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Autore: la luna nera    13/11/2013    2 recensioni
Io non volevo combattere. Volevo essere semplicemente Urania. E basta.
Ma mi resi conto che fuggire faceva di me una codarda e quella parte di me rimasta assopita per tanti anni mi stava continuando a chiamare.
Ed io dovevo rispondere.
Estrellon, luogo al di fuori del tempo e dello spazio, era la mia casa. Lì avrei ritrovato il mio passato, la verità su me stessa e la forza per annientare quel nemico contro cui le altre essenze di stella già combattevano. Estrellon, mondo magico in cui crescono piante dagli straordianri poteri, fra le quali si nascondono i dink e si intrecciano storie, amori, passioni che una volta accarezzate non si dimenticano mai più.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL NASCONDIGLIO
 
 
Dire che mi sentivo a pezzi era poca cosa.
Tutto era distrutto, cancellato, scomparso.
La casa famiglia non esisteva più.
Ma la cosa peggiore era che non esistevano più i suoi abitanti.
Coloro che la riempivano di grida gioiose, canzoncine e filastrocche, di sogni, di speranze per il futuro….
Una mano si poggiò sulla mia spalla.
Mi voltai.
Era Michie.
“Vega mi sta chiamando, Urania. Mi sta permettendo di tentare il miracolo.”
Vedevo i suoi occhi gonfiarsi di quelle lacrime speciali, capaci di ridonare la vita.
“Coraggio, cercate di radunarli tutti nel minor spazio possibile. Spero solo che le mie lacrime bastino per tutti.”
Prendere in braccio i miei bambini in quello stato mi provocò un dolore che non so quantificarvi.
Distendemmo tutti nello spazio antistante le macerie.
Michie si posizionò immobile davanti a loro con le mani giunte.
Il suo corpo cominciò a brillare grazie alla potenza della stella Vega.
Dai suoi occhi sgorgarono le lacrime. Ne raccolse il più possibile nell’incavo delle mani e con esse cosparse i corpi distesi davanti a lei.
Attorno non tirava un filo di vento.
La tensione era al massimo.
Eravamo tutte con il fiato sospeso.
Le gambe di Michie iniziavano a tremare, probabilmente l’energia necessaria era troppa.
All’improvviso udimmo le sirene delle ambulanze in avvicinamento.
Sopraggiunsero con una rapidità incredibile: i soccorritori constatarono che, seppur in condizioni gravissime, le persone erano ancora in vita!
Li caricarono sui mezzi e partirono a sirene spiegate per l’ospedale, mentre i vigili del fuoco iniziavano di nuovo a scavare fra le macerie in cerca di altri eventuali dispersi.
Il mio cuore ricominciò a battere, sapevo bene che lì sotto non c’era più nessuno.
Michie c’era riuscita di nuovo.
Andai ad abbracciarla ed esplosi in un pianto liberatorio.
 
 
Facemmo ritorno ad Estrellon. Ci sentivamo stremate. Nonostante il nostro potere fosse aumentato, quella battaglia era stata estenuante e senza i magici fiori stellari avevamo dovuto dar fondo a tutte le nostre energie.
 Per non parlare del resto.
Apprendemmo con sollievo che Zenit era fuori pericolo, ma che ancora purtroppo non era nelle condizioni di poterci aiutare.
Purtroppo però la nostra gioia, in particolare la mia, era destinata a svanire alla svelta.
Ero terribilmente in ansia per la sorte dei bambini della casa famiglia e chiesi a Zac il permesso di guardare attraverso il telescopio.
Constatai che alcuni di loro erano migliorati sensibilmente e nel giro di un paio di settimane avrebbero lasciato l’ospedale.
Quella in serio pericolo di vita invece era la direttrice.
E quel giorno qualcosa avvenne.
In un gran trambusto vidi il personale medico precipitarsi in sala operatoria e capii subito che lei se ne stava andando.
Non potevo restarmene lassù ad Estrellon con le mani in mano.
Tornai sulla Terra, camuffandomi da “terrestre normale” e raggiunsi l’ospedale.
Scorsi da lontano i bambini e, nonostante il mio cuore me lo implorasse, non andai ad abbracciarli. Non potevo rischiare  di farmi riconoscere.
La mia corsa fini sulla soglia della sala operatoria. C’era un’altra persona lì,  una donna terribilmente somigliante a Susanne. Si voltò verso di me che ancora avevo il fiatone.
“Tu devi essere Urania, vero?”
“Si…”
“Mia sorella mia ha parlato talmente tanto di te che non ho avuto dubbi.”
“Ah… quindi lei è la sorella della direttrice.”
“Si, mi chiamo Yvonne e mi sono precipitata qui dalla Francia non appena ho saputo quanto è successo.” Tratteneva a stento le lacrime.
Mi accasciai su di una delle poltroncine.
Poi Yvonne proseguì. “La stanno operando. C’è stata un’emorragia interna che tentano di arginare.”
“Si salverà, non è vero?”
“Lo spero. Di miracoli ce ne sono già stati tanti…. I suoi bambini si sono inspiegabilmente salvati dal crollo. E anche lei…” Fece una lunga pausa. “Tutto sembrava essersi stabilizzato ma…ma… Il suo fisico stamani ha iniziato a cedere e….” Le lacrime iniziavano a bagnarle il viso. Le strinsi le mani. In quel contatto percepii di nuovo il calore che la direttrice sapeva infondermi quando era bambina.
Fu un tuffo nei ricordi del passato: mi vidi seduta vicino alla stufa a legna che avevamo nella cucina prima che venisse ristrutturata. Lei era lì, intenta a preparare la cena con quel pentolone che bolliva sulla piastra calda sotto la quale ardeva il fuoco. Le chiedevo sempre dov’erano le fiamme, dato che le potevo sentire ma non le vedevo. Allora lei apriva lo sportello e mi mostrava il fuoco. Ed io ero felice.
Poi mi raccontava storie fantastiche di paesi lontani, di principesse da salvare, di bambine coraggiose, di orchi e stregoni cattivi…
Ed io sognavo, sognavo, sognavo…
Non avrei mai pensato di poter vivere un’avventura simile a quelle delle favole.
La mia era vera e stava causando un sacco di dolore a tantissime persone innocenti.
 
La porta della sala operatoria si aprì riportandomi alla realtà.
Io ed Yvonne ci alzammo in piedi pronte per ricevere notizie.
Il chirurgo  si scostò la mascherina che gli copriva la bocca, la sua espressione seria ci fece toccare l’incubo.
“Mi dispiace, abbiamo fatto tutto il possibile per bloccare l’emorragia.”
E quelle parole ci fecero piombare nel silenzio del non ritorno.
Yvonne perse i sensi, un infermiere la sorresse e la portò in una saletta lì vicino.
Io rimasi come una statua di pietra che si sta iniziando a rigare di gocce di pioggia.
Le mie erano lacrime calde e amare.
Lacrime per una morte ingiusta, difficile da accettare.
Lei ha speso tutta la sua vita per gli altri.
Lei non ha esitato un attimo a salvare prima i bambini.
 
Lei ora è un angelo.
 
Crollai nelle lacrime su quella poltroncina.
Ancora non potevo credere alla notizia che avevo appena ricevuto.
Fuori pioveva a dirotto.
 
 
*    *    *
 
 
Erano passati alcuni giorni da quei momenti terribili.
In occasione dei funerali della direttrice erano stati raccolti dei fondi per ricostruire la casa famiglia e salvare tutti i bambini dalla strada.
Guardando quella croce con alla base fiori di ogni tipo, giurai a me stessa che avrei vendicato quell’ingiusta morte a costo della mia stessa vita.
E quando questo sarebbe accaduto, io avrei portato avanti quello che Susanne aveva iniziato a costruire per dare concretezza ai sogni e alle speranze di tutti quelli ai quali la vita aveva posto davanti una strada in salita.
Quando feci ritorno ad Estrellon, trovai tutte le mie amiche con Zac.
Mi abbracciarono stretta.
Era di quel calore che avevo bisogno per continuare nella lotta contro il male.
Loro c’erano ancora.
E sarebbero rimaste per sempre.
 
“Zac… Hai notizie…di lui?”
Forse stavo per ricevere un’altra bastonata, ma dovevo saperlo.
“Forse.” Rispose il ragazzo. “Ho individuato la base che usa sulla Terra quella megera. E’ lì che dovete andare. Ho captato una forte energia molto vicina a lei. Ed ho il sospetto che si tratti di Heeron.”
“Io sono pronta.” Phaes si alzò in piedi. “Dicci dove dobbiamo andare.”
“Seguitemi in laboratorio.”
Salire quei gradini non era più come una volta per me. Il mio cuore era stato colpito talmente tante volte che forse batteva ancora solo per inerzia. Mi sentivo in ansia, come quando sai che sta per accadere qualcosa a cui tieni particolarmente e che provoca in te un senso di paura mista ad euforia. Stavo per vedere il nascondiglio della stella spenta. E’ lì che saremmo andate per spegnerla una volta per tutte.
Zac si sedette davanti allo schermo del computer che visualizzava l’immagine catturata dal suo telescopio. Mostrava una montagna molto alta, anzi, un vulcano totalmente ricoperto di neve dalla cui sommità usciva probabilmente del vapore.
“Vulcano Shishaldin, Isola di Unimak, nell’arcipelago delle Aleutine, in Alaska. La stella spenta Osborv si trova lì.”
Ci guardammo tutte in faccia: la preoccupazione si leggeva negli occhi di ognuna di noi.
Eravamo ad un passo dalla battaglia finale.
Sapevamo dove andare.
Ciò che ignoravamo era se saremmo tornate.
 
Uscimmo dal laboratorio di Zac. Lui era rimasto sulla  porta d’ingresso e ci osservava mentre ci apprestavamo a lasciare Estrellon per andare incontro al nostro destino.
“Ok ragazze, ci siamo. Credo che ognuna di noi abbia il diritto di utilizzare gli ultimi istanti qui come meglio crede. Fra un’ora ci ritroveremo qui. E andremo.”
Come Hory terminò il suo breve discorso, ci dividemmo di comune accordo.
Guardai negli occhi Marik. Capì al volo ciò che volevo suggerirle.
Non so se fu grazie a me, ma fece finalmente quello che avrebbe dovuto fare da tempo.
 
 
Dovevo farlo.
Quella poteva essere l’ultima occasione.
Attesi che le ragazze fossero sufficientemente distanti da me e mossi qualche passo in direzione del suo laboratorio.
Alzai lo sguardo. Lui era ancora immobile sulla porta. I suoi occhi mi fissavano.
Quanto male mi facevano ancora!
“Zac, posso parlarti?”
Fece cenno di sì col capo e mi invitò ad entrare.
Non era facile iniziare quel discorso, ma dovevo trovare le parole e la forza.
“So che chiederti scusa è infinitamente poco…. Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto.”
Ricacciai indietro quel nodo che si stava formando nella mia gola. “Ma prima che sia troppo tardi voglio che tu sappia una cosa: se ho tenuto la nostra storia nascosta, non l’ho fatto perché mi vergognavo di te. Non ho mai avuto il coraggio di portare avanti le mie idee, i miei pensieri, i miei sentimenti… Non ci sono mai riuscita neanche prima di questa esperienza. Ho sempre temuto il giudizio degli altri e per questo motivo ho rinunciato a tante di quelle cose che neanche ti saprei dire quante. Tutta la sicurezza che le ragazze vedevano in me era solo una corazza. In realtà io sono una debole e l’unica volta che ho dato ascolto al mio cuore è stato con te. In te vedevo tutto quello che desideravo: una persona brillante, solare, intelligente, sicura di sé… E ogni volta che mi sorridevi quasi non credevo che quei sorrisi fossero rivolti a me. Il mio cuore mi urlava di lasciarmi andare….e quella sera l’ho fatto. Ero felice come mai nella mia vita. Per una volta credevo di aver superato tutte le mie paure, ma purtroppo non è andata così. Ho voluto tenere tutto nascosto per le stupide paure che affollavano la mia mente, temevo di perderti per una causa che non esisteva e che io ho creato con il nostro silenzio. Ed ho sbagliato tutto.” Feci una pausa, mentre due enormi lacrime mi rigavano il volto. Lui restava sempre in silenzio.
Forse avevo fatto un discorso troppo ingarbugliato, illogico, senza senso.
“L’unica cosa che non rimpiango è di averti amato. E di amarti ancora.” Altra pausa. “E se non dovessi tornare, ti prego, non te lo dimenticare mai.”
Mi afferrò per un braccio e mi trascinò a sé, avvolgendomi in un abbraccio dal quale non avrei voluto fuggire mai.
“Tu devi tornare da me.”
Udire queste parole sussurrate a pochi millimetri dal mio orecchio mi fece sciogliere quel nodo in gola ed esplosi in un pianto misto di paura, disperazione, felicità per essermi tolta quel macigno dallo stomaco. Lo abbracciai stretto, come a voler sentire per un’ultima volta ogni angolo del suo corpo e farlo mio. Mi accarezzava i capelli con quella mano con cui amava disegnare il contorno del mio viso, delle mie labbra; quelle mani che mi catturavano nei modi più impensabili per farmi sprofondare nei suoi meravigliosi e dolcissimi baci.
Erano tutte sensazioni che dovevo rinchiudere nel mio cuore e conservare in eterno.
Quello poteva essere il nostro ultimo abbraccio o il primo del nostro futuro insieme.
 
Il segnale che giunse dall’orologio fu come una condanna.
L’ora di andare era scoccata.
Con una fatica indescrivibile mi staccai dalle sue braccia.
I suoi occhi erano gonfi di lacrime forse quanto i miei.
Gli sorrisi con tristezza. “Devo andare….”
Portò le sue mani sulle mie guance, asciugandole dalle lacrime e accarezzandole dolcemente. “Non posso fermarti, anche se vorrei tanto farlo. Ma torna da me, ti prego. La mia vita lontano da te non ha senso amore mio.”
Zac mi amava ancora. Non aveva smesso di amarmi proprio come io non avevo mai smesso di amarlo.
Portai le mie mani sulle sue, me le strinse forte.
Ci scambiammo un ultimo intenso bacio e me ne andai.
 
L’ora della battaglia finale era scoccata.

 
 
 
 

 
Con un buon ritardo (tanto ormai ci siete abituate…) ma ecco il seguito della storia!
Le ragazze adesso conoscono il luogo della battaglia finale. E’ un luogo che esiste veramente e l’ho scelto perché mi ispirava un luogo al limite del Polo Nord e perché quella zona forse è poco conosciuta. Un nascondiglio ideale, che ne dite?
E poi vorrei aggiungere un’altra cosa: questa è la prima volta che tratto della morte di un personaggio e sono rimasta in dubbio fino alla fine se andare avanti o no in questa direzione. Però poi ho pensato una cosa: Urania all’inizio voleva fuggire dalla missione, si considerava debole e vigliacca, ma tutto quello che ha vissuto l’ha fatta crescere e il dolore è una parte dell’esistenza di ognuno che purtroppo esiste. Ora lei è forte, è cresciuta ed ha un altro motivo per raccogliere tutto il suo coraggio e la sua grinta e sconfiggere definitivamente la stella spenta.
E poi Marik… finalmente ha trovato il coraggio di affrontare Zac. Fra loro le cose ora sono più chiare, ma considerate la loro storia in sospeso. Non sanno se si rivedranno.
C’è un motivo per questa mia scelta, ma ve la dirò alla fine. Ovviamente se avete la pazienza e la voglia di arrivare in fondo alla storia.
 
Grazie infinite a chiunque spenda il suo tempo nel leggere questa storia. Invito chiunque a mandarmi anche solo tre righe… Conoscere il vostro punto di vista è fondamentale per me….
Un abbraccio
La Luna Nera

 
  
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