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Autore: Aleida Black    12/11/2013    4 recensioni
Lo stregone più potente di tutti i tempi è tornato, e con lui le risse per i corridoi di Hogwarts.
Dal 4° capitolo:
"Il fatto che Merlin l’avesse risvegliata poteva significare solo che un antico male stava per tornare. E questo non è bene, perché più un male è vecchio più ha avuto tempo per prepararsi."
HP. Ambientato 8 anni dopo la Seconda Guerra Magica, non tiene conto dell'epilogo.
Merlin!Reincarnation, Slash Merthur (prevalentemente)
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aithusa, Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Ciao a tutti! Vi chiedo scusa per il ritardo, ma tra il compleanno della mia beta (tanti auguri!) e problemi vari lavorativi non ho potuto rispettare la scadenza.
Da questo capitolo in poi potrò postare il capitolo una volta ogni due settimane. Scusate ancora.

Aleida



Dolore, un dolore insopportabile.

 

Dove sono? Merlino, sei tu? Siamo a Camelot?

Perché la mia mente parla in terza persona?

Merlino, dove siamo?

… una voce femminile? La mia mente non ha mai avuto una voce femminile.

Non sono la tua mente, stregone. Cos’è questo dolore?

… sono posseduto?

Non sei posseduto, ma dove siamo?

 

Altre fitte gli colpirono la testa. O per lo meno pensava fosse la testa, ma non ne era proprio sicuro. L’oscurità lo confondeva.

Lentamente si mosse, per capire dove fossero i suoi arti.

«Si sta svegliando».

 

Merlino, mi senti?

 

«Merlin, amico, ci hai fatto preoccupare».

 

Merlino?

 

«Gwen, almeno prenditi un fazzoletto».

 

Dove siamo?

 

«Ecco tieni, smettila di singhiozzare.»

«Largo, fate largo!».

 

Merlino?

 

La voce nella sua testa sembrava preoccupata e questo fatto preoccupava Merlin a sua volta.

Non ricordava, la personalità multipla si chiamava psicosi o nevrosi?

Psicosi.

Come non detto.

 

«Ti ho dato un fazzoletto, Gwen, perché usi ancora il mio mantello?».

«Merlin, apri gli occhi.»

Il ragazzo obbedì all’ordine di Gaius e la luce lo accecò. La fitta agli occhi gli fece notare che il dolore alla testa era passato, per sua gioia.

Voltando la testa, sorretta dai cuscini, notò che Harry era affianco al lettuccio dell’infermeria dove si trovava, dall’altro lato Madama Chips e Gaius.

Ai piedi c’erano i suoi amici, con una Gwen in lacrime. Addirittura Morgana aveva gli occhi lucidi. Non poteva certo rimproverarli: l’ultima volta che era svenuto era rimasto in condizioni critiche per diverso tempo.

 

Hai buoni amici.

 

Sbarrò gli occhi, e tutti sembrarono allarmarsi di nuovo.

E smettila, la licantropa sta per avere un attacco di cuore. Ora sorridi.

Merlin stranito guardò Freya, che tremava al fianco di Will – i due erano una coppia consolidata da anni - ed effettivamente tremava dalla paura. Si costrinse a fare un respiro profondo e un sorriso, che gli venne, nonostante lo sforzo, abbastanza tirato e finto. Sperava che nessuno lo notasse.

Tutti si rilassarono, a parte Gaius che sollevò un sopracciglio.

Spaventoso quel sopracciglio.

Lo dico anche io. Cioè, tu sei me, quindi lo dico solo io.

Non sono te.

 

Evidentemente stava facendo una faccia molto stupida, perché Madama Chips cacciò tutti fuori dall’infermeria. «Sì, anche lei professor Gaius. Signor Potter, si tolga subito quel mantello, la voglio veder uscire con i miei occhi» e poi tornò a lui accertandosi delle sue condizioni.

Dopo i controlli di routine - «Apra gli occhi … guardi fisso la bacchetta … sì, i riflessi vanno bene; ora provi ad alzare il braccio … lo sente intorpidito?» - lo informò che era rimasto svenuto poche ore e lo lasciò da solo per riposare.

Merlin lanciò un’occhiata alla porta che si chiudeva dietro l’infermiera e si concentrò un attimo.

 

Ehmm … Ciao.

Quello moro aveva un bel mantello.

 

Che diavolo avrebbe dovuto rispondere a questo?

 

… sì?

È una domanda?

Non è una domanda!

Ed allora non farla suonare come tale.

Ecco, la voce nella sua testa era anche acida.

Non sono acida.

Questo non avresti dovuto sentirlo!

Tu pensi, io ascolto. È così che funziona.

È piuttosto inquietante, sai?

M’importa poco.

 

Dal tono, poteva dire in tutta sicurezza che aveva fatto spallucce. Come diavolo faceva una voce a fare spallucce?

Non sono una voce.

Cosa sei allora? Un demone? Una bestia immonda?

Sbuffò. No.

Poi continuò, addolcendo il tono: Merlin, dove siamo?

Hogwarts; o per lo meno io sto a Hogwarts. Tu non lo so.

Hogwarts?

La mia scuola di magia.

So cos’è Hogwarts… quanti anni hai?

 

Quella era una domanda strana. Voleva dire che non lo sapeva?

 

Sedici.

…allora non sei il Merlin che conosco?

Senti, io non so neanche chi sei. Non ho mai avuto voci nella mia testa.

Però mi hai svegliato.

Io cosa? Di che diavolo stai parlando?

Mi hai svegliato.

 

Non sapeva come rispondere. E se veramente la sua strana magia avesse risvegliato qualche demone?

 

Non sono un demone.

Questo è ancora tutto da vedere.

 

Ne avrebbe dovuto parlare con qualcuno? Con Gaius? Con Potter, forse? Dopotutto lui sapeva cosa voleva dire avere un tizio nella sua testa.

 

Ehi! Non paragonarmi a quell’essere.

Io non ho la minima idea di cosa tu sia. Come posso sapere che non sei Voldemort?

… lo sai e basta.

No, non lo so.

 

Mentiva. In realtà lo sapeva perfettamente. Sentiva che quella cosa, qualunque fosse, non era malvagia. La sua magia glielo diceva, e raramente si sbagliava.

 

Però non poteva fare a meno di pensare al peggio.

 

Merlin ricordava chiaramente la lezione sui demoni, imparata a sue spese quando era più piccolo. I demoni non parlavano la lingua comune, ma l'abissale. I demoni non chiacchieravano con te e non avevano senso dell'umorismo.  E soprattutto, ricordava la reazione della sua magia quando si trovava di fronte ad un demone. Davanti ad un demone la sua magia, che non l’aveva mai tradito sulle cose importanti, era in allerta. Costantemente tesa, cercando un appiglio nel suo corpo per riuscire a esorcizzarlo.  Quella volta era stato doloroso, molto. Ma stavolta no. Stavolta la sua magia sembrava… Felice, di una Felicità con la “F” maiuscola, in mancanza di un termine migliore.

La sua magia si stava comportando come una madre. Dolce e protettiva, aveva un calore e una gentilezza che mostrava difficilmente con le altre persone. Il ragazzo aveva imparato da anni ad ascoltare la sua magia e se essa approvava la voce allora probabilmente l'avrebbe approvata anche lui, ma non poteva togliersi di testa il fatto che era capitato che il suo dono si sbagliasse, e  al momento aveva una voce senziente e sconosciuta nella sua mente.
Decise di tentare, chiedendo direttamente.

Cosa sei?
.. .cosa pensi che io sia?


Ora lo sfidava pure?

Sfida accettata.

Cosa poteva essere? Pensa Merlin, pensa. Sapeva che Potter aveva condiviso i pensieri con Voldemort, però erano per la maggior parte immagini e momenti di ciò che l'oscuro signore voleva mostrargli, ed erano accompagnate da un dolore alla cicatrice (sì, aveva letto la biografia di Potter almeno cinque volte e la sapeva a memoria, problemi?).

Al contrario di Harry le uniche immagini che aveva visto erano flash sul lago nero, la voce sembrava dialogare con lui in tempo reale e non era accompagnata da alcun tipo di dolore. Certo, a parte quello che l’ha fatto svenire nello studio della preside. Ma aveva l’impressione che la voce fosse una conseguenza, non la causa. Per di più mentre parlava con lei i dolori diminuivano.
Cosa poteva essere? Quale creatura magica poteva leggergli nella mente e rispondergli? Quale creatura poteva provocare quel senso materno di protezione nella sua magia?
No, si stava facendo le domande sbagliate, ne era sicuro.

Peccato che se avesse avuto la benché minima idea di quale fosse la domanda giusta, sarebbe stato a cavallo.


Allora?


Allora? Allora non poteva essere niente di tutto quello che conosceva. L'unica era buttare a caso e sperare di avere fortuna. 

Decise di provare d unire tutte le conoscenze che aveva su quell’essere: probabilmente buono, a tratti dolce, non umano, non gli avrebbe fatto del male e lo conosceva, ma non sapeva sua età. Quindi aveva risvegliato qualcosa che era assopito da un periodo X per cui il tempo è relativo...

Nulla. Non gli venne in mente nulla. A meno che …


Sei un angelo. 


Se esistevano i demoni, dovevano esistere anche gli angeli, e dato che una volta aveva evocato un demone poteva essere che questa volta fosse toccata alla sua controparte buona.

La sua strana magia lavorava sempre come bilanciere, come quello che Gwen chiamava Karma.

Più ci pensava più se ne convinceva. Sì, sicuramente era un angelo.

 

Il silenzio che seguì fu pesante, e durò una manciata di secondi prima di sentire un suono strozzato, come se qualcuno si stesse trattenendo. Evidentemente non si sapeva trattenere bene, perché la risata che ne seguì fu di tutto cuore. 


Un angelo. Hai veramente pensato che io fossi un angelo. Fantastico. 

 

La voce continuava a ridere e Merlin si stava sentendo lievemente umiliato. 
Non solo gli altri, quelli fuori dalla sua testa, lo prendevano in giro: ora anche le voci della sua mente. Questo era il “level up” della presa per i fondelli.

E non gli piaceva. Veramente.

 

Con le alette di piume e la cedra in mano. Un angelo. Oddio, mi fa male la pancia.

 

Ed allora perché, maledizione, la sua magia vibrava divertita al suono della sua risata?

Anche la sua magia lo derideva?
Era difficile darsi un tono seccato quando una parte di te ride divertita e l’altra si sente umiliata, ma provò comunque a darsi un contegno.

 

Ah-ah-ah. Molto divertente. 
Oh Sì, Stregone, veramente. Non mi ricordavo che tu fossi così spassoso.


Quindi loro si conoscevano già? L‘aveva già accennato prima.

Gli sembrava strano non ricordarlo. Aveva sempre avuto una buona memoria. Deve essere stato quando era molto piccolo. Aggiornò mentalmente la lista delle cose che sapeva della creatura.

-Mi conosce da non meno di 13 anni.

Tentò di avere altre informazioni.


Quindi ti conosco?


Le risate ci misero un po' a sedarsi, soprattutto dopo che dal ridere aveva iniziato a singhiozzare. 


Sì, strano stregone, noi due ci conosciamo. 


Un’idea gli venne in mente. Malsana, molto malsana.

Oddio ti prego, tutto ma fa’ che non sia...


Sei un mio compagno di scuola? 


Occazzo, sarebbe stato preso per il culo da chiunque ad Hogwarts. 


Altri risolini.
No.

Grazie al cielo.

O agli angeli. Singhiozzo di nuovo dalle risate. 
No, simpatica. Ah-ah-ah non vedi come sto ridendo?

 

Quando le risate si furono calmate di nuovo riprese a parlare.

 

Scusami, strano stregone, ma tu hai veramente pensato che io fossi un angelo. Non ci posso credere. Fantastico, sei fantastico.

 

Dato che mi prendi così in giro dimmelo te cosa sei, è chiaro che io non lo so.

Ci hai provato, strano stregone. Ma non ti dirò cosa sono.

Peccato.

Lo scoprirai presto però, questo posso promettertelo.

Ah, sì? E dimmi, come lo scoprirò?

Appena mi verrai a trovare.

E quando?

Appena riuscirai a liberarti dall’infermiera, probabilmente. Ridacchiò la voce.

 

Quindi chiunque fosse dietro la voce non aveva problemi a farsi vedere: perché allora non poteva dirglielo?

 

Perché allora non me lo dici?

Voce?

Ora non è il momento…

E domani lo sarà?

Forse.

Voce?

Si, stregone?

Io ora vorrei dormire, tu puoi…. Ehmm … vedere i miei sogni?

Sì.

Oh…

… Ma non lo farò. Riposati ora.

Voce?

Si?

Ehm… Grazie.

 

 

 

Il giorno dopo Merlin venne rilasciato a metà mattina, con la promessa di andare nel suo letto a riposare fino al pranzo.

 

Ovviamente si mise a girovagare per i corridoi, parlando con la voce.

Gli piaceva: era divertente, simpatica e gli teneva testa. Gli aveva anche consigliato un paio di scherzi niente male, e Will ne sarebbe stato presto la vittima.

Dopo un paio d’ore, la voce era riuscita a fargli evitare qualsiasi anima viva, facendogli cambiare strada e facendolo nascondere prima che chiunque lo potesse assordare con le domande.

Finalmente lo guidò verso i sotterranei, facendogli prendere svolte e percorsi sconosciuti, costringendolo a passare per quadri di paesaggi e in passaggi segreti dietro armature. Lo fece fermare in un corridoio molto lungo con porte su entrambi i lati. Alla quinta porta sulla destra lo blocco prima che potesse aprire la maniglia.

 

Folle Stregone, sei arrivato.

Finalmente. Sono ore che mi porti in giro.

La voce lo ignorò in tono. Però, prima di aprire la porta e di scendere la scalinata devi farmi una promessa.

… che promessa?

Non urlare.

Come non urlare?

Non devi urlare quando mi vedi.

Perché dovrei urlare?

Scendi le scale e lo saprai.

Sei sempre così enigmatica?

Oh, fidati, io sono veramente poco enigmatica in confronto ad altri.

Odio gli enigmi.

No, non è vero, ti divertono. Ed ora scendi quelle maledette scale prima che mi venga un attacco di cuore.

Agitata?

Non sai quanto.

 

Merlin aprì la porta e, come anticipato dalla voce, si ritrovò delle scale a scendere. Era agitato ed in ansia: forse per la prima volta in vita sua non sapeva cosa aspettarsi, e questo lo spaventava. La sua magia, al contrario, strepitava e scoppiettava, anticipandolo sulle scale, invogliandolo a scendere e rischiando anche di farlo cadere un paio di volte tanta era la forza con cui lo trascinava di sotto.

Arrivato in fondo alle scale si ritrovò davanti un grotta bianca, un’enorme grotta bianca e scintillante.

Un enorme grotta scintillante sotto Hogwarts.

Non aveva mai sentito della sua esistenza, forse neanche la preside sapeva di questa grotta. E per un momento, per un momento solo dimenticò cosa ci faceva lì sotto, beandosi solo della scoperta.

 

Sei piccolo.

 

La voce stavolta non era solo nella sua testa, ma lo circondava, avvolgendolo.

 

Dove sei?

 

La grotta si mosse.

Ma non era la grotta a muoversi, naturalmente.

E ora che la vedeva meglio, non era né bianca né scintillante. Era grigia e cupa.

Era il drago che gli stava davanti che era bianco e scintillante.

Un drago bianco.

Batté le palpebre, un paio di volte, giusto per assicurarsi che davanti a lui c’era veramente un ENORME drago bianco scintillante. Sotto Hogwarts.

Aprì la bocca …

 

Non urlare…

 

Il drago non aveva mosso le labbra, ma il pensiero gli era arrivato forte nella mente.

 

…hai promesso.

 

e non ne uscì un urlo, ma un nome.

 

«…Aithusa?»

 

E d’un tratto, scappare dalle domande delle sue amiche sul dorso di un drago albino non sembrava più un’idea così folle.

   
 
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