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Autore: holls    11/11/2013    7 recensioni
Mary Sullivan è la classica ragazza perfetta: è bravissima, è bellissima e, soprattutto, è terribilmente odiosa.
Susy Carlsson è la classica ragazza normale: voti mediocri, né bella né brutta e, soprattutto, odia Mary Sullivan.
Ma cosa potrebbe accadere se le due si ritrovassero insieme per una ricerca di scienze? Mary Sullivan sarà davvero così perfetta come sembra?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Le crepe di Mary Sullivan
 
 
« Senti, non complichiamoci troppo la vita: ci dividiamo gli argomenti e ognuno per conto suo, va bene? »
Ho abbandonato Monica e Lara per un faccia a faccia con Mary Sullivan. Devo ammettere che non ci siamo mai rivolte la parola. E, infatti, è piuttosto strano parlarle.
Lei mi guarda. Poi si porta una mano alla bocca e sghignazza.
« Oh no, cara Susy, non ci penso nemmeno. Verrai da me, oggi pomeriggio, e cominceremo a lavorare. »
Alzo un sopracciglio, confusa. Ha davvero parlato al plurale? Noi cominceremo a lavorare? Io e lei? Forse aveva davvero ragione Monica, a dire che sono troppo acida?
Dopo un primo momento di stupore, annuisco sorpresa.
« Va bene. Ci vediamo a casa tua, allora. Vengo verso le quattro, d’accordo? »
« Sì, perfetto. A dopo! »
Mary Sullivan si porta nuovamente una mano alla bocca, sghignazza ancora e poi cammina fitta fitta con le sue amiche. Non mi piace quella risata, neanche un po’. Ma devo smetterla di essere malfidata, giusto? Io e Mary Sullivan collaboreremo e, visto che è così brava, termineremo in fretta.
O almeno spero.
 
Torno dalle mie amiche, che mi guardano in attesa di una risposta. Decido di tranquillizzarle.
« Non preoccupatevi, è andato tutto bene. Oggi pomeriggio cominceremo a lavorare. »
Monica e Lara si scambiano uno sguardo sorpreso. Non saprei dire se sia a causa dell’incontro o del fatto che abbia messo “io” e “lavorare” nella stessa frase per la prima volta.
Esatto, ho intenzione di darmi da fare. Cerco forse di dimostrare a me stessa che non sono così inutile? Chissà. Intanto mostrerò a Mary Sullivan cosa significhi darsi da fare e ottenere la gloria con il sudore della propria fronte.
Lo so, lo so: non sono la massima esperta in materia. Ma, sicuramente, sono meglio di Mary Sullivan.
 
***
 
Fisso il videocitofono della villa, che altri non è che la casa di Mary Sullivan. Una voce maschile chiede chi è.
« Sono Susy Carlsson, una compagna di Mary Sullivan. Sono qui per il progetto di scienze. »
Aspetto una risposta, invano, mentre il cancello comincia ad aprirsi. Ripenso con un sorriso ai miei pomeriggi a casa di Monica o Lara, dove, una volta suonato il campanello, sono sempre lì sulla soglia ad aspettarmi festose. Qui, forse, l’unico che mi degna di uno sguardo è il giardiniere. Sollevo la mano in qualcosa che somiglia a un saluto, per poi bloccarmi a mezz’aria quando noto che si gira, senza neanche farmi finire.
Maleducato.
Dev’essere questa casa che ti riduce così. Motivo per quale spero di starci il meno possibile.
Percorro il vialetto di ciottoli, circondato da un meraviglioso – devo ammetterlo – prato di siepi e aiuole di rose, fino a giungere davanti al portone. Sollevo lo sguardo e noto l’influenza corinzia sull’architetto, ma riesco a constatare che la vernice è troppo bianca perché l’effetto antichità funzioni. Sorrido, soddisfatta per essere riuscita a trovare un difetto in una qualsiasi cosa che riguardi Mary Sullivan.
Spingo il pulsante del campanello, ma per fortuna, stavolta, la risposta non tarda ad arrivare: mi apre una donna in livrea, probabilmente una domestica, che mi fa entrare e mi conduce verso il salotto.
Rimango lì, sola, a contemplare la stanza e i suoi numerosi soprammobili. Sembra tutto talmente antico e prezioso, che anche il solo sedermi sul divano mi provoca un’ansia pazzesca. Mi spingo così in avanti, rimanendo seduta sul divano quasi per miracolo.
Continuo ad aspettare, con la schiena dritta e le mani sulle ginocchia, in attesa che arrivi Mary Sullivan. Mi volto verso destra, e noto, accanto al divano, un piccolo tavolino intarsiato. Ha sottili e sinuose gambe di ferro e un piano d’appoggio in porcellana decorato con motivi floreali. Mi pare d’intravedere, sul tavolino, una specie di rilievo.
Lo ammetto, sono curiosa di toccarlo. Sarà un effetto ottico o è davvero rialzato?
In barba a tutte le raccomandazioni che potrei farmi, tra cui quella di non toccare niente, mi sporgo verso il curioso tavolino. Allungo una mano verso il bozzolo rialzato, a cui arrivo a malapena. Ancora un piccolo sforzo e ci sono!
Stiro un po’ il braccio per arrivare verso il mio obiettivo, ma-
Ahia!
Lo sapevo! Lo sapevo che non dovevo sedermi in quel modo! Stupida Susy, era palese che saresti caduta, no?
Mi volto verso il prezioso tavolino: è ancora integro. Per fortuna non ho avuto la bella idea di arregermici!
Dietro di me, sento una risata fin troppo conosciuta. Il ghigno di Mary Sullivan è davvero qualcosa di inconfondibile.
Mi alzo e mi ricompongo in fretta e furia, stirando i pantaloni con le mani.
« Che ci facevi lì in terra, Susy? »
Mary Sullivan continua a ridere. Se ci fosse una corda, in questa stanza, penso proprio che l’avrei già afferrata per strozzare quella gallina coccodè. Non devo darle spago, no. Alto profilo, Susy. Rispondi seriamente.
« Sono venuta per il progetto. »
Mary Sullivan ride ancora.
« Volevi scrivere sul tappeto? »
E ride, ride, ride. La odio, la odio!
In questo momento, vorrei tanto essere la protagonista di quei film per bambini, dove, tirando una fune, si innescano tutta una serie di trappole che si concludono con la caduta, in testa alla cattiva di turno, di un secchio di vernice. O d’acqua. O di qualsiasi cosa.
Basta far tacere quella gallinella!
Ma io sono solo Susy, la povera, piccola Susy che non ha alcun potere, né trappola da innescare. Posso solo aspettare che Mary Sullivan smetta di ridere.
E, finalmente, si zittisce. Esce dalla stanza e io, quatta quatta, la seguo.
Arriviamo in una grande sala, che forse catalogherei come sala da pranzo, occupata in gran parte da un lungo tavolo. Sopra di esso, ci sono già una pila di libri.
« Su, siediti. Non ti morde mica. »
Il mio respiro si gonfia, ma devo stare calma. Certo che non mi mangia, stupida oca, si chiama educazione! Oh, quanto vorrei risponderle a tono! Ma la ricerca ha la priorità, così come il ridurre al massimo la mia permanenza in questa casa.
Prendo posto a capotavola, vicino alla pila di libri, e aspetto che Mary Sullivan faccia lo stesso.
Solo che, come dire, non lo fa.
« Buona ricerca, Susy. A dopo! »
Rimango a bocca aperta, mentre la vedo allontanarsi sventolando la mano.
Sono allibita. Esterrefatta. Incredula!
E io che avevo provato a darle fiducia! Avevo ragione a essere acida nei suoi confronti! È una gallina, stupida, oca… ah, basta! Meglio non dire altro!
Ma se pensa che mi lascerò mettere i piedi in testa così, si sbaglia di grosso. Sarà dura, ma farò la ricerca per conto mio. Figuriamoci se voglio avere ancora qualcosa a che fare con quella.
Mi alzo, indispettita, e percorro all’indietro il percorso dell’andata. Ma, mentre procedo, degli strani rumori mi costringono a fermarmi.
Mi sporgo appena, aggrappata allo stipite della porta, e subito mi ritraggo, imbarazzata.
Sento le mie guance avvampare e un enorme senso di imbarazzo impossessarsi di me.
Ho appena beccato i genitori di Mary a limonare!
Che figuraccia! Certo che, anche loro, potrebbero essere più discreti, no? Dico, almeno chiudere la porta?
Aspetto ancora qualche secondo, ma i gemiti continuano.
Che sollievo! Non si sono accorti di me.
Senza farmi vedere, supero la porta dell’imbarazzo e raggiungo l’uscita.
L’ultimo episodio mi ha talmente segnata che ho quasi dimenticato la rabbia verso Mary Sullivan- l’approfittatrice.
Perché ci ho ripensato? I miei istinti di vendetta si sono risvegliati.
Me la pagherai, Mary Sullivan, questo è certo!
 
Esco da quella villa anonima, percorro nuovamente il selciato finché non scorgo una figura davanti a me. Si tratta di una giovane donna, alta, molto bella, dai lunghi capelli lucenti. Quasi come quelli di Mary Sullivan.
Non appena mi passa accanto, la donna mi sorride.
« Ciao! Sei un’amica di Mary? »
Dovrei sorridere, lo so, ma non ci riesco. Rimango con la mia espressione incupita.
« Sono una sua compagna di classe. Ero venuta qui per fare la ricerca, ma Mary Sullivan ha pensato bene di scaricare tutto sulle mie spalle. Me ne sto andando! »
Subito dopo aver finito, imploro il cielo di tagliarmi la lingua. Come mi è saltato per la testa di importunare così una sconosciuta?
La donna abbassa la testa e sorride appena, tornando poi a guardarmi.
« Devi perdonare mia figlia. A volte si comporta così, ma non è cattiva. »
Sono sicura che la donna, dopo “mia figlia”, abbia detto qualcos’altro. Cosa, non so. Perché mi imbambolo e spalanco gli occhi di fronte a quelle due paroline.
Ha detto davvero “mia figlia”?
Questa sarebbe la madre di Mary Sullivan?
E allora, la donna che ho visto prima, chi diavolo era? Possibile che il padre di Mary…?
« Devo andare, signora. È stato un piacere. »
Detto ciò, fuggo via.
 
Ho sempre pensato che Mary Sullivan fosse perfetta. Chi, in città, non conosce il dottor Sullivan? Credo che sia, praticamente, il primario più bravo del suo reparto. E tutti sanno quanto sia felice con la moglie, la signora Sullivan, che spesso rimane nell’ombra, ma che è descritta come moglie devota e affettuosa.
Ho davvero sempre pensato che la famiglia di Mary Sullivan non potesse essere che perfetta. Ho sempre immaginato la sua famiglia intorno a un tavolo, che fa colazione con gioia e affezione. “Mi passi il pane, cara?” “Ma certo, tesoro, prendi”.
Però, forse, quella famiglia non è così perfetta come vuole apparire.
Devo parlarne con Monica e Lara, subito.
Chissà se loro ne sanno di più?

 

Salve a tutti! Eccoci arrivati al secondo capitolo. Susy ha scoperto proprio una brutta verità... Chissà se Mary ne è a conoscenza? Che conseguenze avrà questa scoperta?
Lo scoprirete presto!
Alla prossima e grazie a tutti coloro che hanno commentato e messo la storia tra le seguite ^^
   
 
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