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Autore: darkronin    15/11/2013    1 recensioni
Storia ambientata in House of M.
Come sarebbe l'amore di una delle coppie storiche, ma anche più problematiche, del Marvelverse se i loro sogni fossero realtà?
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Remy LeBeau/Gambit
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I was made for lovin' you




Quando riapro gli occhi sonnacchiosi, il calore non mi ha abbandonato, ma è... diverso.
Mi sembra di aver solo battuto le palpebre tanto è una sensazione piacevole e in linea con il momento in cui mi sono -evidentemente- addormentata: capisco che c'è qualcosa che non va dal fatto che la stanza è immersa nel buio. Cosa stavo facendo? Ci impiego un po' a orizzontarmi ma, appena mi muovo, la stretta sulla mia vita si accentua e la voce di Remy, impastata dal sonno, mi riporta al qui e ora.
“Ben svegliata...” biascica a occhi chiusi
“Che ore sono?” domando confusa
“Per te è presto... e anche per me” risponde controvoglia. Certo, io sono in congedo forzato per un giorno o due e lui... beh, le sue attività non accuseranno la sua assenza dalle strade.
Mi giro nel suo abbraccio e mentre mi muovo mi rendo conto che la mia chioma è ancora umida. Devo essermi addormentata mentre mi coccolava... posso solo immaginare come ci sia rimasto, anche se non mi sembrava troppo convinto nemmeno lui.
Lo bacio e, nonostante l'abitudine, il mio cuore fa una capriola. “Buongiorno, dolcezza”
“Non dirlo, Marie...”
“Perché?” lo punzecchio, ormai sveglia, baciandolo ancora, la barba ispida mi fa il solletico.
“Perché sennò ti salto addosso...” replica baciandomi a sua volta e stringendomi a sé. A sottolineare le sue intenzioni, il suo corpo reagisce in modo inequivocabile ed è allora che mi accorgo che siamo entrambi già nudi e pronti alla fase successiva.
“Chi ti dice che non sia quello che voglio?” lo provocò. La stanchezza, ormai, è solo un ricordo lontano.
“Non me lo farei ripetere due volte... se non fosse che...” replica baciandomi la punta del naso, le labbra e l'incavo del collo. “Devi mangiare... non ti voglio ridotta a uno scheletro...”
Detto ciò, si alza e si infila la biancheria minima. Mio malgrado mi costringo seduta e lo fisso accigliata dalla nuvola di lenzuola. “Stai scherzando? Dov'è il trucco?”
“Che mal pensante... Perché dovrebbe esserci il trucco? Semplicemente posso aspettare mezz'ora... Non ci impieghi di più a mangiare, no?” domanda falsamente allarmato.
“Perché ti conosco...” rispondo uscendo dal talamo. “E poi dipende tutto dal cuoco...” Non faccio in tempo a poggiare i piedi a terra che Remy mi ferma e, scusandosi, mi porge le ciabatte.
“Me ne son dimenticato, ieri sera... sai... a trafugare cadaveri dalle vasche piene di acqua saponata fumante si possono perdere pezzi...” ironizza. Dio... chissà la fatica e le imprecazioni? Dovevo dormire come un ghiro per non accorgermi di nulla. “Quando avrai mangiato avrai più energie da dedicarmi, no?” aggiunge facendomi l'occhiolino.
Mi butto addosso la mia vestaglia color salvia e il mio stomaco decide che quello è un buon momento per ruggire la sua approvazione alle parole di mio marito. Sorrido imbarazzata e lo seguo in cucina. In due e due quattro mi compare davanti al naso una tipica colazione cajun che ha un che di casa. Anche se sono del Mississipi, il clima, la vegetazione, l'architettura, la cultura e la cucina sono simili a quelle della Louisiana.
Mangio con tale voracità che ho già spazzolato il piatto prima che Remy abbia portato in tavola il caffè.
Me ne scuso ma lui non ci fa caso, anzi, sogghigna divertito.
“Sei abbastanza carica, ora?” domanda dopo un po'. Ha una strana luce negli occhi, gliela conosco e so che devo aspettarmi qualcosa.
“Dipende...” dico da brava ruffiana, arricciando le labbra e buttandomi sul tavolo, il mento poggiato ai palmi delle mani, le braccia puntellate sul pianale lucido.
“Una seduta sfiancante di sesso estremo?” ironizza. Ma non troppo.
“Mi è tanto mancato... potrei essere un po' fuori allenamento...”
“Non dire così che la cosa mi eccita” replica teatralmente con la bocca piena, segno che quanto dice è tutto fuorché veritiero. “Doverti insegnare tutto di nuovo da zero... l'innocenza di una vierge...”
“Non mi provocare, Cajun” sibilo, stando al gioco. “Potrei farti pentire di aver sottovalutato questa vergine guerriera
Ma lui si fa serio. “Se ti giro un indirizzo, mi prometti di mandarci i tuoi ragazzi?” mi chiede fissandomi senza batter ciglio
“Perché?”
“E' una cosa disgustosa... credo farebbero bene a ficcarli tutti al Raft”
“Di cosa si tratta?” domando. Il suo tono non lascia presagire nulla di buono. Altro lavoro. Anche a casa. Che palle!
Remy si alza e sparecchia velocemente, quindi mi precede in soggiorno. Qui mi porge una confezione rettangolare di plastica. Me la rigiro tra le mani: non ci vedo nulla di strano. Una divisa S.H.I.E.L.D., cucita pure male... un costume da Mardì Gras?
Glielo rendo ma la sua espressione seria mi costringe a esaminarla ancora.
E' un costume, indubbio.
“Questo è il catalogo...” aggiunge mostrandomi una brossure. Ci siamo tutte, coi diversi gradi, il diverso modo di portare l'uniforme. Io, Mystica, Jessica... pure le matricole.
“Non capisco...” ammetto rigirandomi il foglio tra le mani. E' allora che un sorriso malizioso gli stira le labbra. Abbasso lo sguardo e capisco: non è propriamente un costume, nel senso tradizionale del termine. La locandina promette caratteristiche attagliate a ciascun personaggio. L'uniforme di Mystica può simulare ogni tipo di superficie e colore ed è adattabile a ogni corporatura, quella di Jessica promette una leggera levitazione oltre a piacevoli scariche elettriche. La mia... beh... è, forse, la più perversa.
“L'élite dello S.H.I.E.L.D. pare sia uno dei sogni proibiti più comuni. Umani o mutanti, non c'è differenza razziale, è una... passione trasversale...”
“E tu vorresti che noi facessimo chiudere una fabbrica di sexy costumi...per?”
“Non sopporto che nessuno possa farsi un viaggio su di te...” mi alita a un dito dal volto. E' rabbia o desiderio quello che gli arrochisce la voce? Non riesco a dirlo.
Ma lo guardo scettica: non credo proprio di essere questa gran bellezza che lui crede, ma non glielo dico “Lo farebbero comunque... in modo più tradizionale!” replico cercando di mantenere un tono neutrale
“E la cosa mi manda il sangue alla testa...”
“Tu ne hai uno, però...” gli faccio notare, sventolandogli la scatola sotto gli occhi “Vuoi negare ad altri il tuo divertimento? La donna che ci starebbe dentro non sarei comunque io...”
Lui scuote la testa. “Se ci trovassimo a ruoli invertiti?”
“Se qualcun'altra si facesse viaggetti su di te?” medito a lungo. Non credo ci troverei nulla di male. Facciano pure. Lui ha sposato me. E in questa mia sicurezza non c'è solo altruismo ma anche tanto sadismo: povere sfigate, sognate pure tanto io posso sapere in ogni istante della sua devozione per me. Ma ho capito che a lui questo discorso non piace, così glisso “Vuoi collaudarlo?” propongo maliziosa.
Subito si riaccende, dimentico della sua rabbia “Volevo proportelo”
“Non mi vedi abbastanza in divisa?”
“Da cui ti ho sempre spogliata...” ghigna divertito.
Lo spingo sul divano e mi accomodo cavalcioni su di lui, a separarci solo il suo intimo “Siamo in un universo parallelo? Perché dovrei indossare una cosa del genere -con un unico taglio strategico- mentre faccio l'amore con mio marito?” domando. Cerco di resistere alla tentazione di provocarlo ma non riesco a frenare le mie dita che giochicchiano con i suoi capelli, la pelle del suo collo, delle spalle... “Un universo in cui non ti posso toccare?” Azzardo “In cui solo una guaina del genere potrebbe proteggerci? Insieme, ovviamente, al preservativo?”
Lui mi scansa infastidito “Non mi piace la piega che sta prendendo il discorso...”
“Che ho fatto?” domando esterrefatta “Era per contestualizzare il tuo giochino...”
Lui si morde le labbra, senza guardarmi in faccia “Non dire con tanta leggerezza che potrebbe esistere una realtà in cui saremmo condannati a non poterci toccare...”
Il mio sorriso svanisce come è comparso. Non posso dirglielo. Non l'ho mai detto a nessuno, ma quello è il mio punto debole, il mio incubo, la cosa che temo di più. Quando mi sveglio urlando nel cuore della notte non è per il senso di colpa per le vite che ho mietuto come agente ma è per quello che la mia vita avrebbe potuto essere. Uccidere col solo contatto epidermico incontrollato, una vita di privazioni, niente affetti, niente baci, niente sesso. Essere la morte in persona e non poter salvare i propri amici in caso di necessità.
“Non lo è...” dico automaticamente “Fortunatamente” aggiungo nella mia mente, nel tentativo di tranquillizzarmi: non ci voglio pensare nemmeno io.
“Ti amo, Marie...” dice prendendomi il volto tra le mani e baciandomi con trasporto. Subito mi lascio andare e rispondo con dolcezza e urgenza insieme. Devo cacciare dalla mia mente l'idea di non poterlo toccare e per farlo ho bisogno di sentirlo il più possibile. “Non sopporterei di non poterti toccare... anche se mi dicessero che posso avere chiunque altra... Dovrei trovare un altro modo per comunicarti il mio affetto... e non sarebbe comunque la stessa cosa...”
Sorrido, triste. Certe parole gli escono con tale spontaneità... mentre io non riesco nemmeno a dimostrargli decentemente il mio affetto.
“Dio...” sibilo arrabbiata con me stessa. Scuoto la testa per cacciare ogni pensiero. Noto la sua espressione smarrita. Crede che lo stia respingendo, che lo trovi troppo appiccicoso... “Ce l'avevo con me stessa, mon amour...” dico per fugare ogni dubbio “A volte vorrei che il mio potere funzionasse al contrario. Che tu potessi assorbire i miei pensieri...sentire cosa provo quando sono con te. E anche quando non lo sono... A me basta poco, mi basta sfiorarti e nemmeno ti accorgi di essermi entrato in testa... Come non bastasse, mi riempi di attenzioni e premure. Gesti, parole... tutto trasmette il tuo amore per me, senza arrivare a quanto di più fisico ci scambiamo come infoiati... Forse è per questo che non sono gelosa...”
“No, mon coeur.” mi zittisce lui con tono dolce “Non ti stavo accusando di essere troppo poco espansiva. Hai capito male...” mi tira a sé per cullarmi nel suo abbraccio “Se tu mi amassi un punto infinitesimale di quanto ti amo io...” si interrompe, incerto “Dio.. Marie... ti amo e tu mi resti accanto nonostante tutto. Cosa potrei chiedere di più? È già un miracolo che una donna come te tolleri un mascalzone delinquente come me... mi vuoi bene... dici di amarmi... ma come ti amo io? Non farmelo immaginare, ti prego... morirei dalla gioia.”
“Ma...” cerco di replicare: siamo sposati, che cavolo! Crede che l'abbia fatto con leggerezza? Come una povera sprovveduta che non pensa al domani? Abbiamo i nostri alti e bassi, come tutti ma... non può credere davvero l'abbia fatto per compassione o stupidità. “Trovo offensivo quello che dici, mari...”
“Non capisci!” dice scuotendo la chioma castana con riflessi dorati “In questo modo sono spronato a darti il meglio, non posso adagiarmi sugli allori perché potresti stancarti di me e trovare qualcuno più degno...”
“Certo... Mortimer” ironizzo irritata, rifacendomi alla sua uscita di ieri sera
Ma lui ignora la frecciata e continua serio “Alla fine l'amore è qualcosa che serve a noi, a farci stare meglio. Anche idolatrare un cantante ci fa star bene... ma, oggettivamente, lo facciamo per noi. Non mi sento alla tua altezza, per questo non mi sento pronto ad ipotizzare che tu mi ami quanto ti amo io...”
Lo spingo sul divano,interrompendo quel fiume in piena. E' steso sotto di me. Un servo e il padrone: io ho un ruolo di potere, non solo sul lavoro, ma anche nella nostra coppia. Io decido se far vivere o far morire la gente come la nostra relazione. Perché dei due è Remy che ci mette tutta la passione e l'impegno.
“Io...” comincio ma mi fermo subito, la gola secca, la mente vuota “Ho il terrore di svegliarmi, un giorno, e scoprire che tutto questo non è stato altro che un sogno o il parto di una mente sadica che ci ha ficcati in una specie di Matrix...” sento le lacrime che pizzicano agli angoli degli occhi ma non vi bado: se devono uscire, che escano “Che io e te non siamo sposati, che non possiamo toccarci... che non possiamo amarci liberamente...”
“Non che tenerlo segreto sia proprio sinonimo di liberamente” replica lui, divertito, asciugandomi le lacrime.
Sento il cuore scoppiare in petto, un nodo alla gola impedirmi di respirare. Il calore della sua mano sul mio viso è la mia ancora. Mi ci aggrappo come non avessi un futuro, cerco di imprimermi bene, come faccio sempre, anche se lui non lo nota, ogni dettaglio, ogni sensazione, per ricordarlo un giorno, qualunque cosa accada.
“Una realtà che non sia esattamente questa per me è inconcepibile. Al di là di tutto, proprio per te. Credimi! Se solo potessi farei a cambio di poteri, affinché tu possa leggere quello che provo davvero...”
Remy si tira su senza fatica e mi bacia le labbra “Non serve che tu mi offra nulla. Sei qui e tanto basta.” replica con un fuoco negli occhi “Ti credo quando mi dici così. Anche perché, volendo essere egoisti, io ti tengo sotto ricatto, mostrandoti e imponendoti i miei sentimenti. Che tu, da brava donna quale sei, non puoi ignorare. Soprattutto per un discorso di empatia.”
Replico baciandolo, avida: devo sentirlo, pelle contro pelle, materia contro materia. Essere certa che lui esiste e che non è un sogno o, peggio, che non sono ammattita. Per una volta, forse la prima nella nostra assurda relazione, sono io a condurre il gioco. Mi libero della vestaglia e mi offro a lui che mi guarda rapito, estasiato.




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Rieccomi, a distanza di una settimana, con il secondo capitolo. Credo abbiate ormai capito che tipo di piega stiano prendendo gli eventi e come si concluderà questa short, il prossimo venerdì.
Un paio di cose, di cui mi sono dimenticata -come sempre- di farvi nota: i titoli. Sono presi tutti da canzoni anni '80 (sono in quel mood per la festa che si sta svolgendo nella serie principale... abbiate pazienza): i primi due sono brani celebri dei KISS che ho sempre associato a loro due, visto che il soggetto di chi ruba cosa è confuso, tanto nella realtà marveliana -lo fanno entrambi, a modo loro-, quanto nella canzone. Il prossimo sarà un omaggio al brano Desire dei Radiorama.
Anche il titolo della storia prende da un altra famosissima hit di Gianna Nannini: non solo, a mio parere, Gambit è bello e impossibile (soprattutto in quanto figlio/clone di Sinistro con occhi altrettanto assurdi), "con quel sapor mediorientale" -la Francia non è così a Est, per gli americani, che possono pure sbagliarsi sulla posizione geografica- ma lo è soprattutto il loro amore (motivo per cui è ambientato in House of M).

Ancora una cosa. Mardì Gras indica sia il periodo carnevalesco che, come da noi, comincia dopo Epifania, come anche il giorno stesso del finale e, negli Stati Uniti, è celebrato negli stati dell'Alabama, Mississippi e Louisiana 
(ex colonia francese) ma è New Orleans a essere famosa per questo tipo di divertimenti e per i costumi ben colorati che nulla hanno a che fare con i travestimenti di Halloween. E' un retaggio della cultura anglicana e cattolica.
Come già detto anche in L'ira degli eroi, i due eroi vengono da stati confinanti e dalla cultura simile: per questo -e non solo per la loro convivenza- Rogue parla un pochino di francese e sa cucinare cibo cajun e, quindi, prova nostalgia in questo capitolo.

E basta... non mi sembra di avere altro da aggiungere... Al prossimo aggiornamento.
   
 
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