entrambi apriamo gli occhi, riesco a percepire nitidamente che qualcosa è rimasto nell’aria attorno a noi e attende… attende di essere scosso, di trovare respiro. Attende di essere liberato.
Posso sentire mille parole in quell’atroce silenzio e ancora mille lacrime, gesti, micce di calde sensazioni intaccate dal gelido vento dell’incertezza.
Seth mi guarda come se sapesse esattamente quello che mi ingombra la mente, anche lui osserva con gli occhi del cuore le minuscole particelle di friabile ghiaccio che ci hanno avvolto, cristallizzandoci in questo posto… come undici anni fa.
Anche lui attende. Spera che parli, che gli dica quant’è stupido, quanto sta sbagliando… o, più semplicemente, quanto lo amo.
Ho letto su qualche rivista che la parte più importante di una storia, che si tratti di un romanzo o realtà, vera o presunta che si professi, è il non detto.
E’ radicato nella maggior parte della nostra vita e si alimenta delle paure latenti crescendo sempre più e iniziando a plasmare la nostra esistenza. Paradossalmente, diventa il fulcro delle nostre conversazioni che gli si articolano come dei rampicanti attorno e fagocita tutto, sillabe, suoni, parole e discorsi, talvolta addirittura intere convinzioni ben formate non riescono a sfuggirgli.
Forse tutto ciò che realmente conta, non viene mai svelato e rimane lì, intrappolato dai mille risvolti che potrebbe avere, dal timore di liberarsi dalla condizione in cui è ed innescare dei cambiamenti.
Ed è per questo che si dice che un vero libro, ad esempio, quello migliore, non finisce mai di dire ciò che deve dire.
Così anche le mie labbra, forse, resteranno catturate dal secondo che le ha fermate, uccidendo un’altra emozione, un’altra vita… semplicemente una stupida ed  immensa parola.
Ed io non finirò mai di dire ciò che vorrei dire.


NOTA DELL'AUTRICE: Questa storia è stata scritta due anni e mezzo fa e ne ero così gelosa che sono sempre stata indecisa se pubblicarla o no. Una nota di merito all'immensa sensibilità musicale di un mio amico, germoglio che ha dato vita a questa one-shot. Grazie.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Aleu