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Autore: likol    23/04/2008    1 recensioni
"Solo pietà muoveva la sua mano il glorioso giorno della vittoria. Lontana pareva la candida mano della giustizia, remota ed immobile astrazione, quando fu espresso quel desiderio di nuova vita. L'arroganza di ridere delle leggi naturali è pagata a caro prezzo: il prezioso ed estinto sangue sajan..."
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP.1 - ROVINE

Ansimare, senza la forza di ritrovare il fiato, imporre ai propri arti di continuare quell'estenuante corsa, senza volgersi, senza sollevare il capo dalla strada divelta dalla pressione delle tubature esplose, senza più pensare.
Avvolti nell'ovattata illusione d'esser preda d'un incubo.
Alla propria coscienza solo l'urlo muto dei propri muscoli che implorano di trovar riposo, di giacere immobili e piegati al suolo, mentre gli occhi febbrili ricercano, vanamente, una luce, un segno conosciuto, qualcosa che richiami alla memoria un'immagine familiare. Barcollare nelle tenebre, assorbiti nel suo abbraccio, con l'incedere insicuro e disperato d'un cieco che ha perduto la via.
S'arrestò infine sollevando il capo verso il cielo, che appena si intravedeva fra le spirali di fumo che accavallandosi si sfioravano fra loro danzando, era sereno e stellato delle prime scintille, che come occhi fantasma di soli remoti, chinavano il loro sguardo su quell'immenso incendio.
Poggiando il braccio su una muratura, ormai priva della similarità ad un edificio, il ragazzo ansimava volgendo il viso, dai bei lineamenti affilati, alle fiamme che divampavano rendendo l'aria attorno a lui irrespirabile. La temperatura elevata faceva dell'asfalto una coltre morbida e collosa, rallentando i suoi movimenti già resi goffi dal peso sulle sue spalle.
Una mano salì a scostare la chioma corvina dagli occhi, permettendo a Goten di allungare il suo sguardo sino all'incrocio principale di Satan City.
Un lieve sbuffo sfuggì dalle sue labbra, serrate sino ad un attimo prima in una smorfia concentrata, diede una lieve spinta verso l'alto per accomodare con maggior cura il prezioso carico che da parecchie ore trasportava con fatica sempre maggiore. Un lieve lamento sfuggì dalle labbra di Trunks, le palpebre si mossero, nel tentativo di aprirsi sulla desolazione di quelle ore ma non vi riuscirono.
Un suono indistinto li avvolgeva entrambi, seppur solo il più giovane potesse udirlo.
Un suono irregolare ed atono, come il frutto d'una sovrapposizione d'infiniti rumori distinti, la tetra musica d'un requiem suonato con bramosia dalle fiamme scarlatte, che avanzavano portando via con se le vite spezzate di centinaia di persone.
Una breve scossa tellurica fece tintinnare sinistramente alcuni cartelli pubblicitari, che s'andavano ingiallendo, segno che quella Cosa si era mossa, ed era sempre più vicina.
Un'urlo distinto si fece strada fra le malie di quel desolato coro, una voce di donna, forse, o l'alta intonazione d'un giovane divorato dal terrore.
Goten volse il capo in quella direzione movendo qualche rapido passo, spinto dal desiderio di poter salvare un'altra vita, lui che ne possedeva il potere.
Un potere giunto dall'eredità d'una fioca stella estinta, patria di violenza e ferocia.
Gli parve di scorgerlo, chino al suolo, sanguinante, implorarlo con grandi occhi castani divorati dalla disperazione della morte, un sorriso illuminò per un istante il viso del giovane, come per donargli una speranza di salvezza.
Fu allora che i sensi del sayan percepirono la Sua presenza.
Era immobile, alle spalle del giovane studente ferito, anche se le tenebre lo avvolgevano poteva percepire il Suo sguardo su di lui, concentrare la Sua bramosia d'interesse su ciò che custodiva con tanta disattenzione.
Goten comprese che non aveva via di scampo.
Un'esplosione lontano, verso i quartieri liceali, raggiunse le sue orecchie, segno che la battaglia che aveva abbandonato non era terminata ancora, socchiuse gli occhi per cercare di intravedere le fattezze del suo nemico ma da esso non giungeva che un respiro regolare, intercalato da un sommesso mormorio. Goten caricò quanta energia aveva in corpo, nella frazione d'un secondo, gettandola innanzi a se, voltosi si gettò nel vicolo più vicino ed oscuro, correndo alla cieca.
Il terrore si stava facendo strada nella sua coscienza, sapeva, era certo, che se avesse adagiato Trunks al suolo quell'incubo avrebbe conosciuto una fine.
Era lui la preda di quella caccia senza tregua, lui solo la vittima predestinata all'altare di quella creatura immonda.
Il ribrezzo per se stesso colorì ancor più il viso già sudato del giovane. S'arrestò col volto travolto da un'emozione di profondo terrore, il vicolo era invaso da detriti fumanti di quelle che un tempo erano state lucenti air car, fra le lamiere contorte, una scheletrica mano carbonizzata si lasciava scorgere come monito di un sogno effimero e perduto.
Goten percepiva sempre più nitido il battito del suo cuore accelerare sino a rimbombare come un tamburo maligno nel suo cervello. Non poteva volgersi ai suoi passi, Lui lo stava attendendo nell'oscurità, doveva proseguire superando quella struttura incandescente ed instabile, se avesse ceduto al desiderio di spiccare il volo, verso quella tersa volta stellata, sarebbe stato individuato da Loro e per il suo migliore amico, col quale aveva condiviso i momenti più importanti della sua vita, non vi sarebbe più stato scampo.
Il rumore d'un passo cadenzato e pesante alle sue spalle gli diede la forza di gettarsi verso quella ripida salita.
Per un lungo istante parve che l'intera città fosse stata avvolta nel sudario d'un silenzio irreale, non s'udiva altro che il crepitio delle fiamme, prima che quell'esplosione di luce scaturita dalla mano d'un uomo, travolgesse ogni cosa sul suo cammino, levando, come foglie all'ultimo volo, i due ragazzi e lasciandoli cadere poi nell'inferno che avevano meritato.

Un brivido accompagnò il risveglio di Goten, un rivo gelato pareva attraversare come una lama il suo petto scoperto, alcuni colpi di tosse lo colsero mentre cercava dolorosamente di porsi a sedere, giaceva riverso su d'una lastra d'acciaio che ora, incurvata dall'urto contro il suo corpo, presentava numerose incrinature.
Una fitta attraversò i suoi nervi tesi riversandosi, come un fiume di ghiaccio, nelle sue cellule celebrali, annebbiando la sua coscienza. Lunghi istanti trascorsero mentre, con il capo abbandonato alla dolce solidità della lamina, cercava di regolare il respiro per impedire che i sensi lo abbandonassero. Con gli occhi serrati per lo sforzo, percepiva l'odore malsano del materiale plastico sciolto, il sentore del ferro e del terriccio mischiati fra loro, all'udito non v'era altro che un regolare ticchettio, segno che oltre le macerie che impietose lo sommergevano per metri doveva ora discendere, sulle rovine di Satan City, una pietosa pioggia consolatrice. Che avrebbe lavato dalle guance dei cadaveri le ultime lacrime riarse dal calore che non erano potute discendere a narrare, nel loro ultimo viaggio, il rammarico e dolore che le aveva generate.
Pioggia che avrebbe imbevuto ed appesantito le costruzioni pericolanti conducendo con dolcezza altre vite con se.
Goten sollevò lentamente il capo cercando di allungare il suo sguardo sulla gamba sinistra, che giaceva in misero modo stritolata fra una parte di muratura ed una struttura di sopporto di ferro, che un tempo doveva essere lo scheletro d'un soffitto. Era rotta in più punti ed un lungo taglio aveva sanguinato a lungo prima che s'arrestasse autonomamente, come sempre era stato, sin dai graffi dei primi tentativi di cammino fra le braccia sicure di Gohan.
Si lasciò nuovamente abbandonare all'abbraccio dell'acciaio, insensibile ad altro che al suo respiro ed alla via seguita dai suoi pensieri, che ben presto risvegliarono ai suoi occhi una chioma lavanda scompigliata dal vento d'estate.
Goten strozzò un urlo, sollevando il nome dell'amico per innumerevoli volte, attendendo invano una risposta. Le braccia ferite e sporche sollevate a fatica, per sentire le mani sul viso, per nascondervi gli occhi e piangere silenziosamente.
Solo a tratti, fra i singhiozzi, delle frasi mozzate si facevano strada, le prime formulate da ore, mute preghiere di poterlo riabbracciare, di poter ridere insieme, in un pomeriggio di comune riposo, di quella nuova, rocambolesca, avventura.
Nessuno rispose nelle tenebre di quel riparo momentaneo, un vano di fortuna creato da un pilastro che presto avrebbe ceduto alla pressione di tonnellate.
"...Ci avevi avvertito mia Nera Signora, ci avevi avvertito..."
Solo un sussurro privo di forza alle labbra riarse, implorazione all'unica compagna ancora potesse udire il triste lamento del giovane Son.

  
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