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Autore: ArashiStorm    14/11/2013    1 recensioni
[SPOILER per la fine di ACIII]
...Lo aveva perso, anzi lo aveva ucciso lui stesso, poco più di un mese fa. Le sue mani potevano dirsi ancora bagnate del suo sangue, anche se non solo del suo, perché insieme a quello di Haytham Kenway, dalla lama celata che teneva al braccio, colava anche il sangue, ben più odiato, di Charles Lee. E se non provava nessun pentimento per quell'ultimo omicidio, lo stesso non poteva dirsi del macigno che sentiva nel cuore per l'uccisione del padre. Soprattutto ora che, dopo la lettura del suo diario, era riuscito, forse, a capirlo anche se ancora non sapeva se sarebbe riuscito a perdonarlo...
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aveline de Grandpré, Connor Kenway, Haytham Kenway, Kaniehtì:io (Ziio)
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2. Simply human

La mattina dopo, all'alba, Aveline tonò a bussare alla porta della stanza di Connor ma non ottenne riposta né la prima, né la seconda volta che le sue dita toccarono il legno. Al terzo tentativo andato a vuoto entrò comunque, con circospezione, pronta ad ogni evenienza.

All'interno non notò nulla di sospetto a parte il fatto che di Connor non ci fosse nemmeno l'ombra. Sul tavolo il diario del padre era ancora aperto e la ragazza notò che sulle sue pagine ingiallite c'erano nuove parole scritte da poco. Non lesse nulla di ciò che vi era scritto, perfettamente conscia che quelle parole erano state messe su carta dallo stesso Connor la notte precedente, probabilmente dopo che lei lo aveva lasciato solo. E non volle quindi impicciarsi delle faccende di lui.

Si concentrò, però, per capire dove fosse, e si diede della sciocca quando riflettendo un attimo le fu facile intuire dove il suo fratello in armi potesse essere. Uscì dalla villa, più precisamente saltò giù dal balcone per fare prima e, come sospettato, trovò Connor davanti alla tomba di Achilles.

"Connor" lo chiamò con voce leggermente preoccupata. Il ragazzo si volse verso di lei e la donna fu felice di rivedere sul suo volto la stessa espressione di sempre, anche se forse ancora un po' velata. Probabilmente per via della mancanza di sonno, pensò.

"Hai dormito?" chiese dunque per assicurasi di aver intuito bene.

"No - rispose il ragazzo tornando a guardare la tomba del suo mentore - avevo molto a cui pensare"

"Capisco"

"Ci sono momenti in cui darei qualsiasi cosa per aver ancora Achilles con cui parlare. Sicuramente mi avrebbe già urlato contro per ciò che mi sono ritrovato a pensare, e probabilmente sentendo le sue parole avrei finito per sentimi meglio pensando che in fondo avesse ragione...invece ora..."

"E sentiamo...Cosa avresti pensato che avrebbe potuto farlo infuriare?"

La domanda aleggiò tra i due Assassini per un periodo che parve infinito ad entrambi e solo dopo qualche minuto Connor portò lo sguardo negli occhi di Aveline

"Che non l'ho mai conosciuto davvero, che l'ho giudicato male e che è troppo tardi per dirgli che mi dispiace"

Aveline resse lo sguardo del compagno e non ci fu bisogno che chiedesse a chi si stesse riferendo. Le fu fin troppo chiaro che Connor stesse parlando del proprio padre.

Rimasero a guardarsi finché una lepre non corse via in mezzo all'erba vicino ai loro piedi, per sparire in mezzo alla boscaglia poco lontano, seguita dagli sguardi di entrambi.

La ragazza colse l'opportunità per spezzare il silenzio.

"Sarà meglio preparare i cavalli" disse velocemente dirigendosi verso le stalle lì vicino. Connor la fermò prendendola per un braccio. "Pensi che sia un sentimentale?" chiese con un cipiglio arrabbiato, con lei o con sé stesso non seppe dirlo. Aveline non se ne curò in ogni caso, e gli ripose ponendogli una mano sul braccio che la tratteneva.

"Penso solo che tu sia un essere umano, e in questo non c'è nulla di sbagliato"

Connor la lasciò andare per un secondo spiazzato dal sorriso sincero che si stagliò sul volto di lei. Un sorriso che la ragazza mantenne anche una volta datogli le spalle, ora più fiduciosa di quanto non fosse prima per il loro viaggio verso New York.

Lasciarono la tenuta l'ora seguente, dopo aver caricato sui cavalli il necessario per il viaggio. Una volta usciti nella frontiera Connor si mise il cappuccio sulla testa, mentre Avelin si sistemò meglio il capello e entrambi partirono al galoppo nel mezzo della foresta.

Era mattina presto e la rugiada brillava ancora sulle foglie più basse della boscaglia. Intorno ai due Assassini solo il rumore degli zoccoli del cavallo e della corrente del fiume che scorreva sotto di loro. Non si sentivano nemmeno i tamburi delle onnipresenti truppe militari. Era cosa nota infatti che, anche se ora gli inglesi se ne erano andati sulla carta, questo non volesse dire che non ci fosse la possibilità di imbattersi in piccole truppe recidive più o meno organizzate. Alle volte Connor ricordava anche di aver assistito a schermaglie tra patrioti e giubbe rosse come se la guerra fosse ancora in corso nonostante la dichiarazione d'indipendenza fosse ormai stilata e approvata. Forse, la verità era che la rivoluzione, come era stata chiamata, non era poi davvero finita...

Il viaggio, in ogni caso, anche nelle ore successive, proseguì senza intoppi. I due non avevano parlato quasi per nulla durante la cavalcata e Connor non aveva ancora avuto modo di chiedere spiegazioni alla ragazza in merito all'incarico, o qualsiasi cosa fosse, che gli aspettava a New York. Ma, dopo qualche ora di vento sul volto, con la mente più lucida e sforzandosi di metter da parte le nuove rivelazioni apprese il giorno precedente, colse infine l'occasione per domandare.

"Cosa ci aspetta a New York? Hai detto che c'è qualcosa che devo vedere... è forse successo qualcosa?"

"Non è il caso di parlarne ora...tra qualche ora lo vedrai con i tuoi occhi" fu la risposta evasiva della ragazza.

Connor notò come lei non si fosse nemmeno girata nella sua direzione per rispondere e la cosa, non seppe perché, lo incuriosì e per alcuni versi lo preoccupò.

"Forse vuoi farmi vedere il nuovo mercato di schiavi che si è attivato. Purtroppo l'ho già saputo e prima che tu arrivassi mi stavo, in effetti, già domandando come agire."

"No, non è per quello, anche se sarebbe il caso di pensarci" rispose Aveline tirando le redini del cavallo quando i due si appressarono ad una locanda per far riposare gli animali.

La ragazza scese dalla sua cavalcatura e la legò al palo vicino all'entrata dell'edificio di legno.

"Hai qualche idea in merito?" chiese poi volgendosi verso Connor che la stava imitando legando anche il suo destriero allo stesso palo.

"Ho già chiesto a Doby di investigare, visto che stiamo andando a New York potrei contattarla per chiederle come procedono le indagini. Se riuscissimo a scoprire dove si nascondono i trafficanti..."

Aveline sembrò rifletterci mentre si incamminava verso la porta della locanda per chiedere rifornimenti e acqua per i cavalli.

"Potremo anche pensare di colpire i clienti, senza domanda non ci sarebbe nemmeno offerta" concluse la donna quando Connor le fu vicino.

"è un'idea azzardata - fece lui - c'è i rischio di uccidere anche persone che non lo meritano. Ci sono nobili che possiedono schiavi ma non li maltrattano e per quanto sia ingiusto é meno deprecabile di coloro che sottraggono i figli alle madri per farne della merce di scambio..."

Aveline lo guardò per un lungo attimo e Connor non poté che distogliere lo sguardo cercando di nascondersi ancor di più sotto il cappuccio.

"Lo so, pensi che sia troppo ingenuo e idealista nel pensarla così...ma ho imparato che non tutte le persone sono come sembrano..."

La ragazza lo zittì portandogli un dito alle labbra. "No, hai ragione" disse annuendo con sincerità ripensando con nostalgia al padre ucciso dalla sua matrigna "Non sei né ingenuo né idealista, come ti ho già, detto, sei solo un essere umano, forse anche più di quanto lo sia io. E in questo - sottolineò nuovamente prima che Connor potesse controbattere - non c'è davvero nulla di sbagliato, anzi..." concluse mentre apriva la porta, ritrovandosi inondata da un vociare allegro e in alcuni momenti anche volgare.

La locanda era piena, come è ovvio che fosse vista la posizione in cui era stata edificata, funzionale per ogni destinazione che ci si fosse prefissati.

La donna si fece largo tra i tavoli, seguita dal compagno, e entrambi si sedettero al bancone chiedendo i rifornimenti di cui avevano bisogno. Rimasero li il poco tempo necessario e senza mai fare una parola tra loro uscirono e poco dopo ripartirono verso la loro metà.

New York sarebbe stata la loro prossima tappa ed Aveline al pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere si ritrovò a incitare il proprio cavallo per fare più in fretta noncurante del leggero tremore di preoccupazione delle sue mani mentre stringevano le redini.

Solo poche ora dividevano i due Assassini da una certa rivelazione o forse sarebbe stato meglio dire da un certo qualcuno...

 

  
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