2. Simply human
La
mattina dopo, all'alba, Aveline tonò a bussare alla porta
della stanza di Connor ma non ottenne riposta né la prima,
né la seconda volta che le sue dita toccarono il legno. Al
terzo tentativo andato a vuoto entrò comunque, con
circospezione, pronta ad ogni evenienza.
All'interno
non notò nulla di sospetto a parte il fatto che di Connor
non ci fosse nemmeno l'ombra. Sul tavolo il diario del padre era ancora
aperto e la ragazza notò che sulle sue pagine ingiallite
c'erano nuove parole scritte da poco. Non lesse nulla di ciò
che vi era scritto, perfettamente conscia che quelle parole erano state
messe su carta dallo stesso Connor la notte precedente, probabilmente
dopo che lei lo aveva lasciato solo. E non volle quindi impicciarsi
delle faccende di lui.
Si
concentrò, però, per capire dove fosse, e si
diede della sciocca quando riflettendo un attimo le fu facile intuire
dove il suo fratello in armi potesse essere. Uscì dalla
villa, più precisamente saltò giù dal
balcone per fare prima e, come sospettato, trovò Connor
davanti alla tomba di Achilles.
"Connor"
lo chiamò con voce leggermente preoccupata. Il ragazzo si
volse verso di lei e la donna fu felice di rivedere sul suo volto la
stessa espressione di sempre, anche se forse ancora un po' velata.
Probabilmente per via della mancanza di sonno, pensò.
"Hai
dormito?" chiese dunque per assicurasi di aver intuito bene.
"No
- rispose il ragazzo tornando a guardare la tomba del suo mentore -
avevo molto a cui pensare"
"Capisco"
"Ci
sono momenti in cui darei qualsiasi cosa per aver ancora Achilles con
cui parlare. Sicuramente mi avrebbe già urlato contro per
ciò che mi sono ritrovato a pensare, e probabilmente
sentendo le sue parole avrei finito per sentimi meglio pensando che in
fondo avesse ragione...invece ora..."
"E
sentiamo...Cosa avresti pensato che avrebbe potuto farlo infuriare?"
La
domanda aleggiò tra i due Assassini per un periodo che parve
infinito ad entrambi e solo dopo qualche minuto Connor portò
lo sguardo negli occhi di Aveline
"Che
non l'ho mai conosciuto davvero, che l'ho giudicato male e che
è troppo tardi per dirgli che mi dispiace"
Aveline
resse lo sguardo del compagno e non ci fu bisogno che chiedesse a chi
si stesse riferendo. Le fu fin troppo chiaro che Connor stesse parlando
del proprio padre.
Rimasero
a guardarsi finché una lepre non corse via in mezzo all'erba
vicino ai loro piedi, per sparire in mezzo alla boscaglia poco lontano,
seguita dagli sguardi di entrambi.
La
ragazza colse l'opportunità per spezzare il silenzio.
"Sarà
meglio preparare i cavalli" disse velocemente dirigendosi verso le
stalle lì vicino. Connor la fermò prendendola per
un braccio. "Pensi che sia un sentimentale?" chiese con un cipiglio
arrabbiato, con lei o con sé stesso non seppe dirlo. Aveline
non se ne curò in ogni caso, e gli ripose ponendogli una
mano sul braccio che la tratteneva.
"Penso
solo che tu sia un essere umano, e in questo non c'è nulla
di sbagliato"
Connor
la lasciò andare per un secondo spiazzato dal sorriso
sincero che si stagliò sul volto di lei. Un sorriso che la
ragazza mantenne anche una volta datogli le spalle, ora più
fiduciosa di quanto non fosse prima per il loro viaggio verso New York.
Lasciarono
la tenuta l'ora seguente, dopo aver caricato sui cavalli il necessario
per il viaggio. Una volta usciti nella frontiera Connor si mise il
cappuccio sulla testa, mentre Avelin si sistemò meglio il
capello e entrambi partirono al galoppo nel mezzo della foresta.
Era
mattina presto e la rugiada brillava ancora sulle foglie più
basse della boscaglia. Intorno ai due Assassini solo il rumore degli
zoccoli del cavallo e della corrente del fiume che scorreva sotto di
loro. Non si sentivano nemmeno i tamburi delle onnipresenti truppe
militari. Era cosa nota infatti che, anche se ora gli inglesi se ne
erano andati sulla carta, questo non volesse dire che non ci fosse la
possibilità di imbattersi in piccole truppe recidive
più o meno organizzate. Alle volte Connor ricordava anche di
aver assistito a schermaglie tra patrioti e giubbe rosse come se la
guerra fosse ancora in corso nonostante la dichiarazione d'indipendenza
fosse ormai stilata e approvata. Forse, la verità era che la
rivoluzione, come era stata chiamata, non era poi davvero finita...
Il
viaggio, in ogni caso, anche nelle ore successive, proseguì
senza intoppi. I due non avevano parlato quasi per nulla durante la
cavalcata e Connor non aveva ancora avuto modo di chiedere spiegazioni
alla ragazza in merito all'incarico, o qualsiasi cosa fosse, che gli
aspettava a New York. Ma, dopo qualche ora di vento sul volto, con la
mente più lucida e sforzandosi di metter da parte le nuove
rivelazioni apprese il giorno precedente, colse infine l'occasione per
domandare.
"Cosa
ci aspetta a New York? Hai detto che c'è qualcosa che devo
vedere... è forse successo qualcosa?"
"Non
è il caso di parlarne ora...tra qualche ora lo vedrai con i
tuoi occhi" fu la risposta evasiva della ragazza.
Connor
notò come lei non si fosse nemmeno girata nella sua
direzione per rispondere e la cosa, non seppe perché, lo
incuriosì e per alcuni versi lo preoccupò.
"Forse
vuoi farmi vedere il nuovo mercato di schiavi che si è
attivato. Purtroppo l'ho già saputo e prima che tu arrivassi
mi stavo, in effetti, già domandando come agire."
"No,
non è per quello, anche se sarebbe il caso di pensarci"
rispose Aveline tirando le redini del cavallo quando i due si
appressarono ad una locanda per far riposare gli animali.
La
ragazza scese dalla sua cavalcatura e la legò al palo vicino
all'entrata dell'edificio di legno.
"Hai
qualche idea in merito?" chiese poi volgendosi verso Connor che la
stava imitando legando anche il suo destriero allo stesso palo.
"Ho
già chiesto a Doby di investigare, visto che stiamo andando
a New York potrei contattarla per chiederle come procedono le indagini.
Se riuscissimo a scoprire dove si nascondono i trafficanti..."
Aveline
sembrò rifletterci mentre si incamminava verso la porta
della locanda per chiedere rifornimenti e acqua per i cavalli.
"Potremo
anche pensare di colpire i clienti, senza domanda non ci sarebbe
nemmeno offerta" concluse la donna quando Connor le fu vicino.
"è
un'idea azzardata - fece lui - c'è i rischio di uccidere
anche persone che non lo meritano. Ci sono nobili che possiedono
schiavi ma non li maltrattano e per quanto sia ingiusto é
meno deprecabile di coloro che sottraggono i figli alle madri per farne
della merce di scambio..."
Aveline
lo guardò per un lungo attimo e Connor non poté
che distogliere lo sguardo cercando di nascondersi ancor di
più sotto il cappuccio.
"Lo
so, pensi che sia troppo ingenuo e idealista nel pensarla
così...ma ho imparato che non tutte le persone sono come
sembrano..."
La
ragazza lo zittì portandogli un dito alle labbra. "No, hai
ragione" disse annuendo con sincerità ripensando con
nostalgia al padre ucciso dalla sua matrigna "Non sei né
ingenuo né idealista, come ti ho già, detto, sei
solo un essere umano, forse anche più di quanto lo sia io. E
in questo - sottolineò nuovamente prima che Connor potesse
controbattere - non c'è davvero nulla di sbagliato, anzi..."
concluse mentre apriva la porta, ritrovandosi inondata da un vociare
allegro e in alcuni momenti anche volgare.
La
locanda era piena, come è ovvio che fosse vista la posizione
in cui era stata edificata, funzionale per ogni destinazione che ci si
fosse prefissati.
La
donna si fece largo tra i tavoli, seguita dal compagno, e entrambi si
sedettero al bancone chiedendo i rifornimenti di cui avevano bisogno.
Rimasero li il poco tempo necessario e senza mai fare una parola tra
loro uscirono e poco dopo ripartirono verso la loro metà.
New
York sarebbe stata la loro prossima tappa ed Aveline al pensiero di
ciò che sarebbe potuto succedere si ritrovò a
incitare il proprio cavallo per fare più in fretta
noncurante del leggero tremore di preoccupazione delle sue mani mentre
stringevano le redini.
Solo
poche ora dividevano i due Assassini da una certa rivelazione o forse
sarebbe stato meglio dire da un certo qualcuno...