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Autore: 9Pepe4    12/11/2013    5 recensioni
Il Maestro Qui-Gon Jinn non ha nessuna intenzione di prendere un nuovo apprendista… Ma l’incontro con Obi-Wan Kenobi, un Iniziato di sette anni, potrebbe cambiare le cose.
Peccato che il passato, in un modo o nell’altro, trovi sempre la maniera di fare lo sgambetto al presente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11 – Piccoli passi

Le premesse per trascorrere una notte insonne c’erano tutte.
Per dirne una, nell’ultimo anno si era abituato a restare sempre vigile.
Per dirne un’altra, nemmeno un Jedi consumato poteva rimanere indifferente al fatto che una sua vecchia conoscenza, qualcuno con cui aveva collaborato più e più volte, avesse cercato di ucciderlo con tanto zelo.
E poi, naturalmente, c’era Obi-Wan Kenobi.
Se Qui-Gon fosse stato meno esperto nel calmare la propria mente, era probabile che non sarebbe riuscito a chiudere occhio, invece riuscì ad addormentarsi poche ore dopo l’essersi coricato.
Ormai gli capitava raramente di sognare il suo ex allievo… E quello, se non altro, era un indubbio miglioramento.
Quando l’uomo si svegliò, il mattino successivo, fu colmato dall’appagante sensazione che la notte avesse portato consiglio.
Taren era nel torto a pensare che lui stesse trattando con troppa cautela la faccenda di Obi-Wan, ma aveva ragione su una cosa.
Qui-Gon avrebbe dovuto seguire il suo istinto, e la Forza. Invece aveva considerato subito il lungo termine, come se esistessero soltanto le opzioni – senza dubbio approvate dal Consiglio – che gli aveva presentato l’amico.
Si stava preoccupando del futuro, mentre la sola cosa che importasse era il presente.
Ed il presente non richiedeva progetti elaborati, come non interagire mai più con Obi-Wan Kenobi o prendere immediatamente il bambino come Padawan… Il presente si accontentava di piccoli passi, e Qui-Gon sapeva già quale sarebbe stato il primo: iniziare a riallacciare i rapporti col giovanissimo Iniziato.
Così, dopo una rapida colazione, l’uomo si recò a cercare Obi-Wan. Dato che il Tempio era immenso, decise di servirsi – con molta cautela – del minuscolo filo di luce nella propria mente.
Quel tenue legame lo guidò sino agli Archivi, la sala in cui era custodita la conoscenza dell’Ordine Jedi.
Per la loro ampiezza e la loro atmosfera solenne, gli Archivi potevano essere paragonati alle cattedrali che alcuni popoli dell’universo innalzavano in onore dei loro dèi.
Quando vi entrò, Qui-Gon portò lo sguardo sui busti bronzei dei Jedi Perduti, coloro che avevano lasciato l’Ordine.
Quelle facce, immobili e austere, sembravano recare un monito inciso nei loro lineamenti.
Se il suo secondo apprendista se ne fosse andato dopo essere diventato un Cavaliere, si ritrovò a pensare Qui-Gon, anche lui si sarebbe trovato tra quelle sculture…
L’uomo distolse lo sguardo, spostandolo sul corridoio davanti a lui.
Era diviso in tre corsie: in quelle laterali, passeggiavano silenziosamente alcuni Jedi, i volti rischiarati dalla luce azzurrina degli olo-dati. In quella centrale, invece, si trovavano alcuni tavoli muniti di schermi che venivano utilizzati per consultare sul posto i chip di memoria.
Obi-Wan si trovava proprio lì, gli occhi fissi sul monitor che aveva davanti, le dita indugianti sulla tastiera.
La sua sedia era grande come un trono, e i piedi del bambino non toccavano terra.
Qui-Gon gli si avvicinò in silenzio.
Quando gli fu alle spalle, fece per dire qualcosa… ma non ce ne fu bisogno. Obi-Wan ebbe una sorta di sussulto, e si girò verso di lui.
I suoi occhi chiari incontrarono quelli dell’uomo, e il bambino s’impietrì.
Le sue labbra si dischiusero in un moto di sbalordimento, e Qui-Gon vide che gli mancavano due denti da latte nell’arcata superiore: gli incisivi laterali.
Dopo un istante, il bambino riuscì a ricomporre il proprio viso.
«Iniziato Kenobi» lo salutò sommessamente Qui-Gon.
Si rese conto di provare uno strano sollievo, nell’avere Obi-Wan davanti a sé… Lo aveva visto in mensa, sì, ma a una tale distanza…
Il suo sguardo esaminò accuratamente il volto del bambino, dai capelli ramati alla fossetta sul suo mento.
Era davvero cresciuto, non v’era dubbio.
«Maestro Jinn» rispose Obi-Wan, con una certa cautela. I suoi occhi grigio-azzurri guizzarono sullo schermo, poi tornarono sull’uomo. «Devo cederti il posto?»
Qui-Gon pensò che avrebbe dovuto aspettarselo. Non avrebbe dovuto stupirsi, se il bambino pensava che l’unica cosa che gli potesse interessare fosse il suo posto.
«Veramente» disse, «vorrei che parlassimo».
Obi-Wan evitò di ricambiare direttamente il suo sguardo. «Ma siamo negli Archivi» obiettò, giocherellando con l’orlo delle proprie maniche.
«È una cosa importante» replicò Qui-Gon, piano.
«Ah» si limitò a dire il bambino.
L’uomo decise di andare subito al punto. «Vorrei chiederti scusa per essermene andato senza preavviso».
«Non capisco perché ti scusi, Maestro Jinn» replicò Obi-Wan, a testa bassa. «Tutti i Jedi devono andarsene senza preavviso».
Parlò con un tono ragionevole che non piacque del tutto al Maestro Jedi.
Una parte di lui, infatti, avrebbe voluto che Obi-Wan fosse più spontaneo e infantile. In fondo, però, quale Jedi era mai stato davvero bambino?
L’uomo accennò col mento allo schermo. «Posso chiederti su cosa stai lavorando?»
Obi-Wan girò la testa, e Qui-Gon si trovò la sua nuca arruffata sotto gli occhi. «È una ricerca sul pianeta Nihilo» spiegò il bambino. «Io e il mio clan andremo a visitarlo tra qualche settimana».
Data la sua età, era probabile che prima Obi-Wan non avesse mai fatto alcuna gita al di fuori di Coruscant, eppure Qui-Gon non percepì molto entusiasmo, da parte sua.
Corrugando la fronte, pensò al pianeta Nihilo. Lo conosceva piuttosto bene: nonostante non fosse molto distante dalla Capitale Galattica, era scarsamente popolato, e non aveva una tecnologia molto avanzata.
Se era spesso meta della prima gita degli Iniziati fuori da Coruscant, era perché su di esso si trovavano alcuni Ysalamiri. Questi animali, simili a grossi lucertoloni, vivevano sugli alberi ed avevano la capacità di creare vuoti nella Forza, all’interno dei quali potevano nascondere la loro energia da eventuali predatori.
A causa della loro presenza, su Nihilo la Forza era più difficile da ascoltare ed utilizzare, perciò qualche giorno di allenamento su quel pianeta si trattava di una bella prova per i più piccoli.
Gli Ysalamiri, in realtà, erano originari di Myrkr, un altro pianeta dell’Orlo Interno… Là, però, erano talmente numerosi da creare vuoti tali da mettere in seria difficoltà persino un Jedi addestrato… Ragion per la quale Myrkr non veniva mai preso in considerazione come meta per le gite degli Iniziati.
In quel momento, Obi-Wan tornò a girarsi verso il Maestro Jedi. Quieto, sottomesso.
L’Iniziato modello che attende la parola di una persona superiore a lui.
A Qui-Gon non piaceva molto quell’atteggiamento. Pensò a qualcosa da dire. «Hai ancora difficoltà con la meditazione?»
Il bambino continuava a non guardarlo in faccia. «Un po’» ammise, riluttante. «Però sono migliorato, rispetto a prima. Non credo di aver più bisogno di lezioni».
Qui-Gon non se lo aspettava.
L’Obi-Wan che aveva imparato a conoscere, quello che si era lasciato alle spalle un anno prima… era probabile che avrebbe voluto andare a lezione da lui anche senza averne bisogno.
L’Obi-Wan che aveva davanti adesso, invece, aveva respinto l’ipotesi di poter essere aiutato da lui.
“E dunque? Credevo forse che non sarebbe cambiato nulla?” s’interrogò l’uomo.
Sapeva bene che ogni azione aveva le sue conseguenze, così come sapeva che la sua missione aveva scosso il suo rapporto con quel bambino.
Eppure, l’idea di essersi guadagnato la diffidenza di Obi-Wan Kenobi… Si rivelò faticosa da digerire.
“Non importa” si disse. Lui aveva pazienza e, un passo per volta, avrebbe cercato di riconquistare la fiducia dell’Iniziato.
«Va bene» disse, con calma. «In tal caso, ti andrebbe di meditare assieme a me, questa sera?»
Obi-Wan non accettò con prontezza come avrebbe fatto un tempo. Ci rifletté sopra, come per valutare tutti gli aspetti di quella proposta, e infine annuì. «D’accordo, Maestro Jinn».
«Prima di cena? Alla stessa ora delle lezioni dell’anno scorso?»
Il bambino si prese nuovamente qualche istante per pensarci, e il cuore di Qui-Gon si strinse un poco.
«Va bene» disse Obi-Wan, infine.
«Nei giardini del Tempio?» aggiunse l’uomo.
L’Iniziato annuì. «Ci sarò, Maestro Jinn».
Qui-Gon cercò di non dare troppo peso al fare guardingo del bambino.
Dal canto suo, Obi-Wan si schiarì la gola. «Adesso dovrei andare a lezione».
Sembrava sincero, ma sembrava anche molto desideroso di sgusciare via da lì.
L’uomo si allontanò di un passo dalla sedia. «Va’ pure» replicò, più gentilmente che poté. «Non voglio certo farti arrivare in ritardo».
Obi-Wan scivolò giù dal proprio posto, e lanciò una mezza occhiata all’uomo. «Arrivederci, Maestro Jinn».
«A stasera» replicò l’uomo.
Per un istante, il bambino sembrò sul punto di aggiungere qualcos’altro, ma poi si limitò a girarsi e si diresse verso l’uscita degli Archivi. Qui-Gon lo seguì con lo sguardo.
«Un ragazzino interessante, non è vero?» domandò una voce alle sue spalle.
L’uomo si voltò. Ad aver parlato, era stata Jocasta Nu, l’Archivista del Tempio Jedi. La donna aveva una decina d’anni in più di lui, ma il suo portamento regale non sembrava cambiare mai.
I suoi capelli color mogano, però, raccolti come di consueto in un’impeccabile crocchia, erano ormai ingrigiti, e vicino alla sua bocca ed ai suoi occhi azzurri cominciavano ad imprimersi alcune rughe d’espressione.
«Maestra Nu» disse Qui-Gon, con un inchino rispettoso. «È un piacere vedervi».
La conosceva da quando lui era un ragazzino e lei non era ancora Archivista, specie perché Jocasta Nu era una cara amica del suo vecchio Maestro, Dooku.
«Il sentimento è reciproco, Maestro Jinn» replicò lei, con grazia. «Vedo che hai fatto amicizia col giovane Kenobi».
Qui-Gon la guardò. L’Archivista sembrava trovare del tutto ragionevole l’idea che un bambino di otto anni ed un uomo di quarantatre fossero amici. «Se così si può dire…»
«Dev’essere una buona compagnia» disse Jocasta Nu. «Ed è anche un assiduo frequentatore di questi Archivi».
Qui-Gon non mancò di notare l’approvazione nel suo tono, e ne fu stupito. La donna non aveva certo un cuore di ghiaccio, ma era assai difficile guadagnarsi una sua lode.
«Non lo ero forse anch’io?» chiese, scherzando solo a metà. In verità, era curioso di vedere la sua reazione.
«Oh, sì» concesse la Maestra, riservandogli uno sguardo ammonitore, «ma ho perso il conto delle volte in cui hai dimenticato di rimettere al loro posto le fonti che consultavi. Il giovane Kenobi, invece, non ha mai mancato di farlo».
«Capisco» disse Qui-Gon.
Senza dubbio, era un’ottima spiegazione del calore nello sguardo della donna.
«Ora, se vuoi scusarmi» aggiunse Jocasta Nu, «devo finire di riordinare l’ala dedicata alla storia e alla filosofia del nostro Ordine».
L’uomo accennò un inchino. «Lungi da me impedirvi di fare il vostro dovere, Maestra Nu» disse. «Che la Forza sia con voi».
«Che la Forza sia con te, Maestro Jinn» replicò lei, con un cenno del capo.
Si allontanò in silenzio, accompagnata soltanto dal fruscio leggero della sua veste.

Il resto della giornata fu privo di eventi significativi.
Poiché l’inattività non faceva per lui, Qui-Gon ne approfittò per pulire e riordinare il proprio alloggio – anche se, come al solito, non mise piede nella ex stanza del suo allievo – e per prendersi qualche momento di meditazione.
Nel pomeriggio, dopo un pranzo leggero, scese in palestra.
Taren non era lì: o era occupato con qualche Iniziato, oppure era finalmente riuscito a concedersi una pausa.
Così, Qui-Gon contemplò l’idea di proporre un duello ad uno dei Jedi presenti, ma alla fine optò per ripiegare su un droide, per allenarsi a deflettere i colpi con la lama della propria spada laser.
Poi arrivò la sera, e l’uomo si recò nei giardini del Tempio.
Obi-Wan era già là; Qui-Gon lo trovò seduto a gambe incrociate vicino alle sponde del lago.
Per qualche istante, l’uomo lo osservò a distanza. Obi-Wan stava strappando distrattamente alcuni fili d’erba con la mano destra, e Qui-Gon ricordò che quello era lo stesso luogo dove l’aveva visto cercare di meditare senza successo.
Ricordò come il bambino aveva seguito i suoi consigli, d’istinto, con una fiducia infantile ed assoluta.
Trasse un respiro, e si avvicinò.
Quando lo vide, il bambino si bloccò. I suoi occhi guizzarono sull’uomo, mentre l’ultimo stelo d’erba gli cadeva dalla mano, quindi Obi-Wan si alzò in piedi in segno di rispetto, esibendosi in un inchino.
«Buonasera, Maestro Jinn» disse, educatamente.
«Buonasera a te» replicò Qui-Gon. «Scusami se ti ho fatto aspettare».
Obi-Wan sbatté le palpebre. «Non importa» si affrettò a dire.
L’uomo lo osservò per un istante, poi domandò: «Com’è andata la tua giornata?»
«Bene, grazie» rispose Obi-Wan. «E la tua, Maestro Jinn?»
Qui-Gon non poté fare a meno di pensare che, un anno prima, l’Iniziato avrebbe cercato di raccontargli qualcosa di più.
«È andata bene anche la mia, ti ringrazio».
Per un istante, nessuno dei due disse nulla.
«E quest’ultimo anno?» aggiunse poi Qui-Gon. «Com’è stato?»
Obi-Wan scrollò appena le spalle. «Come tutti gli altri anni».
«Non ti è accaduto nulla che fosse degno di nota?»
«No» rispose il bambino. Succinto.
«Davvero?» domandò l’uomo, evitando di far trapelare il proprio disappunto per quelle repliche così concise. «Eppure, ricordo che le giornate degli Iniziati sono cariche di attività».
Il bambino gli diede un’occhiata in tralice. «Lezioni, allenamenti e cinque sessioni obbligatorie di meditazione al giorno» disse. «Niente di insolito. Non siamo Maestri Jedi. Non andiamo in missione».
Per quanto il suo tono fosse rimasto rispettoso, quasi remissivo, Qui-Gon percepì l’urto delle ultime due frasi, che gli sembrarono un’allusione al suo anno d’assenza. Dopotutto, anche i Padawan e i Cavalieri andavano in missione, ma il bambino si era riferito soltanto alla categoria dei Maestri.
C’era forse stata una nota di biasimo, nella voce dell’Iniziato?
Le labbra dell’uomo si contrassero. A quanto pareva, Obi-Wan non era ancora disposto ad abbassare la guardia.
Il silenzio calò di nuovo, almeno sinché Qui-Gon non lo spezzò. «Vogliamo iniziare con la meditazione?»
Obi-Wan chinò il capo. «Va bene, Maestro Jinn».
Si sedettero l’uno di fronte all’altro. Il bambino tenne d’occhio i movimenti dell’uomo, ma abbassò la testa non appena Qui-Gon incrociò il suo sguardo.
«Possiamo cominciare?» domandò, fissando un punto del terreno erboso accanto al Maestro Jedi.
«Ma certo» assicurò quest’ultimo.
A dispetto di quelle parole, non aprì la propria mente alla Forza per prepararsi alla meditazione, ma osservò discretamente il bambino.
Obi-Wan sembrava un po’ innervosito dalla loro vicinanza.
Continuava a fissare con intensità una chiazza d’erba… Poi inspirò un paio di volte, profondamente, e Qui-Gon riconobbe l’esercizio di respirazione che gli aveva consigliato di eseguire prima di una meditazione.
A quel punto, Obi-Wan chiuse gli occhi. Mentre la sua mente si immergeva nella Forza, la sua posa si rilassò, e l’uomo realizzò quanto fosse stata rigida sino ad un momento prima.
Provò un certo rimpianto, mescolato ad un’altra sensazione che subito non identificò… Orgoglio, comprese poi.
Anche se in modo un po’ doloroso e nostalgico, lui si sentiva orgoglioso del bambino.
Perché Obi-Wan non aveva mentito, dicendo di essere migliorato. Certo, aveva ancora un po’ di difficoltà, ma mentre un anno prima non era stato in grado di superarle, ora ce la fece dopo un paio di tentativi.
Per la prima volta, Qui-Gon si rese conto di quanto la presenza del bambino nella Forza fosse brillante.
Non c’era da stupirsi, in fondo, che il Maestro Yoda lo guardasse con un certo interesse…
Nonostante la sua insicurezza, nonostante il suo desiderio – talvolta quasi disperato – di compiacere chi aveva attorno, l’Iniziato Kenobi sembrava avere le carte in regola per diventare un ottimo Cavaliere Jedi.
Forse era una sua impressione, ma a Qui-Gon sembrò che la Forza fosse attratta da Obi-Wan in modo particolare.
“Lo adora” pensò.
Un Jedi che prestasse più ascolto alla Forza Unificante, probabilmente, avrebbe interpretato la cosa in modo differente. Ad esempio, avrebbe potuto ipotizzare che il bambino, in futuro, si sarebbe trovato al centro di grandi eventi, e – anche se forse non ne sarebbe stato il protagonista – avrebbe svolto un ruolo essenziale nella storia della galassia.
La Forza Vivente era più gentile.
Riemergendo dalla meditazione, Obi-Wan aprì gli occhi e guardò Qui-Gon.
Non fu uno sguardo guardingo… Fu uno sguardo di una trasparenza fiduciosa, e il bambino parve sul punto di dire qualcosa.
Subito dopo, però, l’autodifesa tornò a scattare.
L’espressione di Obi-Wan si chiuse, così come le sue labbra.
A Qui-Gon parve di star perdendo un’occasione preziosa, e chiamò: «Obi-Wan? Hai qualcosa da dirmi?»
Il bambino sbatté le palpebre. «Io…» iniziò, per poi interrompersi.
Qui-Gon non distolse lo sguardo da lui. “E ora?” si chiese. Che passo avrebbe fatto il bambino? Sarebbe avanzato verso di lui, o sarebbe tornato a indietreggiare?
Dopo un istante, Obi-Wan annuì quasi impercettibilmente.
Aveva optato per l’avvicinarsi con cautela, dunque.
Qui-Gon s’impose di non mettergli pressione. Ma quando Obi-Wan non aggiunse altro, l’uomo lo incoraggiò: «Qualsiasi cosa sia, puoi chiedermela. Siamo amici, te ne ricordi?»
Il bambino girò il viso di lato, e lo studiò con la coda dell’occhio. «Va bene, Maestro Jinn» disse infine, distogliendo lo sguardo dall’uomo. «Ho sentito che sei tornato ieri, dalla tua missione».
Qui-Gon credeva di sapere dove stesse andando a parare l’Iniziato, ma si limitò a confermare: «È vero».
Obi-Wan aggrottò la fronte, voltando la faccia verso l’uomo. «Pensavo non lo fosse. Non ti ho visto, prima di stamattina».
Qui-Gon non si mosse.
Non sapeva cosa pensare. Quelle frasi erano soltanto osservazioni innocenti, o era intenzionale, da parte di Obi-Wan, rigirare la vibrolama nella piaga?
D’impulso, l’uomo si protese verso il bambino, come se annullare la distanza fisica potesse avvicinarli anche in altri sensi. «Forse tu no» rispose. «Ma io ho visto te. A cena, in refettorio. Volevo premurarmi che stessi bene».
A quelle parole, Obi-Wan lo guardò. Apertamente, questa volta. «Allora» chiese, serio, «perché non mi hai salutato?»
Poteva anche essere un Iniziato del Tempio Jedi, poteva anche avere una lingua affilata, ma alla fine era vulnerabile come qualsiasi altro bambino della sua età.
Qui-Gon si passò una mano sulla fronte. «È complicato» disse. Come spiegargli il discorso di Taren? «Non sapevo se ti avrebbe fatto piacere vedermi, e non volevo disturbarti».
Obi-Wan rimase in silenzio. Con la lingua, esplorò gli spazi vuoti lasciati dai dentini che gli erano caduti.
Improvvisamente, Qui-Gon sentì il desiderio di fargli mille domande. Voleva sapere – davvero – com’era andato quell’anno. Voleva sapere cosa il bambino aveva percepito della sua missione.
Taren, dopotutto, non era davvero sceso nei dettagli. Gli aveva detto che il bambino aveva avuto degli incubi e gli aveva detto che il Maestro Yoda gli aveva insegnato a schermarsi.
Ma quanto erano stati nitidi, quegli incubi? Obi-Wan aveva capito che erano dovuti a lui? Aveva compreso che esisteva un legame tra di loro? Se no, Taren e Yoda glielo avevano spiegato? Quanta paura aveva avuto il bambino? Quanta angoscia, per lui?
Alla fine, l’uomo si trattenne dal sommergerlo di domande. Il bambino aveva appena iniziato ad aprirsi; porgli quesiti tanto personali avrebbe potuto indurlo a chiudersi a riccio.
«Possiamo rimediare al tempo perduto, se vuoi» disse Qui-Gon. «Che ne dici di meditare di nuovo con me, domani?»
Obi-Wan esitò. «Ecco…»
«Puoi dirmelo, se non te la senti» lo rassicurò subito l’uomo, anche se quella possibilità gli fece sentire un peso sullo stomaco.
Quelle parole parvero spingere il bambino ad abbassare le proprie difese. «Mi piacerebbe, Maestro Jinn».
Qui-Gon dovette lottare contro l’impulso di sorridere.
«È solo che…»
La fronte dell’uomo si increspò. Solo che?
Le parole successive del bambino alleviarono la sua tensione: «Nel pomeriggio, domani, il Maestro Kun fa una lezione sulla forma Ataru, e chi vuole può assistere… E io… ecco, io volevo andarci».
L’uomo tornò a sentire una breccia d’ottimismo. Cercò di tranquillizzare il bambino con un’occhiata. «Non importa, Obi-Wan» gli assicurò, «tu va’ pure alla lezione. Noi potremo vederci dopodomani».



















Note:
Ed eccoli finalmente riuniti, com’è giusto che sia!
Spero tanto di non aver scritto idiozie…
Riguardo la ricerca di Obi-Wan, gli Ysalamiri e Myrkr non sono di mia invenzione, mentre lo è il pianeta Nihilo (e come dubitarne, con un nome così?).
E Jocasta Nu fa la sua comparsa nel secondo film; è la donna che sostiene che, se qualcosa non è registrato negli Archivi, allora non esiste. Per qualche oscuro motivo, ho una specie di debole per lei…
Appuntamento a martedì 19 novembre!
  
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