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Autore: MidnightChaos    13/11/2013    2 recensioni
"Cyborg: ll termine cyborg o organismo cibernetico (anche organismo bionico) indica l'unione omeostatica costituita da elementi artificiali e un organismo biologico. Nasce dalla contrazione dell'inglese cybernetic organism, per l'appunto organismo cibernetico.
Il confine tra essere umano e cyborg è sempre più sfumato, basti pensare ai progressi delle tecnologie applicate alle protesi e agli organi artificiali: una persona dotata di un pace-maker potrebbe infatti già corrispondere alla definizione di cyborg.”
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Una storia originale, il cui protagonista maschile è Harry...che però non è un essere umano,è qualcosa di diverso. E' qualcosa composto da carne e circuiti. Entrate a leggere se vi ho incuriosito almeno un po' :)
Genere: Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cuore di cyborg.




 
 
Quando il trillare della campanella che segnava la fine delle lezioni risuonò in tutta la scuola potei chiaramente udire il sospiro di sollievo di Gloria alla mia destra.
-E anche oggi sono salva! – mi bisbigliò trionfante, attenta a non farsi sentire dal professore ancora seduto alla cattedra.
-Se tu studiassi non avresti di che preoccuparti – la rimproverai scherzosamente.
-Quando io studierò vorrà dire che è ormai giunta la fine del mondo!
Scoppiai a ridere perché sapevo che sarebbe stato davvero così, la mia bellissima amica odiava studiare, faceva sempre il minimo indispensabile e se mi era possibile la aiutavo come potevo nei compiti in classe con bigliettini e suggerimenti.
-Sei sempre la solita – ridacchiai strizzandole dolcemente una guancia.
Gloria era la mia migliore ed unica amica e non smettevo mai di chiedermi come fosse possibile che una come lei, così estroversa, sempre corteggiata, sempre circondata da una moltitudine di amici potesse aver voglia di stare con me, un elemento che rasentava l’ipocondria.
La salutai ed uscii velocemente dall’aula,ritrovandomi fuori dall’edificio scolastico in un batter di ciglia. Mi incamminai a passo svelto verso la biblioteca, intimorita dai minacciosi nuvoloni neri che galleggiavano sopra la mia testa.
Affrettai ulteriormente il passo, anche se la cartella pesava come un macigno sulle spalle e sulla schiena, il “peso della cultura”, e l’aria gelida si stava intrufolando dentro il mio cappotto.
Arrivata nei pressi della biblioteca, tirai fuori velocemente la mia tessera magnetica e me la preparai in mano, spinsi con forza l’enorme portone in legno e finalmente venni investita da una piacevolissima ondata d’aria calda. Strisciai la tessera e assaporai il familiare odore di libri che mi rassicurava.
-Buongiorno Mila!- salutai allegramente la vecchia signora dietro al bancone del bar.
La biblioteca era dotata di un piccolo bar ed io mi ci fermavo sempre a pranzare.
-Buongiorno a te , cara – ricambiò materna.
La proprietaria era Mila, una signora di 80 anni, dolcissima, amica di mia nonna, che si prendeva cura di me per il tempo che trascorrevo qui dentro.
I miei genitori erano morti in un incidente d’auto quando ero piccolissima, li ricordavo a malapena e mia nonna aveva presto preso il posto di mia madre. Per aiutare economicamente mia nonna, che manteneva entrambe con la sua misera pensione, avevo deciso di cercarmi un lavoretto che però non mi portasse via troppo tempo allo studio e per fortuna avevo trovato lavoro nella biblioteca. Dovevo fare poco o nulla, mi limitavo a fare i compiti dietro un enorme bancone, a mettere al loro posto i libri riportati e a compilare schedari sul computer.
-Cosa mi hai preparato di buono oggi? – le domandai mentre buttavo lo zainetto a terra e mi toglievo il pesante cappotto.
-Spaghetti allo scoglio fatti con tanto amore!
Mi posizionò davanti una scodella con almeno 5 quintali di pasta e ridacchiò della mia espressione sognante.
Mangiai lentamente per godermi appieno quel ben di dio e le raccontai  tutto quello che avevo fatto a scuola mentre lei mi ascoltava con curiosità.
-Sta per iniziare il tuo turno, è meglio che tu vada – mi suggerì.
Mi alzai dalla sedia, presi le mie cose e feci per incamminarmi verso la mia postazione quando venni richiamata.
-Ti ho preparato una torta di mele, così puoi farci merenda – mi fece l’occhiolino e mi passò un piccolo vassoio con dei pezzi di torta ancora fumante.
La ringrazia con un bacio sulla guancia e mi diressi alla mia scrivania. Posai la torta in un angolo e accesi il computer.
-Cara, che piacere rivederti! – mi salutò allegramente un signore sulla sessantina.
-Bob, che libro vuole che le cerchi oggi? – gli chiesi sorridente.
Bob era un signore gentilissimo che veniva almeno una volta a settimana a prendere in prestito libri storici.
Afferrai i libri che mi stava porgendo e compilai la sua scheda sul computer.
-Stavolta vorrei qualcosa sulla guerra fredda…
-Ottima scelta! Settore B storico, corridoio 11, quarto scaffale – gli risposi dopo aver dato un’altra breve occhiata sul computer.
Mi ringraziò e si inoltrò tra gli scaffali.
Adoravo questo lavoro, e non solo perché adoravo i libri. La biblioteca mi tranquillizzava, a volte, quando non avevo niente da fare, vagavo per gli scaffali, prendevo un libro e mi spaparanzavo su una poltrona a leggere.




 La giornata passò velocemente, tra clienti abituali e momenti vuoti, e si erano fatte le 7, l’ora di chiusura della biblioteca. Feci l’ultimo giro tra i corridoi per controllare che non ci fosse rimasto nessuno, poi spensi tutte le luci e uscii dalla biblioteca.
Venni immediatamente investita dalla pioggia che batteva trasversalmente. Tirai fuori l’ombrello e mi infagottai ancora meglio nel mio cappotto, rigirandomi la sciarpa più volte. Per non bagnarmi completamente dovevo camminare con l’ombrello inclinato in avanti così non vedevo dove andavo e rischiavo di sbattere contro chiunque mi si fosse parato davanti. Fortunatamente la biblioteca distava solo pochi minuti a piedi da casa mia. Presi delle piccole vie laterali, il più delle volte deserte, che mi avrebbero fatto arrivare prima a destinazione. Un tuono improvviso mi fece sobbalzare e andò via la luce di tutto l’isolato. Era tutto completamente immerso nell’oscurità, non si vedeva niente. Continuai a camminare per inerzia, i miei passi avevano percorso quelle strade troppe volte perché si potessero sbagliare. Svoltai in un altro vicolo stretto e iniziai a correre per arrivare prima, il vento mi scompigliava i capelli bagnati fradici che mi finivano in bocca e negli occhi.
All’improvviso inciampai in qualcosa e caddi rovinosamente a terra. Ero riuscita a mettere le mani avanti appena in tempo, un secondo dopo e avrei avuto bisogno di una plastica facciale. Mi rialzai in piedi lentamente e non riuscii a trattenere un grugnito di dolore. Nella caduta mi dovevo essere fatta male ad una caviglia. Cercai di ripararmi di nuovo con l’ombrello ma nella caduta molte stecche si erano rotte ed ora era inutilizzabile. Lo lanciai con rabbia da una parte e presi il cellulare per fare luce e vedere in che stato mi ero ridotta. Avevo i jeans all’altezza delle ginocchia strappati e sporchi di sangue, evidentemente mi ero sbucciata. Indirizzai il fascio di luce verso il punto in cui ero inciampata, proprio davanti a me e nella penombra scorsi una figura umana. Era un ragazzo. Cosa ci faceva seduto lì per terra?
-Hei! – esclami per attirare la sua attenzione.
Niente.
-Hei tu! – ritentai invano.
Mi avvicinai e notai che aveva gli occhi chiusi. Che stesse dormendo?
Improbabile, sotto la pioggia al freddo si sarebbe già dovuto essere svegliato.
Gli diedi uno strattone per svegliarlo ma questo scivolò con la schiena sul muro e cadde di lato.
Sembrava un corpo inerme. Era morto?!
-Oh mio Dio…
In preda al panico gli appoggiai due dita sul polso per cercare di sentire il battito che però risultava assente. Provai sul collo e poi direttamente appoggiando la testa sul cuore. Non usciva aria dai suoi polmoni, non respirava. Avevo trovato un cadavere! Dovevo chiamare assolutamente la polizia.
Le mani mi tremavano, rischiando di farmi cadere il telefono nell’acqua più volte ma alla fine riuscii a comporre il numero della Polizia.
Mi portai il telefono all’orecchio e rimasi in fremente attesa di una risposa.
I miei occhi vagavano prima sul corpo del giovane, poi nella via per tornare di nuovo sul ragazzo finchè la mia attenzione non venne catturata da un lieve luccichio sul collo, dietro l’orecchio. Spostai i capelli per vedere meglio. C’era qualcosa, sembrava un piccolo pulsante, e subito sotto c’era un tatuaggio. Era una scritta : Proprietà del Dr. Howl.
Che significava? Come poteva essere di proprietà di qualcuno un essere umano? Spensi il telefono e mi aiutai con la luce del cellulare. Si, era proprio un pulsante.
Le persone di solito non avevano pulsanti sul collo…
Non era possibile che fosse quello che stavo pensando. Queste cose succedevano solo nei film. Non potevo credere che la tecnologia di cui disponevamo al momento potesse arrivare a certi livelli, era impensabile. Quello che avevo davanti non era un essere umano, era un robot.
E che ci faceva in questo cunicolo dimenticato da Dio? Qualcuno doveva averlo abbandonato qui, magari era rotto. Non potevo lasciarlo qui sotto la pioggia, dovevo portarlo a casa con me.
Afferrai il robot per le mani e iniziai a trascinarlo ma era troppo pesante per me e mi dovetti arrendere dopo pochi metri. Mi guardai intorno in cerca di un’idea e il mio sguardo si posò su un cassonetto. Corsi verso di esso, lo aprii e infilai la testa dentro per cercare qualcosa che potesse aiutarmi ma c’erano solo sacchetti neri pieni di immondizia. Ormai preda dello sconforto era pronta ad arrendermi quando notai qualcosa nascosto dietro il cassone, era una specie di slittino, e il caso volle che facesse proprio al caso mio.
Portai lo slittino fino al robot, ce lo issai sopra, non senza qualche difficoltà, e iniziai a trascinarlo, tirandolo per la fune legata ad un’estremità. Arrivai fino in fondo alla via, svoltai l’angolo e continuai a trainarlo ancora per qualche decina di metri, fino ad arrivare nel giardino di casa mia. Mi guardai intorno, era tutto buio ma se qualcuno mi avesse visto trascinare dentro casa il robot avrebbe potuto pensare che tentassi di occultare un cadavere quindi era meglio se fossi passata dalla porta sul retro. Feci il giro della casa, presi le chiavi dallo zaino, aprii la porta della veranda ed entrai. Lanciai per terra lo zaino e il cappotto fradicio che era ormai diventato pesantissimo ed era solo d’intralcio, mi legai i capelli, anch’essi bagnati in una coda mal riuscita e uscii di nuovo in giardino. Presi il robot dalle ascelle e lo trascinai dentro casa. Per fortuna mia nonna era a giocare a tombola con le vicine, così non avrei dovuto darle spiegazioni.
 
 



 
Dopo mezz’ora ero finalmente riuscita a portarlo in camera, dopo un lunghissima, interminabile e inutilissima rampa di scale. Intanto la luce era tornata. Il robot, seduto per terra e appoggiato con la schiena al letto, sembrava una bambola. La pelle di porcellana risultava luminosa anche in quella penombra, i capelli bagnati, gli ricadevano selvaggi sulla fronte e sul collo e i lineamenti erano fini e delicati. Un sacco di particolari, che nel buio del vicolo mi erano sfuggiti mi risaltavano ora agli occhi.
Abbandonai quella bambola in camera e andai in bagno, mi spogliai, gettai i vestiti bagnati nella cesta del bucato e mi asciugai i capelli con il phon. Tornai velocemente in camera, mi infilai il pigiama di pile e mi sedetti di fronte al robot. Gli frizionai i capelli con un asciugamano e gli asciugai un po’ i vestiti con il phon. Dovevo scoprire da dove proveniva e perché fosse stato gettato via.
Mi sedetti alla scrivania e accesi il portatile. Ogni tanto lanciavo uno sguardo al robot alle mie spalle. Ero cosciente del fatto che si trattasse di un oggetto inanimato, non era un essere umano, era un robot, che neanche funzionava, era poco più di una bambola, ma era impossibile non pensare che fosse comunque bellissimo e non mentivo dicendo che sarebbe potuto essere uno dei ragazzi più belli che avessi mai visto.
Non appena il computer fu pronto digitai sulla tastiera “Dr. Howl”.
Non fu facile trovarlo, la ricerca mi aveva condotta ad un numero esorbitante di risultati e dopo varie ricerche avevo finalmente trovato la risposta che cercavo. Il Dr. Howl era uno scienziato miliardario specializzato in genetica umana, che aveva in seguito affrontato il mondo delle protesi e che negli ultimi anni si era rinchiuso nella sua gigantesca villa per degli sperimentali studi misteriosi di cui nessuno sapeva nulla. Oltretutto sembrava proprio vivere in questa città. Purtroppo, nonostante fosse uno scienziato molto famoso, di fama mondiale, era anche una persona piuttosto riservata e non si avevano molte notizie della sua vita.
Quindi l’unica scoperta utile, e neanche tanto, fatta fino ad ora, era che il costruttore del robot era questo famigerato Dr. Howl.
In seguito digitai: robot con sembianze umane.
Il risultato della ricerca mi portò subito ad un risultato interessante. La pagina di Wikipedia spiegava con puntuale precisione il significato del termine Androide.
 
 
“L'androide è un essere artificiale, un robot, con sembianze umane, presente soprattutto nell'immaginario fantascientifico. In taluni casi l'androide può risultare indistinguibile dall'essere umano. Differisce dal cyborg, il quale è costituito da parti biologiche oltre che artificiali.
L'idea di persone artificiali può in certo modo essere rintracciato fin dalle storie della mitolgoia greca. Cadmo seppellì dei denti di drago che si trasformarono in soldati; secondo il mito re Pigmalione si innamorò di una statua che rappresentava una donna ideale, Galatea; chiese allora ad Afrodite di donare la vita alla statua, e sposò la donna.
Nella mitologia classica, inoltre, il deforme dio del metallo (Vulcano o Efesto) creò dei servi meccanici, che andavano dalle intelligenti damigelle dorate a più utilitaristici tavoli a tre gambe che potevano spostarsi di loro volontà.
La leggenda ebraica ci parla del Golam, una statua di argilla, animata dalla magia cabalistica. Nell'estremo Nord canadese e nella Groenlandia occidentale, le leggende Inuit raccontano di  Tupilaq(o Tupilak), che può essere creato da uno stregone per dare la caccia e uccidere un nemico. Usare un Tupilaq per questo scopo può essere un'arma a doppio taglio, in quanto una vittima abbastanza ferrata in stregoneria può fermare un Tupilaq e "riprogrammarlo" per cercare e distruggere il suo creatore.
Il termine androide è menzionato per la prima volta nel 1270 dal filosofo, teologo e scienziato Alberto Magno, che lo utilizzò per definire esseri viventi creati dall'uomo per via alchemica. Una leggenda vuole Alberto Magno costruttore di un vero e proprio androide in metallo, legno, cera, vetro, cuoio, con il dono della parola, che avrebbe dovuto svolgere la funzione di servitore presso il monastero domenicano di Colonia.
Nel XVI secolo i trattati di alchimia fornivano indicazioni per costruire un essere artificiale: l'homunculus.
La prima vera tecnologia degli automi meccanici si può far risalire al medioevo, quando si cominciano a costruire le prime figure mobili che arricchivano i campanili e gli orologi delle chiese.
Il primo progetto documentato di un androide è firmato da Leonardo Da Vinci e risale al 1495 circa: appunti riscoperti negli anni cinquanta nel codice Atlantico e in piccoli taccuini tascabili databili intorno al 1495-1497 mostrano disegni dettagliati per un cavaliere meccanico in armatura, che era apparentemente in grado di alzarsi in piedi, agitare le braccia e muovere testa e mascella. L'automa cavaliere di Leonardo era probabilmente previsto per animare una delle feste alla corte sforzesca di Milano, tuttavia non è dato sapere se fu realizzato o meno.”
 
C’era un susseguirsi tale di informazioni e di pagine correlate che avrei avuto da leggere per mesi, ma un’altra pagina attirò la mia attenzione.
 
“Cyborg: ll termine cyborg o organismo cibernetico (anche organismo bionico) indica l'unione omeostatica costituita da elementi artificiali e un organismo biologico. Nasce dalla contrazione dell'inglese cybernetic organism, per l'appunto organismo cibernetico.
Il termine è nato nell'ambito della medicina e della bionica, pur avendo avuto maggior successo nell'immaginario fantascientifico. Il termine cyborg fu reso popolare da Manfred E. Clynes e Nathna S. Kline nel 1960 in riferimento alla loro idea di un essere umano potenziato per sopravvivere in ambienti extraterrestri inospitali. Essi ritenevano che un'intima relazione tra essere umano e macchina fosse la chiave per varcare la nuova frontiera dell'esplorazione spaziale in un prossimo futuro.
Il confine tra essere umano e cyborg è sempre più sfumato, basti pensare ai progressi delle tecnologie applicate alle protesi e agli organi artificiali: una persona dotata di un pace-maker potrebbe infatti già corrispondere alla definizione di cyborg.”
 
Avevo letto così tante informazioni che mi stava per scoppiare la testa. Spensi il computer e mi massaggiai le tempie con i pollici. Mi alzai in piedi e mi inginocchiai tra le gambe divaricate del robot. Mi avvicinai, gli spostai i capelli di lato e pigiai sul pulsante. Mi scostai per poterlo guardare ma non era cambiato niente. Forse era rotto, con tutta l’acqua che aveva preso poi era impensabile che potesse funzionare ancora…o magari era solo scarico. Come funzionava? Potevano essere scarichi? Avevano un caricabatteria come quello che si usava per il cellulare?
Avevo duemila domande che mi vorticavano nella mente e una fame ormai impossibile da ignorare. Scesi in cucina mi feci del latte caldo e presi un pacco di biscotti. Portai tutto in camera, accesi la tv e mi sedetti per terra tra le gambe del robot. Era ridicolo come mi fossi già abituata all’idea di avere un robot in casa e che lo trattassi come un bambolotto o un peluche.
 
 
Mi mossi nel tepore che mi circondava per spostarmi da un fascio di luce che mi cadeva proprio sul viso. Mi rigirai dall’altra parte e mi accostai ancora di più alla fonte di calore che mi coccolava.
-Buongiorno principessa.
 
 
 
 
 




 
 
Holaaaaaaa!
Rieccomi dopo tanto tempo con una nuova ff…felici eh?xD
Questa è stata…un fulmine a ciel sereno!
In che senso?
In pratica l’ho sognata la notte scorsa, e poi l’ho messa subito nero su bianco sviluppandola!
Che dire? Spero sia qualcosa di originale e interessante!
Da parte mia, non mi sembra di aver trovato niente di simile nel forum.
Il protagonista è sempre Harry, si lo so…
Ragazze ( e ragazzi, se ci siete xD), che volete farci? Sono fissata con lui!
Non mi riesce scrivere di nessun altro dei ragazzi!
Nel’’altra mia ff, c’è Zayn è vero, ma ho dovuto infilarci anche Harry perché sennò non mi sentivo bene con me stessa xD
Ho fatto qualche breve ricerca per questa ff;
le informazioni che trovate tra le virgolette, scritte in corsive, sono vere, le ho trovate su Wikipedia. Controllare per credere.
Il Dr. Howl me lo sono inventato, ma me lo immagino come il Dr House xD
Per quanto riguardala protagonista non ho ancora scelto né un nome né un volto per lei, ma provvederò nel prossimo capitolo! xD
(provvederò anche al banner xD)
E’ che non volevo cadere sul banale…Mi capita di trovare ff con i nomi delle protagonista tutti uguali o che usano tutti le stesse attrici per dare il volto alle protagoniste…quindi cercavo qualcosa di particolare.
Via, fatemi sapere cosa ne pensate che una recensione fa sempre piacere!
Buonanotte dolci fanciulle!
  
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