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Autore: likol    24/04/2008    0 recensioni
"Solo pietà muoveva la sua mano il glorioso giorno della vittoria. Lontana pareva la candida mano della giustizia, remota ed immobile astrazione, quando fu espresso quel desiderio di nuova vita. L'arroganza di ridere delle leggi naturali è pagata a caro prezzo: il prezioso ed estinto sangue sajan..."
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP.2 - PRESAGI DI MORTE

"Un'azione caritatevole è sempre velata dal desiderio d'appagamento insito in ogni ego.
Un sospiro di piacere appena trattenuto fra le labbra socchiuse, è la certezza del giusto che si accosta all'orecchio come dolce sinfonia di menzogna.
Fame di rivalsa lo muoveva, sete di polvere e sangue guidava la sua volontà il glorioso giorno della vittoria, quando il primo tassello di questa follia fu posto a fondamento.
Di loro si dirà come d'eretici, perché vollero mutare con le loro misere forze d'uomini, ciò che era già stato scritto.
La loro colpa è troppo grande per esser perdonata, anche se ..."

Una brezza leggera accompagnava il lento peregrinare delle poche nuvole candide, che nella prima calura di aprile, osavano intraprendere il loro cammino nell'immensa landa color cobalto che era il cielo delle regioni dell'Est. La capitale, Satan City, che poteva vantare una storia tranquilla e riservata era quel giorno brulicante di vita. Numerosi negozi erano aperti sin dalle prime ore dell'alba, facendo lustro nelle vetrine di occasioni d'ogni genere. Le vie, dal principale raccordo sino ai vicoli del centro, erano difficilmente percorribili per la mole di persone che si soffermavano a chiacchierare o si lasciavano accompagnare dal lieve vento di quella giornata magnifica in un'improvvisata gita.
Era una ricorrenza speciale, diversa da ogni altra nel corso dell'anno per la capitale universitaria, era la "Festa dello sport", istituita dieci anni prima dal campione dei campioni, il benefattore del pianeta di cui la città portava il nome. Una serie di gare individuali ed a squadre coinvolgevano tutti gli studenti del grande liceo e degli atenei vicini.
Il grande Mister Satan aveva a lungo insistito perché i giovani, futuri paladini del pianeta, non trascurassero troppo l'esercizio e si tenessero pronti a prendere un giorno il suo posto a difesa della cara Terra. Chi udì all'epoca queste parole non poté che interpretarle come uno degli slanci di modestia che saltuariamente, intercalati da sbalzi d'orgoglio, il grande eroe esternava con la consueta forza ed espressività. Ignari che in questa rumorosa richiesta vi fosse racchiusa una parte della verità che per anni i terrestri avevano, forse volutamente, ignorato. Per un essere umano era più facile credere che colui che tante volte era intervenuto nella protezione del pianeta fosse tale a loro, con i suoi limiti e le sue manie, ben più arduo era accettare che esistessero individui inspiegabili, uguali nell'apparenza fisica ma drasticamente diversi nella sostanza. Per uomini e donne che s'incamminavano verso i viali fioriti che conducevano all'Orange Star School era inaccettabile l'esistenza dei guerrieri dorati. Ben diverso sarebbe stato il parere a riguardo se alle pareti del monumentale liceo cittadino fosse stata concessa la parola, perché esso aveva veduto succedersi fra le sue mura ben due generazioni di mezzosangue alieni. Nulla li contraddistingueva dalla massa vociante dei compagni, forse un'innata distaccata bellezza nei lineamenti ed ovviamente una capacità fisica impensabile per un comune mortale. Quest'ultime erano goffamente nascoste nei loro gesti quotidiani, soprattutto se qualche agente esterno offriva loro modo di perdere il controllo ferreo sull'umore, del resto l'immenso potere che li ricopriva d'un oro sfolgorante prendeva la sua fonte dall'ira e dalla sete di sangue della loro antica natura.
Era stato vociferato per lunghi anni, come una leggenda, che un giovane campagnolo delle montagne dei Paoz, durante una partita di baseball fosse balzato verso l'alto di una decina di metri per prendere un fuoricampo avversario e nella medesima partita avesse ricevuto uno dei colpi migliori d'un lanciatore esperto all'altezza degli occhi senza batter ciglio, ma forse era solo frutto delle tante chiacchiere che accompagnavano il periodo che aveva visto fra quelle mura la famosa Videl Satan. Erano trascorsi anni tranquilli da allora, la legge era stata protetta dai giovani e misteriosi Great Sayamen, sino al sopraggiungere, fra quelle mura, di tre individui in altrettante classi, a seminare stupore e sconcerto fra i coetanei. La più giovane fra loro era una bellissima biondina dai lineamenti dolci e delicati d'una bambola, che era in grado di rammentare con precisione qualunque data, nome o numero telefonico entrasse nel campo del suo finissimo udito, come la memoria d'un cyborg, numerosi ragazzi avrebbero desiderato avvicinarsi alla bella Marron ma era impossibile evitare il controllo delle sue speciali guardie del corpo. Goten era all'apparenza l'individuo più solare e caotico che le regioni dell'estremo Est avessero mai generato, il suo sorriso non si spegneva mai ed il suono delle sue risa era contagioso quanto una malattia, in un'unica occasione era giunto a scuola col viso incupito ed alla soffocante curiosità d'un coetaneo era uscito stizzito dall'aula riducendo in frantumi, non più grandi d'un fiammifero, l'uscio. Quanto al terzo individuo vantava una fama che lo precedeva ovunque, era il primogenito ed erede d'una grande azienda d'elettronica, appariva composto e silenzioso durante le difficili lezioni scientifiche, sollevava raramente il bel viso, coronato da una chioma di primaverile sfumatura, come non volesse che alcuno dei compagni incrociasse il suo sguardo intenso. Trunks era aperto e sincero solo con coloro che a lui s'accostavano sin dall'infanzia, non voleva legarsi ad alcun altro. Durante il periodo del diploma diede fondamento alle voci sul suo conto, risolvendo con la facilità d'una moltiplicazione elementare un problema ancora irrisolto per i numerologi, riguardante la frequenzialità d'un complesso codice algoritmico. Erano trascorsi circa dieci anni da quella congiunzione di stranezze, che solcavano il cancello dell'Orange Star, Pan Son e Bra Brief, a loro ora spettava tenere alto l'onore dei rumorosi predecessori, anche se questo consisteva anche nel provocare guai e porvi rimedio, del resto non avevano avuto certo cattivi maestri.

Al contrario delle edizioni precedenti, la giornata dello sport aveva presentato le lunghe gare a squadra nella fresca mattinata, lasciando alle ore del pomeriggio le attese sfide individuali.
La grande pista, donata anni prima dallo stesso benefattore, era ideata per contenere gare agonistiche di livello professionale, ed i grandi spalti che la circondavano davano a quella struttura scolastica le stesse caratteristiche d'un chiassoso stadio, ricreando l'atmosfera tipica dell'avvenimento che più era atteso ed amato nell'intero pianeta, il torneo Tenkaichi.
Una rumorosa folla già occupava buona parte degli spalti, sporgendosi dalle gradinate con l'attenzione di chi ricerca un congiunto per dar voce al proprio incitamento.
Un rombare che saliva sempre più, contrastando con la concentrazione e la tensione che induriva i volti dei giovani atleti che galvanizzati dai docenti cercavano di rendersi insensibili alle attenzioni degli innumerevoli osservatori.
Un professore dalla pelle arrossata da una forzata abbronzatura artificiale, passava fra loro, con perizia e nervosismo mal celato, alla ricerca dell'atleta migliore della sua sezione, che pareva essersi volatilizzata a meno d'un ora dalla gara più attesa, continuava il suo cammino rimuginando i rimproveri che le avrebbe rivolto, rallentando a tratti per chiedere se alcuno l'avesse vista ma pareva che nessuno sapesse indicargli dove si fosse nascosta Bra Brief.

Il grande centro accoglienza era stato allestito dinanzi all'ampio cortile, era lì che si attardava ancora quell'ultima atleta, il vento irrispettoso le portava i capelli dinanzi al viso obbligandola a distrarre la sua attenzione dalla bibita che lentamente sorseggiava con tranquillità, coi limpidi occhi celesti rivolti alla grande cancellata.
Estraniata in una concentrazione che la faceva apparire come l'immagine dell'impassibilità e dell'alterigia.
La piccola lattina cadde nel cestino alle sue spalle, con un gesto appena accennato del polso, mentre le braccia andavano ad incrociarsi all'altezza del petto accentuando ancor più la sua posizione accigliata.
Socchiuse gli occhi, regolando il respiro ma una mano sfiorò la sua spalla distogliendola dalla sua preparazione, si volse ad incrociare uno sguardo color nocciola, gli occhi del ragazzo più acclamato e famoso della scuola, che da quella breve distanza poteva costatare utilizzasse una dose industriale di gel alla menta per sostenere il ciuffo corvino:
" Principessa, vi vedo corrucciata, posso pensare d'esser io la fonte dei vostri pensieri?"
Bra sollevò un sopracciglio sorpresa, raramente Peter sfoderava frasi tanto elaborate dal suo repertorio di Latin lover, doveva dunque esser vera la voce che Pan le aveva riferito con tono preoccupato, quel giovane era seriamente interessato a strapparle almeno un appuntamento o anche solo un pò di sano contatto labiale.
Tipicamente maschile, analizzava il suo cervello da stratega, esser attratti da chi osa ignorare la propria presenza.
Non ricevuta risposta e giunto alla conclusione che ciò derivasse dall'incertezza e l'imbarazzo che le sue parole avevano certamente provocato nella divina e ricchissima Bra, Peter accentuò la presa sulla spalla appena coperta, proseguendo verso il suo collo, sfiorando per un attimo la cascata cristallina dei suoi capelli. La mano di Bra si mosse rapidamente sollevandosi ad interrompere con decisione il gesto d'interesse del giovane, che stupito, incrociò lo sguardo della liceale per comprenderne il motivo, che largamente trascendeva la sua logica.
Uno sguardo intenso e sinistro lo fece istintivamente indietreggiare d'un passo, seppur il viso di Bra non presentasse mutamenti e la sua bellezza innata paresse ancor più accentuata percepiva in essa qualcosa di pericoloso, indomabile ed oscuro nascosto oltre quello specchio di ghiaccio. Indietreggio ancora, accennando istintivamente un sorriso, salvo abbassare lo sguardo, borbottare un saluto imbarazzato e fuggire verso il campo.
"Codardo" sfuggì dalle labbra della giovane che si stirarono poi in un dolce sorriso sornione tipicamente paterno, mentre divertita si volgeva a seguire la sua rocambolesca fuga ridacchiando fra se.
Non era ancora nato chi poteva prendere al lazzo il cuore di Bra Brief.
Un'ombra le passò in una frazione di secondo innanzi al viso, serrandola in un abbraccio forzato ad un petto sicuro, che era avvolto in un morbido maglione scuro.
"Hai spezzato un'altro cuore in nostra attesa?"
Bra sorrise sollevando appena il capo per guardare in viso il fratello maggiore che di poco la superava in altezza.
"Sei ridicolo con quegli occhiali scuri, presidente!" il giovane uomo indossava, infatti, un paio di lenti nere che la notorietà della sua figura di leader del settore meccanico, inderogabilmente single, gli imponeva.
"Vorrei tentare di non finire in prima pagina domattina per aver osato dare un'occhiata alla mia vecchia scuola ed al tuo secondo posto!"
Bra brontolò imbronciandosi nell'espressione che utilizzava nella quotidianità per tiranneggiare il principe geniale di razza sayan, suo padre.
"Ragazzi, per favore, capisco che vi vogliate tanto bene e non cerchiate che l'occasione per farlo notare al mondo, ma potremmo superare la cosa senza caduti sul campo?"
Era stata la voce squillante di Goten ad interrompere il classico battibecco giocoso dei due fratelli più ricchi del pianeta.
Sorrideva ora, con aria divertita, della loro espressione di sorpresa, mentre con una mano si faceva scudo dai raggi solari per allungare lo sguardo verso le persone che si accalcavano verso il tracciato della gara.
"Dove sono tutti?" chiese Bra speranzosa di ricevere la risposta attesa.
Goten abbassò un attimo lo sguardo, come volesse scusarsi per una mancanza non sua, poi sorridendo con gioia sentenzio: "Sono al dolce, Mister Satan ha voluto ringraziare formalmente Vegeta per avergli concesso anche la gloria per la questione dei draghi malvagi di un anno fa, ma credo si sia pentito d'avergli offerto un pranzo tanto sontuoso, suppongo non si aspettasse che avrebbe superato il record di papà!"
Bra rise sommessamente conscia che suo padre, sospettando che il buffone volesse ripagarlo in natura, si era tenuto digiuno dalla sera precedente.

Il lieve ronzio era appena percettibile all'orecchio libero dal pesante auricolare, la mano guantata di nero giocherellava nervosamente con il piccolo sostegno che allungava, sino alle sue labbra, il microfono. Il vento alterava il segnale impedendo una perfetta ricezione delle coordinate di movimento.
Trascorsero pochi secondi più di quelli che erano stati predetti avrebbe atteso, poi poté inviare il messaggio così a lungo agognato:
"Soggetto individuato.
Confermo la sua attuale posizione.
Procedura attivata.
Attendo direttive..."

Bra sospirò rumorosamente destando l'attenzione dei due ragazzi, che le rivolsero un'espressione interrogativa:
"Adesso che ti prende, capisco che non ho il carisma di papà, ma almeno fingiti soddisfatta della mia presenza!"
Bra sollevò le spalle mimando una plateale sconfitta, suo fratello, genio o meno dell'ingegneria spaziale, era tutto fuorché intuitivo. Non era certo la presenza dei due ragazzi a destare il suo sconforto più nero, era la folla di sospiri e gridolini d'ammirazione nei loro confronti che la disarmava.
Solo quando la voce squillante di una ragazza, che correva contro la corrente di passanti, si fece udire alle sue orecchie Bra sollevò le labbra in un sorriso di riconoscenza.
Pan s'arresto a pochi passi da loro dopo aver percorso il tratto dalla pista sino a lì in un imprecisato misto di spinte e scarti laterali.
"Bra il tuo professore sta per sospenderti dall'albo della scuola se non ti presenti dinanzi a lui fra una manciata di minuti e non enunci cronologicamente tutte le scuse che conosci!"
Un'espressione sconsolata oscurò nuovamente i suoi lineamenti, ma la moretta riprese con allegria:
"Zio, Trunks, era ora che arrivaste, anche se non c'è più posto sulle gradinate conoscete la scuola meglio di chiunque altro, troverete il modo di darci un'occhiata, noi dobbiamo andare, vero Bra?"
L'interpellata sollevò le labbra in un sorrisetto forzato, segno che, se non vi fosse stato il suo futuro scolastico in gioco, nulla l'avrebbe convinta a porre le sue scuse all'isterico professore cui era stata malauguratamente assegnata.
Pan si volse per condurla via con se ma s'arrestò sorridendo alla nuova ragazza che le si era accostata, indossava la casacca del terzo anno, del medesimo colore del pesante berretto sportivo che portava calato sul capo, come molti altri ragazzi quel giorno. I suoi occhi, celati da spesse lenti da vista, erano magneticamente indirizzati al viso del giovane presidente, evidenti segni di rossore coloravano le sue guance.
Bra sbuffò indispettita, afferrando per un braccio entrambe le ragazze innanzi a se, trascinandole verso la pista.
"Chi sei?" la voce di Bra non cercò neppure di nascondere la stizza con la quale aveva accolto quella intrusione della sconosciuta.
"Il mio nome è Elen sono del terzo anno e mi sono trasferita solo una settimana fa, tu suppongo sia Bra?!"
Uno sguardo di sufficienza la analizzò a lungo con attenzione cercando di incrociarne gli occhi, senza successo.
Inaspettatamente la voce di Elen riprese:
" Quel ragazzo era tuo fratello vero, ti somiglia molto, ha un colore di capelli molto raro..." pareva voler aggiungere qualcosa ma Bra la interruppe:
"Si chiama Trunks, ha quasi trent'anni e non gli piacciono le ragazzine, quanto ai suoi capelli vagli pure a dire che sono strani se hai voglia di morire."
Tagliò la giovane allungando il passo verso un irato docente color porpora.
"Scusala, non lo ammetterebbe neppure sotto tortura ma è molto gelosa di suo fratello!" concluse la moretta allontanandosi verso la griglia di partenza per le noiose eliminatorie, ignara del sorriso enigmatico che s'era disegnato su quelle labbra gentili. Le tre ragazze erano sparite dal campo visivo dei due giovani da pochi secondi che Goten, frizionati per un momento i suoi impossibili capelli, allungò una gomitata d'intesa all'amico, guardandolo in tralice:
"Non lo perdi ancora il vizio di stregare i giovanissimi cuori delle cervellone occhialute!"
Trunks lo fissò un lungo momento, da oltre le lenti scure, incrinando le labbra in una smorfia offesa:
"Stai insultando sia me, che tuo fratello, Goten!"
"Sia i tuoi occhiali, che quelli di Gohan, servono solo per darvi un'aria più vissuta" sogghignò, riprendendo poi con serietà, "Piuttosto ora che siamo liberi dalle incombenze delle mocciose, mi hai detto che dovevi parlarmi di una cosa importante, su parla!"
Trunks arrossì visibilmente distogliendo lo sguardo dall'amico, ed incamminandosi verso la scuola, dove avrebbero potuto seguire la gara da uno dei loro rifugi preferiti, il tetto dell'istituto.
"E' una cosa un pò complicata, ho conosciuto una giovane avvocatessa..." ma non poté continuare.
"Com'era, bella? Svestita e disponibile? Cosa avete fatto?" gli occhi neri che brillavano per la curiosità.
"Non abbiamo fatto niente, Goten, abbiamo parlato di una causa inoltrata a carico dell'azienda per..." una mano era salita in una manciata di millesimi a serrargli la bocca.
"Mi stavi parlando di una ragazza!"
Trunks si schiarì la voce guardando altrove imbarazzato:
"Ha la tua età ed i capelli scuri e ondulati, lunghi sulla schiena, ed occhi molto belli, d'un verde intenso, è simpatica ed io credo di piacergli..." concluse a voce bassa.
Goten sollevò lo sguardo al cielo, quando mai v'era stata donna cui quel testone non piacesse, aveva tutto quello che una ragazza potesse sognare, era bello, intelligente, colto e dannatamente ricco.
"Pensi che, quando domani tornerà per il colloquio, sia offensivo chiederle di cenare insieme?"
Goten sorrise all'amico:
" Era ora, certo che devi chiederle un'uscita galante, non puoi passare tutta la vita a soffocarti fra le paranoie!"
" Quali paranoie avrei io?" occhi blu cobalto sbucarono dalle lenti abbassate, Goten si accomodò con una mano la giacca, riassettandola, si schiarì la voce alzandola d'un tono e intraprese una libera interpretazione dell'amico d'infanzia:
"Non puoi capire, loro vogliono solo i miei soldi, io non valgo quanto l'indice di produzione della Capsule Corporation. Poi....poi....la realtà è che non piaccio a nessuno...."
Goten terminò il suo intenso monologo canzonatorio in una sorta di singhiozzo soffocato:
"Questa è l'ultima volta che ti parlo di lei, Son Goten!"
Il giovane scoppiò a ridere seguito ben presto dal compagno, come era sempre stato.
"Il tuo unico problema Brief è quando dovrai spiegare alla tua futura consorte perché suo suocero sembra non conoscere il concetto di invecchiamento cellulare e si esprime a brontolii e se è in giornata a monosillabi!"
Trunks lo colpì scherzosamente al petto, per impedirgli di continuare a canzonare quel padre assurdo e contraddittorio che nonostante tutto adorava, del resto ora gli era divenuto impossibile ribattere che almeno il suo non aveva dieci anni.
Goku era scomparso da quasi un anno e Goten non aveva mai aggiunto una sola parola sull'accaduto, come nulla potesse turbare la sua gioia.
" ...proposito Trunks la tua fidanzata si chiama in un modo particolare o solo avvocatessa, sai vorrei evitare di farla innamorare di me al nostro primo incontro!"
"Certo che possiede un nome, si chiama Hel..." ma la sua voce fu interrotta all'alto richiamo sonoro del cellulare d'ultima generazione che aveva regalato all'amico, sospirò sconfitto, del resto erano riusciti a chiacchierare parecchi minuti più del solito, prima dell'intromissione di Valese.
Goten sussurrò con lo sguardo una richiesta di scuse rispondendo al richiamo della moretta che da un anno e qualche mese era divenuta la sua compagna fissa, il suo nome brillava intermittente sul display a colori, mentre lo portava all'orecchio con l'attenzione d'un oggetto troppo delicato per la sua forza. Stava per salutarla quando percepì una voce profonda e roca parlare all'altro capo del ricevitore, una voce familiare e calda stava esprimendosi con distacco, non ricevendo alcuna risposta. Il ragazzo tese con maggior attenzione l'orecchio, volgendosi e allontanandosi di qualche passo dove pareva il segnale si facesse più nitido:
"Il nostro rivale, Padrone, ha mosso l'alfiere bianco dando nuovo inizio a questa partita, ma non temete giungerò io prima al re!"
Goten interruppe la chiamata osservando per un lungo istante il nome della sua giovane fidanzata sparire, doveva essere frutto d'uno scherzo o d'un interferenza, abbandonò il fragile dono in una tasca interna, riprendendo con l'amico la via delle scale.

Le eliminatorie le avevano condotte entrambe all'attesissima finale della gara ad ostacoli, all'apparenza non v'era nulla di particolare in quella specialità da indurle ad un impegno superiore al minimo sforzo, eppure come era stato per coloro che le avevano precedute, quella gara aveva un sapore diverso, il gusto di una resa dei conti fra consanguinee.
Il primo anno di quella manifestazione, su un campo ben più misero, il fratello maggiore d'una e lo zio paterno dell'altra avevano dato vita ad una sfida all'ultimo centimetro, vinta per pochi decimi di secondo dal più maturo.
Erano trascorsi nove anni ed ora Brief e Son potevano dar vita ad una rivincita inaspettata.
Pan cercava di regolare il respiro alla ricerca della concentrazione che sapeva essere l'unica arma contro la tecnica impeccabile della rivale, quanto a Bra non distoglieva lo sguardo dallo spalto più lontano, pareva contemplasse lo stadio intero con sfrontatezza.
Piegate ai blocchi di partenza si scambiarono un rapido sguardo d'intesa rinnovando la promessa di rivalsa l'una sull'altra. Partirono all'istante, gettandosi sulla pista con la forza e la velocità di fiere finalmente libere da una malia di costrizioni umane. Pan era un'istintiva, correva perché sentiva la necessità di farlo, erano i suoi muscoli a chiederlo come possedessero volontà propria, col capo rivolto al suolo seguiva la linea divorando la strada che separava un ostacolo dall'altro, sollevando gli occhi neri solo per articolare il salto.
Bra al contrario non permetteva all'istinto di prendere il sopravvento, avanzava calcolando ogni passo ed ogni postura prima di superare l'ostacolo, questo gli era stato insegnato da suo padre, farsi padrona delle proprie pulsioni, sino a domare l'ozaru che era vivo anche in lei.
Quando tagliò il traguardo sollevò istintivamente il braccio al cielo, liberando la lunga chioma dalla fascia che la tratteneva, Pan l'aveva seguita di quasi un secondo, china a terra riprendeva fiato. Si volse alla terrazza dove sapeva essere appostati i due primi atleti di quella sfida decennale, non scorse che la figura solitaria d'un ragazzo che sorrideva, i capelli scuri mossi dal vento insistente parevano conoscere da sempre la scompostezza, Bra concentrò i suoi sensi per meglio distinguere Goten, mentre accennava a sollevare nuovamente il braccio per salutarlo, ma s'arrestò distogliendo lo sguardo, quel giovane aveva due intensi occhi azzurri e la stava fissando con sinistra tristezza.

L'ultimo piano, il quinto, era avvolto nel buio, le grandi finestre eran stata oscurate da pannelli di cartone, il percorso era illuminato solo saltuariamente da piccoli ceri, agli angoli del corridoio, che silenziosamente stavano percorrendo per giungere agli ultimi gradini che li dividevano dal tetto, sul quale, infinite volte, erano atterrati sbuffanti dopo un volo.
Alcune candele giacevano spente, dando a quell'atmosfera d'artificioso misticismo un tratto di macabro sentore.
Un sussurro si levò dalle spalle di Goten:
"Non ho letto che l'ultimo piano fosse adibito ora ad una setta satanica, con tanto di riti e sacrifici umani"
Goten sorrise nelle tenebre:
"Devo supporre che lo scettico presidente abbia paura del buio!"
Una mano fredda strisciò sul braccio scoperto del giovane che faceva strada, un brivido gli percorse la schiena, ma il sorriso si ampliò ancor più:
"Trunks se proprio lo desideri.... ti tengo la mano..."
"Goten finiscila di fare il pagliaccio, secondo me abbiamo già superato la rampa da un pezzo."
La voce del giovane Brief proveniva da parecchi metri alle spalle del cadetto che al contrario percepiva ancora quella presa fredda sul suo polso, distinguendo, ora nitidamente, le dita rugose che si allacciavano fra loro, trattenendolo. Ingoiò a fatica: "Lasciami" solo un sussurro mentre istintivamente sollevava una luce innanzi a se.
Un urlo strozzato sfuggi dalle labbra della figura innanzi al giovane, Goten si riscosse facendo svanire la sfera, mentre Trunks lo raggiungeva sollevando una candela per vedere cosa avesse aggredito e spaventato l'amico.
Una donna sulla ottantina li osservava con occhi sbarrati da oltre una piccola montatura d'argento, era ingobbita per l'età ma manteneva una certa dignità e sontuosità nei movimenti, era vestita d'una lunga tunica color porpora di velluto ricamato di fili dorati, sorrise loro coi pochi denti concessigli dal tempo:
" Cari ragazzi, siete stati così gentili a venire fin quassù a trovarmi!"
I due guerrieri si fissarono dubbiosi, tornando poi a guardarla con curiosità sempre crescente:
"Vi siete perduta signora?" azzardò Trunks non trovando altra spiegazione alla presenza in quel luogo della donna, ma essa li guardò contrariata:
"Io vi attendevo, per leggere il vostro futuro nei miei arcani!"
Goten si grattò la testa dubbioso, cercando un modo per risolvere quella strana situazione, ma prima che potessero aggiungere altro la donna aveva teso la mano verso la stanza che si apriva alle sue spalle. La fioca luce della candela rivelò l'indicazione su d'un pannello bianco, d'una esperta chiromante, al servizio dei visitatori più curiosi.
"Su avvicinatevi, Trunks e Goten, vorrei potervi indicare il domani che vi attende"
Il giovane cadetto avanzò stupito nella classe che impreziosita di tendaggi e cuscini, poco rammentava del vecchio laboratorio di scienze.
Trunks lo segui con un'espressione annoiata dipinta sui bei lineamenti.
Si sedettero a terra, vicino ad un piccolo tavolo ovale, dove con maestria, frutto dell'esperienza d'una vita, i ventidue tarocchi maggiori danzavano fra le mani della veggente.
"Come conosci i nostri nomi?" chiese stupito il giovane, salvo ricevere risposta dall'amico al suo fianco:
"Ha ascoltato il nostro dialogo di poco fa. Suppongo sia una prassi abbastanza classica per una veggente, nelle tenebre è frequente che le persone si chiamino per nome, così da permettere a lei un'entrare in scena di sicuro effetto!"
La veggente borbottò qualcosa tossicchiando, ma si riprese, adagiando una piccola ampolla di incenso fumante accanto a loro e scoprendo le prime carte del grande mazzo che aveva riposto coperte sul tavolo. Sollevò gli occhi piccoli e attenti sul viso concentrato del ragazzo coi capelli neri e prese a leggere con estrema attenzione:
" Vedo che sei un ragazzo molto solare ed allegro, pare che niente ti possa rattristare, ma ecco vedo un dolore, impreciso, nascosto nel cuore, forse esso si deve ancora compiere o celato nel passato si annida per tornare! Devi essere forte ed affrontarlo o ne sarai schiacciato..." Trunks sbuffò contrariato, quella vecchia megera stava semplicemente dicendo un mare di banalità, senza alcun fondamento. Si volse per cercare l'espressione sul viso dell'amico, per leggervi il suo scherno ma esso al contrario appariva assorto e sofferente.
Il profumo d'incenso raggiunse anche lui, v'era anche un dato fastidioso nel possedere quell'acutezza di sensi, alcuni odori troppo intensi potevano togliere il fiato e quell'aroma era fra questi.
Trunks batté il gomito sul tavolo, richiamando l'attenzione della donna che si era dilungata ora nella predizione su un arcano che rappresentava una torre divelta da un fulmine:
"Ed a me non dice niente?"
Indispettita dalla maleducazione di quel giovane miscredente indicò l'ultima carta che era rimasta nascosta. Sollevò lo sguardo su di lui:
"Questo è ciò che attende il tuo destino Trunks!"
La lunga falce del tredicesimo tarocco scintillò alla luce delle tremule candele.
"Tu morirai!"
Goten balzò in piedi prendendo l'amico per un braccio e trascinandolo fuori, lungo il corridoio oscuro, sino alle scale nuovamente illuminate dalla calda luce del giorno, senza volgersi indietro, sordo alla voce che giungeva dalla veggente che reclamava il pagamento per il suo servigio, senza lasciare la stretta come per accertarsi che non svanisse. Solo quando giunsero nel grande atrio al pianterreno la folle corsa s'arrestò per permettere al giovane di riprender fiato.
"Goten?" azzardò il compagno cercando di incrociarne lo sguardo assente" erano solo un mare di sciocchezze, senza nessuna base, non crederai che quella possa prevedere veramente il futuro?"
Il ragazzo distolse lo sguardo indispettito ed imbarazzato:
" Lo so, solo non mi andava più di rimanerci!"
Trunks sorrise, salvo irrigidirsi all'udire la voce del vecchio direttore annunciare il termine delle gare per quell'anno. Goten sollevò il capo a sua volta impallidendo.
Rapidamente si diressero verso l'uscita, incontrando sulla loro fuga un fiume di individui che avanzavano pigramente verso la grande cancellata, meta anche dei due giovani per sfuggire le ire di due ragazzine. Avanzavano lentamente stretti fra quelle spire soffocanti, preda delle innumerevoli spinte e voci che si rincorrevano, fra le quali pareva ogni tanto d'udire una tonalità familiare o il richiamo sospeso d'una persona smarrita.
Il ciottolato produceva una colonna sonora atona simile allo scrosciare delle onde d'un mare invisibile che si allungava fra loro, movendosi ritmicamente, come un respiro che si regola dopo uno sforzo eccessivo, dopo una battaglia vinta a discapito di un sacrificio.
Occhi neri e dolci fissavano Goten fra la folla, accesi da un viso che era divenuto il suo, mentre la brezza scompigliava i lunghi capelli di suo padre, giocando sulla sua fronte appena corrucciata. Una presa sicura gli strinse una spalla riportandolo alla realtà, si volse stupito e confuso incontrando l'espressione preoccupata degli attenti occhi blu di Trunks.
Goten stirò le labbra in un sorriso secco, sedendosi con lui ai margini del grande vialetto.
"Come va?" appena accennato dopo un lungo momento di silenzio, Goten ponderò la domanda a lungo, non gli era mai accaduto di sentirsi tanto spossato e fragile, inoltre trovava arduo ed imbarazzante ammettere d'aver intravisto quella figura al contempo amata ed odiata.
"Credo sia colpa dell'incenso, mi ha dato alla testa, ma ora sto molto meglio, possiamo andare pure alla cancellata"
Trunks lo osservò un lungo momento, il viso non aveva ancora ritrovato il normale colorito acceso e lo sguardo sfuggente era segno che stava cercando di mentirgli con scarsi risultati, giacché, anche la voce, era stata poco più d'un sussurro.
Attesero ancora una manciata di minuti poi il giovane Brief s'alzo, allungando una mano all'amico ed aiutatolo ad alzarsi, intrapresero con passo lento il cammino sino alla cancellata.

  
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