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Autore: Delyassodicuori    09/11/2013    1 recensioni
Ok, questa è decisamente l'idea più fasulla che mi sia venuta in mente. ricordate come avevo modificato il personaggio di Renesmee nella mia prima storia (the wolf story), facendola completamente innamorare della coppia Jacob/Leah? Bene, qui la vediamo alle prese con delle fanfiction da lei ideate e scritte per i nostri protagonisti, che ovviamente loro leggeranno ad alta voce le sue storie. quindi, in poche parole, è come un'insieme di capitoli extra, per l'appunto un Super Extra. Spero che vi piaccia, nonostante possa essere una roba da pazzi.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Seth Clearwater | Coppie: Jacob/Leah
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wolf Story'
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SPECIALE: L'ANGOLO DELLE FANFICTION DI RENESMEE parte 8

-Ehi, papà! Guarda cosa ho trovato!- esclamò una bambina, salendo la collina di corsa.
Era una calda giornata di fine estate. Il sole stava ormai calando, colorando con i suoi ultimi raggi il cielo di arancio e violetto.
La collina ove si trovava, vicina di soli pochi chilometri alla spiaggia, lera bella erbosa, mentre quelle di fianco erano zone dedicate ai campi di coltura. Uva, cereali, grano, ogni cosa si coltivava in quei campi. E quei campi appartenevano alla famiglia Clearwater. Erano solo una famiglia di contadini, che il re, però, notando il loro grande talento nel coltivare, decise di nominarli suoi vassalli.
Non erano però vassalli molto ricchi. Loro non amavano il denaro. Preferivano vivere all’aria aperta, lontano dalla vita cittadina.
E vivevano bene. Si nutrivano di ciò che la terra offriva a loro.
Si divertivano con ciò che la natura offriva loro.
La bambina finì di salire, con il fiato sospeso, ma con il sorriso raggiante.
Era una fanciullina di appena dieci anni, dai morbidi capelli lunghi e neri, la carnagione bronzea e gli occhi color cioccolato fondente.
Tutta la sua famiglia era scura di carnagione, capelli e occhi. Era una fisionomia assai diffusa in quel regno.
-Cosa c’è, piccola Leah?- chiese suo padre, Harry, mentre finiva di sistemare i ramoscelli vicino alla parete esterna della loro casa.
Era piccola, di legno, con le mura circondate da una grande e verdissima edera, ma confortevole, e durante l’inverno sapeva tenere bene il caldo al proprio interno.
L’uomo aveva circa 35 anni ormai, e si poteva notare qualche ciuffo bianco tra i capelli neri.
Leah si avvicinò al padre, mostrandogli ciò che teneva in mano.
-Non è grazioso?- chiese la piccola, sorridente.
Harry non sapeva se ridere o meno. Quello che teneva in mano era un ragno peloso, innocuo, ma pur sempre un ragno.
-Leah, non si prendono così gli insetti- fece lui, scuotendo la testa.
-Ma è carinoooo!!!- disse la bimba, fissando il ragnetto. Ai suoi occhi l’insetto era davvero dolce e tenero.
-Cosa è carino?- chiese alle sue spalle un bambino più piccolo, di appena cinque anni, dal sorriso più dolce e tenero del pianeta.
-Questo!- fece Leah, mostrando al fratellino il ragno.
Seth rimase a fissarlo per un po’. Un ragno così grosso… così peloso… con quelle zampe… e quegli occhietti rossi e quella bocca sbavosa… dovrebbe essere carino?
Il piccolo sentì un brivido alla schiena.
-Bleah, che schifo!- fece, togliendo lo sguardo dalla creatura.
-Maleducato!- sbuffò la sorella, contrariata dalla sua opinione.
-Seth, sei un maschietto, non dovrebbero piacerti gli insetti?- chiese Harry al piccolo.
-Si, ma questo fa proprio schifo! Dov’è carino, Lee?-
-Ragazzi, si sta facendo buio e la cena è pronta!- li richiamò la mamma Sue dalla casa.
-Arriviamo- risposero in coro i tre, entrando dentro casa (naturalmente Leah lasciò andare il ragnetto prima di entrare).
-Cosa abbiamo di buono, tesoro?- domandò l’uomo alla sua donna. Sue era una delle poche donne del regno a possedere una bellezza assoluta, trasmessa poi alla figlia. I capelli neri e lunghi le ricadevano lisci sulle spalle, e i suoi occhi erano sempre luminosissimi, carichi di amore e felicità.
Vedere i suoi figli crescere di giorno in giorno e il marito che la baciava la sera prima della cena… non poteva chiedere di meglio.
-Minestra di pollo- rispose lei, ricambiando il bacio a stampo di Harry.
-Bleah!- dissero i due bambini, seduti al tavolo.
-Parlate presto voi due- rise Harry –Tanto vi capiterà!-
-No uffa, io voglio diventare un forte e valoroso cavaliere!- disse la bimba, alzandosi sulla sedia e mostrando la forchetta in alto, come se fosse una spada.
-Spetta e spera, sorellona!- rise il fratellino, bevendo un sorso d’acqua dal bicchiere.
-Ehi, è un suo sogno, lasciala fare- fece Sue, portando il pasto a tavola.
La cena si era svolta tranquilla, tra risate e chiacchere, come sempre.
Il momento del pasto per loro era sempre così. Allegro e sereno.
Dopo mangiato, Leah aiutava sempre sua madre a pulire i piatti, mentre Harry giocava con il piccolo Seth.
Quando le due finivano di riordinare tutto, la famiglia si riuniva intorno al camino di pietra. Il padre accendeva il fuoco, mettendo a bollire del thè, mentre Sue coccolava i due bambini.
Quando il thè era pronto, tutti cominciavano a berlo, per poi raccontarsi a turno una favola.
Quella sera toccava ad Harry raccontare qualcosa alla famiglia.
-C’era una volta, in un paese molto lontano, una giovane fanciulla, bellissima, dal cuore forte e dall’animo più puro che possa esistere al mondo.
Viveva in un castello magico, sopra le nuvole. Ma il castello non era suo. Lei, infatti, era la sguattera di corte. Il castello apparteneva ad un principe forte e valoroso, buono e gentile.
Ma al giovane mancava qualcosa. Qualcosa che mancava anche alla fanciulla.
A loro, miei cari, mancava l’amore-.
-Oooohhhh- fece Leah, colpita.
-Come mancava l’amore?- chiese Seth, succhiandosi il pollice e stringendosi forte il suo orsacchiotto.
-Beh, nessuno dei due aveva qualcuno con cui stare. Vivevano da soli in quel castello sopra le nuvole, nonostante il villaggio che li circondava-.
-Quindi c’era anche un villaggio?- chiese Leah.
-Si- rispose Harry –Ma nessuno entrava nel castello-.
-Perché?- chiesero i due bambini.
-Perché, nonostante il buon animo del principe, nessuno si preoccupava di lui. Pensavano infatti che non fosse un buon regnante, e così volevano vivere le loro vite senza farsi condizionare da lui.
Comunque sia, il principe era talmente solo e depresso, e la sguattera era l’unica persona con la quale si confidava. E questo perché anche lei si sentiva sola, molte volte. Non le era rimasto nessun caro parente al suo fianco, nemmeno un amico su cui fare affidamento. Nessuno dei due aveva nessuno eccetto loro stessi-
-Cioè?- chiese la piccola Leah, sempre più rapita dal racconto. Era sempre così: i racconti del padre erano i migliori.
-Cioè?- fece Harry –Beh, con il tempo capirono che, per soddisfare il loro bisogno di stare con qualcuno, dovevano fare affidamento tra di loro. Cominciarono così a frequentarsi di più, a parlare, chiacchierare e scherzare come due buoni amici, fino a quando, entrambi, un bel giorno, si accorsero che i loro cuori battevano ad un ritmo strano. Forte, veloce, potente, un ritmo che fin’ora non avevano mai sentito, ma che regalava loro sensazioni piacevoli.
Capirono, dunque, che non era la semplice amicizia che li univa. Era l’Amore-.
I bimbi rimasero con il fiato sospeso, in particolar modo la piccola.
Sue sorrise e sotto lo sguardo magnetico di Harry, arrossì.
-Quindi si sono sposati?-  chiese Leah, gli occhi luminosi e il sorriso a trentadue denti.
Harry annui:-Esatto. Si sposarono e vissero insieme…-
-Ma io credevo che accadesse dell’altro!- sbuffò il piccolo Seth.
Sue rise allegramente, dando un puffetto sulla guancia del bimbo.
-Effettivamente accadde dell’altro- spiegò l’uomo –dopo il loro matrimonio si ritrovarono l’intero regno contro di loro. Perché? Semplice. Non erano d’accordo sul loro matrimonio. Così una notte assediarono il castello.
Ma il principe riuscì a portare in salvo la sua amata, che nel frattempo aspettava un bambino. Il loro bambino-.
Leah rimase con il fiato sospeso, mentre Seth sgranava gli occhi dall’emozione.
-La nascose in una stanza segreta, che conoscevano solo loro. Ci entrò anche lui, per dare l’ultimo saluto all’amata. La sguattera, però, lo supplicò varie volte di non andare, di rimanere al suo fianco, di scappare insieme. Dopo varie suppliche, però, il principe non potte accettare. La baciò dolcemente, le asciugò le lacrime e chiuse la porta della stanza a chiave-.
-E poi?- domandarono i bimbi, immersi nel racconto, sempre più emozionati.
-La donna riuscì a scappare da una seconda porta che dava fuori dal castello. Si nascose in una stalla, aspettando con ansia che il suo amato tornasse, ma ciò non accadde mai.
Dopo tre giorni interi, nascosta tra il fieno e i cavalli, la ragazza sentì qualcuno chiamarla per nome. Lei si alzò e spinta dalla curiosità andò a vedere chi era.
Il principe era ritornato. Era ferito, si, ma era vivo.
La ragazza pianse forte, correndo poi ad abbracciarlo. Ma non appena lo sfiorò, l’immagine del principe si dissolse, come un fuoco che si spegne di colpo.
La donna non capì inizialmente, credendo che fosse una sorta di miraggio, ma poi, con il cuore in gola e la bocca amara, si rese conto che quello era lo spirito del principe. Non era vivo, come credette lei.
Si inginocchiò a terra e pianse, pianse e pianse.
Non faceva altro che piangere, giorno e notte, nascosta nel fieno.
Le sue lacrime cadevano sempre nello stesso punto, e un giorno, mentre continuava a singhiozzare, da quel punto apparve una pianta. Era un fiore color rosso fuoco, bellissimo.
La ragazza lo ammirò, incantata.
Quando sfiorò il fiore, sembrò quasi di vedere i suoi petali infiammarsi, nel vero senso della parola. Andarono a fuoco, senza però bruciare. Superato lo spavento iniziale, la sguattera provò a ritoccare il fiore. Quando lo fece, non andò a fuoco come temeva. Era caldo, ma non bruciava. Era un calore accogliente, protettivo, che aveva già avvertito quando il marito la stringeva a sé. E poi, come per magia, il fiore parlò. Era la voce del principe. Lo spirito si era reincarnato in quel bellissimo fiore ardente.
La ragazza singhiozzò, stavolta commossa. Decise di prendere il fiore e di piantarlo con cura. Da quel giorno, assieme al loro piccolo bambino, mettevano del carbone e un poco di fieno dentro il vaso del fiore, come fonte di nutrimento-.
-E l’acqua, allora?- chiese Seth.
-Si sarebbe spento in questo modo, e la donna avrebbe solo perso nuovamente il suo amato- spiegò il padre.
-E come finisce?- chiese Leah.
-Semplice: fino alla fine dei loro giorni madre e figlio nutrirono quella pianta. Quando i loro giorni finirono, anche la pianta morì, la i tre spiriti furono nuovamente riuniti, insieme, per sempre-.
-Leah, stai piangendo?- chiese tutt’a un tratto Sue, fissando la figlia con aria materna. La piccola si asciugò gli occhi luccicanti e disse:-Era una bellissima storia, triste, ma bellissima…-
Il padre rise e abbracciò la piccola, baciandola sulla nuca.
-Bene, e ora andiamo tutti a nanna, ok?- proposero i genitori, e come risposta sia Seth che Leah sbadigliarono.
L’uomo e la donna li posarono delicatamente su un unico letto (tanto erano piccoli, c’entravano entrambi), stendendo su di loro una pelliccia calda. Sorrisero, fissando i bambini sul procinto di dormire, dando loro il bacio della buonanotte.
 
 
Uno strano rumore costrinse la piccola Leah a svegliarsi da un sonno senza sogni. Aprì lentamente gli occhi stanchi, confusa.
Cos’era questo rumore nel cuore della notte?
Si sedette, stropicciandosi l’occhio sinistro, mentre una ciocca di capelli le ricadeva sulla fronte. La scostò, e nel mentre, sentì delle voci.
Due le riconosceva, ma chi era il terzo che parlava? Sembrava appartenere ad un uomo adulto.
Era roca e  dura, fastidiosa e spaventosa.
-Cosa succede?- chiese il piccolo Seth, sbadigliando, mentre la sorella fissava la porta aperta della loro stanza. La luce nella sala era ancora accesa?
-Non lo so- rispose lei, alzandosi dal letto, con il fratellino che la seguiva a ruota.
Si diressero verso la porta. Sbirciarono da dietro essa, senza fare il minimo rumore.
Riuscirono a vedere, sotto la luce fioca della candela sul tavolo da pranzo, i loro genitori discutere con qualcuno.
Era un uomo alto e grosso, i capelli neri e gli occhi scuri, come se fossero privi di luce.
I lineamenti del volto, però, agitava i cuori dei bimbi, se non di Harry e Sue.
Erano lineamenti decisi, retti, privi di dolcezza. Sembrava molto il classico stregone delle favole notturne di Sue.
Ma non erano solo i lineamenti ad incutere timore. Lo sguardo era deciso, pericoloso, come un leone pronto a balzare sulla preda.
L’uomo indossava un mantello nero e spesso, che lo copriva dal collo agli stivaloni scuri.
-Dunque, mi state dicendo che non avete il denaro?- chiese l’uomo. La sua voce fece rabbrividire i bambini. Seth si aggrappò alla veste bianca senza maniche di Leah, intimorito.
-Te lo abbiamo ripetuto ormai un miliardo di volte, Levi!- disse Harry, con un tono agitatissimo e furibondo, come se cercasse di non saltargli addosso.
-Non abbiamo ancora i soldi necessari! Non ci dai mai il tempo di raccoglierli, miseria!-
-Invece di tempo ve ne sto dando anche troppo!- rispose l’uomo dal nome di Levi, quasi come se volesse sputare a terra.
-No, invece- ribatte la moglie, nervosa, con le mani al cuore –Di tempo ce ne accorciate troppo. Tutte queste tasse non riusciremo mai a pagarle se non ci date del tempo necessario!-.
-Chiudi il becco, donna- disse acidissimo Levi, bruciandola con lo sguardo.
-Non. Rivolgerti. Così. A. Mia. Moglie!- sibilò tra i denti Harry, stringendo saldamente i pugni.
-Io mi rivolgo ad essa come mi pare e piace- fece l’uomo –ed essendo il comandante, ho più diritto di te di parlare a qualcuno con qualsiasi tono. Tu, d’altro canto, dovresti insegnarle a tenere a fermo la lingua!-
-Noi non seguiamo il vostro stesso concetto di “donna”, sporco riccone- ribatte il padre dei bimbi, che continuavano a fissare la scena con il fiato corto.
-Sporco riccone a chi?- chiese Levi, assumendo sempre più uno sguardo omicida, da far rabbrividire persino le ossa.
-Per favore, Sir Uley!- lo supplicò Sue, sempre più agitata e impaurita –Abbiamo dei bambini noi, e dobbiamo pensare a nutrire anche loro oltre che pagare le tasse. Dateci un altro po di tempo e vedrete che il denaro nostro giungerà alle vostre casse-.
-Tu parli troppo per una donna- disse il comandante, tornando a fulminarla con gli occhi.
-Ma insomma, perché non ci volete ascoltare?- fece Harry, sul punto di perdere la testa –più i giorni passano e più ci impoveriamo! Siamo la famiglia al servizio del re più povera di questo regno, e infatti, come può ben vedere, non abbiamo uomini noi! Abbiamo solo questa casa, la nostra famiglia e le terre da coltivare per noi e per il regno! Non abbiamo nulla se non queste cose! Non siamo feudatari ricchi, anzi, siamo molto poveri! I soldi li abbiamo a malapena per noi stessi!-
-E con ciò?- fece Uley –vorresti dirmi che non volete pagare?-
-No, al contrario, vorremo farlo!- rispose la moglie –Ma come dice mio marito, ci mancano i fondi necessari per…-
Non riuscì a finire la frase. L’uomo tirò fuori la sua spada, impugnandola contro la giugulare della donna.
Leah e Seth tremarono alla sola vista.
La loro mamma stava lì, con la punta della lama quasi a sfiorarle la pelle d’oca.
Leah sentì un brivido freddissimo lungo la schiena, mentre Seth si aggrappava sempre più a lei.
-Ghh- fu il verso che usci tra i denti stretti di Sue. Due gocce di sudore scivolarono lungo la sua fronte.
-Stà zitta, donna!- sibilò Levi Uley, lo sguardo nero e pietrificante.
-Lasciala stare!- strillò Harry, sudando anch’esso –Non ha detto nulla di male!-
L’uomo posò poi lo sguardo sul contadino, sempre con la stessa espressione malvagia.
In un secondo, un largo sorriso malefico contornò il suo orrido viso.
Senza che Harry potesse far nulla, sotto il suo e lo sguardo incredulo dei bambini, Levi afferrò Sue per il gomito, trascinandola davanti ad esso. La afferrò saldamente per la gola, bloccandola poi il braccio. Impugnò la lama sempre contro la sua gola.
-E’ un peccato che debba uccidere una donna che ciarla tanto, ma che…-(e in quella annusò i suoi capelli, godendosi quell’odore squisito)-… è allo stesso tempo una bellezza mozzafiato!-
“Lascia stare mia madre!” avrebbe voluto urlare Leah, il cuore sempre più in subbuglio, ma non appena aprì bocca per ribattere, Harry urlò, decisamente fuori di sé:-Lasciala andare!-.
Il tutto accadde in un colpo.
Harry si gettò su Levi, con le mani sul braccio che stritolava Sue.
Levi lo schivò, spostando la lama dalla moglie al marito.
Un colpo.
Un colpo silenzioso.
Gli sguardi dei due fratelli si fecero più increduli, più spaventati, più agitati.
Gli occhi di Leah, Seth e Sue erano fuori dalle orbite, le iride ridotte a minuscolissime fessure, le bocche spalancate,  le espressioni nere e terrificate.
Il sangue schizzò, finendo sulla parete al fianco di Levi e sul pavimento di legno.
La lama si era appena imbrattata di quel liquido rosso.
Gli occhi di Sue erano su quelli di Harry che, mentre scivolava a terra, perdevano man mano la loro luminosità.
Con un tonfo il corpo cadde a terra sul fianco.
La casa piombò nel silenzio totale.
Il sangue sgorgò fuori dal petto dell’uomo, senza sosta, mentre la sua anima scivolava via dagli occhi sotto forma di lacrime.
-HARRYYY!!- urlò disperata la donna, liberandosi dalla presa di Levi (in quel momento non salda).
Si buttò sul corpo del marito, scuotendolo energicamente.
-Harry! Rispondimi, ti prego!- urlò ancora e ancora, mentre i suoi occhi piovevano a dirotto.
Ma Harry non diede segno di vita. La sua anima, ormai, aveva abbandonato il mondo dei vivi.
Sue continuò a scuoterlo, con le lacrime che le annebbiavano la vista, e alle spalle il comandante ghignare soddisfatto.
-P-papà…- sussurrò Leah.
Seth, ancora aggrappato a lei, cominciò a piangere forte. Il suo singhiozzo attirò l’attenzione dei due adulti.
La bambina avanzò, calma e lenta, verso il corpo del padre.
Il suo sguardo era fisso su di lui, ancora con gli occhi spalancati dal terrore e dall’incredulità.
Fino a poche ore prima il padre aveva raccontato quella bella favola…
Fino a pochi giorni fa le aveva insegnato a coltivare il grano…
Fino a un mese fa le aveva rivelato il segreto degli uomini sui capelli delle donne…
Quei ricordi le scivolarono via dagli occhi, liquidi, caldi.
Seth mollò la presa sulla sorella e si inginocchiò sul padre, abbracciando forte la sua testa.
-Papà!- singhiozzò il piccolo, gli occhi infradiciati e le guance rosse per la rabbia che il suo cuore stava colmando pian piano.
Leah si inginocchiò, sempre piano. Con le dita accarezzò la guancia di Harry. Tremò al solo percorrere con le piccole dita la pelle, farsi sempre più fredda.
Si rialzò, sempre con lo stesso andamento.
Spostò lo sguardo sull’uomo che aveva appena ucciso suo padre.
Lo fissava, con uno sguardo fuori dal comune, con uno sguardo che nessun bambino del mondo avrebbe mai potuto assumere.
Era uno sguardo omicida. Uno sguardo vendicativo. Uno sguardo furibondo.
Anche Levi la fissò, chiedendosi le intenzioni di quella bambina.
Leah voltò la testa verso il tavolo, dove stava poggiato un coltello da cucina.
L’istinto prese il sopravvento.
Afferrò lentamente l’impugnatura, stringendola forte tra le dita. Era una sensazione strana. Un brivido che le corse lungo la schiena. Forse era l’adrenalina che cresceva sempre di più, o forse era semplicemente la rabbia che si era impossessata del suo cuore.
Prima che Sue potesse solo sfiorarla per impedirle di agire, Leah si ritrovò ad urlare forte.
Era un urlo disperato, arrabbiato, spaventato.
Si scagliò contro Levi, gli occhi colmi di lacrime, lo sguardo più furibondo di prima.
Levi sogghignò, mentre la madre urlava:-No, Leah!-.
La bimba non riuscì mai a colpire l’assassino.
L’uomo schivò il colpo troppo facilmente, spostandosi di lato, e lei perdette per un attimo l’equilibrio.
Prima ancora che potesse voltarsi o semplicemente stare ben ritta con le gambe, il comandante le diede un violento schiaffo dietro il collo.
Sue urlò dal terrore, Seth pianse ancor più forte.
Leah cadde a terra, mentre il coltello le scivolò di mano e finì vicino alla porta di casa, lasciata aperta.
Si ritrovò con la faccia spiaccicata contro il pavimento di legno, mentre la rabbia cedeva ora il posto al terrore.
Levi le calpestò la nuca, aumentando sempre più il peso sul piede.
La bimba si sentì schiacciare il cranio. Strinse i pugni, trattenendo le urla di dolore.
Di colpo non sentì più il peso dello stivale sulla sua testa. La alzò, perplessa e ancora agitata, voltandosi poi verso il nemico.
Sue si era scagliata contro di lui, picchiandolo continuamente. Ma i suoi schiaffi non ebbero effetto su di lui.
Di colpo la donna si ritrovò con la schiena al muro e i polsi bloccati dalle mani dure e forti di lui.
-Lasciala!- urlò Leah, ancora sdraiata, mentre Levi le leccava avido il collo.
Seth gattonò verso la sorella, decisamente spaventato.
-Lasciami schifoso!- strillò la donna, mentre il comandante ora l’afferrava per la gola, quasi a strozzarla.
Sue portò le mani al suo polso nel tentativo di allentare le presa, invano.
-Ho detto lasciala!- urlò ancora Leah, rialzandosi dal terreno. Scatto nuovamente verso di lui, ma stavolta senza nessuna arma. Gli diede quanti più pugni poteva alla schiena, mentre l’uomo soffocava la madre dei bimbi baciandola con aggressività.
-Lasciala, lasciala, lasciala!- singhiozzò la piccola, mentre Seth ricominciava a piangere.
Sue tentò di liberarsi dalle sue labbra aspre e amare, ma non ci riuscì. Era troppo forte.
Solo dopo aver separato la sua bocca da quella morbida e dolce di lei si accorse che la figlia dei due contadini lo stava picchiando la dietro.
-Sporca mocciosa!- fece lui, mentre con la mano libera afferrava Leah per la gola, alzandola dal terreno.
-No!-
-Sorellona!-
Levi sogghignò ancora, lanciando la bimba vicino alla porta. Lei atterrò sul pavimento con il fianco destro. Il dolore al bacino si fece immenso, mentre quello alla gola spariva pian piano.
-Maledetto… bastardo!- urlò Sue.
-Ah si?- fece Levi, assumendo nuovamente lo sguardo omicida.
Anche questo durò un secondo, ma fu come se andasse al rallentatore…
L’uomo aveva conficcato il coltello nell’addome di Sue. Quest’ultima sentì il fiato mancarle, il dolore allo stomaco inevitabile.
I bambini fissarono la scena, con le stesse espressioni di prima alla morte di Harry,
del sangue uscì dalla pancia di lei e dalla sua bocca.
Levi sbuffò un:-E’ un vero peccato, saresti stata un ottima concubina-, lasciandola cadere sul pavimento.
Mentre l’uomo andava a pulire l’arma del delitto sui vestiti di Harry, i due bambini avevano raggiunto il corpo della madre in un batter di ciglia.
Sue era ancora viva, ma dal suo modo di respirare e dalla quantità di sangue che le sgorgava dall’addome i due piccoli capirono all’istante che la stavano perdendo.
Seth pianse sempre più forte, urlando continuamente:-Mamma, mamma!-.
Leah era ridotta persino peggio.
Con il volto coperto dalle ciocche nere e disordinate e dal sangue che le era fuoriuscito dal naso, fissava il viso di Sue.
Tutti e tre piangevano, chi più forte e chi più debole.
-M-mamma….- fece Leah, accarezzando i capelli della madre.
-Shhh… bambini.. miei…- fece a stento lei, accarezzando la guancia di Leah, per poi poggiare la stessa mano sulla nuca di Seth, che nel frattempo si era piegato sul suo petto ad abbracciarla.
-Mamma…- fece ancora la bimba, mentre pian piano il senso di colpa iniziò a possederle il cuore.
Perché aveva attaccato? Se non l’avesse fatto, a quest’ora la madre sarebbe ancora viva e vegeta…
Ma adesso… la sua anima era sul punto di lasciare il corpo.
-Piccola mia…- sussurrò Sue, tornando ad accarezzarle la guancia, asciugandole le lacrime.
La piccola strinse forte la mano di lei, nel timore che potesse abbandonarla.
-Abbi cura di tuo fratello… ok?- fece Sue, regalandole un sorriso incoraggiante, nonostante la bocca sporca di sangue.
Leah annui, il dolore al cuore sempre più intenso.
-Te lo prometto…- disse quest’ultima, decisa –Te lo prometto, mamma! Non lascerò che facciano del male a Seth!-.
Dal canto suo il piccolo bambino continuava a piangere, stringendo ora il collo di Sue. Lei lo abbracciò e invitò Leah a fare lo stesso.
Non resistette. La bambina si lasciò cadere sul suo corpo, singhiozzando di brutto.
-Abbiate… cura… di voi…amori miei…- furono le sue ultime parole, prima che la sua anima scivolasse via dagli occhi, raggiungendo quella del marito defunto.
I due bambini continuarono a piangere forte, e quando finalmente Leah si accorse che il suo cuore non batteva più, urlò forte.
-Povera sciocca ragazzina- disse l’uomo alle loro spalle. I due si voltarono verso il comandante.
Il piccolo con la faccia spaventata e sconsolabile.
La piccola con l’espressione più furiosa di prima.
-Perché….- fece lei, per poi urlargli contro:-Perché lo hai fatto? Che ti hanno fatto di male?-
-li rivoglio!- pianse il bambino, stropicciandosi gli occhietti.
-Non sono cose che voi stupidi marmocchi potete comprendere- disse Levi, sguainando poi la spada ed alzandola alla loro altezza:-Ora, che ne dite di raggiungerli?-
Leah si rese conto subito del pericolo. Strinse il piccolo fratello a sé e si buttò dalla parte della porta, un attimo prima che la lama li colpisse. Andò a finire invece sul fianco del corpo senza vita della donna.
-Non pensate di potermi sfuggire!- ringhiò Levi, mentre Leah si alzava velocemente e prendeva in braccio Seth. Corse fuori dalla porta, imboccando l’altura della collina più vicina.
Quella notte era troppo buia per i loro occhi. Le stelle non c’erano, anzi, erano coperte da spesse nuvole nere che minacciavano la pioggia.
Lasciò andare il fratellino e, tenendosi per mano, corsero fino ad arrivare sopra la collina. Si voltarono, e subito dopo se ne pentirono dell’azione.
La loro casa andava a fuoco.
I muri di legno venivano inghiottiti velocemente dalle fiamme ardenti, assieme a tutto ciò che c’era dentro, compresi i corpi dei due genitori…
-Mamma…papà…- singhiozzò nuovamente il piccolo, fissando con orrore la scena.
Anche Leah lo fissava con orrore, ma soprattutto con disgusto, rabbia e rancore.
Se prima per loro quel posto era il paradiso, ora, davanti ai loro occhi, era l’inferno…
Un’altra cosa, però, attirò la loro attenzione. Con terrore si accorsero che Levi era uscito illeso da quella casa e che, anzi, in groppa ad un cavallo nero, li stava raggiungendo.
-Corri!- strillò Leah, afferrando saldamente la mano di Seth. Scapparono verso la discesa della piccola collina, diretti verso il boschetto al limitare della spiaggia.
Raggiunsero gli alberi scivolando più o meno il pendio, per poi correre sempre più veloci.
Levi li stava raggiungendo, e dallo sguardo sembrava deciso una volta per tutte ad ammazzarli.
-Presto, Seth!- urlò Leah, con il fiato corto per la corsa. Il fratellino era ridotto persino peggio.
Sentiva dolori immensi alle piante dei piedi, i polmoni bruciare, il fiato mancare. Non era abituato a correre così tanto, e soprattutto, non era abituato a sopportare tutto quel misto di emozioni.
La sorella si sentiva più o meno così, ma aveva gambe molto più resistenti, perciò prese in braccio nuovamente il piccolo e corse il più veloce che poteva.
Il rumore degli zoccoli si facevano sempre più vicini. Se Leah non trovava al presto una soluzione era finita…
Un lampo di genio le balenò di colpo la mente offuscata.
Decise di svoltare a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra. Procedeva insomma a zig-zag, cercando non solo di seminare l’assassino, ma anche di trovare un nascondiglio.
L’impresa però era abbastanza ardua, considerando il buio pesto del bosco.
Svoltò nuovamente a sinistra, e stavolta si fermò dietro ad un enorme tronco.
Ai suoi piedi vi erano dei bastoncini, che i bambini usavano come spade quando con i genitori andavano a tagliare gli alberi o a raccogliere le castagne.
Leah cercò di riprendere fiato, poggiando la schiena contro il tronco, mentre Seth scendeva e si inginocchiava a terra. Guardò verso il basso, con i pugni ben stretti, mentre le lacrime cadevano sui dorsi delle sue manine.
-Perché? Perché?- si chiese, stringendo a forza gli occhi, mentre gli gocciolava il nasino.
Leah nel frattempo si era lasciata cadere ai piedi dell’enorme albero. Si strinse la testa con le mani, con una voglia matta di urlare.
Perché? Perché di colpo le loro vite da perfette sono crollate?
Cosa avevano fatto di male Harry e Sue per meritare la morte?
Nessuno dei due la smetteva di piangere.
Intanto le gocce di pioggia caddero sulle loro teste.
Queste si moltiplicarono, fino a diventare un vero e proprio acquazzone.
Fu forse per quello che non si accorsero che intanto levi li aveva scovati. Sorrise maligno quando i due si accorsero con orrore di avercelo proprio davanti.
Leah non fece in tempo ad alzarsi. Seth venne catapultato via con un calcio allo stomaco, sporcandosi di fango.
Sputò sangue e tossì forte.
-Seth!- urlò disperata la sorella, mentre l’uomo tirava fuori il coltello. Afferrò l’avanbraccio di lei e fece un taglio netto sul suo braccio.
Leah urlò di dolore, mentre lentamente l’uomo le tagliava la carne.
-Lasciala!!!!- urlò Seth. Entrambi rimasero stupiti nel vederlo rialzarsi e correre verso l’assassino.
-Hai fegato, moccioso- ghignò l’uomo, mollando la presa su Leah (dopo averle dato uno schiaffo fortissimo sulla guancia.
Un secondo schiaffò colpì il piccolo, facendolo cadere a terra di sedere.
Poi lo afferrò per il collo, e con la punta della lama creò un solco non molto profondo sul petto, creando uno strappo sulla sua canottiera sporca.
Anche Seth urlò di dolore, mentre Leah provava a rialzarsi.
Levi gli diede poi un pugno sul naso. Per poco questo non si ruppe.
-No, lascialo stare!- urlò la piccola Leah, con il braccio insanguinato.
-Oh, anche tu ti metti contro di me?- ringhiò furioso l’uomo che stringeva il piccolo Seth per la gola. Leah prese un bastone che si trovava a terra e lo sbatte forte sulla testa di Levi. Lui urlò di dolore e mollò la presa su Seth, che cadde con un tonfo a terra. Lei lo raggiunse e provò a sollevarlo.
-Sore.... lona… -sospirò il piccolo, ricoperto di sangue e fango.
-Non temere!- disse Leah, quasi urlando –Ho fatto una promessa, ricordi? Riusciremo a salvarci!-. Alzò la testa e sgranò gli occhi per il terrore. L’uomo teneva sempre lo stesso  bastone di Leah in alto, pronto a colpirli.
Chiuse gli occhi e si piegò sempre più sul fratello, come a fargli da scudo corporeo.
Uno, cinque, dieci, quindici, venti botte.
Trenta, quaranta, cinquanta…
Sempre e solo bastonate.
Levi si divertì un mondo a picchiarli, con una risata degna del più pazzo del pianeta.
Man mano che ricevevano le bastonate, i due piccoli sentirono le forze abbandonarli.
I dolori aumentarono di brutto, e il ramo con la quale l’assassino li colpiva creava ferite ovunque.
Ad un certo punto Levi smise di colpirli, respirando forte.
I due bambini erano stesi a terra, coperti di sangue e fango.
La pioggia si faceva sempre più forte ed incessabile.
Levi sorrise compiaciuto della sua opera.
Uccidere, in particolar modo i bambini, era la sua passione.
Diede un leggero calcio al braccio di Leah. Questo venne spostato, ma non diede nessun segno di vita.
Il suo lavoro era compiuto.
L’uomo girò i tacchi e salì in groppa al cavallo, per poi sparire in mezzo all’acquazzone e agli alberi.
Quanto tempo passarono i due bambini in quelle condizioni? Leah non riuscì a ricordarlo.
Fatto stà che lei riuscì a muovere un dito dopo quello che sembrava un infinità di tempo.
Pian piano cominciò a muovere tutta la mano, poi l’altra, ed infine il resto del corpo, indolenzito.
Si alzò piano in ginocchio, fissando Seth. Ascoltò il cuore del piccolo.
Quando sentì i suoi battiti, seppur leggeri e deboli, ringraziò il Signore più di una volta.
-Grazie… grazie… grazie…- sussurrava lei, con la voce stridula e soffocata, lo sguardo rivolto verso il cielo. Le gocce picchiavano sul suo viso, regalandole dapprima una freschezza incredibile sulle ferite, per poi gelarla tutta.
Si massaggiò il braccio dolente, per poi prendere Seth e farlo salire in groppa alla sua schiena con immensa fatica. I dolori erano troppo forti, ma doveva resistere. Tenne da dietro il piccolo con entrambe le mani, mentre si incamminava per uscire da quella foresta maledetta.
Camminò e camminò, a lungo, senza sosta. Forse erano passate due ore, o di più. Ma era sempre più buio e la pioggia non migliorava la situazione.
Solo quando con l’amaro in bocca la bimba era sul punto di cedere notò delle luci.
Leah fissò meglio, avvicinandosi ancora un poco.
Riuscì a distinguere delle case, e cosa ancor più importante, un castello.
Sorrise.
Il castello sarebbe stato un ottimo posto per nascondersi.
Si incamminò verso la reggia, il cuore sempre più agitato. Non c’era nessuno per le vie del villaggio (naturalmente), quindi potte arrivare davanti alla reggia senza problemi (se vogliamo dirlo in modo ironico).
Quando finalmente giunse davanti ad una porta in legno della reggia, che dava ad un piccolo orto, si fermò. Respirò forte per tre volte, con le braccia indolenzite.
Liberò una mano e bussò alla porta.
Sperò solo con tutto il cuore che qualcuno aprisse per loro…
 

 
 
 
 
La pioggia picchiò forte i vetri, mentre il tuono sovrastava il cielo scuro.
Jacob fissava incredulo Leah. La ragazza ora aveva la testa bassa, lo sguardo sulle ginocchia. Stringeva i pugni sopra di esse, trattenendo a stento le lacrime.
-Tutto questo…- fece Jacob. Non riusciva a credere al racconto dell’amata.
Davvero Levi aveva fatto questo? Eppure… tutto combaciava!
Il comportamento di Leah quando aveva letto la lettera, il suo sguardo cupo quando doveva servire la cena quella volta alla famiglia reale e ai due ospiti (poco graditi per lui), la sua espressione pietrificata di fronte alla figura di Levi in corridoio, il piatto buttato via …
-Perché… perché non l’hai detto subito?- chiese lui, scioccato.
-Temevamo… che non ci avreste mai creduto…- disse sincera lei, mentre si sentiva ancora un tuono in lontananza.
-O beh, si certo, come non credere a due bambini feriti a sangue- disse sarcastico lui.
Più passavano i minuti e più si incazzava con Levi. Ma perché ha fatto ciò?
-Mi spiace- disse infine lei, stringendo il grembiule fino a quando le sue nocche non si sbiancarono.
Jacob voltò la testa verso di lei. Le afferrò il viso con entrambe le mani, fisandola negli occhi.
Erano più luminosi del solito, ma allo stesso tempo più scuri.
La baciò delicatamente sulle labbra, provando a consolarla.
Ci riuscì. Leah avvertì subito la morbidezza e il sapore dolce delle sue labbra. Ricambiò il bacio, aprendo la bocca per far entrare la lingua di lui al contatto con la sua.
Era un bacio che, seppur intenso, era lento, dolce.
I movimenti delle loro labbra erano precise e delicate al contempo. La sguattera spostò le mani sul suo petto nudo, mentre il principe sostava le sue dietro la schiena di lei, stringendola a sé.
Si staccarono poi le bocche, respirando però ognuno nell’alito dell’altro.
Leah posò le dita sui lineamenti del viso di lui, mentre Jacob poggiava la fronte contro quella di lei.
-A me invece dispiace per ciò che avete passato- sussurrò lui sulle sue labbra, sincero.
La baciò ancora e ancora, più volte, sempre ricambiato.
Alla fine si staccarono e lui le baciò la tempia, mentre un idea si illuminava nella sua mente.
-Ok… visto che le cose stanno così- disse, fissando Leah –Ehm… prima dimmi se siete solo voi i superstiti-.
-Cioè?- chiese lei.
-Cioè… insomma, nella lettera Levi indicava non solo la vostra famiglia, ma anche quella degli altri. Ci sono alcuni di queste famiglie che lavorano a corte, sai?-
-Questo lo so anche io…- disse –E… si, penso di si. Mia cugina, per esempio. E anche il cuoco Quil Ateara…-
-Perfetto, abbiamo dei testimoni!- disse raggiante Jacob, alzandosi dal letto e porgendo la mano a Leah.
-Testimoni?- chiese perplessa lei, posando la mano sulla sua e alzandosi.
Jacob, mentre indossava la t-shirt, disse:-Certo!-
-Ma… cosa vuoi fare, scusa?- domandò la sguattera, scuotendo la testa.
-Non l’hai capito?- fece lui, infilando la mano nella manica del giaccone –Lo denunciamo a mio padre-.
 



Angolo Autrice: Sorry, I'm so sorry, really!
no, sul serio, c'avro impiegato quanto per scrivere sto capitolo? cavolo, il flash back non finiva mai XD
detto ciò, vi saluto e scusatemi ancora.... TT_TT
grazie a chi continua a seguire le mie strambe storie
Delyassodicuori

 
   
 
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