Da questo capitolo in poi potrò postare il capitolo una volta ogni due settimane. Scusate ancora.
Aleida
Dolore, un dolore
insopportabile.
Dove
sono? Merlino, sei tu? Siamo a Camelot?
Perché la
mia mente
parla in terza persona?
Merlino,
dove
siamo?
… una voce
femminile?
La mia mente non ha mai avuto una voce femminile.
Non
sono la tua mente, stregone. Cos’è questo
dolore?
… sono
posseduto?
Non
sei posseduto, ma dove siamo?
Altre fitte gli
colpirono la testa. O per lo meno pensava
fosse la testa, ma non ne era proprio sicuro.
L’oscurità lo
confondeva.
Lentamente si mosse,
per capire dove fossero i suoi arti.
«Si sta
svegliando».
Merlino,
mi senti?
«Merlin,
amico, ci hai fatto preoccupare».
Merlino?
«Gwen,
almeno prenditi un fazzoletto».
Dove
siamo?
«Ecco
tieni, smettila di singhiozzare.»
«Largo,
fate largo!».
Merlino?
La voce nella sua
testa sembrava preoccupata e questo fatto preoccupava
Merlin a sua volta.
Non ricordava, la
personalità multipla si chiamava psicosi o nevrosi?
Psicosi.
Come non detto.
«Ti ho dato
un fazzoletto, Gwen, perché usi ancora il mio
mantello?».
«Merlin,
apri gli occhi.»
Il ragazzo
obbedì all’ordine di Gaius e la luce lo
accecò. La fitta agli
occhi gli fece notare che il dolore alla testa era passato, per sua
gioia.
Voltando la testa,
sorretta dai cuscini, notò che Harry era affianco al
lettuccio dell’infermeria dove si trovava,
dall’altro lato Madama Chips e
Gaius.
Ai piedi
c’erano i suoi amici, con una Gwen in lacrime. Addirittura
Morgana aveva gli occhi lucidi. Non poteva certo rimproverarli:
l’ultima volta
che era svenuto era rimasto in condizioni critiche per diverso tempo.
Hai
buoni amici.
Sbarrò gli
occhi, e tutti sembrarono allarmarsi di nuovo.
E
smettila, la licantropa sta per avere un
attacco di cuore. Ora sorridi.
Merlin stranito
guardò Freya, che tremava al fianco di Will – i
due
erano una coppia consolidata da anni - ed effettivamente tremava dalla
paura.
Si costrinse a fare un respiro profondo e un sorriso, che gli venne,
nonostante
lo sforzo, abbastanza tirato e finto. Sperava che nessuno lo notasse.
Tutti si rilassarono,
a parte Gaius che sollevò un sopracciglio.
Spaventoso
quel sopracciglio.
Lo dico anche io.
Cioè, tu sei me, quindi lo dico solo io.
Non
sono te.
Evidentemente stava
facendo una faccia molto stupida, perché Madama
Chips cacciò tutti fuori dall’infermeria.
«Sì, anche lei professor Gaius.
Signor Potter, si tolga subito quel mantello, la voglio veder uscire
con i miei
occhi» e poi tornò a lui accertandosi delle sue
condizioni.
Dopo i controlli di
routine - «Apra gli occhi … guardi fisso la
bacchetta … sì, i riflessi vanno bene; ora provi
ad alzare il braccio … lo
sente intorpidito?» - lo informò che era rimasto
svenuto poche ore e lo lasciò
da solo per riposare.
Merlin
lanciò un’occhiata alla porta che si chiudeva
dietro l’infermiera
e si concentrò un attimo.
Ehmm …
Ciao.
Quello
moro aveva un bel mantello.
Che diavolo avrebbe
dovuto rispondere a questo?
…
sì?
È
una domanda?
Non è una
domanda!
Ed
allora non farla suonare come tale.
Ecco, la voce nella
sua testa era anche acida.
Non
sono acida.
Questo non avresti
dovuto sentirlo!
Tu
pensi, io ascolto. È così che funziona.
È
piuttosto
inquietante, sai?
M’importa
poco.
Dal tono, poteva dire
in tutta sicurezza che aveva fatto spallucce. Come
diavolo faceva una voce a fare spallucce?
Non
sono una voce.
Cosa sei allora? Un
demone? Una bestia immonda?
Sbuffò.
No.
Poi
continuò, addolcendo il tono: Merlin,
dove siamo?
Hogwarts; o per lo
meno io sto a Hogwarts. Tu non lo so.
Hogwarts?
La mia scuola di
magia.
So
cos’è Hogwarts… quanti anni hai?
Quella era una
domanda strana. Voleva dire che non lo sapeva?
Sedici.
…allora
non sei il Merlin che conosco?
Senti, io non so
neanche chi sei. Non ho mai avuto voci nella mia testa.
Però
mi hai svegliato.
Io cosa? Di che
diavolo stai parlando?
Mi
hai svegliato.
Non sapeva come
rispondere. E se veramente la sua strana magia avesse
risvegliato qualche demone?
Non
sono un demone.
Questo è
ancora tutto
da vedere.
Ne avrebbe dovuto
parlare con qualcuno? Con Gaius? Con Potter, forse?
Dopotutto lui sapeva cosa voleva dire avere un tizio nella sua testa.
Ehi!
Non paragonarmi a quell’essere.
Io non ho la minima
idea di cosa tu sia. Come posso sapere che non sei Voldemort?
…
lo sai e basta.
No, non lo so.
Mentiva. In
realtà lo sapeva perfettamente. Sentiva che quella cosa, qualunque fosse, non
era malvagia.
La sua magia glielo diceva, e raramente si sbagliava.
Però non
poteva fare a meno di pensare al peggio.
Merlin ricordava
chiaramente la lezione sui demoni, imparata a sue spese
quando era più piccolo. I demoni non parlavano la lingua
comune, ma l'abissale.
I demoni non chiacchieravano con te e non avevano senso
dell'umorismo. E
soprattutto, ricordava la reazione della sua magia quando si trovava di
fronte
ad un demone. Davanti ad un demone la sua magia, che non
l’aveva mai tradito
sulle cose importanti, era in allerta. Costantemente tesa, cercando un
appiglio
nel suo corpo per riuscire a esorcizzarlo. Quella volta era
stato
doloroso, molto. Ma stavolta no. Stavolta la sua magia
sembrava… Felice, di una
Felicità con la “F” maiuscola, in
mancanza di un termine migliore.
La sua magia si stava
comportando come una madre. Dolce e protettiva,
aveva un calore e una gentilezza che mostrava difficilmente con le
altre
persone. Il ragazzo aveva imparato da anni ad ascoltare la sua magia e
se essa
approvava la voce allora probabilmente l'avrebbe approvata anche lui,
ma non
poteva togliersi di testa il fatto che era capitato che il suo dono si
sbagliasse, e al
momento aveva una voce
senziente e sconosciuta nella sua mente.
Decise di tentare, chiedendo direttamente.
Cosa sei?
..
.cosa pensi che io sia?
Ora lo sfidava pure?
Sfida accettata.
Cosa poteva essere? Pensa Merlin,
pensa. Sapeva che Potter aveva condiviso i pensieri con
Voldemort, però
erano per la maggior parte immagini e momenti di ciò che
l'oscuro signore
voleva mostrargli, ed erano accompagnate da un dolore alla cicatrice
(sì, aveva
letto la biografia di Potter almeno cinque volte e la sapeva a memoria,
problemi?).
Al contrario di Harry
le uniche immagini che aveva visto erano flash sul
lago nero, la voce sembrava dialogare con lui in tempo reale e non era
accompagnata da alcun tipo di dolore. Certo, a parte quello che
l’ha fatto
svenire nello studio della preside. Ma aveva l’impressione
che la voce fosse
una conseguenza, non la causa. Per di più mentre parlava con
lei i dolori diminuivano.
Cosa poteva essere? Quale creatura magica poteva leggergli nella mente
e
rispondergli? Quale creatura poteva provocare quel senso materno di
protezione
nella sua magia?
No, si stava facendo le domande sbagliate, ne era sicuro.
Peccato che se avesse
avuto la benché minima idea di quale fosse la
domanda giusta, sarebbe stato a cavallo.
Allora?
Allora? Allora non poteva essere niente di tutto quello che conosceva.
L'unica
era buttare a caso e sperare di avere fortuna.
Decise di provare d
unire tutte le
conoscenze che aveva su quell’essere: probabilmente buono, a
tratti dolce, non
umano, non gli avrebbe fatto del male e lo conosceva, ma non sapeva sua
età.
Quindi aveva risvegliato qualcosa che era assopito da un periodo X per
cui il
tempo è relativo...
Nulla. Non gli venne
in mente nulla. A
meno che …
Sei un angelo.
Se esistevano i demoni, dovevano esistere anche gli angeli, e dato che
una
volta aveva evocato un demone poteva essere che questa volta fosse
toccata alla
sua controparte buona.
La sua strana magia
lavorava sempre come bilanciere, come quello che
Gwen chiamava Karma.
Più ci
pensava più se ne convinceva. Sì, sicuramente era
un angelo.
Il silenzio che
seguì fu pesante, e durò una manciata di secondi
prima
di sentire un suono strozzato, come se qualcuno si stesse trattenendo.
Evidentemente non si sapeva trattenere bene, perché la
risata che ne seguì fu
di tutto cuore.
Un
angelo. Hai veramente pensato che io fossi un angelo.
Fantastico.
La voce continuava a
ridere e Merlin si stava sentendo lievemente
umiliato.
Non solo gli altri, quelli fuori dalla sua testa, lo prendevano in
giro: ora anche
le voci della sua mente. Questo era il “level up”
della presa per i fondelli.
E non gli piaceva.
Veramente.
Con
le alette di piume e la cedra in mano. Un
angelo. Oddio, mi fa male la pancia.
Ed allora
perché, maledizione, la sua magia vibrava divertita al suono
della sua risata?
Anche la sua magia lo
derideva?
Era difficile darsi un tono seccato quando una parte di te ride
divertita e
l’altra si sente umiliata, ma provò comunque a
darsi un contegno.
Ah-ah-ah. Molto
divertente.
Oh
Sì, Stregone, veramente. Non mi ricordavo che tu fossi
così spassoso.
Quindi loro si conoscevano già? L‘aveva
già accennato prima.
Gli sembrava strano
non ricordarlo. Aveva sempre avuto una buona
memoria. Deve essere
stato quando era molto
piccolo. Aggiornò mentalmente la lista delle cose che sapeva
della creatura.
-Mi conosce da non
meno di 13 anni.
Tentò di
avere altre informazioni.
Quindi ti conosco?
Le risate ci misero un po' a sedarsi, soprattutto dopo che dal ridere
aveva
iniziato a singhiozzare.
Sì,
strano stregone, noi due ci conosciamo.
Un’idea gli venne in mente. Malsana, molto malsana.
Oddio ti prego, tutto
ma fa’ che non sia...
Sei un mio compagno di scuola?
Occazzo, sarebbe stato preso per il culo da chiunque ad Hogwarts.
Altri risolini. No.
Grazie al cielo.
O
agli angeli. Singhiozzo di nuovo
dalle risate.
No, simpatica. Ah-ah-ah non vedi come sto
ridendo?
Quando le risate si
furono calmate di nuovo riprese a parlare.
Scusami,
strano stregone, ma tu hai veramente
pensato che io fossi un angelo. Non ci posso
credere. Fantastico,
sei
fantastico.
Dato che mi prendi
così in giro dimmelo te cosa sei, è chiaro che io
non lo so.
Ci
hai provato, strano stregone. Ma non ti
dirò cosa sono.
Peccato.
Lo
scoprirai presto però, questo posso
promettertelo.
Ah, sì? E
dimmi, come
lo scoprirò?
Appena
mi verrai a trovare.
E quando?
Appena
riuscirai a liberarti dall’infermiera,
probabilmente.
Ridacchiò
la voce.
Quindi chiunque fosse
dietro la voce non aveva problemi a farsi vedere: perché
allora non poteva dirglielo?
Perché
allora non me
lo dici?
…
Voce?
Ora
non è il momento…
E domani lo
sarà?
Forse.
…
…
Voce?
Si,
stregone?
Io ora vorrei
dormire, tu puoi…. Ehmm … vedere i miei sogni?
Sì.
Oh…
…
…
…
Ma non lo farò. Riposati ora.
Voce?
Si?
Ehm…
Grazie.
Il giorno dopo Merlin
venne rilasciato a metà mattina, con la promessa
di andare nel suo letto a riposare fino al pranzo.
Ovviamente si mise a
girovagare per i corridoi, parlando con la voce.
Gli piaceva: era
divertente, simpatica e gli teneva testa. Gli aveva
anche consigliato un paio di scherzi niente male, e Will ne sarebbe
stato
presto la vittima.
Dopo un paio
d’ore, la voce era riuscita a fargli evitare qualsiasi
anima viva, facendogli cambiare strada e facendolo nascondere prima che
chiunque lo potesse assordare con le domande.
Finalmente lo
guidò verso i sotterranei, facendogli prendere svolte e
percorsi sconosciuti, costringendolo a passare per quadri di paesaggi e
in
passaggi segreti dietro armature. Lo fece fermare in un corridoio molto
lungo
con porte su entrambi i lati. Alla quinta porta sulla destra lo blocco
prima
che potesse aprire la maniglia.
Folle
Stregone, sei arrivato.
Finalmente. Sono ore
che mi porti in giro.
La voce lo
ignorò in tono.
Però,
prima di aprire la porta e di scendere
la scalinata devi farmi una promessa.
… che
promessa?
Non
urlare.
Come non urlare?
Non
devi urlare quando mi vedi.
Perché
dovrei urlare?
Scendi
le scale e lo saprai.
Sei sempre
così
enigmatica?
Oh,
fidati, io sono veramente poco enigmatica
in confronto ad altri.
Odio gli enigmi.
No,
non è vero, ti divertono. Ed ora scendi
quelle maledette scale prima che mi venga un attacco di cuore.
Agitata?
Non
sai quanto.
Merlin
aprì la porta e, come anticipato dalla voce, si
ritrovò delle
scale a scendere. Era agitato ed in ansia: forse per la prima volta in
vita sua
non sapeva cosa aspettarsi, e questo lo spaventava. La sua magia, al
contrario,
strepitava e scoppiettava, anticipandolo sulle scale, invogliandolo a
scendere
e rischiando anche di farlo cadere un paio di volte tanta era la forza
con cui
lo trascinava di sotto.
Arrivato in fondo
alle scale si ritrovò davanti un grotta bianca,
un’enorme
grotta bianca e scintillante.
Un enorme grotta
scintillante sotto
Hogwarts.
Non aveva mai sentito
della sua esistenza, forse neanche la preside
sapeva di questa grotta. E per un momento, per un momento solo
dimenticò cosa
ci faceva lì sotto, beandosi solo della scoperta.
Sei
piccolo.
La voce stavolta non
era solo nella sua testa, ma lo circondava, avvolgendolo.
Dove sei?
La grotta si mosse.
Ma non era la grotta
a muoversi, naturalmente.
E ora che la vedeva
meglio, non era né bianca né scintillante. Era
grigia e cupa.
Era il drago che gli
stava davanti che era bianco e scintillante.
Un drago bianco.
Batté le
palpebre, un paio di volte, giusto per assicurarsi che davanti
a lui c’era veramente un ENORME drago bianco scintillante. Sotto Hogwarts.
Aprì la
bocca …
Non
urlare…
Il drago non aveva
mosso le labbra, ma il pensiero gli era arrivato
forte nella mente.
…hai
promesso.
e non ne
uscì un urlo, ma un nome.
«…Aithusa?»
E d’un
tratto, scappare dalle domande delle sue amiche sul dorso di un
drago albino non sembrava più un’idea
così folle.