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Autore: Curly_crush    14/11/2013    2 recensioni
Iniziare a vivere in una città grande e sconosciuta e, perlopiù, da soli, può essere un'impresa davvero difficile per una ragazza giovane. Ma può anche essere l'occasione per cominciare a vivere una vera e propria favola!
"Mai avrei pensato che potesse succedere a me. Eppure ero lì, a perdermi nell’incredibile verde dei suoi occhi. Non poteva essere vero, doveva essere per forza un sogno, ma il tocco caldo delle sue mani sul mio viso mi confermò quella bellissima realtà. Le mie labbra si aprirono in un sorriso quasi ebete, credo, dato che lui scoppiò in una risata fragorosa."
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don't let me go

 
- Harry -

I’m broken, do you hear me?
I’m blinded, but you are everything I see…

Richiusi la porta alle mie spalle, emettendo poi un sospiro. Uscito da quell’appartamento, il suo appartamento, dove avevo trascorso parecchio tempo con lei, mi ero già pentito di quello che le avevo detto. Appoggiai il pugno alla porta, con l’intenzione di bussare e dirle tutta la verità, ciò che lei si meritava. Poi però il motivo per il quale l’avevo lasciata mi tornò in mente, e allora mi allontanai, dirigendomi verso le scale.

Uscii dal palazzo a testa bassa, senza rispondere al saluto di Joe, il portiere, al quale ormai non dovevo più nemmeno chiedere se potessi salire o meno: mi sorrideva, poi con un cenno mi invitava ad andare “dalla mia bella”, come mi aveva detto una volta. All’uscita del palazzo, trovai delle ragazze che mi aspettavano attorno alla macchina. Fans. In quel momento, senza volerlo, le disprezzai. Ma non potevo permettermi di essere maleducato.

“Scusatemi ragazze, ora non posso, sono di fretta”, spiegai, facendomi spazio tra loro che tentavano in tutti i modi di bloccarmi, mentre sorridevo forzatamente.

Riuscii a salire in macchina, infilai le chiavi nel quadro, e accesi il motore, poi partii. Restare freddo ed indifferente davanti a lei, con gli occhi già lucidi, era stata dura, pensavo che non avrei resistito e avrei mandato all’aria tutto il mio piano. Me l’immaginavo, in quel momento, mentre piangeva, a casa, probabilmente seduta sul pavimento. Quell’immagine fu la fine della mia virilità. La vista mi si annebbiò, e cominciai a sentire gli occhi che si inumidivano man mano che mi saliva il groppo alla gola. Deglutii, tentando di calmarmi. L’auto davanti era ferma, ma me ne accorsi con un leggero ritardo. Spinsi a fondo il piede sul pedale del freno, ed inchiodai, arrivando a pochi centimetri dal bagagliaio di quella station wagon. Respirai profondamente, e mi passai una mano sugli occhi, per asciugarli velocemente e ripartire verso casa.

Entrai in casa, sperando di essere solo: parlare con qualcuno era l’ultima cosa che volevo in quel momento, pur trattandosi dei miei migliori amici. Lanciai le scarpe in un angolo, prevedendo le maledizioni che Liam mi avrebbe tirato dietro. Liam odiava il disordine. Ma, di nuovo, poco mi importava che le scarpe fossero al loro posto. Nemmeno la mia testa ed il mio cuore erano a posto in quel momento, figuriamoci un paio di calzature.

Gioia. L’unica cosa, l’unico pensiero che mi girava per la testa, era lei. Nient’altro. Mi buttai sul divano. Avevo sempre odiato quelle scene da film in cui, quando sei depresso per qualcosa, come la fine di una storia, nel mio caso, tutto ti torna in mente, anche i dettagli più insignificanti. Come la maglietta che lei indossava quel giorno, la mia maglia, di cui lei si era appropriata e che io avevo deciso di lasciarle. Ma, purtroppo, fu proprio quello che successe. Chiusi gli occhi, e lasciai che la mia mente tornasse indietro, a pochi mesi prima, in quel pomeriggio di pioggia.

Ero arrabbiato, come altre volte, per alcune critiche che avevo letto su Twitter e in altri siti, e per i continui pettegolezzi sulla presunta relazione tra me e Louis. Niente di più assurdo. Ero uscito di casa, e avevo cominciato a camminare, senza una meta. Poi lei mi era venuta addosso, ed era caduta, assieme ai libri che teneva in mano. In un primo momento mi era venuto da ridere, poi avevo visto la sua espressione alterata, e ci avevo ripensato. Ma, anche arrabbiata, era adorabile, l’avevo notato subito. Quei capelli che le ricadevano sul viso, bagnati, le coprivano in parte gli occhi, occhi che mi attirarono come una calamita. Verdi, tendenti al marrone, ma dotati di una bellezza insolita. Quella ragazza aveva qualcosa di speciale, l’avevo capito ormai.

Ma per quel giorno, non potevo fare altro, se non sperare di incontrarla di nuovo, in un’occasione migliore, magari. E, fortunatamente, era successo, ci eravamo incontrati di nuovo, sempre nello stesso posto. Dopo qualche altra incomprensione, eravamo finalmente riusciti a conoscerci, e avevo potuto constatare che non mi ero sbagliato su di lei, avevo visto giusto. Nello stesso momento in cui avevo stretto le sue mani tra le mie, per scaldarle, e mi ero accorto di quanto stesse tremando, avevo capito che lei era davvero dispiaciuta per le nostre discussioni, e quanto ci tenesse a conoscermi come persona reale, e non come celebrità.

Giorno dopo giorno, uscita dopo uscita, la conoscevo sempre meglio, e non era difficile capire che tipo di persona fosse: timida, ma capace di prendere confidenza in poco tempo, dolce e quasi ingenua, ma non stupida, intelligente, forte, sensibile, forse anche troppo, e bella. Bella da impazzire. E mi rendevo  conto che, più la conoscevo, più lei mi permetteva di entrare nel suo mondo, più io mi ci affezionavo.

Ne avevo parlato subito a Louis, dopo il nostro primo incontro. Ero tornato a casa, quasi soddisfatto, e lui aveva capito immediatamente che mi era capitato qualcosa di insolito, lui capiva sempre tutto, non sapevo come facesse. Così gli avevo parlato di lei, di questa ragazza sconosciuta, e lui, puntualmente, la sera, a cena, mi aveva sputtanato davanti a tutti gli altri, dandomi ormai per innamorato perso.

Avevo aspettato a baciarla, nonostante qualche occasione ci fosse stata. Ma non volevo affrettare i tempi, volevo che lei si abituasse, volevo essere sicuro che lei apprezzasse davvero la mia compagnia. Poi, avevo organizzato quella mattinata, e volevo che tutto fosse perfetto. In quei dieci giorni mi era mancata come se non l’avessi vista per anni, e lì avevo capito quanto quella ragazza contasse per me. In tour, avevo dovuto sopportare le prese in giro di quei quattro disgraziati dei miei compagni per giorni, che arrivarono a darmi del tonto, di quello con la testa fra le nuvole, e dell’asociale. Ma avevo riso con loro, e avevo aspettato di tornare, e di vederla.

E quel giorno, finalmente, ci eravamo dati il primo bacio, il nostro primo bacio. Lei sembrava felice, io ero davvero sulle nuvole. Lei voleva stare con me, mi si era affezionata, io avevo già capito di amarla. Così, pochi giorni dopo, la sera di Natale, ho deciso di dirglielo, in quel parco, un posto che per me era davvero importante, ed era solo mio. Gliel’avevo detto in Italiano, così che quello che davvero volevo dirle arrivasse chiaro e tondo. E quando lei mi aveva risposto che mi amava di rimando, non ci potevo credere. In quel momento pensavo che non avrei mai potuto essere stato più felice.

E invece, ogni giorno con lei, dovevo ricredermi, perché ogni minuto era una felicità nuova. La prima notte che avevo dormito da lei, i giorni in cui l’avevo portata con me ad Holmes Chapel per farla conoscere alla mia famiglia, Capodanno, l’incontro con i ragazzi, i vari viaggi promozionali e la voglia di tornare a casa e rivederla, la consapevolezza che lei mi stava aspettando.

Sapeva sorprendermi ogni giorno, con qualcosa di diverso, come aveva fatto per il mio compleanno. Era riuscita ad organizzare tutto senza che io mi accorgessi di niente, con la complicità dei ragazzi. I ragazzi … ed il loro personale regalo, quella camera da letto messa a posto, fatta a proposito per noi. Quella notte ci eravamo spinti leggermente oltre, avevamo cominciato a prendere confidenza l’uno con il corpo dell’altra, ma eravamo riusciti ad aspettare, per qualcosa di ancora più speciale.

La prima volta che avevamo fatto l’amore. Parigi. Anche in quel caso, non le avevo fatto troppe pressioni, non volevo che si sentisse forzata a fare qualcosa che non voleva. Quella notte, però, era speciale, era San Valentino, eravamo insieme. Ed era successo. E pensavo che mi sarebbe scoppiato il cuore da quanto ero felice. La sensazione della sua pelle contro la mia, le sue mani che mi sfioravano timide, i suoi sorrisi e i suoi sospiri. Non era la prima volta per nessuno dei due, credo, ma era come se lo fosse stata, come se quel momento fosse tutto ciò che entrambi avevamo aspettato per tutta la vita. Non mi ero mai sentito più a posto, e con una persona più giusta, come in quella serata. Fu una notte speciale, importante, piena di significato. Una notte che non avrei dimenticato facilmente.

Poi c’erano stati i Brit, e l’inizio del tour. Il primo concerto a cui lei aveva partecipato, ed era riuscita a dare la giusta carica ad ognuno di noi. Gli spettacoli successivi erano andati a meraviglia, il pubblico era entusiasta, io ed i ragazzi eravamo ormai rilassati e Gioia ogni tanto partecipava, stando nel backstage. Poi era arrivato il momento dei concerti lontani da Londra, in cui lei non poteva seguirci. Così, era iniziata la sfida più dura, quella della lontananza, pur non essendo troppo distanti. Era stata dura, non vederla ogni giorno, anche solo per un attimo, ma ce l’avevo fatta, ero stato bravo, lei era sempre nel mio cuore, e nella mia testa. Non c’era niente e nessuno che potesse distogliermi da lei.

Poi, finalmente, ero tornato a Londra, e avevo potuto riabbracciarla. Quanto mi era mancata. L’avevo portata al mare, sapevo che le sarebbe piaciuto. Ma, dopo quella giornata, tutto era cambiato, l’incontro con quella ragazza aveva messo in dubbio tutte le mie certezze, tutto ciò di cui ero sicuro. Niente era stato più come prima.

Avevo provato ad allontanarmi da lei, dalla mia ragazza, avevo cercato di sparire. Le sue chiamate, i suoi messaggi, erano una continua tortura, la voglia di risponderle, o, peggio, di andare a trovarla, era difficile da contrastare. Ma, in qualche modo, ero riuscito ad isolarmi comunque.

Il primo a criticarmi per il mio comportamento, era stato Zayn. Mi disse che l’aveva incontrata, fuori da casa nostra.


“Non è giusto il modo in cui la stai trattando, Harry. Pensaci”, mi aveva detto, poi se n’era andato in camera sua, senza aspettare una risposta che non sarebbe arrivata in ogni caso. Sapere che lei era stata lì, a due passi da me, mi scosse parecchio. Zayn era riuscito a fare la cosa giusta, però, le aveva detto che non c’ero. E gliene ero grato, anche se sapevo che gli era costato molto mentire così.

Poi era stato il turno di Louis. Lui era stato più duro. Mi aveva parlato con calma, mi aveva chiesto che cosa non andasse, perché io e Gioia non ci stessimo vedendo in quei giorni. E tutto quello che ero riuscito a rispondergli era stato: “Fatti gli affari tuoi, Louis, non c’entri niente”. Mi aveva risposto: “Allora arrangiati. Spero che starai bene, solo con te stesso, e che riuscirai a vedere che ti stai comportando da idiota”. Dopodiché se n’era andato, sbattendo la porta.

Non avrei mai pensato che i ragazzi si sarebbero affezionati così tanto a lei. Certo, era adorabile, ma non avevano mai mostrato lo stesso entusiasmo che avevano avuto con lei, con altre ragazze che avevo presentato loro. Storie poco importanti, di breve durata.

I miei pensieri furono interrotti dalla chiave che girava nella serratura della porta di casa. Mi sistemai meglio sul divano, strofinandomi gli occhi, lucidi, probabilmente rossi, e mi passai una mano tra i capelli, per tranquillizzarmi.

“Ehi, Haz, sei già tornato?”, chiese Louis, con tono allegro.

Non risposi. Lui venne a sedersi accanto a me, poi, non appena incrociò il mio sguardo, cambiò espressione. Il suo sorriso sparì, lasciando spazio alla preoccupazione.

“Che succede?”, mi chiese, prevedibilmente.

Lo guardai un attimo in silenzio. Forse aveva già capito, ma non era il caso di comportarsi da indovini.

“Ci siamo lasciati”, buttai fuori, in un sussurro, la gola stretta.
“Cosa? Ma come, Harry, avevi detto che …”
“Lou, per favore, non adesso. Ho bisogno di stare da solo”, dissi, alzandomi dal divano.

Lasciai Louis ed il suo sguardo scioccato in salotto, e mi diressi verso la mia stanza. Chiusi la porta, e mi buttai sul letto, fissando il soffitto.

Lei era speciale. Forse la risposta era questa, ed era davvero molto semplice. Ma ora era tutto finito. L’avevo lasciata, e lei non avrebbe voluto vedermi mai più, a ragione. Tutto quello che riuscivo a pensare era che lei se ne sarebbe andata, di lì a pochi giorni, e non l’avrei più rivista. L’avevo persa. E questo faceva male, male davvero, più di qualsiasi altra cosa, perché io l’amavo sul serio. E l’amavo ancora. E questo lei non l’avrebbe mai saputo.



Curly space:
Wohoooooooooo eccomi quiiiii! Allora, avete capito in cosa consisteva il capitolo speciale?! :D
Sììììììììì, un bel punto di vista dalla parte di Harry! 
Mi ispirava farlo, così per spiegare alcune cose, e spero che sia uscito abbastanza bene... Cioè, a me piace abbastanza, ora però è il vostro turno di dirmi cosa ne pensate ;)
Spero non sia troppo sdolcinato, ma di fondo io sono una romanticona, quindi mi viene un po' difficile fare una cosa... Amara? ^-^ Boh, vedete voi XD
Aspetto i vostri commenti, sono proprio curiosa...
Io sono innamorata di questo Harry... <3

Beh, ora passiamo a voi:
GRAZIE a gilove19 Glostyles Hakota_shipper per aver messo la storia nelle Preferite! :)
GRAZIE a Elfed per averla Seguita! :)
GRAZIE a Bea_PayneLove e IgLovepn per aver recensito! :)
Un grazie speciale a Nanek per il banner, che trovo assolutamente stupendo! *-* 
E grazie, come sempre, a tutte voi che continuate a seguire la storia, spero di non deludervi... ;)

Un bacione e a presto,
Curly crush ;)  


 
  
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