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Autore: AnnaHazza    12/11/2013    5 recensioni
L’amore è qualcosa che attendiamo.
Ci immaginiamo il nostro primo bacio e addirittura la nostra prima volta.
Ma certo non immaginiamo la prima volta che ci si spezza il cuore, forse perché, anche il solo immaginarlo, fa troppo male.
Però, in qualche modo, il dolore per amore è quello che ci cambia davvero..
Buona lettura!
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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-CAPITOLO 2-
 
 
Jamie e Zayn erano riusciti ad arrivare a scuola alla terza ora.
Lui l’aveva accompagnata a casa, dove aveva recuperato una maglia e un paio di jeans a vita bassa, che aveva indossato durante il tragitto in macchina.
Entrambi i suoi genitori erano al lavoro, tirò un sospiro di sollievo.
Nell’auto regnava il silenzio, entrambi consapevoli dell’enorme disagio che si erano procurati a vicenda.
I rossi capelli della ragazza furono racchiusi in una treccia che appoggiò delicatamente sulla spalla destra.
Le mani di Zayn si muovevano agili sul volante e Jamie rabbrividiva di piacere al solo pensiero che lui la toccasse di nuovo.
Anni prima erano già finiti a letto insieme e lei ricordava ogni singolo momento, costatando che le prestazioni sessuali del ragazzo erano notevolmente migliorate.
“La scuola uccide, è inutile” prese parola Zayn appena ebbero parcheggiato l’auto davanti alla scuola.
La ragazza annuì abbassando lo sguardo, forse troppo innamorata per continuare ad illudersi.
“Entra prima tu, io arrivo più tardi” commentò osservando il cellulare “faremo finta che il nostro ritardo sia del tutto casuale”.
Aveva versato lacrime, litri di esse, provato dolori assordanti che lentamente le avevano lacerato il cuore, creduto in sogni d’amore e finendo nella delusione, si era fidata di chi non poteva nemmeno degnarsi della sua fiducia e poi aveva imparato a crescere e apprendere che non poteva meritarsi la felicità, finendo così a soffrire per scelta.
“Consideralo come un addio” sospirò prendendo fra le mani il volto di Zayn e lasciandogli un dolce bacio a stampo, da anni desiderava un gesto d’amore sincero e spontaneo come quello.
Camminava verso la presidenza cercando di dimenticarlo, come lui aveva fatto con lei svariate volte.
 
Ultima ora del primo giorno di scuola.
Charlotte era ancora psicologicamente sconvolta dalla lezione di tedesco mentre osservava il paesaggio fuori dalla finestra.
Se non fosse stata per l’insistenza di sua madre, certamente avrebbe già abbandonato la scuola.
Le foglie avevano assunto un colore variante dal giallo al marrone e un forte vento le stava trasportando lontano dai propri rami.
I suoi occhi verdi si spostarono dalle altalene, dove delle bambine stavano giocando sotto gli occhi vigili delle madri, fino a un gruppo di ragazzi sdraiati sul prato a prendere del sole.
Le mancava sua madre, dall’odore di fumo che le impregnava i vestiti, al suono sereno della voce.
Alcune sere piangeva in silenzio, cercando di non farsi sentire dalla sorella minore, che non aveva ancora accettato la morte.
Faticava ad avere un rapporto con suo padre, lui era sempre stato in viaggio per lavoro e la sua assenza aveva aumentato il legame tra la madre e le figlie.
Appena la campanella suonò, Charlotte sistemò malamente i libri nella cartella e si avviò verso il parcheggio.
Gwyneth era in punizione e doveva assicurarsi che tornasse a casa, così lei non aveva nemmeno la possibilità di rivedere i suoi amici.
“Finalmente, ti davo per dispersa” disse Gwyneth alzando gli occhi al cielo “ancora un po’ e chiamavo la polizia per denunciare la tua scomparsa”.
“Che cosa stai fumando?” commentò dura Charlotte.
“E’ uno spinello” rise schiacciandolo sull’asfalto con le proprie scarpe “nemmeno sai come si chiama questa roba”.
Charlotte era davvero confusa dal comportamento di sua sorella, non portava rispetto più a nessuno, nemmeno a se stessa.
“Sei una vergogna” commentò tirandole involontariamente uno schiaffo sul viso.
“Non sei la mamma” urlò scoppiando a piangere “non puoi comportarti come lei”.
Si dice che il tempo curi tutte le ferite ma nonostante siano passati degli anni, quelle delle sorelle Medway, non hanno mai smesso di fare male.
 
Niall continuava a masticare nervoso la cicca mentre guidava.
Possibile che tutti i semafori fossero rossi?
“Non arriveremo più a casa” sbuffò la fidanzata appoggiando i piedi sul cruscotto.
“Mose” la rimproverò indicandole i suoi stivali “siediti bene, dai”.
“No, grazie”.
“La mia non era una domanda, bensì un ordine” urlò picchiando la mano contro il volante, suonando così il clacson.
Gli sguardi dei ragazzi rimasero fissi l’uno nell’altro, nonostante il semaforo diventò verde.
“Non ti sopporto più” disse Mose slacciandosi la cintura e uscendo velocemente dalla macchina.
Niall mise la freccia a destra, parcheggiò l’auto con le quattro frecce vicino al marciapiede e scese correndo verso Mose.
“Aspetta” urlò lui cercando di riprendere fiato.
“Io non lo so” sbuffò lei girandosi “in questo periodo non facciamo altro che litigare e fare pace, diamo un significato a questa storia?”.
Gli occhi della ragazza erano infuocati dal turbamento e dall’indecisione, finché il pianto ebbe la meglio.
Il corpo di Niall ricoprì il suo con un forte abbraccio, avevano bisogno di dimostrarsi entrambi affetto.
“Insieme possiamo affrontare qualsiasi cosa” le sussurrò lui lasciandole un delicato bacio sui capelli “stiamo insieme da anni ormai”.
Mose sorrise rincuorata da quelle parole, ma sarebbero davvero bastate?
I ragazzi rientrarono in macchina e Mose accese la radio, canticchiando qualche canzone insieme al fidanzato.
“Mi dispiace” esordì lei appoggiando una mano sulla sua.
“Non è successo niente” sorrise lui alzando lo sguardo.
“Invece no, questa volta è colpa mia ed è giusto che mi assuma le mie responsabilità” sussurrò mordendosi il labbro.
“Posso baciarti?” domandò lui curvando leggermente la testa verso sinistra.
Mose annuì aprendo leggermente la bocca, in modo che le loro lingue si scontrassero.
“Adesso andiamo a casa, facciamo del tè e ci mettiamo sotto le coperte a guardare un film” sorrise lui accarezzandole una guancia.
I loro occhi si guardarono desiderosi mentre i battiti aumentavano, secondo dopo secondo.
 
Quel pomeriggio, appena fuori da scuola, Liam non aveva visto la sua migliore amica.
Gli mancava passare la mano attraverso quei capelli rossi e perdersi nelle sue iridi azzurre.
Forse era innamorato di Jamie ma non ne era certo, un senso di confusione lo invadeva tutte le volte che solo si accennava il nome di lei.
 “Ho promesso a Harry che oggi gli avrei dato ripetizioni di algebra” tentennò Donna entrando in casa.
Liam, che stava leggendo un libro sul divano, alzò lo sguardo verso la sorella e scoppiò a ridere.
“Tu hai diciotto anni, quel ragazzo diciannove” disse scuotendo la testa.
“Quindi?” domandò Donna.
“Se questa è una scusa per uscire da casa e farci sesso, con me non funziona” rispose severo Liam.
Liam non era un fratello geloso o protettivo nei confronti della sorella ma semplicemente, non gli piaceva quel ragazzo.
Aveva qualcosa di strano nello sguardo, una sorta di nuvola di mistero che lo avvolgeva.
Conosceva bene i ragazzi come lui, pieni di tatuaggi lungo tutto il corpo, fiducia in se stessi e ragazze che sfruttavano a loro piacimento.
Un esempio lampante era quella cima di Zayn Malik, che perennemente ubriaco non si ricordava nemmeno il suo nome, non lo sopportava proprio.
Donna non rispose e corse in camera a piangere, quel giorno sparì la sua opportunità di perdere la verginità.
 
I Tomlinson avevano appena comprato una casa, in un quartiere letteralmente più accogliente rispetto a dove avevano vissuto finora.
I vicini di casa erano già tutti appena fuori dalle porte o nascosti dietro alle tende, a scrutare i nuovi arrivati.
Il figlio maggiore trasportava un susseguirsi di scatoloni fuori e dentro casa mentre le gemelle correvano felici nella nuova casa.
“Attente” sbuffò Louis salendo le scale, era di pessimo umore quel giorno.
Riusciva a capire che i loro genitori avessero divorziato ma ciò che non sopportava era aver dovuto cambiare città.
Sua madre ripeteva che Londra, la capitale, gli avrebbe offerto sicuramente più opportunità rispetto a Doncaster ma lui, ormai non la stava più ad ascoltare.
Aveva dovuto abbandonare la scuola di recitazione che aveva appena iniziato a frequentare, gli amici più stretti e i suoi parenti paterni.
Era già stato difficile un paio d’anni prima decidere di cambiare il suo cognome, per dimenticarsi del suo vero padre, che proprio non ci voleva un altro divorzio.
Daisy e Phoebe erano così piccole e innocenti che non aveva nemmeno il coraggio di spiegar loro il motivo per cui il padre non viveva più con loro, di certo non avrebbero capito.
Molto probabilmente odiava sua madre in quel preciso istante ma di certo non sapeva cosa gli avrebbe riservato il futuro.
Osservò un po’ le stanze e decise di accaparrarsi quella migliore, quella con la vista sul parco appena davanti casa.
“Noto che hai già scelto” sorrise la madre passandogli una mano sulla spalla.
Louis annuì scocciato.
Johannah avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che era stata costretta a cambiare città ma sicuramente, suo figlio non la avrebbe capita.
 
Lo sguardo di Zayn era assonnato e fisso verso l’orologio.
Per colpa del ritardo della mattina, lui e Jamie si trovavano a condividere l’aula di detenzione.
Era passata mezz’ora e Zayn già era in panico.
Il silenzio regnava nell’aula mentre il professore di biologia era in piedi vicino alla libreria e sfogliava, leccandosi il dito indice, i libri scolastici.
“Professore, una chiamata urgente per lei” disse la bidella non badando agli alunni.
“Mi raccomando, massimo silenzio fino al mio ritorno” urlò quest’ultimo uscendo dalla classe.
Zayn alzò le spalle e si sistemò meglio sul banco, da lì a qualche minuto si sarebbe addormentato giacché da parte sua non c’era nemmeno il minimo interessa nel colloquiare con Jamie.  
Alzò la testa e si mise a osservarla, la sua pelle chiara era in forte contrasto con il color rosso dei capelli, le sue labbra erano sottili e contornate da un roseo lucidalabbra mentre le sue mani scorrevano lente sul cellulare.
“Mi spieghi perché mi stai fissando?” tentennò lei palesemente confusa.
“Sei l’unica persona che ci sia in questa classe oltre a me” disse lui volgendo lo sguardo dall’altro lato.
Solo la figura di Jamie lo disturbava, ciò che era successo la sera precedente e il bacio avvenuto la mattina stessa, lo mandavano letteralmente in confusione.
“Mose ieri sera non mi sembrava divertirsi molto, forse dovrebbe lasciarsi a nuove esperienze” bisbigliò lui mordendosi le unghie delle dita “insomma, tu cosa ne pensi?”.
“Se intendi che debba rompere la relazione con Niall sono contraria” sospirò lei spostando la matita da un dito all’altro “sappiamo entrambi com’è tua sorella caratterialmente, distaccata”.
Zayn annuì sorridente, Mose era fatta così, totalmente il suo opposto.
“Secondo te ci sono più cicche sotto i banchi o sotto la cattedra?” domandò distratto con un tono da bambino.
“Contando che la maggior parte sono di Charlotte, direi proprio sotto i banchi” disse lei cercando di sorridere.  
La campanella suonò stridula nelle orecchie dei giovani quando il ragazzo si alzò velocemente, prese la cartella e corse verso i corridoi.
“Ci vediamo Evans” le fece l’occhiolino per poi scomparire dalla vista di Jamie.
La notte precedente faceva solo parte di un passato da eliminare, un po’ come Creusa per Enea.
   
 
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