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Autore: SenBreeze93    10/11/2013    0 recensioni
Tutti i mondi sono collegati ad un unico Centro, in cui creature di varie galassie si incontrano per mettersi alla prova e proclamare la razza "suprema". Un mondo ai nostri occhi impossibile, in cui creature da noi ricordate come "mitologiche" esistono e vivono esattamente come noi facciamo tutti i giorni, magari in modo un po' meno civile. Il nome di questo luogo: Vhalmàr.
Tre ragazzi, amici d'infanzia, si ritrovano dopo anni di separazione. Ancora non sanno che presto verranno messi dinnanzi alla prova più dura di tutta la loro vita.
Felce, Antel e Joe si vedranno obbligati a lottare per riuscire a trovare una via di ritorno, per poter riabbracciare le proprie famiglie e, soprattutto, il loro pianeta: la Terra.
Felicità, tristezza, gelosia, dolore, insicurezza, amore.... inizia qui il viaggio dei tre "prescelti".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le Terre del Fuoco






 

Quando Felce aprì gli occhi, trovò Antel già in piedi, intento a trafficare con la sua bisaccia. Si guardò allora intorno e si rese conto che erano gli unici ad essere già svegli. Si chiese che ore fossero, senza ottenere però una gran risposta, dato che dall'interno di quella caverna era difficile definire con precisione un orario. Tuttavia, guardando dalla finestra notò che i raggi solari non si riflettevano ancora sulle pareti di ghiaccio, perciò intuì che dovesse essere ancora notte.

Si alzò a sedere e fu allora che il ragazzo si accorse di lei. La guardò stupito per qualche istante, poi la sua espressione tornò neutra.

  • Come mai sei sveglia? – le chiese osservandola.

  • Non riesco a dormire. Forse… è per quello che è successo ieri. –

Lui si limitò ad mugugnare un assenso, tornando nel frattempo a trafficare con la bisaccia.

  • Tu, piuttosto, cosa stai facendo? Perché non dormi? –

Antel si fermò all'improvviso. Parve pensarci su un attimo, quindi richiuse la bisaccia e la mise da parte, accanto alle altre.

  • Non riesco a dormire nemmeno io. Presto torneremo a casa e questa volta per davvero!! Ma… non mi sento tranquillo. Sì, insomma… a questo punto mi sembra tutto perfino troppo facile. Così controllavo che avessimo tutto per ogni evenienza. –

Le diede le spalle e si passò nervosamente una mano nei capelli. Nel notarlo, Felce fece una smorfia: c'era qualcos'altro, che non voleva dirle. Si alzò e gli andò affianco. Immaginava cosa fosse ad angustiare tanto l'amico e sapere che non poteva aiutarlo in alcun modo la faceva sentire un essere inutile.

  • È per Byron, vero? – mormorò.

Lui reagì come se gli avesse tirato una sberla a tradimento, poi le diede di nuovo le spalle. Rimase in silenzio per diverso tempo, prima di crollare.

  • Penso solo che mi dispiacerà lasciarlo, dopo tutto quello che ha fatto per noi. – si arrese.

Non poteva fare nulla per aiutarlo. Nulla! E questo la faceva andare in bestia! Fin da quando erano piccoli, non aveva mai potuto tollerare di vederlo triste! Semplicemente, non ce la faceva! Però a quel tempo una cosa che riusciva a tirarlo un po' su di tono c'era. Magari....

Gli si avvicinò da dietro e lo circondò con le braccia, appoggiando la testa sulla sua schiena. Dopo un primo momento di paresi, lui appoggiò le mani sulle sue.

 

 

 

La mattina, quando tutti furono in piedi, Nohi si mise a trafficare con dei vecchi tomi.

Astrea era tornata nella conca primaverile aldilà del tunnel subacqueo per recuperare tutte le loro cose e, quando tornò, consegnò il mantello a Felce. Non appena la ragazza lo ebbe tra le mani, il suo sguardo cadde sulla scritta ricamata in elfico. Quasi le venne un colpo: ora riusciva a interpretarla tutta! C'era scritto “figlia dei draghi.

Quel mantello glielo aveva regalato Anoor. Quindi… lui sapeva già tutto, o era solo una coincidenza?

D'improvviso, udì il vecchio elfo esclamare e tutti si voltarono verso di lui: teneva in mano un tomo aperto e leggeva freneticamente, facendo scorrere il dito sulle lettere.

  • Lo sapevo! Lo sapevo di aver già sentito quel nome, anche se un po' differente! Ho riflettuto tutta la notte, finché non mi sono fatto venire in mente dove!

  • Che nome? – intervenne confuso Joe, aggrottando le sopracciglia e avvicinandosi per leggere. Ma Nohi non guardò lui quando rispose, bensì Antel.

  • Il tuo nome. Antel. O meglio, Antellor, figlio del fuoco. –

Il ragazzo rimase visibilmente interdetto. Poi si mise a ridacchiare.

  • Cosa? –

  • Il tuo non è un nome comune sul tuo pianeta, vero? –

  • Bhe, in effetti no. Anzi, penso di essere l'unico a possederlo. –

  • Il tuo è il diminutivo di un nome elfico. Un soprannome, che diedero i miei antenati ad un guerriero che millenni or sono combatté per difendere la nostra razza. Era molto potente e quando combatteva fra le nostre fila non mancava mai la vittoria. Era potente e distruttivo come le fiamme. Per questo è stato chiamato Antellor, ossia figlio del fuoco. –

Sia Felce, che Joe si misero a fissare l'amico, che aveva smesso improvvisamente di ridere, cambiando colore.

  • Ma no, è impossibile! I miei genitori non potevano sapere… – si bloccò: a scegliere il nome non erano stati i suoi genitori, bensì suo nonno! Aveva insistito talmente tanto che alla fine suo padre aveva acconsentito. Tutte le storie che gli raccontava per farlo addormentare, sugli elfi, sulle streghe e su nobili guerrieri che difendevano i più deboli. Possibile che…?

  • Chiunque ti abbia dato quel nome, ha voluto darti un destino, ragazzo. –

Antel lo fissava senza però vederlo. La sua mente era altrove e riascoltava nella memoria tutte le storie di suo nonno, finché una in particolare non gli folgorò la mente: quella di un cavaliere, con un nome molto simile al suo. All'epoca lui ne era rimasto affascinato e ogni volta ascoltava con attenzione, immaginando di essere quel meraviglioso guerriero che si batteva per difendere i propri ideali e affetti.

No, non poteva essere solo una coincidenza. Suo nonno sapeva! Ma come?

  • Si narra che Antellor non fosse un elfo, ma un essere di fattezze umane, anche se non un terrestre. – continuò Nohi – Non si sa come morì, semplicemente sparì. Un giorno dei millenni di pace, si allontanò per cacciare e non è mai più tornato. –

L'elfo lo guardava torvo, con le mani strette sul volume, che ora gli stava porgendo. Il ragazzo si avvicinò e osservò l'immagine di una splendida spada a doppia lama, con il filo leggermente curvato che la faceva apparire una sorta di sciabola, sebbene la punta si biforcasse in due acuminate lame, una più lunga dell'altra.

  • Questa è la sua spada. Una delle tre armi più potenti di tutta Vhalmàr, insieme al pugnale di Thiraya e all'arco di Egeria. A differenza di queste ultime due, la spada di Antellor non è mai stata ritrovata. –

Antel stava ancora rimirando la rappresentazione della meravigliosa arma, quando Nohi chiuse di colpo il libro, appoggiandolo sul tavolo.

  • Non mi stupisce che tu sia tanto abile con la spada, ragazzo. Avendo un nome del genere, non è che tu abbia molta scelta… –

  • Ma è assurdo! È solo un nome! Il nome non fa la persona! – rise Antel, totalmente confuso e incredulo.

  • Ma il tuo non è un nome normale: è un nome elfico! A seconda del nome che ci viene dato, siamo destinati a determinate cose. Prendi Astrea, ad esempio! La sua natura è quella di leggere gli astri e di amare la flora e la fauna come se fossero sue sorelle. Oppure anche il sottoscritto: Nohi è il nome di una rarissima pianta medicinale, infatti il mio talento va al sacerdozio e alla botanica. –

 

 

 

La storia di Nohi lo aveva completamente scioccato. Suo nonno sapeva, in un modo o nell'altro, e aveva voluto dargli lo stesso destino del guerriero Antellor. Dandogli il diminutivo, però, aveva fatto in modo che la magia elfica non influenzasse più di tanto la sua vita. Ma perché? Perché gli aveva fatto una cosa del genere? Per anni si era sentito strano e diverso a causa di quel nome che tanto i suoi coetanei deridevano! L'unica che non se ne era mai curata era Felce, avendo essa stessa un nome un po' strampalato.

D'altronde, però, ora che lo sapeva, cosa cambiava? Proprio nulla! Avrebbe continuato sulla sua strada e sarebbe tornato a casa una volta per tutte! Il suo nome, o il destino elfico, qualunque cosa fosse, non avrebbe cambiato proprio niente!

Buttò un sassolino nello specchio d'acqua, increspandone la superficie. Quando il liquido si placò, scorse con stupore il riflesso di Felce e Joe alle sue spalle, tuttavia non si voltò. I due ragazzi rimasero in silenzio per qualche secondo, fino a quando non fu Felce a decidersi e a prendere la parola.

  • Ho chiamato Neogar. Tra poco partiremo. –

  • Va bene. Arrivo. – le rispose con tono neutro.

Li sentì sospirare. Joe gli diede una pacca sulla spalla, per poi allontanarsi con l'amica.

Aspettò ancora qualche minuto, poi si alzò e andò a preparare le proprie cose. Le bisacce furono assicurate ai fianchi di Byron e Rayl, mentre Astrea si premurò di ammansirli in vista dell'arrivo del drago.

Nohi era immerso nei suoi pensieri ormai da ore. Si rigirava tra le mani il bastone e aveva lo sguardo corrucciato fisso sul terreno.

Quando Neogar arrivò, atterrando davanti alla casetta, si esibì in un profondo inchino a Felce, la quale, non sapendo come comportarsi, sorrise timidamente, salutandolo.

  • Neogar, tu sai dove si trova il Passaggio? – gli chiese quindi con voce ferma.

Il drago inarcò il collo con fierezza, guardandola con occhi luminosi e sfoderando un mezzo sorriso assai inquietante.

          Certo, mia Signora. È una conoscenza tramandata dai miei antenati.

Il cuore della ragazza fece una capriola. Era fatta! Potevano tornare a casa! Ma… se Neogar si fosse rifiutato di condurli fino all'ubicazione del portale, come avrebbero fatto? Quel nuovo dubbio la fece tremare, tuttavia, quando formulò la nuova domanda, la sua voce rimase ferma e tonante.

  • Abbiamo un disperato bisogno di trovare questo luogo, per poter tornare nel nostro mondo. Ci puoi mostrare la strada? –

Neogar tacque per qualche istante, senza smettere di fissarla.

         Mi chiedi una cosa che mai potrei fare…

Tutto l'entusiasmo si sgonfiò in pochi istanti, facendola quasi inginocchiare a terra, schiacciata da quel rifiuto inaccettabile.

         … tuttavia…

Quella meravigliosa parola le riaccese un barlume di speranza.

         … se a chiedermelo sei tu, mia Signora... come potrei mai rifiutarmi? Sei la discendente della nostra antica padrona e per noi è d'obbligo servirti e rispettarti. Perciò... la risposta è sì. Condurrò te e i tuoi compagni fino al Passaggio.

Questa volta Felce si aprì in un largo sorriso a trentadue denti, sinceramente grata. Lo ringraziò mille volte, poi si voltò verso i compagni e annunciò loro la bella notizia. I volti di Joe e Antel si illuminarono all'improvviso, manifestando tutta la loro gioia. Erano tutti così felici e impegnati a ringraziare il drago bianco, che non si accorsero di Nohi, che nel frattempo era corso in casa per chissà quale motivo.

           Ma si trova in un punto parecchio distante da qui, nelle Terre del Fuoco. Per questo, mi offro di farvi da cavalcatura. Impiegherete meno tempo, mia Signora.

Alla fine, si decise che ad andare con Neogar sarebbero stati solo i tre ragazzi, mentre Astrea e i due grifoni sarebbero tornati all'esercito di Anoor.

  • Credetemi. È meglio così. Se venissimo con voi saremmo solo un intralcio. – spiegò l'elfa.

  • Ma… non possiamo andarcene senza salutare e ringraziare tutti gli altri! – intervenne Felce, mentre Antel e Joe annuivano alle sue spalle.

  • Ho promesso a Elaya che sarei... che saremmo tornati! Non possiamo andarcene senza dirle nulla! Non ce lo perdonerebbe mai! – rincarò Joe, con gli occhi fissi a terra – Si fida di noi! Aveva trovato una specie di nuova famiglia, dopo le tante disgrazie! Non possiamo sparire così! – alzò lo sguardo di colpo, fissando deciso Astrea, che tuttavia non batté ciglio.

  • Le spiegherò io la situazione. Sono sicura che capirà. Ora però andate! –

  • Un momento! –

Tutti si girarono verso la soglia della casupola, da cui Nohi stava uscendo di tutta fretta, con qualcosa di ingombrante tra le mani.

  • Joe, vorrei che tenessi questo. –

Così dicendo, gli porse ciò che il ragazzo riconobbe come un bellissimo arco lungo bianco, intagliato alla perfezione, con fili d'erba ad intreccio come decorazione. Il tutto corredato di faretra e frecce bianche dal piumaggio rosso.

  • Astrea mi ha detto che te la cavi con l'arco. Ritengo che questo ti possa essere utile per difenderti. Ricordi l'arco di Egeria, quello di cui vi ho parlato? Ebbene, appartiene alla mia famiglia da generazioni, ma ora vorrei che lo tenessi tu. Io non lo uso, ma a te potrà salvare la vita. –

Joe prese titubante tra le mani quel preziosissimo dono e quasi gli sembrò di sporcare tanta bellezza anche solo sapendo di esserne il nuovo proprietario!

  • Nohi, io non penso che… –

  • No, ragazzo. Ho riflettuto molto e sono certo di essere giunto alla conclusione giusta! Non mi farai cambiare idea. –

L'elfo sorrise e Joe non poté fare altro se non ringraziarlo dal profondo del cuore!

Felce strinse forte a sé Astrea: quella era l'ultima volta che la vedeva. Era un addio in piena regola, ormai era ovvio.

Antel abbracciò il collo piumato di Byron, sussurrandogli all'orecchio mille ringraziamenti. Da parte sua, al grifone non serviva il dono della parola, dato che il suo sguardo comprensivo e triste parlava da sé.

  • Grazie per tutto quello che avete fatto per noi. – mormorò Joe rivoltò al terreno, mentre Felce si asciugava in tutta fretta una lacrima scivolatale al controllo.

  • Grazie a voi, per aver reso la mia vita un po' meno monotona, anche se per solo qualche tempo. – sorrise Astrea, ritta e composta come sempre.

Neogar si accucciò per farli salire sull'incavo tra il collo e le ali. Non appena i tre furono in groppa, il drago si alzò, dando un ultimo sguardo ai due elfi e ai due grifoni, quindi spalancò le enormi ali e spiccò il volo.

Salì sempre di più, ad una velocità vertiginosa, su per una specie di cratere ghiacciato, fino a quando non furono fuori, all'aria aperta e ghiacciata.

Il gelo che i tre ragazzi provavano a quell'altitudine era indecifrabile e dovettero stringersi forte l'uno all'altro per non morire assiderati. Per consolarsi, Felce continuava a ripetersi come un mantra che, perlomeno, sarebbero arrivati a destinazione molto prima che a piedi!

Quando Neogar cominciò a ridurre la quota, era appena scesa la notte. Non appena le nuvole sotto di loro si diradarono, notò che non erano più nelle Terre Ghiacciate, bensì in quelle Scure. In una giornata scarsa avevano battuto il percorso di due mesi!

 

 

 

Il mattino dopo, quando ripartirono, non vi erano più nuvole dietro cui nascondersi, perciò poterono vedere sotto di loro la terra scorrere veloce e il paesaggio mutare ad ogni ora.

Verso il tardo pomeriggio, il clima si fece piuttosto caldo, anche con il vento che li frustava. Sotto di loro, il panorama era ancor più brullo di quello delle Terre Scure e qua e là si intravedevano perfino pozze di lava incandescente e massi di magma solido. Come se questo non bastasse, c'erano pure punti completamente ricoperti di sabbia rossa e l'ambiente pareva quasi più desolato di quello delle Terre Ghiacciate!

          Queste sono le Terre del Fuoco. Ormai manca poco.

La ragazza comunicò la notizia agli amici, che le sorrisero entusiasti. Dopo tanto sudore e fatiche, finalmente sarebbero riusciti a tornare a casa! Le pareva perfino troppo facile, arrivati a quel punto! La smorfia che fece Antel, guardandosi freneticamente attorno, le fece intuire quanto l'amico la pensasse esattamente come lei.

Bastò un'ora perché il caldo si facesse veramente insopportabile, costringendoli a liberarsi di maglioni e sciarpe. Antel si levò perfino il suo caro giubbotto di pelle, ormai totalmente d'intralcio, date le sue condizioni pietose.

Il drago ruggì in direzione di un promontorio di pietra vulcanica: sulla cima vi era una specie di piazza, con colonne nero carbone mezze spezzate, disposte in due fila parallele da sei, mentre sul fondo, che si affacciava direttamente sul vuoto, vi era l'arcata. Era identica a quella del loro mondo, solo nera.

Quella visione li fece esclamare e gioire come matti. Joe, dietro di lei, la abbracciò tanto forte da incrinarle le costole. Tuttavia, come già Felce aveva intuito, la felicità durò poco: ci fu un forte sibilo e una forte esplosione scoppiò direttamente sotto al ventre di Neogar, che ruggì tutto il suo dolore, prima di precipitare verso il basso.

 
  
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