Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Teddy_bear    09/11/2013    2 recensioni
Harmony Collins.
Cuore spezzato, rotto, distrutto, a pezzi, calpestato e frammentato.
Lacrime, sorrisi forzati, sofferenza.
Interiormente piena di dolore.
Clive Stokes.
Privo di sentimenti, distruttivo, adirato, inaffidabile, pericoloso.
Piacere, ghigni, malvagità.
Colui che provocava dolore.
Entrambi impauriti, stanchi, sperduti nel mondo.
"Amarti per sempre, non può esser sbagliato."
Genere: Dark, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A









Un angelo.
Harmony Collins poteva esser paragonata ad un angelo.
Un piccolo angelo caduto dal cielo, con una missione ignota.
Un angelo rotto, distrutto, a pezzi. Come il suo cuore.
I suoi occhi, azzurri, troppo tristi.
Il suo sorriso troppo forzato.
Le sue lacrime troppo nascoste.
Eppure, lei c'era sempre. Per tutti.
Proprio come un angelo custode.
"Allora Harmony, cos'è successo ieri sera?"
Ieri sera.
La testa di Harmony cominciò a girare, a quei ricordi.
Sentì il cuore esplodere e la paura si impossessò presto di lei.
"I-ieri sera?" domandò balbettando leggermente.
"Certo. Insomma hai due borse sotto gli occhi che fanno invidia a quella di Mary Poppins." la mise sull'ironia, la sua amica, Elizabeth.
"Ah, quelle. No, nulla. Ho solo dormito poco, tutto qui."
Mezza bugia.
Quella notte, Harmony, dormì poco. Come la maggior parte delle volte.
Solo che, quella notte, non la tormentarono i ricordi.
Quella notte, la tormentò una persona. Clive Stokes.
"E come mai?" le chiese, quindi, Elizabeth.
"Nessun motivo in particolare. Dovrei tornare a prendere le gocce per dormire, nient'altro." Harmony alzò meccanicamente le spalle, abituata a dire menzogne.
Doveva prendere gli antidepressivi, non le gocce per dormire.
"Oh, capisco. Hai mai provato i fiori di Bach?" le domandò l'amica.
"No, non mi ispirano nemmeno, sinceramente." rispose la mora.
"Invece ti sbagli, sono molto di beneficio." le spiegò, convinta, Elizabeth.
"Immagino, ma no. Grazie lo stesso, Liz." disse.
Harmony guardò quel grande edificio di fronte a lei: l'università.
E divenne nervosa, molto nervosa.
Si mordicchiò un'unghia, il labbro inferiore e l'interno della guancia destra.
"Har!"
Poteva riconoscere quella voce ovunque. La stessa voce che, la sera prima, le aveva fatto capire di esser nei guai.
"Dana, ciao tesoro." salutò l'amica, forse la migliore che avesse mai avuto, con un bacio sulla guancia.
"Sei nervosa, vero?" le domandò la bionda.
"Sì, un po'." rispose.
"Andrà tutto bene, non sei sola." la rassicurò Dana.
E nella mente di Harmony, si fece spazio una sola affermazione: 'sì che lo sono.'.

"Ciao Clive."
Una voce seducente soffiò sull'orecchio del ragazzo.
"Linda." ribattè, con indifferenza, lui.
"Che freddezza, qualcosa non va?" chiese lei.
"Nulla, son solo in astinenza."
Linda gli massaggiò le spalle, larghe e forzute, ridacchiando maliziosamente.
"Non di quello che pensi tu, però."
Clive si tolse bruscamente dal tocco di lei. Non gli piaceva esser toccato, a meno che non era lui a farlo.
Clive domava, sottometteva, sfruttava il genere femminile. Gli piaceva farlo. Lo faceva sentire potente.
"Ah, intendi dire che sei in astinenza di altro, quindi?"
Linda ammiccò nella sua direzione, capendo a cosa egli si riferiva.
"Ne hai un po' vero?" domandò lui, cambiando espressione.
Lei tirò fuori un po' di marijuana, mostrandogliela con orgoglio.
"Questa è la mia ragazza!" esclamò lui, euforico.
"Non avrò mai la speranza di esserlo, vero?"
D'un tratto Linda si fece più cupa, malinconica.
Perchè, lei, era molto innamorata di Clive.
Perchè Clive la usava, senza un briciolo di sentimenti, come faceva con tutte.
"Sai come la penso, Linda. Tu mi soddisfi, sei sexy e mi attrai. Ma non voglio nient'altro oltre al sesso, capisci?"
Lui, senza perdere tempo, cominciò a fumare.
Sentì il peso sul petto alleviarsi, e diventare solo un fievole ricordo.
Non pensò più a nulla e si sentì, in un attimo, il padrone del mondo.
"Certo, mi sta bene. Ora dammi qua." disse lei affrettandosi a respirare un po' di fumo.
E si divertirono, riderono e scherzarono, sotto gli effetti della droga.
Quelli non erano i veri loro, quelli erano solo delle finzioni.
Avevano delle maschere, che usavano per proteggersi dal mondo esterno.
E se un angelo volesse togliere questa maschera, da uno di loro?
Cosa succederebbe?
"A proposito, ho incontrato una ragazza, l'altro giorno." affermò, con la solita sicurezza, il moro.
"Ah sì? Buon per te. Che hai intenzione di farle?"
Linda sentì la gelosia impossessarsi di lei, prendendo tutto le fibre del suo corpo e del suo cuore. Ma, come al solito, diede la colpa alla droga.
"Per ora, nulla. Si chiama Harmony." rispose, leccandosi le labbra, Clive.
"Scommetto che è una di quelle ragazze casa-Chiesa. La tipica santarellina." disse Linda in maniera sprezzante.
Già odiava, questa Harmony.
"Il nome mi ispira innocenza, se devo esser sincero." controbattè lui, ridacchiando.
"Ma non durerà per molto. So già che sarà mia." aggiunse poi, fieramente.
"Fa come vuoi, ora me ne vado."
Linda sbuffò sonoramente, girando i tacchi ed andandosene infastidita.
Clive non fece nulla, per fermarla.
Clive non fermava nessuno.
Clive, in fondo, voleva esser fermato.
I passi di lei si fecero sempre più lontani, ma lui non ci badò.
La sua mente era annebbiata, come la sua vista, a causa dell'eccessivo fumo.
Si stropicciò gli occhi, arrossati, sbuffando.
Guardò poi fuori dalla finestra, pensando ad un'unica persona. Si chiese cosa stesse facendo in quel momento, dove potesse essere ed a cosa stesse pensando. Ma non aveva le risposte.
Clive Stokes aveva solo domande, anche per sè stesso.
"Sarai mia, piccola Harmony." si ritrovò a sussurrare, ghignando.
Ma, quello che Clive non sapeva, è che sono gli angeli, ad avere in custodia qualcuno.
Ed Harmony, com'è risaputo, si poteva confrontare ad un angelo.

Quando Harmony tornò a casa, la prima cosa che fece fu sospirare.
Un piccolo, fievole, sospirò uscì dalle sue labbra screpolate a causa del vento proveniente dall'esterno.
Si guardò attorno, alla ricerca di sua madre.
"Harmony!"
Sobbalzò, la ragazza in questione, alla voce squillante, quanto famigliare, della donna.
Sentì il cuore accellerare i battiti, e le gambe tremare.
Era terribile associare, certi eventi quotidiani, a dei lontani, e ben impressi nella memoria, ricordi.
"Scusami, non volevo spaventarti." la madre riconobbe l'errore fatto, e chiese perdono.
"Non preoccuparti, sto bene."
Invece, Samantha, doveva preoccuparsi. Perchè, sua figlia, non stava bene.
"Com'è andata?" le domandò, la donna, sorridendole.
"Molto bene direi: i professori sono molto preparati. Inoltre, Dana ed Elizabeth non mi hanno lasciata, nemmeno per un momento, sola." sorrise, il più sinceramente possibile, la ragazza.
"Son davvero delle buone amiche." affermò, felicemente, Samantha.
"Sì, lo sono." annuì Harmony.
"Salgo un attimo in camera, sai, vorrei ripassare un po' gli appunti." aggiunse poi.
"Certo, tesoro, va pure." disse la madre, dirigendosi in cucina.
Harmony salì velocemente le scale, tenendosi con il corrimano.
Arrivò alla porta di camera sua, che aprì delicatamente, richiudendosela poi alle spalle.
Si maledì, pochi istanti prima mentalmente, pensando a quello che stava per fare.
Poi, con un gesto quasi meccanico, aprì il cassetto del suo comodino e tirò fuori delle pillole.
Quelle pillole.
Quelle che l'aiutavano nei giorni bui, quelle che le stavano accanto quando nessuno la capiva, quelle che la tiravano su di morale.
Pillole, o farmaci psicologici prescritti dal suo medico che siano, lei ne aveva bisogno.
Aprì delicatamente con la mano destra il piccolo barattolo, a forma cilindrica arancione, e lo rivoltò nell'altra mano.
Cinque pillole.
Portò la mano, contenente le compresse, alla bocca. Ed ingoiò.
Chiuse gli occhi, adagiandosi al muro, per poi scorrerci con la schiena.
Anche lei, come Clive, sentì i ricordi ed il peso sul petto farsi più fievoli.
Nella sua mente, lei diceva di meritarsi tutto questo.
Perchè era stanca, triste e terribilmente sola.
Eppure lei era come un angelo, giusto?
Ma come può un angelo pretendere di salvare qualcuno, quando è l'angelo stesso ad aver bisogno di esser salvato?
Come può una persona fermare qualcuno, quando è lei che deve esser fermata?
Si portò una mano alla tempia, Harmony, massaggiandola lievemente.
Ripose il piccolo barattolo, contenente le pillole, nel cassetto del suo comodino.
Cacciò dentro di sè le lacrime, guardando in alto ed ingoiando quella poca saliva presente all'interno della sua bocca.
Sospirò rabbrividendo, portandosi le mani alla ginocchia.
Ma, i ricordi, non sparirono.
Rimasero lì, in attesa di esser di nuovo presenti nei suoi incubi più oscuri.
Ma, Harmony, non piangeva.
Non lo faceva da anni e, forse, le pillole l'aiutavano anche per questo.
Si alzò da terra, andando verso il suo telefono, e compose velocemente il numero del dottor Barrett.
"Pronto." disse l'inconfondibile voce mascolina di quest'ultimo.
"Dottore, sono Harmony." disse lei.
"Harmony, dimmi tutto."
Appena sentì quel nome, Joseph Barrett, si allarmò.
Quella ragazza era un vero, e proprio, problema.
"Ho appena ripreso le pillole e..."
"Cosa? Harmony, ascolta, sono degli antidepressivi molto forti. Sono dei farmaci psicologici troppo invasivi. Li avevi già presi ieri, bastava e avanzava per qualche giorno. Ricordi? Ogni due, o tre, giorni." le ribadì, spaventato, il dottore.
"Lo so, ma ne sentivo il bisogno." spiegò la ragazza, mordicchiandosi un'unghia.
"Ogni due, o tre, giorni. Intesi?" domandò Joseph.
"Va bene." sospirò, arrendendosi, lei.
"Per qualsiasi cosa, chiamami." le raccomandò Barrett.
"Lo farò. Arrisentirci."
"Ciao Harmony."
Quest'ultima chiuse la telefonata, buttando il cellulare sul letto.
Nessuno poteva capire.
Nessuno voleva capire.
Guardò fuori dalla finestra e sentì, tutta la malinconia, invaderla.
Osservò il suo riflesso nel vetro, provando disgusto verso sè stessa.
Ed ebbe solo voglia di dormire, senza svegliarsi più.
"Harmony, vieni giù, hai visite."
Appena sentì la voce della madre, cercò di riprendersi dal suo stato confusionale, dovuto alle compresse appena assunte.
"Arrivo." biascicò con la bocca un po' impastata e la voce rotta.
Aprì la porta della sua camera, facendo un respiro profondo.
Nessuno doveva accorgersi del suo dolore.
Lei stava bene.
Attraversò a fatica il corridoio e scese, cercando di reggersi, le scale.
Barcollò un pochino, sentendosi cedere.
"Eccoti. Sei arrivata, finalmente."
La sua amica Dana la salutò con un sorriso smaliante e sincero. Il contrario di quello di Harmony.
"Come mai sei qui?" le chiese, la mora, non capendo ed ancora confusa.
"Pigiama party, serata tra ragazze... Non ricordi?" rispose con un'altra domanda, sbalordita, l'amica.
"Oh, sì scusa, ho la testa un po' per aria." alzò gli occhi al cielo, fingendo un sorriso.
"Tranquilla. Bene dai, diamoci dentro!"
Dana le scompigliò i capelli, sorridendole.
Harmony scosse il capo, dirigendosi in cucina insieme all'amica, mentre la sua mente affermava una sola cosa, neanche vera: 'sei felice, Harmony.'.

Clive mangiò, l'ennesimo pezzo della sua coscia di pollo, svogliatamente.
Sbuffò, sbattendo la forchetta sul piatto creando un rumore assordante.
"Ma sei coglione? Non voglio diventare sordo." lo accusò Anderson, guardandolo male, portandosi una mano all'orecchio sinistro.
"Sono nervoso." disse, senza aggiungere nulla, Clive.
"Io ho novità rigurdanti una certa Harmony, invece." si leccò, maliziosamente, le labbra l'altro.
"E non mi dici nulla? Avanti deficente, spara." affermò, spazientito, il moro.
"Ha presente Elizabeth Smith? Quella con la quarta abbondante? Beh, oggi pomeriggio, me la son portato a letto. Ed indovina un po': sul suo telefono ho trovato, nella rubrica, il nome di una certa 'Harmony' e mi ha rivelato che è una sua amica e compagna d'università." spiegò Anderson, con fare vittorioso.
"Bel lavoro amico, davvero un bel lavoro." si morse il labbro inferiore, Clive.
"Già, e se hai qualche minuto di tempo, ti racconto i dettagli." ridacchio l'amico.
"Sono tutto orecchi." affermò, Clive, impaziente.

Clive Stokes, scoprì molte cose su Harmony Collins.
Harmony Collins, scoprì solo molte cose.
Distruggersi, amando, fu un qualcosa che fecero entrambi.
Lui volle solo la felicità per lei.
Lei volle solo la felicità per lui.
Clive Stokes, divenne la felicità di Harmony Collins.
Harmony Collins, divenne la felicità di Clive Stokes.
Può, solo la forza dell'amore, esser in grado di salvare qualcuno?
Harmony Collins stava male.
Clive Stokes stava male.
Ma insieme, forse, potevano star addirittura bene.

Spazio autrice:
eccomi qui con il nuovo capitolo di "Fear of our love." :). Che ve ne pare?
Schifoso, orrendo, impossibile da leggere?
Sinceramente, non mi convice più di tanto. Non mi convince proprio per niente! Ma, questo capitolo, si è scritto da sè.

Domadina scema, ma il raiting della storia vi sembra più arancione o rosso? Non ci sto capendo nulla xD ehehe.
Queste tematiche, come la droga e la depressione, mi stan rendendo matta e.e.
Anyway, mi lasciate una piccolissima recensione? :33 piccina ina ina? Dai xD.

VI ADORO. PUNTO. GRAZIE DI CUORE A TUTTE VOI CHE SIETE FANTASTICHE.
Inoltre, una cara lettrice TROPPO dolce, mi ha creato un altro banner, che poi è la stessa ragazza tenerissima che mi ha fatto quello di "Silence Words." (storia che aggiornerò tra pochi giorni, promesso). Ed è davvero un banner stupendo *-*. Grazie ancora, cara.
Beh, credo di aver scritto tutto. La parola a voi bellezze ^-^.
Crediti banner:
http://ask.fm/Andrescrive












 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Teddy_bear