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Autore: amandasilbermond    09/11/2013    0 recensioni
Yuri aveva diciotto anni.
Yuri è morto.
Mia aveva quattordici anni quando suo fratello se n'è andato.
Mia deve imparare a vivere, senza di lui.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un paio di cuffie nelle orecchie, il mio Eastpack nero pieno di spille in spalla, l’ansia nelle gambe ed un orologio al polso che segna le 8:27: un abbigliamento piuttosto anonimo, poiché il mio intento è proprio passare inosservata tra le tante ragazzine dai capelli cotonati e pieni di fermagli colorati e le gambe fasciate da jeans strettissimi a vita bassa.
Le ragazze, uscite direttamente da un catalogo di villaggi ricevuto in un’agenzia di viaggi, mi fissano come fossi un’aliena.
Mia madre ieri sera aveva insistito per accompagnarmi, ma mi ero categoricamente rifiutata: essere la ragazza nuova è già abbastanza frustrante, preferisco evitare la parte della brava bambina che viene scortata al portone dai genitori.
Seguendo i miei sensi non fatico molto a trovare la mia classe nel corridoio invaso da ragazzi che ridono e si raccontano a vicenda le avventure estive, le ragazze incontrate, le conoscenze fatte ed i luoghi visitati.
La metà degli sguardi che ricevo è guardinga, l'altra è estremamente benevola: nonostante questo nessuno mi rivolge la parola e parte di me ringrazia il Cielo per questo alone di silenzio che mi circonda.
Mi siedo in un banco vuoto senza rivolgere la parola a nessuno e dopo soli due minuti un ragazzo dai capelli nerissimi mi informa che desidera occupare il mio posto e mi invita, con garbo principesco, a “sloggiare” il più lontano possibile da lui.
E’ un ragazzo alto e dal fisico asciutto, frutto di ore trascorse in palestra per pura vanità.
Mi alzo senza fiatare, decisa a non farmi nemici il primo giorno.
“Se indossi una mini gonna lunga quando un fazzolettino con delle calze di pizzo del genere…beh, è ovvio che un ragazzo abbia intenzioni ambigue” bisbiglia una ragazza alle mie spalle, indicandone un'altra seduta al penultimo banco intenta a masticare una caramella a molla con foga eccessiva.
Ha lo sguardo perso nel vuoto e tamburella nervosamente con la penna sulle pagine del quaderno che ha di fronte: è pensierosa, glielo si legge nei movimenti concitati.
“Ho il pieno diritto di parlare di lei come mi pare e piace, perché è una stronza” strilla all'amica, che tenta di zittirla.
Il viso della ragazza che ha appena aperto bocca è incorniciato da una chioma di lunghi capelli color miele ed impreziosito da occhi azzurri, talmente chiari da sembrare cristalli, resi ancor più evidenti dal trucco pesante.
L’entrata del nostro professore di lettere zittisce la confusione generale: sembra essere un personaggio mitico del liceo, dotato di una presenza imponente al punto tale che chiunque gli appare sottomesso al suo fascino e alla sua autorità.
Un comune mortale, ovviamente.
La presentazione che fa della mia persona mi relega accanto ad un ragazzo con i capelli tanto biondi da sembrare bianchi.
“Mi chiamo Axel” si presenta tentendomi la mano, che stringo senza molta convinzione dicendo a mia volta il mio nome.
So che ha scorto la cicatrice, non fa che fissarmi il braccio quando crede che io non lo veda.
So che vorrebbe farmi domande.
So che ringrazierò la mia buona stella per non aver permesso alla sua bocca di proferire una parola.
Il suo sguardo imbarazzato mi provoca improvvisamente una tenerezza tale da indurmi, per un attimo, a rinunciare ai miei propositi di alienazione.
"Ti piace?" mi domanda all'improvviso, infilandomi un'auricolare nell'orecchio, incurante della presenza del professore.
La musica mi invade il cervello, rimpiedo ogni anfratto della mia mente, ed una sensazione lieve come un velo mi avvolge.
Decido di soddisfare le sue aspettative e mi lascio sfuggire un commento positivo sulla canzone che mi ha fatto conoscere.
"Certe canzoni profumano d'amore, non pensi?" mi domanda allìimprovviso.
Il mio nuovo compagno di banco riesce a stento a trattenere la felicità davanti al mio sguardo vacuo e sorride beato per il resto della mattinata.
 
Entro in casa senza salutare nessuno e mi precipito in camera mia, incurante del grido allegro di mia madre che mi domanda come sia andato il primo giorno.
So che mia madre vorrebbe discutere con me della giornata appena trascorsa ed avere un dialogo con me, ma in questa casa sono un'ombra e tale voglio rimanere.
Con il tempo le ferite si cicatrizzano e i ricordi si affievoliscono; col tempo nasce la voglia di essere di nuovo felici, anche se qualcosa dentro di te sembra volertelo impedire in memoria di un passato che ti sembra di offendere con la tua felicità.
Mi siedo alla scrivania ed inizio a scrivere una lettera indirizzata a Yuri, una pratica diventata abituale.
Non gli parlo del primo giorno, non gli racconto della mia mattinata, non menziono Axel anche perché non ho idea di cosa sia per me.
 
Ricordi la prima volta che abbiamo preparato la cioccolata calda? Abbiamo combinato un pasticcio e scrostare la cioccolata dal mobile della cucina è stata un’impresa.
Mi sembra ancora di sentire la tua risata: è strano come la tua presenza sia così viva ed il tuo ricordo così vicino.
Ti ho visto io. Lo hai fatto davanti a me.
 
Cancello l’ultima frase con rabbia, quasi volessi bucare il foglio.
Le mie parole trafiggono quel che resta della sua anima, che tenta di rimanere imprigionata tra quelle righe.
Una macchia rotonda colpisce il foglio, una seconda, una terza e una quarta, finché non copro il viso con le mani.
Ci sono corsi per-parto, corsi da frequentare prima del matrimonio…ma nessuno ti prepara al dolore della morte, alla scomparsa di un tuo caro.
Yuri avrebbe afferrato una bottiglia, l'avrebbe aperta e si sarebbe seduto in veranda con i piedi appoggiati al tavolo di plastica.
Era così che lui reagiva al dolore, così che aveva accolto la notizia della morte di nostra nonna.
Se mi concentro, sento la voce di Yuri che mi risponde, la sua risata mentre correva verso il bagno, per occuparlo per primo: mi manca dividerlo con lui.
“Uffa! Vorrei tanto essere figlia unica…almeno così potrei avere un bagno tutto mio!!”
Se avessi saputo che un termosifone ed un lavandino tutto per me mi sarebbero costati questo prezzo non avrei mai pronunciato quella frase.
Ci sono momenti in cui bisogna riflettere e pensare prima di agire e altri in cui l’unica cosa che bisogna fare è estraniarsi dalla realtà e fare quello che ti passa per la testa: la sera prima di morire, Yuri mi aveva baciato sulla nuca e mi aveva mormorato il suo affetto, cingendomi in un abbraccio.
Non lo sapevo ancora, ma in quel bacio c'era la parola "abbandono".
  
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