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Autore: RainbowCar    13/11/2013    1 recensioni
FF iniziata quando DAI non era ancora stato rilasciato. In questa storia gli eventi di Inquisition non sono mai accaduti: ho scelto di immaginare i miei eroi e le loro storie; personaggi nuovi che inevitabilmente incontrano quelli di DA:O e DA2.
"Era tutto perfetto. Mio padre e mia madre si abbracciavano sorridenti mentre mi guardavano giocare col mio fratellino. Il sole splendeva alto nel cielo e il lago Celestine luccicava come uno zaffiro. C’erano uccelli e cerbiatti, e nug. E c‘era un drago. Un drago enorme, mostruoso. Era venuto per uccidere."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Custode, Hawke, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un profumo delicato, fiori di campo sferzati da un vento fresco in contrasto col calore di quelle labbra morbide, umide come rugiada mattutina, dolci come nettare. Lo scrosciare costante dell’acqua; la luce offuscata da un cielo velato da nuvole.
Chiusi gli occhi.
Le sue labbra erano posate sulle mie, in un bacio dolce ma anche intenso.
Pensai alla prima volta che avevo ricevuto un bacio. Era stata Merrill a darmelo, ma le motivazioni erano sicuramente differenti. Si era trattato di un addio, di un saluto fugace, una dimostrazione di amicizia.
Con Deleric sembrava molto diverso. Non so descrivere esattamente cosa provai in quell’istante, il cuore mi batteva all’impazzata, desideravo scappare, andare il più lontano possibile, non sapevo come reagire, cosa fare, nemmeno cosa pensare. Non ero io quella che se ne stava inerme a subire gli eventi, eppure me ne stavo lì pietrificata, aspettando che finisse. Non ero contrariata, ero profondamente turbata.
Dopo attimi che mi parvero interminabili, Deleric si staccò da me. Sentii un brivido, il vento mi investì rimarcando l’interruzione di quel caldo contatto.
Riaprii lentamente gli occhi, non senza timore di incontrare i suoi. Non avrei saputo cosa dirgli, e il silenzio non era una buona alternativa. Evitai di incrociare il suo sguardo e corsi via in direzione dell’accampamento, assalita da un turbinio di emozioni contrastanti.
Potevo dire che quello era stato il mio vero primo bacio.
Ero arrabbiata perché mi era stato rubato, ero stata colta alla sprovvista, ma allo stesso tempo ero eccitata dalla nuova esperienza che avevo appena vissuto. Ero a disagio per quello che avrebbe potuto significare, per come mi sarei dovuta comportare, per quando sarei stata di nuovo da sola con lui e avrei dovuto spiegare le ragioni della mia fuga improvvisa, ma meravigliata per l’ebbrezza che mi aveva procurato.
Era profondamente ingiusto. Mi sentivo violata.  Ma non ne avevo motivo. Avevo avuto interminabili secondi per interromperlo ma non l’avevo fatto. Inoltre non ero esente da colpe, ancora riflettevo su quella rivelazione scioccante.
Aveva pensato a me per quasi cinque anni, era qui perché cercava me e io ero così vigliacca da non dirgli che mia aveva trovata, che quella ragazza ero io e che non ero la figura liliale che aveva immaginato, non avevo il coraggio di infrangere la bella immagine che aveva di me, di infrangere i suoi sogni.
Ma soprattutto mi chiedevo perché mi avesse baciata.
Mia madre avrebbe detto che il ragazzo aveva solo voglia di sfogare i suoi istinti, eppure sentivo che c’era qualcosa di diverso. Deleric non sembrava avere quelle intenzioni. Certo, era un uomo, e come ogni uomo aveva i suoi bisogni, ma sembrava una spiegazione troppo semplicistica, ero convinta che fosse più di quello. Se avesse voluto approfittarsi di me avrebbe potuto farlo, io non avevo opposto la minima resistenza. Rabbrividii a quel pensiero. Cosa sarebbe potuto succedere? La cosa mi inquietava. Se avesse provato di nuovo a baciarmi? Se si fosse spinto anche oltre? Come mi sarei comportata? Avrei reagito?
Mi ponevo molte domande, incapace di darmi una risposta, la qual cosa mi spaventava anche di più, per quanto fosse possibile. Proprio poche ore prima avevo parlato di sesso con Altelha e avevo detto di non avere nessun interesse in merito, eppure in quel momento ci pensavo, pensavo che sarebbe potuto accadere e provavo sgomento non necessariamente correlato al rifiuto dell’idea.
 
Il vento era diventato decisamente più freddo. Ma io sentivo caldo.
Il primo sguardo che incrociai arrivata all’accampamento fu quello di Feron.
“Che fine avevi fatto? Non ti ho vista andare via. Sadine ha raccontato della sua visione, avresti dovuto vedere Gulliack e Altelha, sembravano due bambini a cui stessero raccontando una fiaba!”
Mi sorrise, ma cambiò espressione quando notò il mio turbamento.
“Cos’hai? Sei tutta rossa… non ti senti bene?”
Allungò una mano e la posò sulla mia guancia.
“Sei accaldata…” constatò.
Allontanai repentinamente la sua mano, con uno scatto fin troppo plateale.
“Sto bene!” Esclamai con tono di voce agitato come il mio stato d’animo.
Parve meravigliato dal mio atteggiamento non proprio accomodante, tanto che arrivò a scusarsi.
“Mi dispiace, non volevo infastidirti. In realtà io volevo parlarti…”
Si interruppe, osservando qualcosa alle mie spalle.
Mi voltai e vidi Deleric arrivare dalla stessa direzione da cui ero arrivata io. Avanzava verso di noi.
Spalancai gli occhi, sperando che la presenza di Feron lo facesse desistere dall’avvicinarsi, e mi voltai nuovamente verso il mio interlocutore, il cui atteggiamento mutò.
Non so cosa avesse pensato in quel momento ma fece qualche passo indietro, incapace di staccare gli occhi dall’orlesiano.
“Adesso vado”  disse, prima di andare verso la sua tenda “ho bisogno di dormire”
Mi aveva appena detto di volermi parlare e andava via? Non capivo.
Ero di nuovo sola e volevo evitare di affrontare una qualsiasi discussione con Deleric. Sapevo che prima o poi avrei dovuto parlargli di nuovo, ma non in quel momento, proprio non me la sentivo. Mi recai verso la mia tenda, sperando che chiudendola per bene avrei chiuso per un po’ là fuori anche tutte le mie emozioni, gli eventi che avevano scosso quella notte e quella mattina, irrompendo nella mia vita come un temporale estivo.
 
Alcune ore dopo il cielo era diventato buio, coperto da pesanti nuvole cariche di pioggia.
“Abbiamo finito gli impiastri curativi e le erbe per ottenerli” mi annunciò Altelha, “ma all’accampamento Dalish dovremmo trovare le scorte che ci occorrono”
Annuii.
Dovevamo rimetterci in viaggio, anche se il tempo sembrava stesse diventando avverso, ma non potevamo restare ancora lì, quel posto ormai era diventato asfissiante.
I Dalish non erano lontani, ne avremmo approfittato per trovare riparo in caso di pioggia. A quanto aveva raccontato Altelha, gli elfi erano diventati molto più accomodanti e gentili con gli umani di quanto non fossero prima del Flagello.
Sfruttai quei momenti per scambiare qualche parola con Sadine.
Feron sembrava essersi chiuso in un mutismo ostinato, non aveva più detto una parola da quando si era ritirato nella tenda e ora viaggiava da solo in cima al gruppo, Gulliack e Altelha camminavano mano nella mano e io facevo di tutto per evitare Deleric, che se ne stava da solo, a pochi passi da me e Sadine, gettandomi un’occhiata di tanto in tanto, che io fingevo di non notare.
Sadine mi parlò della sua visione, di come ci avesse visti e fosse curiosa di sapere il perché le fossimo apparsi, poi mi spiegò il vero motivo del suo viaggio.
“Ho una figlia” mi disse, “che non vedo da anni. Purtroppo circostanze avverse ci hanno separate ma io non vedo l’ora di riabbracciarla, la sto cercando… potrebbe essere ovunque ma so che la rivedrò”
“Come fai a esserne certa? L’hai visto in una visione?” chiesi, meravigliata da tanta sicurezza.
“No, il nostro incontro non l’ho ancora visto, ma ho visto qualcosa che mi ha portato a credere che potrò incontrarla presto”
“E cosa sarebbe?”
“Ho visto mia nipote. Se arrivo a lei, rivedrò anche sua madre”
Quello che diceva aveva senso. Certo sembrava abbastanza giovane, ma doveva aver avuto sua figlia in età adolescenziale, e anche per sua figlia doveva essere stato così. Tutto sommato era plausibile, anche mia madre mi aveva avuta presto e in teoria io avrei potuto già avere dei figli, rendendola nonna.
Non le chiesi quei particolari, mi sembravano troppo personali, non eravamo ancora a quel livello di confidenza, ma pensai che eravamo tutti alla ricerca di qualcuno o qualcosa.
Sadine cercava sua figlia, Altelha e Gulliack cercavano la benedizione di Shianni, io cercavo mio padre, Deleric cercava la ragazza del mercato e Feron… Feron chi o cosa stava cercando?
Mi resi conto che non lo sapevo. Aveva svolto la sua missione per Anders, ma poi aveva continuato a viaggiare con noi. Possibile che andasse anche lui a Denerim?
Dovevo togliermi quel dubbio, dovevo chiederglielo. Inoltre volevo capire il perché del suo strano atteggiamento.
Ci fermammo qualche minuto per riposarci e consumare un pasto veloce, così ne approfittai per avvicinarlo.
Mi sedetti accanto a lui, all’ombra di un grosso albero. Inizialmente non sembrò dare peso alla mia presenza, poi però si voltò verso di me. Non potei fare a meno di porgli delle domande.
“Andrai di nuovo da Anders? Il suo alloggio non è lontano” constatai.
Finalmente sentii di nuovo la sua voce, anche se si prese qualche istante per valutare la risposta da darmi.
“Ci ho pensato, ma non credo di essere io la persona che voglia accanto a sé in questo momento. Se Hawke fosse ancora lì?” sorrise, anche se era un sorriso carico di nostalgia e apprensione, “Non vorrei disturbare”.
“Tu pensi che sia andata da lui perché lo ami?” chiesi, titubante.
“No. Lei ama Fenris, mi pare chiaro. Però nel suo cuore c’è posto anche per Anders, sebbene lei abbia voluto negarlo con tutta sé stessa”
“Che strano atteggiamento” osservai, “perché negare di provare dei sentimenti? Fanno parte della natura umana, prima o poi saltano fuori e non c’è modo di arginarli, tanto vale accettarli fin da subito e conviverci giorno per giorno”
Ero brava a parlare. Predicavo bene, razzolavo male. In quel momento una discussione sui sentimenti era proprio l’ultima cosa di cui avevo bisogno e soprattutto l’ultima cosa su cui avevo le idee chiare.
“Scusami, non so quello che dico, non dovrei parlare di cose che non conosco” affermai infine.
“Sei sicura di non conoscere questi sentimenti?” mi chiese guardandomi negli occhi, “sei davvero sicura di non sapere cosa sia l’amore?”
Non riuscivo a comprendere il perché di quella domanda. Cosa voleva sapere esattamente? Ero stata proprio io a chiedergli una volta cosa fosse l’amore, se fosse uguale a quello cantato dai menestrelli, e lui mi aveva risposto di sì e mi aveva abbracciata… senza che io capissi realmente il motivo di quel suo gesto. Sapeva che per me era tutto nuovo, incerto, eppure adesso stava insinuando qualcosa, nella sua voce risuonava un certo rimprovero o forse rammarico. Dovevo vederci chiaro.
“Ma cosa…” sentii dei passi alle mie spalle.
“Andraste…”
Deleric ci aveva raggiunti.
Mi parve di notare sul volto di Feron un’espressione irritata. Si alzò e si allontanò, lasciandoci soli.
 
Sapevo che prima o poi ci saremmo parlati di nuovo, ma non speravo tanto presto.
Deleric rimase in piedi, di fronte a me.
“Scusami, non sono stato un gentiluomo, sono stato impulsivo e ho sbagliato, perdonami” mi implorò.
Non sapevo che dire, non mi aspettavo delle scuse. Voleva dire che non aveva avuto realmente intenzione di baciarmi? Che aveva agito d’istinto? Che per lui quel bacio non aveva significato niente?
Non sapevo se essere delusa o sollevata.
Feci spallucce, fingendo indifferenza.
“Non è successo niente, un bacio non ha nessun significato” sentenziai.
A quel punto si mise in ginocchio.
“Ne ha eccome. Quel bacio per me ha significato tanto. Io… credo di amarti, Andraste. Come il Creatore ama la sua sposa,  il poeta ama la sua musa, il menestrello ama il suo liuto…”
Mi aveva appena paragonata a un liuto?
Scoppiai in una risata. Era la dichiarazione d’amore più strampalata che avessi mai sentito, nonché l’unica rivolta a me. Era venuto fuori l’orlesiano, quello abituato a parole pompose e gesti plateali, ma io non desideravo avere a che fare con quel Deleric, preferivo quello spontaneo, sensibile, vero.
Risi, anche per scaricare la tensione e l’imbarazzo che mi aveva procurato la consapevolezza che lui provasse per me tali sentimenti. Aveva usato la parola amore. Non volevo sminuire la natura del suo affetto, eppure mi sembrava così impossibile, ero sicura che se avesse saputo la verità mi avrebbe odiata, il suo amore non poteva essere sincero, anche se probabilmente pensava che lo fosse.
La sua espressione di certo era cambiata. Mi aveva aperto il suo cuore e io avevo risposto ridendogli in faccia. Abbassò lo sguardo, incerto.
Mi affrettai a scusarmi.
“Perdonami, non avevo intenzione di deriderti, ma io non sono quel tipo di donna che ha bisogno di essere adulata, ti preferisco schietto e impulsivo”
Nei suoi occhi si riaccese la speranza.
Non avevo finito.
“Comunque sono  stupita… Non mi aspettavo una… dichiarazione… io… sono confusa. Stamattina sono scappata via perché… mi hai colta alla sprovvista e… beh… era la prima volta che mi trovavo in una situazione simile”
Decisi di essere completamente onesta, in fondo gli dovevo almeno quello.
“E’ stato il tuo primo bacio?”
Annuii, al limite dell’imbarazzo.
“Ti ho sottratto il primo bacio. Ti chiedo di perdonarmi. Eppure non vorrei che fosse il primo e l’ultimo che tu mi abbia concesso. Vorrei che fossimo più di semplici compagni di viaggio, mi piacerebbe che tra noi ci fosse qualcosa di speciale come per Gulliack e Altelha. Io sono innamorato di te. Tu provi qualcosa per me?”
Ecco che si insinuava di nuovo dentro di me quella tremenda sensazione di disagio, battiti accelerati, viso rosso e fiato corto. Non potevo credere che stesse accadendo proprio a me. Non ebbi il coraggio di dargli una risposta chiara, non sapevo cosa avrei dovuto dirgli.
Lui capì.
“Promettimi solo che ci penserai e che mi darai una risposta. Io aspetterò”
Mormorai un “D’accordo”.
Senza dire un’altra parola si alzò e raggiunse gli altri, piuttosto lontani da noi, nascosti alla vista da una vegetazione incolta.
Inspirai lentamente. La seconda dichiarazione era stata senz’altro migliore e anche più diretta. Di sicuro non mi lasciava indifferente.
Aveva paragonato quello che avrebbe voluto a quello che avevano l’elfa e il nano. Ma loro avevano intenzione di sposarsi…. Eppure non ero sicura che si riferisse a quello, cosa desiderava esattamente? Era innamorato di me… ma di chi era innamorato? Della ragazza che aveva conosciuto nell’ultimo periodo o di quella vista al mercato cinque anni prima?
Pensai che mi facevo troppe inutili domande, che forse avrei dovuto lasciarmi trasportare dagli eventi, godermi il momento piuttosto che continuare a rimuginare.
Avevo proprio bisogno di parlarne con qualcuno, magari con mia madre. Mi avrebbe fatto sicuramente riflettere sull’assurdità dell’amore e sulla necessità di non complicare il tutto con i sentimenti. A suo dire ci si poteva divertire anche senza provarli.
Mia madre mi mancava. Dovevo ammetterlo. Pensare a lei mi fece stare meglio.
Eppure il pensiero di avere un compagno non mi abbandonò.
Rovistai nella mia bisaccia e trovai il prezioso dono che avevo ricevuto all’inizio della mia avventura.
Infilai l’anello di legnosilvano all’anulare sinistro, come facevano le donne fidanzate o sposate. Lo osservai, fantasticando per qualche istante, poi conclusi che era decisamente uno spreco tenerlo nascosto in una bisaccia. Era un vezzo, forse l’unico che avessi, ma mi piaceva tenerlo al dito e lì lo lasciai.
“Che bell’anello che hai!” si complimentò Altelha non appena lo vide.
Ci eravamo appena rimessi in viaggio e io avevo cercato di avvicinarmi di nuovo a Feron, che però mi aveva palesemente ignorata. Camminavo qualche passo dietro di lui, quando Altelha mi aveva raggiunto.
“E’ un regalo?” mi chiese.
“Sì”
“Ma è stupendo, deve valere molto, la persona che te l’ha regalato deve tenere molto a te”
“E’ così” risposi sorridendo.
“E anche tu tieni a lei?”
“Certo” non potei fare a meno di ammettere. Avrei tanto voluto rivedere Merrill.
Feron si fermò in modo che potessimo raggiungerlo, poi mi prese la mano e osservò l’anello, come per sincerarsi del suo valore o della sua stessa esistenza.
“Congratulazioni” disse secco, prima di rimettersi in marcia a passo svelto, senza darmi nemmeno la possibilità di chiedergli a cosa si riferisse.
 
 
Un temporale accompagnò il nostro ingresso all’accampamento Dalish. La guardiana ci accolse un po’ stranita, forse non si aspettava di ricevere visite, dopotutto dovevano essere rare, ma conosceva Altelha e ci diede ospitalità assegnandoci una tenda per le donne e una per gli uomini.
In un certo senso fui sollevata da quella separazione forzata, in quel modo avrei potuto stare lontana da Deleric il più possibile per riflettere in pace, anche se più mi sforzavo di riflettere, più mi rifiutavo. Non volevo pensarci.
Mi accasciai sul giaciglio di foglie secche, stremata, e cercai di vuotare la mente da tutto quello che era successo quella notte e quella mattina, dal pensiero che avrei potuto perdere qualcuno per sempre, dal mio primo omicidio, dal mio primo bacio. Dalla dichiarazione d’amore di Deleric e dallo strano comportamento di Feron, dalla nuova arrivata che aveva il dono della preveggenza. Chiusi gli occhi, considerandomi al sicuro. Mi addormentai.
  
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