Cataleya stava seduta ai piedi del suo letto con lo sguardo rivolto nel nulla. Il suo bel vestito era al suo fianco, ancora avvolto dalla carta che lo proteggeva. Le tremavano le mani, le gambe, le tremeva il cuore.
Quella mattina il suo appartamento era un continuo via vai, ma con lei in quella camera c'era solo sua madre, il suo angelo custode.
«Tesoro, vogliamo infilare questo vestito oppure no?» disse la donna, sedendosi accanto a lei.
Era bellissima. Il trucco leggero sugli occhi, le lunghe ciglia nere, le labbra colorate di rosa. Ai lobi delle orecchie aveva due deliziose perle, mentre la collana aveva preferito non metterla. Aveva dormito pochissimo durante la notte, agitata com'era. Harry era andato via presto e lei non l'aveva neanche sentito.
Deglutì rumorosamente, sentendo le lacrime spingere agli angoli degli occhi. Si rigirava tra le mani quel bigliettino da ore, e non aveva ancora spiccicato parola da quando aveva letto quelle righe scritte in perfetta calligrafia.
«Non posso farlo.» balbettò con la voce rotta. Lei era rotta ormai. Non avrebbero potuto più aggiustarla.
Le lacrime presero a scendere lente lungo le sue guance, silenziose come non mai. Il suo petto era scosso dai singhiozzi, quelli che ti fanno mancare il respiro.
«Cosa stai dicendo piccola mia?» La donna le prese le mani e il bigliettino di conseguenza finì tra le sue. «Cos'è questo?» Ma Cataleya non parlava, non aveva più parole. Non aveva più nulla, Cataleya era vuota.
«Ciao raggio di sole. Non so quanto mi pentirò dopo queste parole, ma so che è la scelta più giusta da fare per me, ma per te soprattutto. Non ho la forza per combattere tutto quello che ho passato e non posso rischiare che i miei demoni torturino anche te. Dire che tu mi abbia aiutata è un eufemismo, ma io non posso essere curato. Dentro di me c'è quella continua e costante paura che non riesco a mandar via, e tu hai già sofferto abbastanza per colpa mia. Ero sicuro di poterne uscire avendoti accanto, ma il punto è proprio questo. Non posso vederti piangere la mattina, rannicchiata sul tuo spazio di letto perchè ho avuto quei maledettissimi incubi. Non riesco a sopportarlo, e credo che tu possa stare meglio senza di me e le mie paure. Ti prego perdonami amore mio. Sarai sempre il pezzo più importante di me. Ti amo, tuo Harry.»
Cataleya si accasciò sul pavimento, mentre piangeva quelle lacrime che bruciavano sul suo viso. Era troppo il dolore, troppo da non riuscire a contenerlo. Voleva urlare, gridare, pregare che tutta quella sofferenza andasse via. Lei non c'è l'avrebbe fatta, lo sapeva, si sarebbe spezzata man mano. Pianse ininterrottamente, piegata sulle ginocchia, mentre la donna che l'aveva messa al mondo non sapeva cosa fare, non sapeva cosa dire. Non avrebbe potuto.
Cataleya rimase li, il volto marcato dal dolore acuto di un cuore strappato, morso e calpestato senza pietà. Cataleya rimase lì con la speranza che Harry sarebbe entrato dalla porta dicendole che lui non poteva vivere senza di lei, che avrebbero combattuto insieme quelle paure.
Ma Harry era andato via, Harry non sarebbe tornato.