Narnia's
Rebirth
42nd Chapter
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Doveva
vedere.
Caspian
corse fuori dalla cripta, incredulo, incapace di credere alle terribili
parole
di Cornell che condannavano la flebile speranza che lo aveva tenuto in
vita
sino a quell’istante.
Doveva
sapere.
Il
medaglione d’argento rimbalzò sul suo petto quando
si arrestò bruscamente sulla
collinetta che Siria aveva tanto amato, alzando poi la testa verso il
cielo
scuro e ammantato di nubi.
Però
non erano nuvole quelle che oscuravano il sole di Narnia.
Una colonna
di fumo grigio, denso, era apparsa a sud-ovest rispetto a dove si
trovava la
Tana: era uno spettacolo terribile vedere quel mostro color ferro
innalzarsi
verso il firmamento, enorme e terrificante come i draghi descritti
nelle fiabe
che Cornelius gli leggeva quando era ancora un bambino.
No.
Crollò
in
ginocchio, Caspian, quando comprese che quell’immensa pira
funeraria era tutto
ciò che rimaneva della donna che aveva amato.
No.
-Siria…-
gemette, sentendo il volto riempirsi di lacrime e le mani tremare come
mai
prima.
La
consapevolezza di averla perduta lo schiacciò lì
dov’era, inchiodandolo al
suolo con tutta la forza del dolore e ghermendogli l’anima
con lunghi artigli
che la sbrindellarono in pochi istanti, spargendone i poveri resti in
quel fumo
che sapeva di morte.
Seppe in
quell’istante che avrebbe preferito morire mille volte pur di
non assistere a
quello spettacolo, pur di non sapere che Siria aveva rinunciato alla
vita per
proteggere lui e tutta Narnia: urlò, urlò tanto
da sentire i polmoni contrarsi
di dolore, battendo i pugni sul terreno fino a scorticarsi le nocche.
Il sangue
si mischiò con il terriccio ma lui parve non badarci;
abbassò lo sguardo,
sconfitto, guardandosi le mani rovinate e pensando che Siria lo avrebbe
sgridato: lei adorava le sue mani…
Il suo
cuore stridette, spezzato, quando quel pensiero lo sfiorò e
annientò anche quel
poco d’integro che era rimasto di lui.
Non
poteva farcela.
Lei non
c’era più e, con lei, era morta una parte troppo
grande di lui.
Lei se
n’era andata, aveva compiuto il sacrificio che nessuno
avrebbe avuto il
coraggio di portare a termine e, adesso, bruciava della maledizione che
le era
stata imposta contro la sua volontà come la più
pura ed innocente vergine
sacrificale.
Siria
non c’era più.
Calde lacrime
gli rigavano le guance, ma non gl’importava: chi
avrebbe avuto il cattivo gusto di deridere un uomo che piangeva la
donna che
amava?
Serrò
nel pugno quell’unico ricordo che gli rimaneva di lei,
quel medaglione che le aveva donato: sfiorò dolcemente quel
simbolo antico,
quei due cigni che si attorcigliavano in una danza di nodi e arabeschi
senza
fine né inizio, continui come il legame eterno ed
indissolubile che quel
disegno rappresentava.
Non era
possibile soffrire così tanto.
Come aveva
fatto, Siria, a vivere una vita intera col dolore
e la paura nel cuore? Caspian lo sentiva dilaniarlo da dentro, lacerare
ogni
più timido respiro inframmezzato dai singhiozzi…
come poteva essere
sopravvissuta tanto a lungo?
Era un mostro
quello che aveva preso vita nel suo petto e
che, ad ogni secondo, si faceva sempre più violentemente
largo dentro di lui,
distruggendo tutto ciò che aveva faticosamente costruito in
quell’anno di
guerriglia e lasciandosi soltanto polvere alle spalle.
Lasciando
soltanto il ricordo di quegli occhi spenti, vuoti,
quegli occhi che lo avevano abbandonato prim’ancora di lei.
Come
avrebbe fatto a sopravvivere, adesso?
Come
avrebbe fatto a combattere, a lottare, a
vincere quella guerra per cui la sua Siria aveva dato la vita?
Si
passò una mano sul volto, sentendo il sapore
salato delle lacrime macchiargli le labbra mentre, a fatica, si
costringeva a
reprimere tutto quel dolore che pareva volerlo distruggere,
squarciargli il
petto e dilaniarlo fino a lasciare di lui soltanto cenere.
Cenere.
Come ciò che era rimasto di lei.
Siria
aveva dato tutto per la Narnia in cui
aveva sempre detto di non credere, ma che aveva protetto a lungo
– per cui
aveva lottato fino all’ultimo respiro – nonostante
affermasse di non volersi
immischiare in quelle faccende che non la riguardavano.
Narnia
era stata, malgrado tutto, ciò che
l’aveva spinta a diventare ciò che era stata: una
mercenaria, una strega, una
raminga senza un luogo ove fermarsi a riposare…
una guida, una speranza, la
sua amata compagna.
Lui
avrebbe voluto
disperarsi, piangere la sua morte e non rialzarsi più da
quel letto di dolore
composto da fiori sgargianti ed erba rigogliosa su cui tante volte
aveva
riposato con lei; ma sarebbe stato giusto nei confronti della memoria
della
donna che aveva amato così tanto da sapere che nulla sarebbe
stato più come prima,
d’ora in avanti?
No.
Siria
non avrebbe
voluto vederlo compiangersi. Gli avrebbe detto di alzarsi, gli avrebbe
preso
una mano e, assieme a lui, si sarebbe gettata nell’ennesima
battaglia senza
esitare nemmeno per un istante, luminosa e splendente in quel suo
infinito
coraggio.
Però
adesso lei non era lì per stargli accanto,
per dargli la forza di vincere quella guerra.
Si
alzò in piedi,
Caspian Decimo, odiando quel pensiero irrazionale che lo stava
pungolando per
convincerlo a non arrendersi proprio adesso: doveva lottare, ora,
lottare come
mai aveva fatto sino a quel momento per portare a termine
ciò che la sua amata
aveva iniziato.
Era
solo.
Siria
lo aveva sempre
sostenuto, la sua presenza era stata un fuoco che aveva illuminato la
lunga
notte in cui aveva passato la sua intera vita; era diventato un uomo,
con lei e
per lei, aveva imparato cos’era
l’umiltà, cos’era la pazienza
– aveva
imparato ad amare, ad amare lei.
Sarebbe
stato in grado di farcela?
Lei
aveva creduto in
lui fin dall’inizio.
Siria
era sempre
stata convinta di ciò che lui poteva diventare, di
ciò che avrebbe potuto fare
imparando dai propri errori. Quella donna meravigliosa lo aveva
sostenuto
contro Peter, contro Telmar, contro i narniani – persino
contro se stesso e
contro le sue insicurezze, contro le sue paure.
Siria
non si era mai
arresa, mai, nemmeno dinanzi alla morte… e lui non avrebbe
infangato la sua
memoria abbandonando ciò per cui avevano lottato insieme.
Alzò
lo sguardo verso la densa colonna di fumo
che s’innalzava nel cielo una volta terso di Narnia con gli
occhi che
bruciavano, mentre le lacrime si arrestavano fra le sue dita.
Avrebbe
combattuto.
All’ombra
di quel fuoco che gli aveva portato
via tutto lui avrebbe vinto quella dannata guerra a cui lei aveva dato
tanto,
in cui tanto avevano creduto entrambi.
Per
lei.
§
Le naiadi
sussurravano, concitate ed afflitte, mentre attendevano che Mairead
uscisse
dalla reggia per annunciare loro le novità che le
sentinelle, tornate poche ore
prima, avevano sicuramente portato alla Sovrana. L’argomento
di discussione fra
le ninfe era uno soltanto, che si rincorreva di bocca in bocca e di
gemito in
sospiro: la colonna di fumo non accennava minimamente a disperdersi,
sopra di
loro, e l’aria solitamente limpida sapeva di cenere e di
sconfitta.
Improvvisamente,
i mormorii si chetarono.
Una
figuretta esile, che indossava abiti di cuoio rinforzato e portava a
tracolla
un bastone da combattimento, si fece avanti e salì sul podio
che avevano
improvvisato i servitori del palazzo per permetterle di parlare alla
totalità
della folla.
Emanava
un’aura di sicurezza, quella ninfa, che riverberava nella
lunga treccia in cui
aveva raccolto i capelli dorati e che trasudava da ognuno dei movimenti
rapidi
e determinati che aveva imparato a far suoi dopo gli insegnamenti di
Mairead.
Shaylee
prese fiato, chiudendo per un istante gli occhi per non sentire addosso
lo
sguardo delle centinaia di naiadi che, ora, tacevano per ascoltare
ciò che lei
avrebbe avuto da dire.
Siria
non c’era più.
-La Sovrana
Mairead ha ricevuto la conferma che tutti noi temevamo.-
iniziò, sentendo la
voce che tremava e le lacrime che tornavano a pungerle gli occhi: ma si
contenne, respirando a fondo. Aveva pianto abbastanza, ora doveva
comportarsi
come ci si aspettava da lei. -La Paladina del Fuoco, la nostra Siryn,
si è
sacrificata per impedire a Jadis di tornare ad appestare questo mondo
con la
sua esistenza.- continuò, sentendo il cuore dibattersi per
il dolore che le
causavano quelle parole pesanti quanto macigni.
Siria
era scomparsa e, con lei, il marchio di quella promessa a cui aveva
appena
adempiuto.
-I nostri
cuori sanguinano, adesso, ma non possiamo lasciare che il dolore ci
impedisca
di lottare.- continuò, ignorando lo sgomento del suo popolo
e le lacrime delle
più giovani di loro.
Il
suo, di cuore, non sanguinava. Si era spezzato.
Lei e Siria
avevano avuto degli screzi, sì, ma non per questo
l’affetto che l’aveva legata
alla raminga si era smorzato: sapere di averla perduta senza nemmeno
dirle
addio, senza nemmeno abbracciarla un’ultima volta, era
più doloroso di quanto
avesse mai potuto immaginare.
-Gli
esploratori hanno portato notizie nefaste per tutti noi: il ponte su
Beruna è
stato completato, e Telmar avanza verso la Tana di Aslan.-
Peter
doveva essere distrutto.
Controllò
il proprio corpo, Shaylee, quando un tremito
l’attraversò al pensiero di quanto
stesse soffrendo il suo amato Re in quel momento: avrebbe voluto essere
con
lui, ma sapeva che Peter le avrebbe detto ciò che anche
Mairead le aveva fatto
notare.
Il
suo posto era lì, adesso.
-È
giunto
il momento di ricordare che le naiadi hanno protetto questo regno
quando nessun
altro lo avrebbe mai fatto e che continueranno a farlo, oggi come fra
cento,
mille o diecimila anni ancora.- continuò, alzando il volto
con una nuova fierezza
nelle iridi d’oro liquido: Peter avrebbe combattuto fino
all’ultimo uomo, se
necessario, e Siria si era sacrificata per salvare il loro intero mondo.
Non
avrebbe deluso nessuno dei due, mai più.
Sorrise,
trovando la forza di farlo nel ricordo del volto del suo amato,
abbracciando
con uno sguardo orgoglioso e combattivo coloro che, rapiti, stavano
seguendo il
suo discorso parola per parola: il suo popolo, che lei
avrebbe guidato
assieme a Mairead in battaglia.
-È
giunto
il momento di combattere, ancora una volta, per Narnia.-
§
Peter,
all’interno della cripta, ricominciò ancora una
volta il tragitto che aveva
percorso già almeno venti volte, incapace di rimanere fermo.
Siria
era morta.
Gli
sembrava inverosimile.
Siria aveva
combattuto, al suo fianco e non, decine e decine di battaglie: ne era
sempre
uscita sana e salva – magari un po’ ammaccata,
d’accordo, ma comunque viva…
come poteva essersi arresa proprio nello scontro più
importante?
Siria
era morta.
Talia aveva
avuto ragione, avrebbe dovuto essere misericordioso ed ucciderla lui
stesso.
Avrebbe potuto risparmiarle l’agonia di morire in quel
tormento di fuoco che
aveva annerito il cielo di Narnia… ma no, lui non era stato
in grado nemmeno di
compiere quel gesto di pietà.
Si
era lasciato accecare dal rancore.
Come aveva
potuto essere così cieco da non vedere la realtà?
Persino Susan si era accorta
da sola di quanto Siria non potesse essere una semplice
umana… persino Edmund,
maledizione! Tutti loro avevano capito che Siria nascondeva una natura
magica
tranne lui e nessuno si era degnato di farglielo
notare!
Avresti
capito, Peter?
Quella
vocina interiore, che tanto assomigliava a quella di Siria, parve
sbeffeggiarlo.
Sarebbe
stato in grado di capire, lui? Sarebbe stato capace di accettarla per
quello che
era?
Ne
sei stato capace, alla fine, quando ti sei trovato davanti alla
verità?
Il Re
Supremo strinse i pugni, odiandosi come mai si era odiato in tutta la
sua vita:
lui era l’unico colpevole di quel disastro, sua era la
responsabilità di ciò
che era successo a Siria, lui l’aveva
spinta a scappare e a sacrificarsi
per salvare tutti loro.
Era
stato un codardo.
Non era
riuscito a vedere al di là di Jadis, della consapevolezza di
avere dinanzi una
lontana discendente della strega che lui aveva detestato non meno di
quanto,
ora, stesse biasimando se stesso: l’aveva attaccata e
accusata di qualcosa che
Siria non aveva mai fatto, l’aveva ripudiata come compagna di
battaglie e,
soprattutto, come amica.
-Mio Sire.-
la voce di un giovane fauno, latore di messaggi, spezzò il
filo dei suoi
pensieri angosciati.
-Voglio
rimanere solo, se non ti spiace.- si limitò a rispondere il
Re, senza nemmeno
voltarsi verso il nuovo arrivato: voleva compiangersi solo un altro
po’, voleva
soffrire per conto suo fino a riuscire ad acquietare, almeno
momentaneamente,
il rimorso che si sarebbe trascinato dietro per tutta la vita.
-Mio Sire,
è urgente. Porto notizie dagli esploratori.- insistette il
messaggero,
dispiaciuto ma impaziente come tutti i giovani che militavano nelle
truppe narniane.
Sospirando,
l’Alto Re di Narnia alzò il volto e gli
ordinò, con un cenno del capo, di
parlare.
-Il ponte
sul guado di Beruna è stato appena ultimato.
L’usurpatore Miraz conduce un
esercito di almeno diecimila uomini verso la Tana di Aslan.-
recitò lui tutto
d’un fiato, rizzandosi sulle zampe caprine e mantenendo
quella posa rigida e
compita per tutto il tempo.
Non
poteva scegliere un momento migliore, si disse Peter,
imprecando fra sé ma evitando di mostrare
la propria tensione al ragazzo.
-Chiama le
Figlie di Aslan. Adesso.- si limitò ad
ordinargli in tono secco,
invitandolo ad andarsene con un brusco gesto della mano. Il fauno
sparì nella
penombra della cripta, lasciandolo nuovamente solo ma con decine di
pensieri in
più che si accavallavano dentro di lui.
Diecimila
uomini contro poche centinaia di narniani.
Era una
battaglia persa in partenza, quella: nessun condottiero avrebbe potuto
vincere
contro Telmar a capo di quel gruppo di sparuti guerrieri a malapena in
grado di
sostenere un duello… se solo Siria fosse stata lì
avrebbe tirato fuori una
delle sue idee miracolose, era sempre stata molto brava ad ideare piani
e__
Si
maledisse, Peter, per aver permesso alla propria mente di dardeggiare
timidamente, ancora una volta, verso il pensiero di Siria.
Siria
era morta… era morta e lui doveva farsene una ragione.
Serrò
i
pugni, l’Alto Re di Narnia, ricominciando a percorrere la
cripta a passo di
marcia. Non aveva tempo per piangere una strega, si
impose, cercando di
scacciare il senso di oppressione che sentiva gravargli sul petto dal
momento
in cui Cornell aveva annunciato la caduta della Strega Rossa.
-IO
TI CAVO GLI OCCHI!-
Non
ha nemmeno il tempo di alzare lo sguardo, Peter – non ha
nemmeno il tempo di
cacciare indietro le lacrime che gli stanno bruciando gli occhi
–: Aysell gli
si scaglia contro, strillando, con le gote arrossate dal pianto e le
iridi
piene di rabbia.
-Aysell!-
A
nulla vale il richiamo angosciato della ragazza coi capelli neri: la
naiade gli
arriva addosso con la furia di un maremoto, artigliandogli il viso
prima che
lui possa anche solo pensare di scostarsi.
Le
unghie affilate di Aysell gli scavano il volto con cattiveria, aprendo
solchi
che bruciano quasi quanto quella fitta atroce che gli ha mozzato il
fiato pochi
istanti prima.
Rimane
immobile, Peter, incredulo dinanzi a quella piccola furia che sta
cercando di
strappargli gli occhi; è Edmund che balza in avanti,
afferrando Aysell con
decisione e separandola dalla sua vittima inerme.
Susan
gli corre incontro, preoccupata, ma Peter l’allontana quando
lei cerca di
detergergli il viso con un fazzoletto. Si limita a spazzarsi via dagli
occhi il
sangue con la manica della tunica, ed è talmente sconvolto
da non riuscire
nemmeno ad avvertire il dolore.
Aysell
non urla più, adesso: Edmund la tiene stretta contro di
sé, accarezzandole
delicatamente i capelli e sussurrandole all’orecchio una
nenia di parole
confortanti che suo fratello maggiore non riesce a udire.
Piange,
la naiade, arrendendosi al dolore che le sta dilaniando il petto ed
abbandonandosi
nell’abbraccio del giovane, stremata – piange
quelle lacrime anche per lui, per
Peter, che sa di non potersi permettere nemmeno quella mera
consolazione.
Non
può, si dice, respirando a fondo nonostante il sapore del
sangue in bocca gli
dia la nausea. Lui non può piangere per la morte di una
strega – nemmeno se
quella strega lui l’aveva considerata un’amica.
Non
può, perché la colpa di tutto è
soltanto sua.
Bruciavano
ancora, quei graffi.
Aysell non
si era affatto risparmiata, constatò, passandosi quasi
inconsciamente le dita
sul volto sfregiato e sentendo il contorno di un taglio più
profondo degli
altri disegnarsi sotto i polpastrelli.
Bruciavano
come la morte di cui lui era l’unico responsabile.
Si
detestò
e provò ad ignorare se stesso, ma si ritrovò
comunque a riflettere su come si
fosse sentito spezzare dentro nell’attimo stesso in cui aveva
visto le Figlie
di Aslan crollare: era stato quasi un dolore fisico quello che lo aveva
attraversato, una stilettata in pieno petto… possibile che
avesse avvertito il
riflesso della loro sofferenza dentro di sé?
Beh…
tutto era possibile a Narnia, no? Lì poteva persino accadere
che una strega
stringesse amicizia con un Re…
-DANNAZIONE!-
sbottò all’improvviso, sussultando egli stesso per
la veemenza che avvertì
nella propria voce. Scosse la testa, cercando di calmarsi, ma
l’ansia e
l’agitazione continuavano a bruciargli dentro come
fuoco…
…come
il fuoco che aveva ucciso Siria.
Il
provvidenziale arrivo di Aysell, Mirime e Talia lo distrasse da quei
pensieri
che avrebbero potuto portarlo in fretta sull’orlo della
follia: si volse verso
di loro, accennando un inchino con un movimento della testa –
evitando, però,
di guardarle negli occhi.
Aysell
tremava come una foglia, aveva le guance arrossate e i capelli tutti
arruffati;
Talia era tesa come la corda del suo arco, aveva gli occhi gonfi e lo
fissava
come se non avesse desiderato altro che trucidarlo; l’unica
che pareva in grado
di controllare se stessa era l’Ancella dell’Aria,
Mirime, che continuava
meccanicamente a lisciare fra le dita la stessa ciocca dei suoi lunghi,
lisci
capelli corvini con lo sguardo perso nel vuoto.
Il biondo
rimase a distanza di sicurezza, memore di quanto sarebbe stato semplice
per
qualunque di loro ammazzarlo in meno di un istante, e le
ragguagliò in fretta
su ciò che il messaggero fauno gli aveva appena riferito.
-Voi potete
aiutarci in qualche modo?- domandò, infine, sapendo bene di
camminare sul filo
di un rasoio nel porre quella domanda proprio a loro, che sicuramente
lo
incolpavano della morte della loro compagna.
E
non avevano nemmeno tutti i torti, in fondo…
Mirime
sospirò, scorgendo lo sguardo furente che Aysell e Talia
avevano alzato sul Re
Supremo e decidendo all’istante di prendere la parola prima
che potessero
strangolarlo. -Lo faremmo, se fosse possibile.- si scusò,
scuotendo la testa
quando lui le rivolse un’occhiata interrogativa e confusa. -I
nostri poteri
sono spariti, Peter Pevensie, da quando l’esplosione
è divampata.- gli spiegò,
cercando di mantenere il tono della voce distaccato e freddo come i
venti che
spiravano fra le sue amate montagne.
-Pensavi
davvero che avessi smesso di affogarti per simpatia, deficiente?-
Suo
malgrado, Mirime si ritrovò a reprimere un sorriso quando
Aysell sputò quella
frase cattiva in faccia al biondo, che si ritrasse
all’istante davanti alla sua
gelida furia.
Lei ed
Aysell avevano avuto così poco tempo per stare con
Siria… sentì il cuore
dolerle quando si ritrovò a pensare che Siria avrebbe
meritato di crescere con
le sue sorelle, felice e spensierata come ogni bambina avrebbe dovuto
essere e
meravigliosa nella libera espressione della sua splendida magia.
Invece
il destino aveva voluto diversamente.
Non per la
prima volta la pleiade si ritrovò a pensare con astio ad
Aslan, il padre che le
aveva generate per solitudine e che le aveva abbandonate al loro
destino
esattamente come aveva fatto con i Pevensie e con Caspian: se solo
avesse
protetto meglio Siria, se solo si fosse degnato di
dare un segno di vita
ogni tanto negli ultimi tredici secoli…
-Io
sono un mostro, Mirime?-
La
domanda giunge inaspettata, prendendo di sorpresa
l’eternamente giovane Ancella
dell’Aria; Mirime alza gli occhi, guardando la ragazzina
smagrita che, fino a
pochi istanti prima, si stava allenando nel tirare di spada.
Siryn
non la sta osservando, i suoi occhi sono fissi sul bersaglio mobile che
Talia
ha costruito per lei: balza come un gatto, mulinando la spada, e il suo
colpo
va a segno senza nemmeno una traccia di esitazione.
-Assolutamente
no.- risponde la mora, chiudendo il libro che stava leggendo e
posandolo sulla
panchina di pietra, al proprio fianco. -Sei una strega, Siryn, non
è una cosa
brutta.- le ripete, sapendo però che – esattamente
come mille altre volte – la
piccola non crederà alle sue parole.
La
rossa prende fiato, scosta la treccia dalla spalla e la lascia
dondolare sulla
schiena rigida: si volge appena per guardare l’altra di
sottecchi, gli occhi
che brillano di un cupo dolore.
-Però
le streghe le bruciano sul rogo… beh, se non altro
dovrebbero trovare un altro
modo per far fuori me, no?- commenta, cercando di fare del sarcasmo
che, però,
non le riesce così bene: Mirime la vede tremare e sospira,
facendole cenno di
avvicinarsi e di sedersi accanto a lei.
-Nessuno
ti ucciderà, Sir.- le assicura, accarezzandole la frangia
che l’acconciatura
non riesce a trattenere. La bambina sospira, guardandola con quelle
iridi
stanche che dimostrano molti più anni di quelli che, in
realtà, possiede.
-Jadis
sì.- le fa notare, con una rassegnazione tale nella voce da
dare i brividi
persino all’imperturbabile Ancella dell’Aria.
-È questo quello che vuole, vero?
Vuole che io cresca per diventare il suo nuovo corpo.-
Mirime
rimane in silenzio, limitandosi ad annuire appena: Siryn è
grande abbastanza
per aver capito da sola qual’è la maledizione che
la Strega Bianca ha imposto
su di lei, non ha bisogno delle sue conferme. -Sarà come se
mi avesse uccisa,
in fondo. Forse non è così male.- aggiunge la
ragazza, abbassando gli occhi
sulle proprie ginocchia.
Ha
paura, tantissima, ma cerca di nasconderlo: è coraggiosa,
osserva Mirime,
coraggiosa come ben pochi saprebbero essere davanti ad un destino come
il suo.
-Non
dirlo neanche per scherzo.- sbotta, improvvisamente irritata da quella
mancanza
di reazione da parte della combattiva ragazzina che Talia ha portato
nel Regno
qualche mese prima.
La
prende per le spalle, costringendola a sostenere il proprio sguardo:
non può
permetterle di lasciarsi andare così… non
è giusto, Siryn non merita questo e
lei vorrebbe soltanto vederla sorridere – come tutte le
bambine della sua età
dovrebbero poter fare.
-Ascoltami
bene, ora: tu sei parte di Narnia e di tutte noi, sei la Paladina del
Fuoco ed
è un vero miracolo che tu esista, perché nessuna
di noi avrebbe mai sperato di
poterti incontrare.- afferma, sorridendole con tenerezza quando vede le
lacrime
riempirle gli occhi. -Tu sei una speranza, Siryn, non una maledizione.-
aggiunge, e ci crede davvero: quella ragazzina è anche la sua, di
speranza, la speranza che
non ha mai abbandonato di poter vivere serenamente assieme alle sorelle
che ha
scoperto di amare.
Siryn
trema, sconvolta da quella consapevolezza molto più grande
di lei.
-Io
però non riesco a sperare… ho solo tanta
paura…- sussurra, arrendendosi al
terrore e cercando rifugio fra le braccia di Mirime.
-Lo
so, piccola.- la conforta la pleiade, accarezzandole la lunga treccia e
dandole
un bacio sulla fronte. -Però sei una ragazza coraggiosa,
più coraggiosa e più
forte di quanto tu possa pensare. Ce la farai, te lo prometto.-
Gliel’aveva
promesso… Mirime serrò i denti, cercando di non
piangere quando quel frammento
di ricordo svanì dagli occhi della sua mente.
Aveva
promesso a Siria che si sarebbe salvata, che ce l’avrebbe
fatta a sconfiggere
Jadis: senza dubbio la sua amica raminga aveva vinto contro la Strega
Bianca,
le aveva impedito per sempre di tornare alla vita, ma… a
quale prezzo?
In quei
pochi mesi di vicinanza lei e Siria si erano affezionate
così tanto… era stato
impossibile impedire che tutte loro si legassero in quel modo, tanto
particolare e profondo, che nessun altro avrebbe potuto comprendere:
erano
sorelle, loro, sorelle per scelta ed affetto reciproco e non soltanto
per
volere di quell’essere semidivino che aveva donato loro la
vita.
Erano
sorelle che, adesso, piangevano la più coraggiosa e
splendente di tutte loro.
Come
avrebbero sistemato le cose? Loro tre erano esistite a lungo, avevano
posseduto
i loro poteri di Figlie anche prima della nascita di Siria: forse la
brusca
esplosione del Fuoco aveva sconvolto gli equilibri venuti a crearsi in
quegli
anni, da quando Siria era venuta al mondo…
Cristallina
come il ghiaccio, spontanea quanto la vita, la soluzione le si
presentò davanti
in tutta la sua luminosa e crudele semplicità.
Alzò
gli
occhi su Peter Pevensie, cercando di scorgere quel profondo dolore che
il Re
stava cercando di nascondere anche a se stesso: anche lui aveva amato
Siria,
anche lui aveva perduto una sorella in quel rogo… quel
pensiero infelice la
spinse a detestarlo un po’ meno, a sentirsi improvvisamente
più vicina alla sofferenza
che aveva visto agitarsi dentro di lui.
-Aslan
può
rimettere a posto le cose.-
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.My Space:
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Non mi uccidete, per piacere ^^'
Mi dispiace molto vedere che Rebirth non riscuote più tanto successo; mi sono impegnata a finirla, a completarla, mettendoci l'anima e lasciando da parte anche i progetti più seri e con un possibile futuro come Seven Gods. La finirò e non ho intenzione di abbandonarla un'altra volta, ma mi dispiace davvero che in molti abbiano smesso di seguirla.
Lo so, in parte è colpa mia perché ho abbandonato la storia per tantissimo tempo. Non fa niente, però un po' dispiace ^^'
Non ho molto altro da dire su questo capitolo, direi che si spieghi da solo: è ricomparsa, finalmente, anche la cara vecchia Shaylee. È cambiata e s'è fatta più matura, più donna, e per lei ho ancora in serbo un paio d'assi nella manica.
Peter è un personaggio che, come credo si sia notato, mi piace molto e adoro caratterizzare; il suo rapporto con Siria è un'altra di quelle cose che mi mancheranno, una volta terminata Rebirth. Non so, francamente, se valga la pena pubblicare Redial.
Caspian è un poveraccio ma è tanto carino, il mio amore per lui non smetterà mai di crescere xD e Mirime è un altro di quei personaggi che adoro descrivere, mi dispiace solamente averla fatta arrivare così tardi nella fanfiction.
Niente, scusatemi per il ritardo ma non ho sempre Internet, ci rivediamo al prossimo aggiornamento!
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Noticilla:
In questo capitolo viene accennato il nome completo di Siria: "Siria Zairassen".
Come in molti libri ambientati in epoche pseudo-medievali (due nomi fra tutti: la saga di Eragon e Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco), il cognome dei personaggi viene spesso formato con l'utilizzo di una desinenza che significa "figlio/a di". Mi sono categoricamente rifiutata di fare come Christopher Paolini, che ha utilizzato semplicemente l'aggiunta del nome paterno (per i maschi) o materno (per le figlie) sommato alle desinenze "-sson" o "-ssdaughter". Volevo qualcosa di diverso, che non si collegasse all'inglese (sebbene sia la lingua ufficiale di Narnia), poiché non è l'unico linguaggio parlato nel regno. Perciò mi sono inventata, ripescando le mie conoscenze di tedesco, due desinenze totalmente diverse.
Nella mia fanfiction, quindi, le figlie FEMMINE assumono il nome della MADRE con l'aggiunta della desinenza "-ssen"; allo stesso modo, i figli MASCHI assumono il nome del PADRE sommato alla desinenza "-ros" oppure "-oss" (la cosa varia dal nome del padre del pargolo, nel caso finisca in vocale o consonante). Ovviamente sono esclusi i figli di chi un cognome proprio ce l'ha già, ad esempio: un figlio o una figlia di Edmund si chiamerebbe "Pevensie", non "Edmundros" xD
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Noticilla:
Età narniane. Alcuni mi hanno chiesto le età dei baldi giuovani che calcano le scene di questa fanfiction, quindi eccovi accontentati! Ovviamente ho modificato le età definite da C. S. Lewis, ma non mi sento in colpa perché anche Andrew Adamson (il regista, mi pare - confondo sempre i ruoli di regista e produttore - di "Le Cronache di Narnia: il Principe Caspian") l'ha fatto xD
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Famiglia
Pevensie Peter: 20 anni Susan: 18 anni Edmund: 16 anni Lucy: 12 anni |
Figlie
di
Aslan Siria: 20 anni Talia: 1136 anni (dimostrati: 19 circa) Mirime: indefinito (dimostrati: 20 circa) Aysell: 904 anni (dimostrati: 15/16) |
Mercenari Tara: 14 anni Caleb: 22 anni Aaron: 22 anni |
Altri
personaggi Caspian: 18 anni Shaylee: 1528 anni (dimostrati: 17/18) Mairead: 1987 anni (dimostrati: 30/35) |
Noticilla:
Sul mio canale di Youtube sono online un po' di video, se vi va di guardarli, relativi a questa fanfiction: l'ultimo che ho pubblicato è un breve teaser trailer sulle Figlie di Aslan, se vi va di darci un'occhiata li trovate sul mio PROFILO o direttamente al link: http://www.youtube.com/watch?v=u2FMUv7DXRM
N.B. la canzone del capitolo 40° si chiama "Demons" ed appartiene al gruppo "Imagine Dragons". Il video che ho messo come collegamento, però, è farina del mio sacco e riguarda Peter e Siria ^^'
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Tabella prossimi aggiornamenti:
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24/11 - Capitolo 43
08/12 - Capitolo 44
22/12 - Capitolo 45 (così vi augurerò "buon Natale" xD)
05/01 - Capitolo 46
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Stesse noticille dell'altra volta: Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U
Vi ringrazio per aver letto e seguito Narnia's Rebirth sino a qui: ci risentiamo al prossimo capitolo!
Big hugs,
B.
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