Libri > Harry Potter
Segui la storia  |      
Autore: acquarietta    02/11/2004    9 recensioni
E se Hermione non fosse la santarellina che tutti conosciamo? Un inizio comune per molti finali: quando le scelte fanno la differenza
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ron aprì lentamente la porta della sua caratteristica abitazione

Ron aprì lentamente la porta della sua caratteristica abitazione. Sempre che un mini appartamento al 122° piano di un grattacielo a New York si possa definire caratteristico.

Era sfinito. Dopo aver passato la notte in servizio al Ministero Americano della Magia per i rapporti internazionali, era riuscito a liberarsi della folla di folletti che lo circondava perennemente, e a tornare a casa, dove una moglie, teoricamente impaziente, lo attendeva.

Teoricamente perché, già dopo il primo giro di chiavi, il Rosso si era accorto che qualcosa non andava: il pungente aroma di caffè che di solito accompagnava i suoi ritorni mattutini non si espandeva per l’accogliente cucina, che peraltro faceva a pugni con il resto della casa, in perfetto stile post-moderno. Inoltre non c’era nessuna donna vogliosa, quale era solitamente Hermione a quell’ora, a fremere sulla soglia di casa.

I motivi di sospetto si facevano maggiori man mano che si addentrava nell’appartamento: i piatti della sera precedente giacevano nel lavello, riempiendo l’aria dell’odore stantio di pesce fritto; il grembiule di Hermione (il suo preferito) era a terra, visibilmente provato da un calpestamento probabilmente prodotto da un paio di scarpe sporche; sul divano color panna risaltava una carta da regalo cerulea e molto stropicciata sulla quale si reggevano, in un equilibrio piuttosto precario, una serie di scatole di diverse dimensioni che sembravano essere state aperte con sempre più crescente curiosità, finché la cosa non fosse degenerata in vera e propria rabbia, come dimostrava l’ultima scatolina, che pareva essere stata strappata con le unghie e con i denti.      

I sospetti iniziarono a diventare certezze quando il giovane sentì strani rumori provenire dalla sua camera da letto. In un impeto di autolesionismo decise di andare a vedere cosa stesse succedendo.

Si diresse velocemente verso la stanza, buttando a terra la sua ventiquattrore, senza badare minimamente al fatto che il suo lavoro di un mese di diplomazia con la repubblica presidenziale del Burundi si stava incollando all’appiccicaticcio pavimento della sala. Grazie alla lunghezza spropositata delle sue gambe, raggiunse con poche falcate la porta d’ebano che lo separava dai misteriosi rumori contornati da risolini soffocati. Strinse la mano intorno all’uscio dorato, ma ebbe un momento di tentennamento: cosa avrebbe scoperto attraversando la soglia di quella stanza? E come avrebbe reagito al tutto? Immaginò come si sarebbe sentito sollevato se dentro ci fosse stata una festa a sorpresa per lui. In fondo si spaccava la schiena dalla mattina alla sera… Accarezzava questi pensieri con un sorrisino inebetito stampato in faccia mentre la sua mano, che pochi istanti prima si era stretta rabbiosamente alla maniglia della porta, ora la sfiorava con delicatezza. Rincuorato, decise di entrare con ottimismo o almeno con molta speranza…

La camera era immersa in una luce soffusa e pallida. Le tapparelle erano abbassate. Nonostante la finestra fosse spalancata, una cappa di calore avvolgeva nella sua implacabile afa tutta la stanza. Il pavimento era disseminato di vestiti, soprattutto numerosi capi di biancheria intima, alcuni dei quali di origine sconosciuta a Ron. Il letto cigolava in maniera atroce mentre le lenzuola di raso, che facevano parte del loro corredo matrimoniale, diventavano sempre di più una massa ingarbugliata della quale non si distinguevano i contorni. Il giovane tentò di non guardare chi ci fosse nel letto, quindi spostò istintivamente lo sguardo verso il comodino, dove faceva capolino un paio di occhiali rotondi piuttosto rovinati.

“No…” sussurrò debolmente il ragazzo dai capelli rossi.

                                 

                                                                  §§§§§§§§§§

 

1° finale

Le gote del giovane iniziarono ad infiammarsi mentre una patina umida ricopriva inevitabilmente i suoi occhi. Cercò in tutto il corpo la rabbia che lo aveva sempre caratterizzato, tutta la sua ormai proverbiale impulsività, e si scoprì essere debole. Tentò invano di tirare fuori tutto il suo dolore, di urlare fino a distruggere quelle mura che traboccavano di peccato, ma sentì solo una rivoltante ondata di tristezza che avvolgeva il suo stomaco e saliva instancabilmente l’esofago fino a raggiungere in qualche modo il suo cervello. Ed era difficile metabolizzare quell’informazione inverosimile. Provò a fare un respiro profondo ma si rese conto che era un gesto totalmente inutile: quelle poche manciate di ossigeno che era riuscito ad immettere nel suo organismo non riuscivano a superare la pleura e tentavano invano di insinuarsi in quelle piccole sacche tondeggianti quali sono gli alveoli polmonari. Automaticamente tossì ed attirò così l’attenzione delle due figure che occupavano il letto e che prima di quel momento non si erano minimamente accorte della presenza di un “intruso” nella stanza.

I tre si studiarono per qualche istante, mentre Ron tentava di farsi passare la crisi.

“Perché?” riuscì solamente a dire.

Hermione, sudata e visibilmente imbarazzata, mormorò un paio di parole incomprensibili. Guardò Harry e dallo sguardo allarmato del ragazzo capì che era meglio sbrigarsi da sola la situazione. Dal canto suo, il giovane non sembrava affatto intenzionato a rimanere ancora a lungo nella stanza da letto dei suoi due migliori amici.

“Ehm… Forse è meglio che tu te ne vada, Harry” sussurrò la castana, illudendosi di sembrare calma e sicura di sé.

“Neanche per sogno” disse Ron con decisione.

“Lui rimane” riprese, alzando un dito tremolante verso il moro. Non voleva mostrare la sua debolezza, la sua immensa delusione. Ma si sentiva rincuorato dall’aver scoperto quanto vigliacco fosse il suo amico. Ora sapeva di poter prendere le redini della situazione.

“Quindi non ti bastavo io. Dovevi anche avere il nostro migliore amico. Cos’è, non riuscivo a soddisfare i tuoi bisogni sessuali?”

Il Rosso sputò fuori le ultime due parole come fossero latte rancido. Ed Hermione l’aveva capito. Aveva capito quanto poco suo marito credesse in quello che diceva e quanto male gli facesse quella situazione.

In quel momento di puro panico le venne in mente di dire solo una cosa: “Ron, forse sarebbe meglio se ne parlassimo davanti ad una tazza di caffè”.

Che proposta insensata. Come si fa a bere un caffè discutendo dei problemi di una coppia? Come si può stare seduti a parlare del fatto che tua moglie ti ha tradito con il tuo migliore amico?

“Va bene” rispose Ron, prima di rendersi conto di ciò che aveva detto.

Si diresse tranquillo verso la cucina, ciondolando quasi inebriato da quella nuova sensazione di pace che aveva invaso il suo corpo.

Si accorse delle scartoffie che qualche minuto prima aveva lanciato nel salotto, ma non si preoccupò di risistemarle. Oltrepassò un muretto marmoreo e si sedette a capotavola. Gli altri due si trascinarono nella stanza quasi svestiti, con gli occhi puntati fissi sul pavimento.

Mentre Ron si dilettava seguendo con il dito le venature impolverate del vecchio tavolo di legno ed Harry pareva estremamente interessato a guardarsi le unghie, Hermione si diresse decisa verso il lavello, apparentemente intenzionata a lavare i piatti. Diede una vaga occhiata alla lunga pila untuosa che spiccava nel lavandino e, dopo qualche attimo di puro sconcerto e vaga indecisione, iniziò a riempire la lavastoviglie.

Il silenzio della casa era interrotto solo dal brontolio dell’elettrodomestico.

Un raggio di luce mattutina accarezzava tacitamente il calice semipieno di Nebbiolo che sostava sul tavolo. A prima vista poteva parere un pregiato vino italiano importato direttamente dalle vigne piemontesi per dilettare le serate nella Grande Mela, ma ad un attento osservatore quale Ron non poteva sfuggire l’acre odore di cartone che aleggiava intorno al bicchiere: “supermercato dell’angolo, percentuale d’uva 20%, il restante 80% è di origine sconosciuta.” ipotizzò il ragazzo tra sé e sé, colpendo nel segno.  

Nel frattempo Hermione aveva cominciato il suo lungo e pedante discorso di difesa, farcito da richieste più o meno supplichevoli di perdono.

Lui osservò ancora per qualche istante la luce. Tutte quelle particelle che galleggiavano per aria gli ricordavano qualcosa. Socchiuse gli occhi nel forzato tentativo di estorcere delle immagini al fondo della sua memoria.

Un fiumiciattolo. Una mattina settembrina. E una luce corpuscolata che filtrava tra le foglie di una vecchia sequoia. Quel luogo si trovava a poco più di cento metri dalla Tana ed ogni rumore provocato da un abitante della casa pareva riecheggiare tra quelle acque chete. Una porta interna sbattè violentemente mentre quella d’entrata si apriva con altrettanta violenza. Uno smilzo ragazzino dai capelli rossi corse verso l’albero e iniziò a tirargli calci. Purtroppo non aveva valutato la massa della pianta e nemmeno la potenza del suo piede. Così un colpo troppo forte con connesso contraccolpo lo fece cadere rovinosamente a terra. Una lacrima solcò la sua gota destra.

“Ma quanto sei stupido, Ron” pensò, e con un gesto che voleva suonare inutilmente virile, tentò di asciugarsi, ottenendo solo una guancia sporca di terriccio.

Non si era mai sentito tanto sciocco in vita sua. L’indomani sarebbe partito per il suo primo anno ad Hogwarts e in quel momento l’unico pensiero che occupava la sua mente era Sylvia. Come aveva potuto credere di interessarle? Avrebbe dovuto immaginare che era tutto uno scherzo. A poche settimane dalla sua umiliante confessione d’amore, lei lo aveva già scaricato per passare a nuovi obiettivi certamente più interessanti.

Si avvicinò al ruscello e cercò di apprezzare il riflesso che ci vedeva dentro: viso esageratamente magro e lungo, occhi blu, passabili; bocca, naso, pelle chiara, lentiggini in ogni punto in cui era possibile infilarcele, il tutto contornato da una capigliatura evidentemente rubina.

Provò ad immaginare il viso della ragazza al suo fianco: lunghi capelli biondi e lisci legati in un elegante crocchia che incorniciavano il viso pallido. Gli occhi neri, il naso dritto, il passo leggiadro. O forse arrogante. Non era mai riuscito a capirlo, nonostante la conoscesse da anni.

Il riflesso scomparì tra le pieghe dell’acqua. Per poi ricomparire dopo pochi attimi.

Il ragazzino riuscì a stento a voltarsi, per vedere che Sylvia al suo fianco gli sorrideva con un pizzico di superbia. Indossava una camicetta a quadri e una gonna molto corta. Abbigliamento un po’ succinto per una ragazzina di undici anni. Alzò la mano, impreziosita da una serie di braccialetti tintinnanti, per pararsi gli occhi dalla luce che era riuscita a superare il fogliame della sequoia e a raggiungere le sue pupille scure. Sembrava pronta per una giornata di shopping in un centro commerciale babbano. Si osservarono per pochi istanti: Ron abbassò lo sguardo mentre il rossore sulle sue orecchie aumentava. Sylvia prese la sua mano, provocando nel ragazzo un evidente tremito.

“Mi puoi perdonare?” gli disse, quasi sfacciatamente.

Un caldo aroma di caffè si appropriò della casa. Ogni angolo sembrava immerso nell’odore amarognolo che riuscì a risvegliare Ron dai suoi ricordi. L’uomo si asciugò il sudore freddo dalla fronte e respirò a pieni polmoni quel profumo quasi incredulo di essere tornato nella realtà. Si guardò intorno: Harry stava sorseggiando la bevanda e ricambiò lo sguardo incuriosito del Rosso con un sorriso tra l’ebete e il bastonato. Si capiva che era pentito, ma Ron non ne era in fondo così sicuro.

Poi comparve lei. Hermione, con i capelli tirati su in un accurato chignon e il viso inondato di luce, gli porgeva una tazza blu. Indossava solo una camiciona quadrettata, che lasciava abbondante libertà alle sue curve. Nascondeva l’evidente malizia dei suoi occhi con un po’ di dolce malinconia.

In quel momento Ron si accorse del silenzio che lo circondava allo stesso modo in cui a volte si prende coscienza di un nuovo rumore.

Si studiarono a vicenda per qualche istante e il ragazzo sentì il bisogno di cingersi a lei con una sorta di sensualità disperata.

Hermione intuì, e gli accarezzò la mano. Per la seconda volta in cinque minuti un brivido si impossessò del suo corpo.

“Mi puoi perdonare?” gli disse, con un tono più spudorato di quanto fosse necessario.

Abbassò lo sguardo. Osservò l’interno della tazza: guardando oltre il fumo profumato, individuò la prelibata bibita. Era marrone, più scura nel centro, vagamente arancione verso l’esterno. Ora il suo unico desiderio era di infilarci dentro il naso lentigginoso.

Bevette tutto d’un sorso, senza zucchero.

Sapeva che l’avrebbe perdonata. Come sempre.

 

 

 

 

Delusione delle delusioni, lui li ha perdonati. Immagino fiumi di lacrime per chi è arrivato fino a questo punto. O forse no.

Ma questo è solo il primo finale. Ho deciso che ce ne saranno per tutti i gusti, perché sto tentando di non limitare il mio modo di scrivere. Quindi aspettatevi qualcosa di molto sanguinolento, poi magari di comico, e anche di slash. Scuola e varie crisi permettendo, ci sarà spazio per tutti.

Non mi resta che ringraziare la mia beta che ha saputo aiutarmi in tutto questo tempo e non mi ha odiata troppo per tutte le richieste di aiuto che le ho fatto.

Esprimo in anticipo la mia immensa gratitudine a chi vorrà recensirmi. Vipregovipregoviprego!

Al prossimo finale!

 

Ps mi è stato imposto di precisare che io sono assolutamente contraria alle H/H. Questo non significa che le sostenitrici di questa coppia non dovranno più leggere i miei scritti. Vero?...

 

 

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: acquarietta