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Autore: jas_    10/11/2013    7 recensioni
E lei aveva provato ad indossare meno camicie, a truccarsi un po’ di più e a prendersi meno sul serio, a tornare a casa tardi e bere birra al posto dell’acqua ma non era stato sufficiente. Avrebbe dovuto essere un’altra persona, se fosse stata un’altra persona Harry l’avrebbe guardata con occhi diversi, lei si sarebbe sentita più libera e meno imbarazzata sotto il suo sguardo intenso. Però lei era Juliet Hamilton, l’educata e studiosa Juliet Hamilton, lui invece era un ragazzo che illudeva suo padre, che indossava camicie con le maniche strappate e bandane in testa.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10

 
 
 
«Voglio il gelato alla stracciatella!»
«Mi dispiace, l'abbiamo finito. Se vuoi c'è cioccolato, vaniglia, panna, nocciola e...»
Harry guardò velocemente le varie vaschette poste sotto la teca di vetro, «e Nutella.»
«Io voglio la stracciatella!»
Il riccio prese un respiro profondo per evitare di sbottare e rischiare di perdere l'unico posto di lavoro che era riuscito a trovare in quattro mesi, da quando era stato licenziato dal bar in cui invece stava prima, per aver fatto a pugni con un ragazzo impertinente.
«Senti moccioso, questi sono i gusti, se non ti vanno bene la porta è quella» mormorò Harry tra i denti, fulminando il bambino con lo sguardo.
«Prendo cioccolato e panna.»
Le labbra di Harry si distesero in un sorriso, «bravo ragazzo» disse soltanto, mentre prendeva un tovagliolo e ci avvolgeva il cono.
Lo riempì coi gusti scelti e lo porse al bambino che appoggiò sul bancone gli spiccioli contati.
«Buona giornata!»
Harry lo salutò con un sorriso mentre usciva del locale, quando poi vide il bambino voltare l'angolo la sua espressione divenne annoiata.
Andò a sedersi sulla sedia che aveva strategicamente posto appena dietro il muro che dava verso il magazzino, così che non appena fosse entrato qualcuno sarebbe parso che lui si stesse dando da fare sul retro, e prese in mano il telefono.
Osservò pensieroso il numero di Niall che aveva cercato in rubrica prima che il bambino entrasse nella gelateria, indeciso se chiamarlo o no.
Sapeva di aver reagito esageratamente male alla sua "battuta" anche se lui se la sarebbe potuta tranquillamente risparmiare conoscendo la situazione.
Poi non sentiva Juliet da più di una settimana, e un po' gli mancava.
Magari se avesse fatto pace con Niall avrebbe scoperto qualcosa su di lei tramite Agathe, come per esempio se era ancora viva o no.
Impulsivamente lo chiamò, si portò il telefono all'orecchio ed attese che il biondo gli rispondesse.
«Harry! Amico scusa per quello che ti ho detto ma lo sai che ogni tanto non connetto molto non sai quanto mi dispiace scusa scusa scusa scusa scusa.»
Harry non fece in tempo a capire che Niall aveva risposto al telefono che la sua voce alta e il suo accento irlandese gli avevano fracassato i timpani. Rise.
«Amico stai ridendo, è un bene?» continuò il biondo.
«Niall cos'hai fumato?»
«Niente, sono felice di sentirti. Pensavo fossi ancora arrabbiato. Mi dispiace per quello che ho detto.»
«Avevi ragione, è quello che sto facendo, ma non è carino sentirselo dire da uno dei miei migliori amici.»
«Mi dispiace davvero.»
Harry sorrise, «perdonato.»
Non fece in tempo ad aggiungere altro che il campanellino posto sopra la porta tintinnò.
«È arrivato un cliente, ci sentiamo» disse.
Si alzò dalla sedia, mosse un paio di scatoloni facendo un po' di rumore, fingendo che stesse combinando qualcosa, poi andò ad accogliere il cliente.
Era pronto a salutare con un entusiasmante "buongiorno" ma le parole gli morirono in gola non appena la ragazza, intenta ad osservare i gusti disponibili, alzò lo sguardo sul riccio.
Le sopracciglia le si inarcarono e le labbra si distesero lievemente, mettendo in mostra due leggere fossette.
«Ciao» disse poi, schiarendosi la voce.
«Ehi» rispose poco convinto Harry, asciugandosi le mani sul grembiule con un gesto automatico, nonostante queste non fossero assolutamente bagnate o umide.
«Mi dai un cono medio con limone e fragola?»
Harry annuì e fece come richiesto, mantenendo lo sguardo basso sul cono che teneva in mano mentre le note di una canzone che ultimamente sentiva spesso alla radio rimbombavano nel locale.
«Ecco a te» disse dopo alcuni secondi, porgendo il cono sopra il bancone, «sono due euro e quaranta.»
La ragazza gli porse una banconota da cinque euro, Harry si avvicinò alla cassa, fece lo scontrino e le diede il resto, «ecco a te, buona giornata» disse automaticamente, mentre lei usciva dalla gelateria.
 
 
 
Il gomito appoggiato sul tavolo e il braccio occupato a tenere sollevata la testa.
La mano destra intenta a giocherellare col purè ancora intatto nel piatto.
Juliet era annoiata, e aveva lo stomaco chiuso.
«Mettiti composta» la riprese il padre.
Lei alzò la testa di scatto ed abbassò il braccio sotto il tavolo, posando la forchetta.
«Tesoro stai bene? Non hai mangiato nulla» osservò la madre.
«Non ho fame» disse lei, «posso alzarmi?»
La donna stava per acconsentire ma il marito l'anticipò, «no» disse secco, «fino a quando non abbiamo finito tu rimani qua.»
Juliet abbassò lo sguardo e prese il bicchiere colmo d'acqua che aveva davanti, svuotandolo quasi tutto in un fiato.
Non sentiva Harry da più di una settimana, arco di tempo nel quale suo padre era diventato più insopportabile del solito.
Le mancavano le sue battutine stupide, la sua leggerezza, la sua allegria, il suo ottimismo.
Sapeva di aver reagito male alle parole del padre e sfortunatamente Harry era stato quello sul quale aveva scaricato tutta la tensione. Non se lo meritava, avrebbe dovuto chiamarlo, ma non era mai riuscita a trovare il coraggio per farlo.
Cos'avrebbe potuto dirgli? "Mi dispiace per l'altra sera, ma  non possiamo più vederci lo stesso"?
Si sentiva in gabbia, intrappolata e incapace di reagire. Troppo timorosa per farlo, perché infondo avrebbe potuto, e lei lo sapeva.
Sospirò, attirando su di sé l'attenzione del padre, intento a finire il polpettone che aveva nel piatto, che le riservò uno sguardo di rimprovero.
«Vai se devi andare» le concesse infine, prima di mangiare un boccone.
Juliet increspò le labbra ed annuì, spostando indietro la sedia con cautela per alzarsi.
Talmente pesante era il silenzio che il rumore dei suoi piedi che si muovevano sul pavimento rimbombò nella sala da pranzo. Quando arrivò in cima alle scale tirò un sospiro di sollievo, chiudendosi in camera e buttandosi a peso morto sul letto.
Juliet si ritrovò a fissare il soffitto pitturato di un rosso scuro, il suo colore preferito, poi chiuse gli occhi, cercando di liberare la mente.
Nonostante le buone intenzioni non riusciva a fare a meno di pensare a suo padre e a quanto fosse severo. Si chiese come avrebbe reagito se lei avesse osato ribellarsi, o soltanto ribattere ai suoi ordini. Disobbedire. Dire una parolaccia in sua presenza. Tingersi i capelli di un colore inusuale. Farsi un piercing. Un tatuaggio. Magari una farfalla, come quella di Harry. O forse le rondini che lui aveva sul petto, simbolo di libertà. Cosa che Juliet non conosceva, della quale aveva sentito il sapore grazie a Harry, ma che non era riuscita a gustare a pieno.
Aveva vent'anni e non aveva mai fumato una sigaretta, figuriamoci uno spinello. Non si era mai ubriacata. Non aveva mai fatto il bagno nuda nel mare. Se suo papà avesse scoperto che non era più vergine sicuramente avrebbe preso un infarto.
Juliet soppresse uno sbadiglio e si alzò dal letto, dirigendosi verso l'armadio alla ricerca del pigiama.
Non erano nemmeno le nove ma era già stanca.
Stanca di quella situazione, di sentirsi intrappolata, morta.
Juliet si sentiva morire, ogni volta che Agathe le raccontava delle feste alle quali andava, di tutte le cose che faceva, del rapporto che aveva con i suoi genitori, di Niall, delle serate trascorse con gli amici senza fare nulla di particolare, solo divertirsi con loro.
Non era mai stata una tipa da feste, non se n'era semplicemente mai interessata, ma quella vita cominciava a starle stretta. Juliet voleva divertirsi.
Divertirsi senza drogarsi. Senza andare a letto con un ragazzo diverso ogni sera.
Divertirsi con i suoi amici. Ridere. Chiacchierare. Urlare. Ballare. Cantare. Correre a piedi nudi per le strade perché le scarpe fanno male. Avere il trucco sbavato. I capelli disordinati. Lo smalto delle unghie mangiucchiato. Il vestito bianco un po' sporco perché ti sei seduto su un muretto. Juliet voleva provare tutte quelle cose delle quali non aveva sentito la mancanza per vent'anni ma che ora invece aveva bisogno di vivere.
Si mise velocemente il pigiama e si infilò sotto le coperte spegnendo la luce ed accendendo la bajour.
Prese in mano il telefono ed aprì la rubrica, essendosi ricordata solo allora che doveva chiamare Agathe per avvertirla che il giorno dopo avrebbero dovuto incontrarsi mezz'ora dopo.
La trovò posizionata sulla lettera H, il primo numero che compariva sullo schermo era quello di Harry, e si ricordò che quel pomeriggio era stata tentata di chiamarlo. Poi ci aveva rinunciato.
Un rumore proveniente da fuori la fece sussultare, appoggiò il telefono e si ritrovò quasi a trattenere il respiro, cercando di capire cosa fosse.
Un altro rumore.
Juliet sentiva il cuore martellarle nel petto.
Si alzò dal letto e si avvicinò titubante alla finestra cercando di vedere qualcosa nel buio.
Un altro rumore.
Juliet sussultò e si voltò istintivamente a destra, verso l'albero che nascondeva in parte il balcone di camera sua.
Aprì con cautela la finestra e camminò sul balcone avvicinandosi a questo, le sfuggì un urlo quando vide una persona intenta ad arrampicarsi.
«Speravo che mi avresti accolto con un "oh Harry Harry, perché sei tu, Harry?"»
La ragazza si portò la mano destra sul cuore, che sembrava esserle impazzito, e quando riconobbe Harry, riprese a respirare regolarmente.
«Dimmi un po', ti sei fumato il cervello?» lo riprese, a bassa voce.
«Dammi una mano a venire via da qua, sono incastrato» ribatté lui.
«Juliet tutto bene?»
Una voce proveniente dal corridoio li interruppe.
«Zitto, non fiatare o siamo morti» bisbigliò Juliet rientrando in camera e dirigendosi verso la porta.
«Tutto a posto» rassicurò la madre una volta che se la ritrovò davanti, mostrandole il sorriso più convincente che riuscisse a fare, «c'era soltanto un ragno sul soffitto e mi sono spaventata, ma l'ho ucciso e l'ho buttato fuori.»
La donna annuì, «okay, buonanotte» le disse, sorridendole dolcemente.
«Notte mamma» disse Juliet, prima di chiudere la porta e tornare sul balcone.
«Harry?» lo chiamò.
«Sono sempre qua, non scappo.»
«Cosa ci fai qua? Vuoi morire?»
«Dobbiamo parlare.»
«Che c'è?»
«Aiutami a scendere da quest'albero che sto cominciando a non sentirmi più i genitali.»



 

-

 

Questo capitolo è piuttosto di passaggio ma Harry chiarisce con Niall e inoltre va a trovare Juliet per parlare.
Cosa vorrà dirle? Dovrete aspettare una settimana per scoprirlo ma diciamo che potete arrivarci tranquillamente, sono piuttosto prevedibile! ahaha
Il prossimo capitolo sarà un po' più movimentato, uscirà una Juliet più trasgressiva ma non posso aggiungere altro.
Grazie mille per le recensioni e se avete letto Begin Again sapete che se non ho risposto alle recensioni è perché ho avuto dei problemi con internet ma ora dovrei essere a posto quindi riprenderò  a rispondere a tutto!
Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima,
Jas

   
 
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