3)Alla scoperta dell'amore
La
mattina dopo mi sveglio
di buon umore.
Devo andare al lavoro e la
giornata è già grigia e nuvolosa adesso, ma non
mi importa. Entro nella camera
di Benji e lo scuoto fino a farlo svegliare, lui mi guarda senza
capire, gli
occhi gonfi di sonno.
“Ben, il portfolio!”
Lui si illumina, si alza
di scatto, scalciando via le coperte. Dorme solo in boxer e io non posso fare a meno di arrossire.
È magro, ma ha
davvero un bel fisico!
Lui mi porge un album e io
cerco di far finta di non essere stata persa nella contemplazione del
suo
fisico fino al secondo prima.
Lui – ancora mezzo
addormentato – per fortuna non se ne accorge.
Io esco dalla stanza mezzo
scombussolata, lui ha davvero un bel fisico, ha anche un buon carattere
ed è
uno sciamano: è perfetto per prendere il posto di Hao nel
mio cuore.
Chissà.
Prima di andare al lavoro
passo al negozio di tatuaggi, è il mio preferito visto che
mi sono fatta
tatuare Jack Skeletron sulla spalla lì.
“Ciao, Mathilda. Vuoi
farti un nuovo tatuaggio?”
“No, ti ho portato il
portfolio di un mio amico che cerca lavoro.”
Rispondo alla segretaria.
“Va bene, lascialo pure
lì, gli darò un’occhiata più
tardi.”
Io annuisco.
“Grazie mille per avermelo
fatto lasciare.”
“Di niente.”
Esco dal negozio e vado al
lavoro. Di solito odio il lunedì, oggi non mi pesa
particolarmente, molto
strano. Lo notano anche le mie colleghe, ma hanno il buon senso di non
dirmi
nulla, sanno che posso essere piuttosto acida quando non voglio parlare
di
qualcosa e il mio buon umore non è una cosa di cui voglio
parlare.
Durante la pausa pranzo
vado a mangiare in un ristorante giapponese in cui non si paga molto,
ogni
tanto ho nostalgia di Tokyo e questo posto è perfetto per
guarirla, un giorno
dovrò portarci Benji.
Ecco, sto di nuovo
pensando a lui e questa cosa non ha senso, cavolo!
Torno al lavoro e mi
concentro sulla traduzione, lasciando per il momento il volto del mio
nuovo
coinquilino fuori dai miei pensieri. Ho bisogno di tempo per capire
cosa sta
succedendo e ammetto di avere un po’ paura: non ho mai
permesso a nessuno di
amarmi.
Il mio terrore è che prima
o poi si stanchino del fatto che io sia una strega e mi caccino via,
lasciandomi di nuovo sola, in mezzo a una strada.
La prospettiva mi
paralizza, non so se questa volta sarei in grado di rialzarmi e tornare
a
vivere una vita normale. Sono sul filo del rasoio, se venissi rifiutata
credo
che questa volta potrei semplicemente saltare tra le braccia del Grande
Spirito
e lasciare che lui si occupi di me.
Il Grande Spirito non
spreca nulla, tutto distrugge per creare qualcosa di nuovo.
Pensieri negativi. Anche
questa non è una cosa che va bene, devo levarmeli dalla
testa, nessuno mi farà
ancora così male, non sono più la bambina
abbandonata, sono una giovane donna
con una casa e un lavoro!
Torno a casa con un gran
mal di testa, Benji vedendo la situazione ordina due pizze in modo che
non
debba cucinare io, che pensiero carino!
Questo ragazzo è davvero
un tesoro!
Ho di nuovo permesso ai
miei pensieri di focalizzarsi su di lui e non doveva succedere.
“Ti senti bene, Match?
Mi sembri strana.”
“No, non ho nulla, sono
solo stanca per il lavoro.
Ho lasciato il tuo
portfolio al tatuatore, adesso si faranno vivi loro.”
“Grazie mille, sei davvero
una brava persona. Non ho mai trovato nessuno che mi aiutasse
così.”
Io arrossisco.
“Ma dai, non esagerare!”
“Esagerare?
Trovami una sola persona
in Londra che accolga in casa un barbone di cui non sa assolutamente
nulla e
che potrebbe essere pericoloso.”
Io arrossisco ancora di
più.
“Dai, smettila con le
smancerie o ti butto fuori casa!”
Mi rifugio in cucina, seguita
dall’eco della sua risata, mi sento così fragile e
debole in sua presenza.
Ho sempre odiato sentirmi
così, ma stranamente quando mi succede con noi provo anche
una punta di
felicità, come se avessi ritrovato una persona che conoscevo
dopo tanto tempo.
Il suono del campanello mi
distoglie dai miei pensieri e corro ad aprire, ritiro le pizze e pago
il
fattorino.
“Benji, prepara la tavola
se vuoi mangiare!”
Urlo, lui esegue
immediatamente e poco dopo siamo a tavola a mangiare le nostre pizze,
sono davvero
buone.
“Come mai hai deciso di
farmi venire a vivere da te?”
Io quasi mi strozzo con il
mio boccone.
“Non lo so, forse il fatto
che anche tu sei uno sciamano e nessuno può essere peggiore
di Hao.
Dovresti essere tu ad
avere paura di me, il mio furioku è molto più
alto rispetto al tuo.”
“Anche questo è vero, ma
ho lo strano presentimento che non mi farai niente. Quanti ne hai fatto
fuori
prima di uscire dalla congrega di Hao e da quanti sensi di colpa sei
perseguitata?”
Io abbasso gli occhi, sono
perseguitata da parecchi sensi di colpa, ma purtroppo non potevo agire
diversamente o Hao mi avrebbe uccisa. Visto che alla fine mi ha uccisa
comunque
forse sarebbe stato meglio morire da eroina che da gregario.
“Un po’, ma dormo la
notte. Sono più cinica di quello che pensi, mi sono
perdonata perché ho agito
per puro spirito di sopravvivenza, il che non è proprio
indice di bontà.”
Lui non mi risponde.
“Non era facile vivere
sotto il suo comando.”
“Per la Mathilda
dell’epoca lo era, quello che diceva Hao era oro colato, non
ho mai messo in
discussione nessuna delle sue decisioni o delle sue azioni
perché mi sembravano
quelle più giuste.
Perché avere pietà per la
razza umana dopo quello che avevano fatto a me e ai miei genitori?
Solo quando sono morta ho
capito quanti valore abbia ogni singola vita.”
Lui non mi dice nulla per
un po’.
“Scusa, credo di averti
fatto rievocare momenti che per te non sono piacevoli.”
“Scuse accettate, prima o
poi dovrò parlare della mia vita da sciamana sotto il
comando di Hao.”
Lui annuisce, non del
tutto certo di aver detto o fatto la cosa giusta.
Io sorrido per
rassicurarlo, non ho vissuta una bella infanzia e nemmeno una bella
adolescenza, ma devo lasciarmi tutto alle spalle.
Hao soprattutto, adesso
voglio con tutta me stessa mettere un punto fermo oltre cui lui non si
può
spingere nella mia vita, non voglio più scopare con lui solo
perché non accetto
che le cose siano andate avanti.
Adesso capisco meglio
anche i comportamenti di Kanna e Mari e mi chiedo perché
diavolo non ho fatto
così anche io prima. Sono stata davvero una stupida a cadere
nella rete di Hao.
Una stupida che non ci
ricascherà mai più.
Dopo
cena guardiamo la tv
insieme, stiamo per andare a letto quando suona il telefono.
Sono le dieci,chi diavolo
sarà?
Rispondo io, sperando che
non sia una sorpresina dal mio passato.
“Pronto?”
“Mathilda, scusa per l’ora
tarda, sono Anneliese.”
“La segretaria del tattoo
store?”
"Sì, volevo parlarti del
portfolio che mi hai lasciato stamattina, Maxi gli ha dato
un’occhiata.”
Maxi era il piccolo
padrone del negozio. Un ragazzo mingherlino, piano di tatuaggi e con
una lunga
coda di capelli neri, dietro la sua piccola statura nascondeva un
vulcano di
energie e dietro l’aria da duro un cuore d’oro.
“Cosa ha detto?”
“Che accetta di prendere questo
Benjamin come apprendista.”
“Meraviglioso! Aspetta che
ti passo Benji così potrete mettervi
d’accordo.”
“Va bene.”
Io appoggio la cornetta al
mobile e chiamo il mio coinquilino.
“Benji, ha appena chiamato
la ragazza del tattoo store, ti deve parlare.”
Lui prende in mano la
cornetta, incerto, ma subito dopo il suo volto si apre in un sorriso
felice.
“Non si preoccupi, domani
alle nove sarò lì da lei.
Mi farò spiegare la strada
da Mathilda, grazie mille per avermi dato
un’opportunità.”
Parlano ancora un po’, poi
Benji chiude la chiamata e mi solleva da terra facendomi fare una
giravolta,
finita quella appoggio la testa nell’incavo della sua spalla.
Ha un buon odore, mi
piace.
Un po’ imbarazzato mi
appoggia di nuovo a terra.
“Grazie mille, Match,
senza di te non saprei proprio cosa fare.”
“Prego, figurati e ora
andiamo a letto.”
Ci chiudiamo ognuno nelle
propria stanza, ognuno con i suoi pensieri. I miei sono
contraddittori,da una
parte vorrei che il nostro rapporto diventasse qualcosa di
più, dall’altra ho
paura.
Chissà cosa pensa lui?
Forse che è stato molto
fortunato a trovare me sulla mia strada, sicuramente mi è
grato, ma non so come
mi consideri dal punto di vista fisico.
Una bella ragazza?
Una nella media?
Una che non si farebbe
mai?
Boh, perché mi interessa
poi?
Mi tiro la coperta sulla
testa e tento di addormentarmi, ma mi riesce difficile con tutti questi
pensieri contradditori in testa.
Alla fine cedo al sonno
stremata.
La mattina dopo vengo
svegliata da un Benji su di giri, prepara lui la colazione, mentre io
mi
trascino in bagno come uno zombie. Lui ha energie da vendere, saltella
per
tutta la casa, parla a macchinetta, sembra un bambino il giorno di
Natale.
“Benji, sembri un pupazzo
a molla, solo che devo trovare la leva per spegnerti.”
Lui ride.
“Non la troverai, non la
troverai.”
“Non so se sia un bene o
un male. Sono sicura che oggi farai bella figura con tutta questa
energia.”
Lui ride.
“Spero di sì. È la prima
volta che qualcuno mi dà fiducia per fare
qualcosa.”
Io sorrido.
“Sono sicura che te la
caverai.”
Conosco la sensazione che
si prova quando qualcuno finalmente ti dà fiducia, dopo una
vita passata ai
margini – scansata da tutti – e so che è
bellissima. Sono felice che la provi
anche il mio nuovo amico.
Ci vestiamo ed usciamo,
incrocio la padrona di casa sulle scale e la saluto, lei guarda per un
attimo
Benji poi sorride. Forse non farà problemi per il nuovo
inquilino.
Io e lui saliamo in
macchina e mentre guido gli spiego la strada da fare, lui si guarda
attorno per
memorizzare e annuisce. Lo lascio fuori dal tattoo store, lui mi
abbraccia
un’ultima volta ed
entra, in quanto a me
arrivo alla casa editrice e mi metto subito al lavoro,
c’è una montagna di
carta stamattina sulla mia scrivania.
“Ah, sarà un lunga
mattinata!”
Esclamo teatralmente prima
di mettermi a sbrogliare la matassa, con metà cervello che
si sta chiedendo
come se la sta cavando Ben.
Decido di escluderlo dalla
mia mente, so che a mezzogiorno si farà sentire,
così il lavoro fila spedito, la
montagna arriva all’altezza di una collina.
A mezzogiorno ricevo un
messaggio, il mittente è Benji.
“Ciao
Match, ti va se ci vediamo per pranzo?
Almeno
ti posso raccontare qualcosa e poi non sono molto pratico della
zona.”
Io rispondo subito.
“Va
bene, ti vengo a prendere al tattoo store a mezzogiorno e mezza circa,
spero
sia andato tutto bene, punk grande e grosso <3.”
A mezzogiorno e mezzo
entro in pausa pranzo e declino l’invito delle mie colleghe a
pranzare con
loro, salgo in macchina e trovo Benji che ciondola davanti alla vetrina
del
tattoo store.
Il suo essere così alto lo
rende poco coordinato nei movimenti e fa tenerezza, io scendo dalla
macchina e
vengo travolta dal suo abbraccio.
Lui inizia a parlare a
macchinetta e io gli appoggio un dito sulle labbra, arrossendo.
“Ehi, aspetta almeno di
arrivare in macchina.”
Gli dico allegra.
“Va bene.”
“Posso chiederti una cosa?
Come fai di cognome?”
“Wargrave, la tizia che me
l’ha dato era un’appassionate lettrice di Agatha
Christie.”
“Umh, vero! Wargrave è il
nome del giudice pazzo di “Dieci piccoli
indiani.””
Entriamo in macchina e lui
inizia a parlare, mi descrive accuratamente Maxi e Anneliese, la
segretaria. Mi
dice che è tedesca, io non lo sapevo.
Dice che lo hanno trattato
molto bene e che gli hanno fatto provare a tatuare, sono
così felice di vederlo
al settimo cielo.
Ci fermiamo in un bar poco
lontano dalla casa editrice e ordiniamo due hamburger e patatine.
“Davvero, mi hanno fatto
persino tatuare e non mi hanno fatto pesare che sono
così… strano.
Maxi, poi è davvero un
mito, un piccoletto pieno di energia, vorrei che mi tatuasse qualcosa,
ma non
so cosa.
Di solito quelli come me
si tatuano homesick sulla mano, ma io non ho nostalgia
dell’istituto.”
“Un’ancora? Un’qualcosa a
tema alieno o spaziale?”
“Non è una pessima idea.
Ci devo pensare.
Voglio diventare sempre
più bravo e un giorno aprire
un’attività mia, voglio fare qualcosa che mi renda
orgoglioso di me stesso.”
“È davvero un buon
proposito!”
Esclamo colpita.
Era da molto tempo –
escluso il caso di Anna e Yoh – che non sentivo un buon
proposito, ho sempre
vissuto tra gente che voleva conquistare il mondo o odiava
l’umanità. L’ho
odiata anche io per un certo periodo e certe volte la odio anche io, ma
molto
meno rispetto al passato.
Stare con Yoh e Anna mi ha
cambiato, prima avrei demolito l’idea di Benji, adesso lo
ascolto partecipe,
pensando che si merita tutte le cose che elenca.
Si merita di riuscire ad
aprire un suo negozio.
Si merita una vita
normale.
Si merita una ragazza.
E su quest’ultimo punto
una vocina sconosciuta mi sussurra che non sarebbe male se fossi io la
sua
ragazza. Io sorrido dentro di me, non sarebbe affatto male, ma
è ancora presto
e poi potrei non piacergli.
Do un’occhiata
all’orologio, il tempo è volato e dobbiamo tornare
tutti e due al lavoro.
“Ehi, Benji, dobbiamo
tornare a lavorare.”
“Vero. Cosa ne dici di
uscire a cena stasera?”
Io arrossisco.
“È una specie di
appuntamento.”
Lui mi guarda sorpreso.
“No, solo per festeggiare
il mio nuovo lavoro.”
“Ok, va bene. È una buona
idea.
A proposito hai mai avuto
una ragazza, Benjamin?”
“Sì, ma erano solo storie
poco serie.
Il grande amore non è
arrivato, non ancora.”
E con questa frase smette
di parlare e mi guarda intensamente negli occhi come per dirmi
qualcosa, per un
attimo esistono solo i miei occhi viola e i suoi occhi scuri.
Poi la bolla si rompe.
“Andiamo a pagare.”
Dico piuttosto scossa, che
gli interessi?
Che quello che inizio a
sentire sia ricambiato?
Non lo so, ma lo scoprirò
presto, spero. Non amo vivere nel dubbio e nell’incertezza,
è qualcosa che mi
logora dentro. L’ho già sperimentato in passato e
non voglio ripetere
l’esperienza.
In questi momenti vorrei
avere il potere di leggere nella mente delle persone come Hao, ma poi
penso a
come questo potere l’abbia reso folle e mi passa la voglia.
Se c’è qualcosa da
scoprire, lo scoprirò a tempo debito.
Riporto Benji al tattoo
store e io me ne ritorno alla casa editrice, il non essere andata a
mangiare
con i miei colleghi ha sollevato un’ondata di pettegolezzi.
Mi chiedono tutte se ho un
ragazzo, io rispondo che ho solo un coinquilino che fortunatamente
è riuscito a
trovare lavoro. A giudicare dalle occhiate che mi lanciano non mi hanno
creduto
minimamente.
Che palle!
Il mio coinquilino è
l’argomento delle chiacchiere del pomeriggio, cosa che mi
annoia parecchio, ma
che forse è normale: sono giovane e carina – credo
– e si
aspettino che io abbia un ragazzo e Benji
non sarebbe male.
Arrossisco come una
quindicenne all’idea.
Finito il mio orario di
lavoro passo a prendere Benji e andiamo a casa.
Faccio la doccia e mi
preparo, indosso una gonna a fantasia scozzese, una maglia nera e una
felpa
dello stesso colore, in onore alla festa indosso un paio di paio di
scarpe a
tacco alto.
Lui invece è sempre il
solito, jeans stretti, maglia e felpa stracciata e chiodo,
però apprezza le mie
scarpe, dice che sembro Nancy.
Andiamo a mangiare in un
piccolo ristorante italiano non molto costoso che ho scoperto un mese
dopo il
mio arrivo a Londra.
“Che posto carino hai
scelto!”
Mi sorride Benji.
“Carino e soprattutto
economico. Dai, sediamoci!”
Seguiamo la cameriera e ci
sediamo a un tavolo vicino alla finestra, ha una tovaglia a quadretti
rossi e
bianchi e dei tovaglioli bianchi.
Ordiniamo una margherita,
ma Benji sembra a disagio.
“Cosa c’è?”
Gli chiedo.
“Non ti piace il posto?”
Gli chiedo con una punta
d’ansia eccessiva.
“No, tutt’altro. È molto
bello, solo che non sono mai uscito a mangiare prima d’ora.
Ho sempre mangiato
solo all’istituto.”
“Capisco. Forse sarebbe
stato meglio festeggiare a casa.”
Lui sorride.
“Nah, non badare a quello
che dico, qui va benissimo.”
“Ok, allora come è andata
oggi?
Dai, racconta per bene.”
Lui inizia a parlare a
macchinetta, continuando il racconto iniziato oggi al bar, è
felice e si vede e
io non posso fare a meno si sorridere. Sono felice di aver fatto del
bene,
soprattutto a lui.
Ogni volta finisco per
pensare a Benji,
è come se una forza
invisibile mi spostasse verso di lui e in fondo non mi dispiace davvero
tanto.
Mangiamo e chiacchieriamo
come vecchi amici e un paio di volte le nostre mani si sfiorano per
caso e
percepisco una lieve scossa elettrica.
Oh oh.
Questa è attrazione,
Match.
Io sorrido e mi dico che
va bene, che questa attrazione è sana, non ha nulla
dell’incantesimo che mi
rendeva succube di Hao.
Usciamo dal ristorante e
passeggiamo un po’ vicino al Tamigi, guardando le luci della
città che si
riflettono nell’acqua e le chiatte che passano pigre.
Senza nemmeno accorgersene
siamo mano nella mano come due fidanzati, mi piace il contatto con la
sua mano
calda e grande, mi rassicura.
Lui non cercherà mai di
cambiarmi o trasformarmi in un burattino nelle sue mani, a lui piaccio
per come
sono.
“Ahia!”
“Che c’è?”
“Mi fanno male i piedi!
Non sono abituata a portare i tacchi!”
Lui ride e si inginocchia
davanti a me.
“Togliti le scarpe che ti
porto a spalla.”
Io divento viola, ma alla
fine faccio quello che mi dice. Salgo sulle sue spalle, avvolgo le
scarpe in un
foglio di giornale e le ficco in borsa, poi mi stringo al suo collo e
alla sua
vita.
“Si parte, madame!”
Io scoppio a ridere.
Tutti i passanti ci
guardano male, ma io sento di stare benissimo.
Erano secoli che non mi
sentivo così bene.
Credo che anche per il mio
cuore martoriato sia arrivato il tempo dell’amore.