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Autore: AnnaHazza    03/11/2013    5 recensioni
L’amore è qualcosa che attendiamo.
Ci immaginiamo il nostro primo bacio e addirittura la nostra prima volta.
Ma certo non immaginiamo la prima volta che ci si spezza il cuore, forse perché, anche il solo immaginarlo, fa troppo male.
Però, in qualche modo, il dolore per amore è quello che ci cambia davvero..
Buona lettura!
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
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-CAPITOLO 1-
 
 
Jamie teneva lo sguardo fisso verso la mascella del ragazzo sdraiato nel letto, di fianco a lei.
C’è un momento della mattina, proprio appena ti svegli, in cui non ricordi nulla, come se la tua mente fosse una lavagna completamente nera.
Quando inizi a pensare a chi sei e ciò che hai voluto dimenticare durante la notte, il vuoto felice che c’era prima scompare e il mondo ti crolla addosso.
I suoi occhi azzurri si riempirono di lacrime finché alcune gocce salate bagnarono il cuscino.
“Zayn” sussurrò al suo orecchio evitando di toccarlo, le sue mani tremavano ancora.
Il ragazzo si rigirò nel letto mugolando.
Disperata nel tentativo di svegliarlo si mise le mani sul viso e cominciò a respirare, cercando di mantenere la calma.
Quando ebbe finalmente il modo di osservare la stanza si rese conto che era nell’appartamento di Zayn.
Cercò di alzarsi dal letto e raggiungere il bagno ma l’emicrania le impediva di stare in equilibrio anche solo per un paio di minuti.
Lo specchio le mostrava una Jamie diversa, piena di lividi di piacere lungo il collo e una pettinatura scompigliata, come mai prima.
Scoppiò a piangere tentando di ricordare la serata precedente mentre con l’acqua corrente del lavandino cercava di lavarsi il trucco secco dal viso.
Come? Quando? Dove? ..e soprattutto Perché?, queste erano tutte le domande alle quali cercava di rispondere ma il suo cervello non voleva darle delle spiegazioni.
Abbassò lo sguardo verso il cellulare notando l’ora, la scuola era appena cominciata e lei avrebbe dovuto trovare una scusa plausibile con i suoi genitori.
Spalancò la porta quando una mano le bloccò la bocca, si agitò cercando di girarsi ma la presa non fu allentata, così morse.
“Fanculo” urlò Zayn agitando la mano e soffiandoci sopra.
“Cosa cazzo stavi facendo?” strillò lei esasperata.
“Pensavo fossi un ladro”, rise lui.
Il ragazzo avrebbe potuto porle parecchie domande riguardanti la sua visita, magari era venuta a trovare sua sorella ma i suoi vestiti lo fecero insospettire.
“Non so come sia successo” iniziò a singhiozzare la rossa buttandosi sulla moquette.
“Scusa” disse Zayn sedendosi per abbracciarla “non era mia intenzione spaventarti”.
La ragazza alzò lo sguardo incredula, lui non aveva capito il vero motivo del suo pianto.
Jamie apprese una cosa fondamentale in quel breve spazio di tempo, le donne sono e resteranno superiori agli uomini.
“Guardami Zayn” urlò lei agitandosi “ieri sera abbiamo fatto sesso”.
Lo sguardo del ragazzo si spostò agitato verso il letto e poi subito sulla ragazza davanti a lui, coperta da una sua maglia e un paio di boxer.
“Merda” bisbigliò lui alzandosi di scatto “qualcuno ci ha visto?”.
“Non lo so” continuò a piangere sfregandosi le mani sugli occhi “il mio ultimo ricordo risale a ieri pomeriggio”.
Zayn corse verso il bagno, notando tutti i segni delle unghie impresse sulla schiena.
“Jamie” sussurrò sedendosi di fianco a lei “dimmi che non eri vergine”.
“Ma che razza di domande fai?” commentò lei voltando lo sguardo dell’altra parte.
“Ringrazio il cielo” sospirò lui sdraiandosi sul pavimento.
Jamie continuò a piangere, la parte peggiore era accettare di aver perso la verginità con Zayn Malik due anni prima e che, per la seconda volta, lui non ricordasse ancora.
Nel rimorso di quella bugia si alzò e iniziò a cercare i propri vestiti, fra i due ragazzi si era creato un clima di distacco e silenzio.
“Penso tua sorella non sappia nulla” disse lei soffiandosi il naso.
“Speriamo” disse lui infilandosi le mani fra i capelli.
Fu proprio in quell’istante che il cuore di Jamie si spezzò in tanti pezzi di vetro taglienti, quella sarebbe stata la frase più dura di tutta la sua vita. 
“Facciamo finta che non sia successo nulla” disse lui avanzando verso di lei.
“In realtà, non lo so..” balbettò lei cercando di non far uscire altre inutili lacrime.
“Ascoltami Jamie” commentò lui bloccandole le mani “se qualcuno venisse a scoprire tutto questo rovineremmo le nostre amicizie”.
Le parole di Zayn nascondevano una piccola a dura verità che non riusciva a sopportare.
“Promesso?” disse lui porgendole la mano.
“Promesso”, deglutì lei saldando amaramente la stretta.
 
I biondi capelli di Charlotte occupavano tutto il cuscino.
La sua bocca era semi aperta, le mani poste vicino al viso e il corpo tutto raggomitolato, i mesi freddi si stavano avvicinando.
Piano si alzò da letto, maledicendo ancora la sveglia, che per qualche strano motivo, era suonata un quarto d’ora prima.
Indossò un paio di calde pantofole, tenendo lo sguardo fisso verso il muro e scese fino al piano inferiore.
“Buongiorno” disse suo padre passandole una mano sul viso.
Con le mani sotto il mento, pronte a sostenere la nuca, osservava il cesto di frutta posto al centro del tavolo.
“A che ora devi andare a scuola?” domandò il padre preparandosi del caffè.
“Finisco la colazione e scappo” rispose lei afferrando una banana.
Continuò a masticare osservando le lancette dell’orologio spostarsi ogni secondo finché il suono di alcuni passi invase la cucina, facendo voltare il viso dei presenti in quella direzione.
“Che cos’è successo?” quasi sussurrò il padre alla figlia minore, senza ricevere risposta.
“Sarebbe educato se rispondessi”, sbuffò fortemente Charlotte.
Gwyneth era una ragazza piuttosto solitaria e scontrosa che faceva fatica a rapportarsi con qualsiasi altro essere umano, sua sorella compresa.
“Questi abiti esprimono il mio essere interiore” commentò scocciata “ma voi non potete capirmi”.
Charlotte osservava ancora attonita la sorella, in breve periodo si era trasformata da bambina innocente a ragazza ribelle, indossava un paio di jeans strappati, una maglietta nera attillata e un trucco pesante dello stesso colore.
“Mettiti qualcosa di più adatto all’ambito scolastico” le ordinò suo padre “dopo tua sorella ti accompagnerà a scuola”.
“Cosa?” strillò Charlotte alzandosi di scatto.
Forse sgattaiolare fuori dalla porta d’ingresso e scappare verso la scuola sarebbe stata la scelta migliore ma aveva promesso a sua madre che si sarebbe presa cura della famiglia dopo la sua morte.
“Cerco di fare il possibile per voi, ragazze” commentò suo padre sedendosi vicino a lei.
“Sei un ottimo papà” disse lei lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Allora perché non riesco a imporre delle regole a Gwyneth?” domandò fissando la figlia nei verdi occhi.
Avrebbe passato ore, forse giorni e addirittura mesi a guardarla, era bella quanto la madre.
“Sta attraversando una fase” disse sforzando un sorriso “la morte della mamma è ancora difficile da accettare, lasciale del tempo”.
In un periodo di smarrimento indossava spesso le sue scarpe di sua madre, nonostante lei avesse due numeri in più, era solo un modo per ripensarla ancora in vita.
“Quanto ci vorrà?” sospirò passandosi le mani fra i capelli.
“Nessuno può saperlo” continuò lei facendo incastrare le loro mani, quel semplice gesto era ancora estraneo per entrambi.
Sua sorella scese velocemente le scale, saltando dal penultimo gradino.
“Andiamo?” urlò avviandosi verso la macchina di Charlotte.
 
Mose raccolse i lunghi capelli color pece in una coda mentre avanzava a piedi nudi, verso la cucina.
Affamata, fece una smorfia di disgusto quando trovò solamente qualche birra nel frigorifero.
Ancora non conosceva abbastanza bene quell’appartamento da ricordare i tasti delle luci e ogni tanto faceva qualche disastro accendendo le lampadine sbagliate.
La luce rosea dell’alba entrava della finestra mentre sdraiata sul divano controllava il cellulare in cerca di chiamate da parte del fratello.
Zayn e Mose condividevano lo stesso appartamento per volere dei genitori, erano imprenditori di successo e viaggiavano per il mondo, portando con loro le sorelle minori.
Alzando lo sguardo verso la televisione, quantità di bicchieri erano appoggiati su di essa e un acre odore d’alcool riempiva la stanza.
Le finestre erano appannate dal caldo della sera precedente, i mobili non solo erano sparpagliati ma anche sporchi di macchie indecifrabili.
Sbuffò cercando di pulire un po’, Niall aveva voluto festeggiare il compleanno nel suo appartamento, nonostante lei gli avesse ripetuto di come ciò fosse inappropriato.
Mose si sentiva un po’ sola in quel periodo, forse addirittura non compresa dal suo fidanzato.
I loro amici erano arrivati appena dopo l’ora di cena ma ciò che nessuno sapeva era che sarebbero arrivati anche amici di amici.
Gli alcolici padroneggiavano in tutte le stanze, la musica risuonava alta fra l’intero condominio e Mose era sdraiata sul letto matrimoniale, intenta a ripassare per il test d’ingresso di greco.
Per volere di Niall forse, Charlotte e Jamie erano andate a farle visita, invitandola a festeggiare il compleanno del fidanzato.
Le sue migliori amiche indossavano degli abiti stretti e corti, appena sopra il ginocchio mentre lei aveva dei pantaloncini di jeans e una felpa, rifiutò l’invito sentendosi parecchio in disagio.
Nonostante quel gesto potesse sembrare quasi egoistico, Niall ben sapeva gestite il carattere particolare della sua ragazza.
Quando lei oltrepassò la porta della camera per dirigersi verso il bagno, il fidanzato la afferrò per i fianchi e caricandosela in spalla, la portò con lui al centro della pista da ballo.
Rise cercando di agitare un po’ il bacino, non era mai stata brava a ballare o semplicemente, a interagire con gli altri.
Le loro labbra s’incontrarono, restando salde per alcuni minuti mentre le sue mani si bloccarono appena sopra i glutei di Mose.
“Rimani da me a dormire” le aveva sussurrato facendola arrossire.
“Ti ricordo che vivo con Zayn” disse lei, pulendogli il residuo di lucidalabbra che gli aveva lasciato sul volto.
“Sarà talmente ubriaco che non riuscirà nemmeno a svegliarsi domani mattina” rispose prima si esser zittito da un altro bacio, segno di conferma.
Certo suo fratello non poteva rimanere dell’idea che Mose fosse vergine dopo tre anni di fidanzamento.
Il sangue gocciolò sulla moquette quando Mose ritornò nel presente, abbandonando i suoi pensieri, si era tagliata il dito indice della mano destra con una lattina di birra.
Niall intanto, si risvegliò sdraiato per terra a faccia in giu. Come diamine c’era finito lì?
L’unica cosa che riusciva a vedere era la montagna di vestiti che nascondeva sotto il letto tutte le volte che Mose o sua madre lo venivano a trovare, odiava esser rimproverato per il proprio disordine.
Riuscì a fatica ad alzarsi mentre tutti i suoi muscoli erano indolenziti e lo stomaco ancora un po’ in subbuglio.
A petto nudo barcollò verso la cucina, quando vide uscire la fidanzata dal bagno.
“Buon risveglio” sorrise Mose stampandogli un veloce bacio.
“Ciao” sbadigliò lui soffermandosi a contemplarla.
Impazziva per i suoi occhi color nocciola, per i capelli neri che raccoglieva per la maggior parte delle volte e per quel corpo, sembrava una pantera.
Dopo anni di fidanzamento entrambi conoscevano pregi e difetti dell’altro, o almeno così pensava Niall.
Mose coprì il dito con un po’ di carta che pian piano iniziò a colorarsi di rosso.
“Cos’hai fatto?” si allarmò lui andandole incontro “devo portarti al pronto soccorso?”.
“E’ solo un taglio” disse lei quasi arrabbiandosi “non fare il papà apprensivo”.
I litigi avvenivano spesso per questioni di poco conto e per la maggior parte dei casi era Niall iniziare, aveva un forte ‘senso di protezione’ nei confronti di Mose.
“La prossima volta ti lascio morire” controbatté lui andando a vestirsi.
“Cresci una buona volta, Niall” ringhiò esasperata, lasciando libero sfogo a un urlo.
La giornata era già iniziata nel migliore dei modi.
 
   
 
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