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Autore: AliceC12    12/11/2013    5 recensioni
-Non riesco a smettere di fissarti-
-Allora non farlo, perchè quando incontro i tuoi occhi, il mio cuore riprende a battere-
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Chris Evans: una vita tormentata dall'odio del padre, da una passione irrealizzabile e dalla perdita del suo unico punto di riferimento, verrà messa ancora più alla prova dalla presenza di un ragazzo.
Zayn Malik: sarà il suo peggiore incubo, la illuderà, le spezzerà il cuore, la farà soffrire.
Ma quando capirà quanto lui sia dannoso, i loro destini saranno incondizionatamente legati e la loro intesa troppo forte per essere spezzata. Lui ormai è la sua DROGA.
Un ringraziamento a tutte coloro che seguiranno la storia. Un bacio :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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29. Stop lying
 
*Chris’ pov*

Non so se per merito dei medicinali o per forza di volontà,  la mia mente improvvisamente si destò e lentamente cominciai a riprendere conoscenza.
 Aprii gli occhi con cautela per  poi richiuderli subito dopo, feriti dall’abbagliante sole mattutino che penetrava dalle persiane socchiuse. Sbattei più volte le palpebre tentando di recuperare la vista che speravo di non aver perduto, ma non feci in tempo ad inquadrare l’intero mobilio della stanza, che la mia attenzione fu immediatamente catturata dalla mancata euforia per il mio risveglio nelle iridi di Harry.
Giaceva seduto in posizione retta sulla poltroncina blu accanto al letto, i gomiti sulle ginocchia a sorreggere la testa confusa, i jeans intrisi di lacrime che doveva aver versato sino ad allora per innumerevoli motivi, la classica felpa grigio scuro che gli avevo regalato a Natale e si ostinava ad indossare ogni qualvolta ci dessimo appuntamento per ricordarmi quanto la necessità di avermi sempre con lui lo rendesse impotente e del tutto dipendente da me e dalle mie labbra.
Attorno al collo la collanina con lo Ying e lo Yang divisa a metà che Anne aveva commissionato Andy di comprare come regalo della nostra riappacificazione.
E’ curiosa l’importanza del significato che un oggettino di tal piccole dimensioni sia in grado di contenere; un piccolo puntino bianco in rappresentazione della purezza immerso in un mare nero di tristezza, cattiveria e pericolo da un lato. Dall’altro una punta di male nero, tenebroso racchiuso nel bianco della generosità e del bene che solo alcune persone possiedono e sono in grado di condividere con gli altri.
Oltre al classico significato del collegamento tra i due amanti, quel simbolo rivela qualcosa di filosofico: nella luce è sempre custodito un minuscolo pezzetto di male che ci consente di sopravvivere, opporci al mondo quando questi si mostra troppo duro nei nostri confronti, mentre le tenebre conservano un minimo bagliore di luce che si trasforma in un’accecante stella luminosa se decidiamo di assecondare quella microscopica parte di noi.
Si tratta della rappresentazione dell’anima di ciascun essere vivente, divisa tra il bene e il male, il giorno e la notte, le tenebre e la luce, l’amore e l’odio ma che generalmente lascia trasparire solo uno dei due aspetti, quello dominante. L’altra metà si cela nell’angolo più recondito del nostro cuore, della nostra mente ed è lei che ci spinge a ricercare la nostra parte complementare, il cuore che per effetto magnetico ci appartiene.
I due amanti complementari sono destinati a ritrovarsi prima o poi, non importa quante volte l’odio dovrà rompere quella situazione di unità, amore e tranquillità di cui parlava Empedocle, l’uomo è destinato a ricongiungersi all’elemento cui è stato separato in origine.
Non seppi mai il reale motivo per cui Harry avesse deciso di tenere la parte nera; forse ad indicare che sotto quella facciata da duro che aveva mantenuto per anni così da nascondere la reale insicurezza infusagli dal padre,  batteva un cuore puro e pronto ad amare. O forse perché vedeva in me l’estrema purezza dell’animo nonostante ultimamente si sarebbe dovuto ricredere.
Io stessa lo avevo fatto, avevo messo in discussione la mia onestà ed integrità solo perché un unico, singolo, opprimente  nome continuava a soggiornare nei miei pensieri, occupando ininterrottamente le mie giornate e facendo riemergere il senso di colpa come la sabbia nel mare in tempesta: Malik.

Accantonai i pensieri riguardanti quel ciondolo che aveva portato le mie riflessioni sin troppo alla deriva e mi concentrai nuovamente sull’espressione avvilita di Harry che sembrava quasi rattristato dal mio risveglio.
Lacrime grosse e pesanti si susseguirono infinite lungo le sue guance prima che cominciasse a scaricarmi addosso come un disperato tutta la sua frustrazione e facesse letteralmente balzare la giugulare fuori dalla pelle del collo.
-Ti diverti a prenderti gioco di me vero? Prima mi tradisci con Zayn, poi non mi parli perché ho aggredito mio padre, che tra l’altro non ho idea di dove sia finito, poi apri gli occhi, fingi di svegliarti, mi fai salire il cuore in gola dal sollievo ma poi ricadi in un sonno profondo che si protrae per giorni. Non ne posso più. Se ti diverte tanto farmi soffrire, allora tanto vale che io non venga più a trovarti. A cosa mi serve stare con una persona che si prende gioco di me, mi ferisce, mi illude e poi mi abbandona? Sono esausto-
Lo sguardo che mi rivolse mentre sentenziava tutto d’un fiato quel fiume di parole che per tempo si era tenuto dentro, mi lasciò intuire che non avesse capito quanto il mio stato mentale fosse incredibilmente vigile e che fosse sul punto di lasciarmi sola in balia dei medicinali. Credeva si trattasse di un ulteriore spasmo muscolare determinato dai farmaci ed era palese  il grado di esasperazione del suo essere.
-Ha…- emisi un flebile respiro tentando di richiamare la sua attenzione prima che potesse varcare la soglia ed abbandonarmi ma la voce si ruppe prima ancora di uscire.
Mi schiarii la gola e questa volta le mie parole risuonarono chiare e potenti. Intonai il suo nome con una forza d’animo che non credevo potessi possedere in seguito all’incidente e fissai gli occhi in quelle iridi verdi in grado di farmi sciogliere come il burro sull’asfalto cocente del Texas.
Il suo camminare impetuoso e turbolento da un lato all’altro della stanza si arrestò. Con uno scatto improvviso mi raggiunse e mi stampò un bacio sulle labbra con tale foga che quasi non fece caso al tubicino d’ossigeno ad impedirci i movimenti.
Non prestò attenzione all’alito poco piacevole che l’aver dormito settimane di seguito mi aveva impedito di rinfrescare, né ai capelli disordinati che non toccavano una spazzola da giorni, né tanto meno alla mia mancanza di complicità nel ricambiare al meglio quel bacio ancora intontita dai medicinali, ma fu comunque uno dei più belli che ci fossimo mai scambiati; un bacio di speranza, serenità, riconciliazione ed amore platonico, ricco di tutto il desiderio e disperazione che ci eravamo lasciati alle spalle.
Le nostre lingue danzarono sinuose le une sulle altre creando un’armonia di emozioni capaci di scuotere anche il più gelido dei cuori; io ed il mio Harry eravamo di nuovo uniti.

Nei giorni seguenti i medici non fecero che esprimere apertamente il proprio stupore e congratularsi per la guarigione miracolosa, ma non capivano che tutto ciò che desideravo era ridere e scherzare tranquillamente con gli amici e la famiglia, piuttosto che osservare l’ormai malsana abitudine dell’infermiera di grattarsi la nuca con la penna provocando una nevicata di forfora o udire le flatulenze che il Dottor Ravinoph emetteva convinto che non potessi sentire.
Mia madre aveva trascorso in ospedale la maggior parte del tempo; tornava a casa solo una volta a settimana per concedersi una notte di meritato riposo in un letto confortevole e si faceva dare il cambio per due ore al giorno da Harry che, al contrario, non metteva piede nella sua stanza da mesi.
Al mio risveglio mi aveva sorpresa con regali e cioccolatini, ingolfata di pizza peggio di un inceneritore e sommersa di tutti gli abbracci che, nonostante il nostro bel rapporto, non era mai stata dedita a concedermi.
-Mamma, posso farti una domanda?-
-Certo tesoro, tutto quello che vuoi-
-Dov’è papà?- domandai intimorita dalla risposta, quasi certamente poco piacevole.
-E’… molto impegnato con il lavoro- indugiò qualche secondo prima di fornirmi una scusa ridicola cui non avrei creduto neanche sotto tortura.
-Già... Lavoro. Come sempre no? Le mie recite scolastiche, i miei saggi di danza alle elementari, la mia prima comunione, la premiazione come miglior studente. Lui è sempre al lavoro, che sia domenica non importa, lui lavora. Che sua figlia sia stata premiata per aver conseguito uno dei migliori successi accademici della scuola non importa, lui lavora. Che la sua bambina sia rinchiusa in ospedale sul punto di morte non importa perché lui lavora sempre. Sono stanca mamma di sapere che non gli interessa nulla di me-
-Tesoro non è affatto così-
-Si invece e lo sai bene. Mi odia e me ne ha dato la conferma-
Conclusi la conversazione con gli occhi intrisi di lacrime dettate dalla consap
evolezza che non avrei mai ricevuto l’amore paterno che tanto desideravo e finii per contagiare anche la donna che in tutti i modi aveva sempre cercato di non farmi mancare nulla.

*Zayn’s pov*

*Zayn ti prego, quando senti il messaggio chiamami! Mi manchi e sono preoccupato*
I messaggi vocali che ogni giorno Liam lasciava in segreteria mi distruggevano, mi facevano sentire una vecchia pezza bagnata dimenticata in cantina, l’unico libro rimasto sullo scaffale polveroso, il malconcio paio di scarpe sporche e rovinate chiuse nell’armadio.
Stavano lentamente logorando il mio cuore, e il fegato di conseguenza perché spendevo l’intero stipendio del Night Blue in alcolici, così da placare la mia sete di lui.
Non ero diventato omosessuale, non avevo subito un intervento per cambiare sesso, non avevo assunto sostanze stupefacenti, semplicemente sentivo la tremenda mancanza del mio migliore amico ed ero consapevole che un giorno di più passato in sua lontananza mi avrebbe ucciso.
Trascorrevo intere mattinate a percorrere i cinque isolati che circondavano la pensione e il locale per rimuovere volantini che pubblicizzavano la mia scomparsa appesi a pali della luce e alberi. Sapevo con certezza fosse opera di mia madre, mio padre probabilmente approfittava del tempo non sprecato a darmi del pirla per guardare le maratone di porno in TV.
Necessitavo la vicinanza di una persona cara, che mi aiutasse a portare avanti quel piano non impeccabile ma che mi avrebbe condotto alla salvezza.
Avevo bisogno di un aiuto.
Avevo bisogno di Liam.
-Zayn, oh mio dio dove sei? Come stai? Tutto a posto? Perché sei sparito?-
Il mio amico mitragliò una serie di quindici lettere al secondo non appena avviai la chiamata.
-Ciao Liam- Risposti semplicemente io.
-Che bello sentirti, non sopportavo più non ricevere tue notizie-
-Sto bene, non preoccuparti- lo rincuorai io.
-Ti prego dimmi dove sei. Vengo a trovarti, ho preso da poco la patente in cinque minuti sono lì-
-Liam… rallenta. Non ti ho chiamato per farti venire qui, solo per farti sapere che sto bene e perché tu dica a mia madre di smetterla di appendere volantini. Non mi sono perso, so esattamente dove sono. Ma non voglio essere trovato-
-Cos’è successo?- ricordai a Liam la vita infernale che mio padre mi aveva fatto passare fino ad allora includendovi la descrizione del motivo che mi aveva spinto alla fuga. Scoprire che mio padre aveva distrutto la mia tastiera, gettando nel cesso il mio unico mezzo di espressione, lo fece sussultare più di quanto feci io stesso. La nostra amicizia era nata dalla passione comune per la musica e quella tastiera era intrisa di troppi ricordi.
-Lo ammazzo quel bastardo-
-Liam, tu sai quanto io stesso vorrei farlo ma non possiamo rovinarci la vita per lui. Ecco il motivo della mia fuga. Ti prego per favore di non cercarmi, non mi troveresti e io non voglio essere trovato. Sappi che mi manchi e che ti voglio bene- chiusi la conversazione e gli inviai un ultimo messaggio “Non fare cose di cui potresti pentirti”.
Dopo di che gli dissi addio.

Da settimane avevo ormai fatto amicizia con i bambini del parco: trascorrevo tutti pomeriggi a giocare con loro e, non so per quale arcano motivo, riuscivo anche a divertirmi. Probabilmente perché la mia intera infanzia era stata bruciata e determinate esperienze mi erano sempre state negate.
Vi era un bimbo di nome Jeffrey che mi rincorreva per tutto il parco fino a che, fingendomi esausto, mi gettavo a terra così da permettergli di sedersi sulla mia schiena e mostrare agli amici i pugni in segno di vittoria; in pochi minuti venivo assalito da piccoli ragazzini, soddisfatti per aver sconfitto il “gigante Zayn” e che niente volevano da me se non un sorriso, nessun favore a scopo di lucro, solo una risata genuina che confermava loro il mio buon umore.
C’era Mark che insisteva fino a convincermi a fronteggiarlo in un duello di spade. Olivia che mi si sedeva sulle ginocchia e si faceva raccontare aneddoti curiosi sulla mia vita, nonostante non sapessi cosa dirle.
Ma soprattutto avevo legato con una bimba di circa sette anni; si chiamava Amanda, aveva lunghi capelli castani  che le coprivano le schiena, grandi occhi azzurri del color del mare e un sorriso in grado di riscaldarmi il cuore.
Mi era venuta in contro un giorno dopo essere scivolata sulla ghiaia e sbucciata un ginocchio. La baby-sitter neanche aveva fatto caso al rivolo di sangue che faceva capolino dalla ferita aperta, le aveva solo detto di fare attenzione.
L’avevo medicata con un cerotto che stranamente portavo nella tasca e mi era stata riconoscente.
Tutti i pomeriggi dalle 3 alle 5 giocavo con lei, la aiutavo nei compiti di lettere, la portavo in giro per il parco sulle spalle e intrecciavo i suoi capelli tra le dita mentre era immersa nelle letture assegnatele a scuola. Aveva la fissazione per i miei capelli che si divertiva ad acconciare bagnandosi le piccole e morbide manine con dell’acqua per renderli più malleabili; li definiva morbidi e neri come il pelo del suo peluche preferito il che, detto da una ragazzina della sua età, finii per prenderlo come un complimento.
Le mamme mi avevano ben presto proposto un impiego come baby-sitter in quel paio di ore pomeridiane in cambio della giusta retribuzione in denaro e non ero mai stato più entusiasta di un lavoro in vita mia.
Quei bambini erano davvero stati in grado di migliorare, almeno in marte, la situazione disperata con la quale convivevo e rischiarare le mie giornate.
Sfortunatamente avevo represso il desiderio carnale così a lungo che la necessità di una notte in compagnia femminile si presentò sempre più a gran voce. Il primo impulso fu quello di introdurmi nel primo Night Club che avrei incrociato lungo la via, ma in seguito ricordai che era venerdì, ed ogni venerdì i turni al locale erano allietati dalla presenza di dolci ragazzine disposte ad una notte di fuoco con chiunque gli avesse presentato delle avance.
Non dovevo far altro che aspettare qualche ora prima di potermi godere le gioie della vita.

Ripresi svogliatamente la strada verso il Night Blue, strisciando i piedi lungo il selciato ruvido e tentando di ricaricare lo spirito con qualche canzone degli Arctic Monkeys che però sembravano non adempire ai loro giusti compiti.
Lasciavo scorrere lo sguardo da un lato all’altro della strada, osservavo l’uggioso cielo londinese e mi sembrava quasi di rispecchiarmici: dopo tutto, anche la mia vita era stata unicamente un grosso nuvolone grigio e ancora era in attesa di vedere la luce.
All’improvviso notai un auto in particolare che, dopo avermi sorpassato di qualche metro, rallentò per poi costeggiare a lato del marciapiede: intravidi una figura aprire la portiera e scendere dal veicolo, ma assunsi un’espressione più che allibita nel constatare che quella persona fosse realmente chi credevo di aver riconosciuto.


*Chris’ pov*

Erano trascorsi cinque giorni dal mio risveglio e, nonostante i miei vani tentativi di convincere la infermiere a lasciarmi uscire in giardino almeno una quindicina di minuti, i medici non avevano fatto altro se non ripetermi che solo accertate le mie condizioni sarei stata libera di alzarmi.
Non andavo in bagno da giorni, i miei bisogni erano aspirati da un catetere che rendeva le visite di Harry più che imbarazzanti, i capelli non assaggiavano le dolci setole della spazzola da settimane e la necessità di farmi lavare i denti da mia madre mi riconduceva all’età di quattro anni quando non raggiungevo il lavandino del bagno.

Esatto, erano già passati cinque giorni dal mio risveglio e ancora non avevo visto né tanto meno avuto notizie di Louis. I ragazzi riuscivano a giostrare gli impegni e ricavare un po’ di tempo da dedicarmi tra gli allenamenti di calcio, delle cheerleader e lo studio, ma Lou non aveva neanche provato a ritagliarsi un paio di minuti da trascorrere in compagnia di quella che una volta era la sua migliore amica.
-Harry, perché Lou non è ancora venuto a trovarmi? E’ arrabbiato con me?- domandai nonostante fossi già a conoscenza della risposta.
-Cosa te lo fa pensare? Perché mai dovrebbe essere arrabbiato?- chiese a sua volta tentando di confondermi.
-Ho capito, mi odia-
-Chris, non si tratta di odio è… per un’altra ragione- tentennò rimanendo vago.
-Deve studiare?-
-No-
-Ha il ciclo?-
-Non esattamente- sogghignò
-E’ malato?-
-Si sente in colpa- sentenziò pentendosi immediatamente di quanto detto, consapevole di averlo appena messo nei guai.
Non riuscii immediatamente a collegare il mio incidente ad un motivo valido per giustificare il rimorso di Louis fino a quando quel ricordo tornò violentemente a galla, riportandomi indietro nel tempo di ben due mesi.
-E’ per ciò che vi siete detti, giusto? E’ per il vostro piano che si sente così-
-Quale piano?- sgranò gli occhi evidentemente consapevole di ciò di cui lo stavo incolpando e cercò di cambiare discorso -Chris devi riposarti, i medici hanno detto che…-
-Non mi interessa cos’hanno detto i medici- lo interruppi io per evitare che mi rifilasse ulteriori bugie.
-Sono giorni che non faccio altro se non ascoltare ciò che dicono i medici ma ora voglio delle spiegazioni-
-Spiegazioni? Di che genere? Dai Chris, mettiti a dormire…-
-Non voglio dormire Harry- urali in preda ad una tale rabbia che il vecchietto che passava in quel momento diretto al bagno si affacciò per assicurarsi che tutto fosse a posto.
-Non voglio dormire- ripetei più calma –voglio la verità. Perché progettavi di tradirmi?-
-Non avevo alcuna intenzione di farlo-
-Ti ho sentito, smettila di mentirmi-
-Io dovrei smettere di mentirti?- domandò chiaramente scocciato –Io dovrei smetterla? Tu sei quella che non fa altro se non raccontarmi bugie-
-Di cosa stai parlando!? Ti ho sentito. So per certo quali fossero le tue intenzioni e ringrazio Dio per avermi fatto tornare tali immagini alla memoria. Tu sei il motivo del mio incidente, non Louis. Lui dovrebbe essere qui con me, non tu- lo aggredii convinta della mia tesi.
-Vuoi la verità? Eccola- si diresse verso lo zainetto appeso all’attaccapanni e ne tirò fuori un plico, dopo di che me lo porse sgarbatamente –Aprilo- ordinò poi.
Le dita tremanti in balia della collera e dell’agitazione riuscirono a mala pena a sollevare ambi i lati della busta e sfogliarono con vergogna e ribrezzo il contenuto.
-Dove le hai prese?-
-Louis. Volevi tutta la verità? Eccola servita. Dopo mesi di inganni, Louis è venuto a confessarmi tutto ma io, come un ingenuo, non ho voluto credere alla sue parole. Si è procurato allora delle prove materiali, tangibili, che mi impedissero di dubitare nuovamente della sua fedeltà e della tua scorrettezza d’animo-
Gli occhi mi si intrisero di lacrime e mi fu difficile non scoppiare in un pianto disperato. Osservavo il contenuto di quella busta in balia dell’orrore e un attacco di panico era prossimo ad assalirmi.
 -Voglio proprio sapere con quale coraggio proverai a chiamare nuovamente me “bugiardo”-

Spazio autrice: 
d'accordo, mi preparo a schivare pomodori, spranghe di metallo, tavoli, grattacieli e tutto ciò che desiderate lanciarmi addosso ma ho una giusta motivazione. Sono ben due mesi che non aggiorno a causa della scuola: sono settimane che non faccio altro se non studiare e lo "scrivere" è diventato un concetto a me estraneo.
Spero solo possa piacervi in modo da giustificare il mio ritardo in qualche modo!
Dunque: Chris e Harry litigano alla fine del capitolo, Harry le porge una busta e lei è piuttosto allibita dal contenuto. Cosa avrà visto di così scioccante?
Tornando a Zayn, mostra finalmente il lato tenero aprendosi con dei bambini conosciuti da poco e mostrando apertamente l'amicizia che prova nei confronti di Liam. Ma chi sarà la persona che scende dall'auto?
Lascio a voi le conclusioni e vi chiedo una piccola recensione per sapere cosa ne oensate. Un bacione <3
-Alice




 
  
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