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Autore: Nocciola    16/11/2013    0 recensioni
Erika è una ragazza speciale, una Magika, un'umana nelle cui vene scorre sangue di creature fantastiche, quelle creature a cui spesso non crediamo, ma che nonostante tutto vivono accanto a noi, celate allo sguardo di chi non capirebbe. Erika ha una rara capacità, può vedere gli spiriti, comunicare con loro, salvarli. Il suo compito è quello di donare libertà, speranza e nuova vita, peccato che lei odi tutto questo, causa della sua emarginazione e del suo dolore. Erika è una ragazza sola, scontrosa, che ha chiuso il suo cuore per paura di soffrire. Ha perso la fiducia, non crede nell'amicizia, è convinta di non aver bisogno di niente e di nessuno. Ma è proprio quando arriviamo al limite, quando siamo convinti di stare bene anche da soli, che qualcosa cambia... e ci viene data una seconda opportunità per essere felici, basta solo avere la forza e il coraggio di coglierla.
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Sono tragica, lo so... e lo vedrete nel corso della storia xD ma non temete, quando si tratta di me, il lieto fine non manca mai... ^^
Genere: Angst, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5. Nuovo inaspettato incontro.

Erika


Un viso sfocato nell’ombra, lineamenti offuscati e due occhi iniettati di sangue. Un corpo distorto, come avvolto dalla nebbia, a pochi passi di distanza. Un grido agghiacciante, capace di perforare i timpani. Un tonfo, come di qualcosa che cade nell’acqua. Poi lo sento, un sibilo nella notte, gracchiare di corvi... carne strappata dalle ossa, muscoli lacerati, sangue sui vestiti impolverati.

Apro gli occhi di scatto, sgranandoli, ritrovandomi seduta nel mio letto. Mi passo una mano sulla fronte sudata, le dita tra i capelli scompigliati, mentre l’incubo appena vissuto scorre ancora nella mia mente, al rallentatore.
A quanto pare lo spirito di Lizzy non era lo stesso che la notte precedente ha reso partecipi me e i ragazzi della sua sofferenza. Bene, questo può voler dire solo una cosa: non abbiamo il tempo di riposare, perché una nuova missione ci attende.
Guardo da una parte e dall’altra, come in cerca di qualcosa, allungandomi verso il comodino alla mia sinistra e afferrando il cellulare lasciato sopra il mobile dalla sera prima. Controllo l’ora - le cinque del mattino - ma non posso aspettare, ho bisogno di sentire le loro voci e poi, considerato quanto già successo, probabilmente anche i miei due Guardians ora saranno svegli.
In fretta e con le dita tremanti scorro la rubrica - veramente non c’è nemmeno tanto da scorrere visto che memorizzati ho solo i numeri dei ragazzi - indecisa su chi chiamare, Shiro o Nozomi, quando l’aggeggio che tengo tra le mani inizia a vibrare insistentemente, facendomi prendere un colpo!
Osservo il display illuminarsi e la scritta Nocchan lampeggiare, mentre l’icona di un gattino azzurro fa bella mostra di sé accanto al nome del mio amico... quale immagine più azzeccata.
Accetto subito la chiamata, portandomi il cellulare all’orecchio.
- Nozomi! Stavo per chiamarvi. State bene? -
Il silenzio, poi un sospiro.
Sono bravi a farmi preoccupare, non c’è che dire. Vorrei tanto essere con loro...
- Stiamo bene, Eri. -
- No, non stiamo affatto bene! - La voce di Shiro arriva da una certa distanza, ma immaginavo ci fosse anche lui. - Cazzo! Non si può nemmeno dormire tranquilli? Ma questi spiriti non possono avere un po’ di rispetto per i poveri esseri umani che... -
- Shiro, datti una calmata! -
Sorrido, senza questi due sarei già caduta nella depressione più totale, ma loro rendono più accettabile una situazione che altrimenti mi avrebbe già distrutta.
- Ehi. Ehi, non litigate! Ora vengo da voi, ok? -
Ma prima che io possa mettere anche solo un piede per terra, il campanello suona. Rimango immobile, pietrificata, osservando la porta chiusa della mia stanza, come se da un momento all’altro potesse essere spalancata da un mostro.
- Hanno... Hanno suonato il campanello. -
- Cosa? E chi può mai essere alle cinque del mattino? -
- Beh... gli spiriti non suonano il campanello, no? -
- Già... Eri, vai a vedere chi è. Noi stiamo arrivando, tranquilla, tanto ci hai spiegato dove abiti, quindi facciamo in fretta. Se succede qualcosa di... brutto, chiamaci mentalmente o qualcosa del genere. -
- Qualcosa del genere? Dovremmo davvero metterci intorno a un tavolo tutti e tre per cercare di capire quali sono i nostri poteri congiunti. -
- Non ora, Shiro. Eri, va bene? -
- Ok... sbrigatevi. -
Detto ciò chiudo la chiamata, tenendo comunque il cellulare in mano, non che sia un’arma mortale, ma posso sempre minacciare chiunque ci sia dietro la porta d’entrata di chiamare la polizia. Come se un ladro o un assassino si preoccupassero di suonare al campanello...
Scendo le scale, silenziosamente, raggiungendo presto l’ingresso. Mi porto la mano che stringe il cellulare sul petto, all’altezza del cuore, mentre l’altra si posa sulla maniglia dorata della porta, abbassandola lentamente per aprirla.
Sbatto più volte le palpebre, ritrovandomi davanti una ragazzina minuta, i capelli biondi raccolti in due codine basse e gli occhi color nocciola puntati su di me... insomma, non ha poi molto di minaccioso.
- Ciao. Tu devi essere Erika-san. Io sono Meredith. -
Erika-san. Meredith...
- M? -
Non so nemmeno come mi sia venuto in mente che questa ragazza potesse essere la tanto misteriosa M, ma è stata come un’intuizione, sono certa che sia...
- Esatto, sono proprio io. -
... che sia proprio lei.


Siamo entrambe sedute intorno al tavolo della cucina, una tazza di the tra le mani. Meredith si guarda intorno, gli occhi lucidi di commozione tornano a soffermarsi su di me.
- Sai, ho vissuto qui fino all’età di undici anni... è passato un po’ di tempo, ma ricordo tutto come se fosse ieri. -
Ascolto attentamente, perché lo sento, percepisco chiaramente che mi nasconde qualcosa, qualcosa che vuole rivelarmi, ma non sa da dove iniziare.
- Eravamo felici... io, la mamma, papà e mia sorella... Isabel. -
Per poco la tazza che trattengo tra le dita non mi cade di mano, rischiando di frantumarsi in mille pezzi a contato con il pavimento.
- Isabel? -
- Esatto. Erika-san, se ti ho chiesto di venire qui, nella nostra vecchia casa, è perché volevo che tu aiutassi mia sorella! Lei... è morta, tre anni fa, ma è come se potessi ancora sentirla, tra queste mura, nelle vie della città... popola i miei sogni. Il suo spirito non è passato oltre, vero? Vorrei solo che lei fosse libera, felice, invece qualcosa la trattiene. Ti prego, aiutami a capire cosa. -
Mi parla con calore, con quell’amore che può darti solo la tua famiglia, mentre mi supplica di salvare Isy, cancellando il suo tormento.
- Meredith, non hai ricevuto la lettera che ti ho spedito ieri, vero? Potresti averla intercettata in qualche modo, hai dalla tua mezzi che per me sono impensabili, ma è poco probabile... -
Infatti scuote la testa, non ne sa nulla.
- In breve: ora non sono più sola, posso contare sull’aiuto di due ragazzi davvero speciali, loro sono diventati i miei Guardians. -
Quasi saltella sulla sedia, felice per me, regalandomi un radioso sorriso. Sembra tenere alla sottoscritta davvero tanto, quasi facessi parte della sua vita fin da sempre.
- È una cosa stupenda, Erika-san! Sono contentissima, credimi. Io sono venuta qui per darti una mano, prima non potevo, non è stato semplice convincere i miei genitori, ma quando ho nominato Isabel... Beh, tutto si è risolto. Però sapere che ora hai qualcuno dalla tua parte mi toglie un enorme peso dal cuore, non sai quanto mi sono sentita in colpa per averti mandata allo sbaraglio in una città sconosciuta, alla mercé di pericolosi e indomabili spiriti. Ma dei Guardians... devi essere emozionata! Ho letto tutto sulla tua razza, anche i libri più rari e perciò introvabili... -
Ecco, i soldi non ci mancano...
Sbatto le palpebre più volte, questa ragazza è abbastanza logorroica, anche se a una prima occhiata non si direbbe. Assomiglia tanto a Isabel e questo mi strappa un sorriso malinconico, mi manca chiacchierare con quella piccola peste, ma non oso immaginare il mal di testa dopo una discussione con entrambe le sorelle!
- Scusa, quando inizio a parlare non la smetto più. -
Ma dai?
Si passa una mano dietro la nuca, chiudendo un occhio e facendo una piccola linguaccia per prendersi in giro da sola. Io ridacchio, consapevole che avere questa ragazzina intorno mette addosso una certa allegria, è piacevole.
- Tranquilla. - La rassicuro. - Nella mia lettera, oltre che pregarti di occuparti di Lizzy, l’ultimo spirito che ho liberato, ti chiedevo se fosse possibile per te cercare informazioni su una persona, una studentessa morta probabilmente in Accademia, ma non avevo dettagli, quindi non credevo nemmeno che avresti potuto concretamente aiutarmi. Volevo sapere qualcosa in più su Isy, ma adesso che sei qui, posso domandarti tutto a voce, sarà più semplice e veloce. Come è... -
- Questo significa che mi aiuterai? -
Mi interrompe di nuovo, ma questi sono dettagli forse insignificanti.
- Certo, avevo già intenzione di occuparmi di Isabel comunque. -
- Davvero? Grazie, Erika-san! Non sai come sono contenta, credevo mi odiassi per tutti i guai in cui ti ho cacciata, invece... -
- Meredith! -
La blocco sul nascere, prima che si cimenti in un monologo infinito. Lei si siede comporta, ridacchiando e facendomi cenno di continuare.
- Bene, vorrei sapere come... -
Il campanello suona tre volte e io sbuffo innervosita, domandandomi chi possa essere a quest’ora del mattino. Poi mi illumino: i ragazzi!
- Questi devono essere Shiro e Nozomi, torno tra un attimo. -
La ragazzina annuisce con un sorriso e io sparisco dietro la porta della cucina, arrivando di corsa nell’ingresso e spalancando il portoncino.
- Erika, tutto bene? -
- Sì, venite con me. -
Senza tante cerimonie li trascino in cucina, dove Meredith ci fissa curiosa.
- Loro sono i miei Guardians. Lei è Meredith, la sorella di Isabel. -
E dopo una serie di sguardi interrogativi, spiegazioni alla rinfusa e presentazioni più approfondite, ora siamo tutti e quattro seduti intorno al tavolo, pronti a escogitare un piano.
- Allora... - Riprendo. - Raccontami come... come è morta Isy. -
Meredith abbassa lo sguardo, gli occhi lucidi e le mani tremanti che corrono sul petto, a stringere la stoffa del maglione rosa confetto che indossa. Sofferenza, posso percepirla nell’aria.
Un nodo alla gola e immediatamente la mano di Nozomi si posa sul mio ginocchio, confortandomi. Sospiro piano, aspettando che la ragazza trovi la forza di iniziare un racconto tutt’altro che felice.
- Isabel... è morta a causa mia. -
Spalanco la bocca, incredula, mentre Meredith solleva lo sguardo, ancora una volta, incatenando gli occhi nocciola ai miei.
- Cosa? -
- Ricordo tutto perfettamente, quel giorno mia sorella mi pregò di accompagnarla a scuola, di nascosto, era notte fonda. La mattina aveva avuto la sua prima lezione in piscina, ma aveva fatto una delle sue solite figuracce. - Sorride malinconica, mentre una lacrima le scorre sulla guancia, prontamente cancellata dal dorso della sua stessa mano. - Aveva paura dell’acqua, non sapeva nuotare, ma voleva a tutti i costi imparare, per poi mostrare al resto dei suoi compagni quanto fosse brava. Le ho detto... che ci saremmo messe nei guai, che io non ero disposta a beccarmi una punizione solo perché lei aveva fretta di diventare una nuotatrice olimpionica nel giro di poche ora, così... ho lasciato che andasse da sola, credevo che avrebbe rinunciato, che sarebbe tornata a casa con la coda tra le gambe, ma non è successo e... non l’ho più vista. -
Piange, scossa dai singhiozzi si porta le mani sul viso, si rannicchia su se stessa, mostrando la sua grande fragilità e il suo immenso senso di colpa.
Mi alzo di scatto dalla sedia, facendo il giro del tavolo e raggiungendola in pochi passi. Mi inginocchio accanto a lei, lanciando un’occhiatina ai miei Guardians prima di prenderla per le spalle e farla voltare verso di me.
Mi schiarisco la voce, ponderando le parole, attenta a non ferirla ancora di più, ma deve capire, capire che lei non c’entra nulla.
- Meredith, non è colpa tua. -
Scuote la testa violentemente e allora le poso una mano sulla nuca, costringendola a muoversi in avanti e a rintanarsi tra le mie braccia. Rimane sorpresa, tanto da smettere per un attimo di sobbalzare per la forza dei suoi singhiozzi, ma non si muove, resta stretta contro il mio petto.
- Puoi piangere, sfogarti quanto vuoi. Puoi colpevolizzarti, maledirti ancora e ancora. Puoi chiederti cosa sarebbe successo se tu fossi andata con tua sorella, ma questo non cambierà ciò che è accaduto quel giorno. Ti fai solo del male, lo capisci? -
Mi stacco dal suo corpo, prendendole il viso tra le mani, catturando i suoi occhioni lucidi. Tutto è più chiaro ora, i tasselli di questo complicato puzzle stanno trovando il loro giusto posto.
- Isabel diventa irrequieta sempre di più, credo senta la tua vicinanza. No, non ce l’ha con te... non potrebbe mai accusarti di essere la ragione della sua morte, ma non può passare oltre, non finché tu sarai convinta di averla uccisa. -
Meredith si mordicchia il labbro inferiore, stringendo le dita intorno alla stoffa del mio pigiama e strattonandolo appena. Tira su con il naso, distogliendo per un secondo lo sguardo. Sembra una bambina, fa tenerezza.
- Non è giusto... -
Sussurra disperata, sul punto di crollare di nuovo.
- Lo so, piccola. Ma ora dobbiamo pensare a Isabel, perché è giusto che sia libera, e io ti prometto che non mi arrenderò finché quella pasticciona non sarà passata oltre. Le voglio un mondo di bene, quindi mettiamoci sotto! Vuoi darci una mano? -
La ragazzina annuisce, sollevandosi dalle mie gambe e tornando seduta sulla sedia, si stropiccia gli occhi arrossati, poi ci regala un tenero sorriso, rasserenando il mio cuore.
Salverò Isabel, ma farò lo stesso anche con Meredith.


- Meredith, perché Isabel indossa una divisa scolastica diversa dalla nostra? Voglio dire, sono passati solo tre anni da quando anche lei frequentava la Hikaru, quindi... -
Nozomi inclina la testa di lato, curioso, mentre io annuisco. La stessa identica domanda a frullarmi per la testa già da un po’ di tempo.
Meredith sposta lo sguardo da me a Nocchan, sorseggiando un po’ del suo the e addentando un biscotto al cioccolato. Sembra riflettere, poi sorride, ricordando probabilmente dei particolari che a breve ci racconterà.
All’improvviso ci siamo ritrovati a parlare di Isy, a sommergere la sua sorellina di domande, solo per conoscere meglio il passato della mia amica. Mi sono resa conto sin da subito di non sapere poi tanto su di lei e di questo mi dispiace, mi dispiace davvero, perché se solo mi fossi impegnata di più, scavando nella vita di Isabel, forse ora sarebbe già passata oltre, libera dal suo tormento. Invece vaga chissà dove, indifesa, persa, sul punto di cedere al male e trasformarsi in una creatura crudele, vendicativa.
- Credo sia la divisa della mamma, Isy ne andava pazza. Anche lei ha frequentato l’Accademia d’Arte, è una pittrice abbastanza famosa adesso. Mia sorella si intrufolava sempre nella stanza dei nostri genitori e scavava nel loro armadio finché non trovava quella divisa. Una volta nostra madre l’ha anche nascosta, per farle uno scherzo... dovevate vederla, non si è arresa finché non ha messo per aria tutti i vestiti di papà. Lui era furioso, ma noi tre non smettevamo di ridere. -
Una scintilla illumina lo sguardo di Meredith al ricordo di quell’episodio divertente, ma anche malinconico e in un certo senso triste. Ha perso una parte di se stessa, erano molto unite, posso capirlo dal calore che la ragazzina mette in ogni suo racconto.
- E io che credevo semplicemente fosse uno spirito, come dire... antico. -
- Insomma, avevi capito tutto... -
Shiro mi prende apertamente per il culo e io gli faccio la linguaccia, incrociando le braccia al petto e assumendo un’espressione offesa... credo ci prenda gusto a farmi indispettire. Ma la risatina di Meredith cattura subito la mia attenzione, cancellando per un attimo la stizza dal mio volto. Lei che ha il potere di rasserenarmi, un po’ come sua sorella.
- Isy diceva sempre che sarebbe diventata la Preside della scuola, un giorno, e avrebbe inserito di nuovo quella divisa. Dio, ne era innamorata! -
- Tipico di lei, è estremamente esuberante. -
Abbasso lo sguardo, ripensando alla sua allegria, al suo ottimismo, perché è anche grazie a Isabel se non sono crollata, precipitando in un baratro di disperazione. Il problema è che non me ne ero mai resa conto davvero, non fino a questo momento, ora che rischio seriamente di perderla. Quella ragazza è fonte di energia, di pensieri positivi, è la parte di me che è rimasta sopita per tanto tempo, rispecchia la me del passato, perché ero viva anche io, un tempo, poi mi sono lasciata andare, ho esitato, ho dimenticato come si sorrideva, come si faceva a essere felici, a dimostrarla, tale felicità, ma soprattutto avevo scordato come ci si sente ad avere intorno a sé tante persone che ti amano. Forse è diverso adesso, anzi, ne sono certa, ecco perché dimostrerò a Isy che sono cambiata, che non deve più preoccuparsi per me, perché al mio fianco ho qualcuno disposto a sostenermi, sempre e comunque.
- Meredith, ti dicono qualcosa... -
Prima di continuare osservo di sottecchi l’espressione di Nozomi, lui è il più sensibile di tutti e davvero, davvero non vorrei sottoporlo a tali pressioni, ma devo ottenere più informazioni possibili. Lui sposta lo sguardo su di me, quasi attratto dalla mia preoccupazione, e mi sorride, mi sorride in quel modo dolce e sincero che è tipico di chi ha un cuore grande, incitandomi in questo modo a proseguire il discorso.
- Spesso capita che gli spiriti mi mandino degli indizi, durante la notte, attraverso i sogni. Quindi, ipotizzando che quello di poco fa sia collegabile a Isy, ti dicono qualcosa un uomo dagli occhi iniettati di sangue, avvolto dalla nebbia, un grido straziante, gracchiare di corvi... carne strappata dalle ossa, muscoli lacerati o sangue su vestiti impolverati? -
Ecco, facendo mente locale dovrei aver elencato più o meno tutto.
La ragazzina apre la bocca per dire qualcosa, ma la richiude subito, poi la apre di nuovo e tamburellando con l’indice sul tavolo, aggrotta le sopracciglia.
- Sembra tanto... la trama di uno di quei film che guardava sempre mia sorella, ma non posso darti ulteriori particolari, non ho mai amato gli horror! -
- E quindi... io avrei dovuto capire che si trattava di lei... solo... solo da quello? Ok, devo ricordarmi di ripassare con Isy le regola di una buona e ottimale comunicazione tra lo spirito e la povera sfigata che deve interpretare i segnali! -
- Lo sai, sai come è fatta, ragiona in un modo tutto suo... le sarà parsa un’idea geniale... -
- Forse hai ragione. -
Ma l’importante è fare chiarezza, anche se le difficoltà sembrano sempre troppo ardue da superare.
- E se invece Isabel avesse sperato o in qualche modo sentito che sua sorella stava arrivando a Tokyo? Questo spiegherebbe il perché di tante cose, cose che solo Meredith può spiegarci. -
Shiro si sporge in avanti, guardando prima la nuova arrivata e poi me, intuendo qualcosa a cui non avevo pensato.
- Perciò gli spiriti hanno una percezione particolare delle persone a cui sono stati legati in vita... potrebbe essere. Questo mi fa pensare anche a un’altra questione... -
Fa proprio bene confrontarsi con altre persone, si arriva a conclusioni a cui da soli non saremmo mai arrivati. Grazie al cielo non sono più sola.
- L’ultima volta che ho visto Isy mi trovavo nell’aula al terzo piano della Hikaru. -
Borbotto tra me e me, passandomi una mano tra i capelli e attorcigliando una ciocca castana intorno all’indice.
- Cosa centra proprio quell’aula? -
- Non è l’aula in sé, ma ciò che si vede da quell’aula: la torre con l’orologio della scuola. Isabel mi ha raccomandato più volte di stare alla larga da quella classe, mi ha pregata di non andarci di notte, ma cause di forza maggiore mi hanno impedito di mantenere la promessa. Questo perché lei sa, sa di essere al limite e sfoga la sua frustrazione solo là dentro. Credo sia morta con l’immagine di quell’orologio negli occhi, l’ultima cosa che ha visto, ma ha sempre avuto paura che tu, Meredith, potessi andare in piscina a cercarla e incontrare la sua parte più pericolosa, ecco perché si nasconde nell’unica classe da cui si può vedere la torre, per non dimenticare, ma anche per essere sicura di evitare di fare del male a te o a qualcun’altro. -
- Cosa facciamo allora? Andiamo a cercarla in quella classe? -
- No, direi di optare prima per la piscina, sperando di trovare una Isabel ancora nel pieno delle sue facoltà mentali, perché andando proprio in quell’aula, rischiamo di imbatterci in uno spirito ormai fuori controllo. Meredith, ci serve anche il tuo aiuto. So che ti sto chiedendo tanto, che è pericoloso, ma... -
- Lo farò, per mia sorella, dovessi anche affrontare l’inferno. -
Ha uno sguardo deciso, ma sapevo che non si sarebbe tirata indietro, non quando in ballo c’è qualcosa di così importante.
- Bene, allora questo è il piano... -

***


La scuola è ormai vuota e noi siamo pronti ad agire. Non ci fermerà niente, nemmeno il buio opprimente o la massa informe di spiriti che questa sera vagano indisturbati per la Hikaru.
- Sono davvero tanti, vero? -
Nozomi punta lo sguardo su un gruppetto di ragazzi e ragazze che chiacchierano tranquillamente, seduti sulle scale esterne, quasi stessero continuando una conversazione lasciata in sospeso per troppo tempo, un discorso che va avanti da secoli.
- Troppi... sembra ci sia un raduno. -
- Riesco a sentirli, fa più freddo rispetto a qualche minuto fa. -
Meredith si sfrega le mani sulle braccia, rabbrividendo nel suo cappottino blu. È stranamente sensibile alla presenza degli spiriti, li percepisce sulla pelle, senza però riuscire a vederli. Penso sempre di più che abbia qualche sorta di dono, forse causato dalla vicinanza che aveva in passato con la sorella, un legame che ancora oggi le rende inseparabili.
- Da questa parte, ci siamo quasi. -
Li conduco in una zona un po’ in disparte, alla destra dell’edificio principale dell’Accademia. Per quanto sia una scuola d’arte, non ci facciamo mancare nulla, la piscina ha le dimensioni di due campi da calcio messi assieme, senza contare che due campi da calcio li abbiamo davvero, dalla parte opposta.
I raggi del sole al tramonto colpiscono le vetrate della struttura, rilucendo come specchi, riflettendo tutt’intorno, sull’erba e sugli alberi, riflessi caldi e colorati, in netto contrasto con la sensazione di malessere annidata nel mio cuore. La sento... La presenza di Isy si fa strada dentro di me, addolorata ma consapevole, come se sapesse che a breve tutto finirà, ma allo stesso tempo come se rimpiangesse di aver lasciato le cose a metà. Ma è questo che deve capire, che dobbiamo farle capire: non è colpa sua se la gente mi maltratta, non è colpa sua se Meredith piange dentro, se il mondo va a rotoli o se le guerre dilagano senza sosta. Isy può solo andare avanti, mentre a noi spetta il compito di sostenerla, esattamente come ha fatto lei con noi fino a oggi.
Oltrepassiamo la grande porta in vetro, percorrendo poi il breve tratto di corridoio che conduce all’interno, al cuore dell’edificio. L’odore di cloro invade le narici, mentre l’immagine sfocata di una ragazza seduta a bordo piscina attira la mia attenzione.
- È qui. -
Sussurro per Meredith e lei raddrizza le spalle, facendo scorrere lo sguardo su tutto l’ambiente, quasi stesse cercando qualcuno, come se sperasse di poter vedere anche lei lo spirito della sorella. Ma ci sono cose che non si possono vedere con gli occhi, bisogna sentirle con il cuore, semplicemente. E infatti...
- La sento. -
Faccio un lieve passo in avanti, avvicinandomi alla mia amica, con le lacrime a premere insistentemente agli angoli degli occhi, consapevole che ben presto tutto finirà e dovrò dirle addio.
- Isy? -
Si volta appena verso di noi, agitando le gambe nell’acqua e dando vita a onde invisibili, sorridendo debolmente. Mi domando come possa sorridere in questo modo rassicurante nonostante la dolorosa situazione.
- Sapevo che sareste arrivati, vi aspettavo... anche la mia piccola peste. -
Ridacchia e un lieve sorriso increspa anche le mie labbra.
- Cosa? Perché sorridi? -
- Dice che ci aspettava, anche te, Meredith. -
La ragazzina si porta una mano alla bocca, sul punto di scoppiare in lacrime, ma è forte e so che non piangerà finché tutta questa storia non sarà conclusa.
- Erika? -
Gli occhi fissi in quelli della mia amica, comunichiamo con lo sguardo, siamo vicine ora come non mai.
- Non... Non so se posso riuscirci. -
- Certo che puoi. Me ne hai parlato tante volte, ti sei anche definita da sola in quel modo: un tramite, un filo tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Ora, petit, ho bisogno che tu lo faccia, provaci, ho fiducia in te. -
Annuisco, mentre intorno a me si crea il silenzio, da una parte la confusione di Meredith, dall’altra le domande non dette dei ragazzi: mi giungono chiare alla mente, ma non c’è tempo per le spiegazioni.
Prendo un respiro profondo, voltandomi verso la più piccola tra noi e allungando il braccio destro nella sua direzione. La invito a prendere la mia mano e lei lo fa, senza chiedersi il motivo, semplicemente si fida, come sua sorella ha sempre fatto, sin dal nostro primo incontro.
Chiudo gli occhi, concentrandomi sulla figura di Isabel, sui suoi brillanti occhioni dorati, sui suoi svolazzati capelli biondi, sulla sua voce delicata, quella voce che mi accompagna da quando sono qui, quelle parole incoraggianti che mi ripete sempre, anche adesso. Metto a fuoco i dettagli, facendoli scorrere dal mio corpo, dalla ogni fibra del mio essere, affinché raggiungano la mente di Meredith. E lei sgrana gli occhi, puntando lo sguardo oltre la mia spalla, sul viso sorridente di sua sorella.
- Isy... riesco a vederla. -
Non parlo, cerco solo di rimanere concentrata, se mi distraessi anche solo per un secondo, rischierei di mandare tutto a rotoli.
- Questa non ce l’avevi detta. -
Shiro mi accarezza una spalla, quasi volesse passarmi un pizzico della sua calma e per questo gli sono grata, perché controllare una parte tanto complicata dei miei poteri... Beh, non so quanto ancora resisterò.
Intreccio le dita a quelle di Meredith, il calore scorre in questa salda presa, mentre entrambe, quasi fossimo una cosa sola, ci avviciniamo al nostro spirito più caro.
- Isabel, fai presto, non so per quanto durerò. -
Prende un respiro profondo, puntando i suoi occhioni dorati in quelli nocciola della sorellina, regalandole uno dei suoi sorrisi, dolci e sinceri.
- Mer, è passato tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo viste. Mi dispiace di non essere potuta ritornare da te, dalla mamma e dal papà. Mi maledico ancora oggi di non averti dato retta, perché se non fossi stata tanto testarda... -
- No, non avrei dovuto lasciarti andare da sola. La colpa è solo mia, se ti avessi seguita, avrei potuto aiutarti e ora saresti ancora qui, con me. -
La più grande scuote la testa, con un’espressione malinconica sul viso.
- Non ho mai pensato che avresti dovuto agire in modo diverso. Forse siamo state entrambe stupide, questo non può più dirlo nessuno, ma c’è una cosa che devi sapere assolutamente: io non ti ho mai dato la colpa della mia morte. Devi andare avanti, Mer, non vivere nel passato, con un tale peso sul cuore, perché... ricordi? Se stai male tu allora soffrirò anche io. Lo ripetevamo sempre... e io ancora ci credo. -
Meredith si mordicchia il labbro inferiore, aumentando l’intensità della stretta tra le nostre mani. La sento cedere a ogni secondo che passa, ma è forte, forte tanto quanto Isabel.
- Erika mi ha insegnato una cosa importante in tutto questo tempo trascorso insieme... - Deglutisco, incatenando lo sguardo a quello della mia amica. - ... non è giusto che gli spiriti vaghino senza sosta sulla terra, questo non è il loro mondo, ma nemmeno è giusto che facciano del male agli esseri umani, non tutti sono cattivi. Sono arrivata a un punto di non ritorno, rischio di compiere azioni di cui potrei pentirmi, non voglio essere causa di dolore, per questo... lasciami andare, Meredith. Ricordati di me, perché io veglierò sempre su di te... su di voi, ma torna a sorridere, ti prego, desidero solo vederti felice. -
E Meredith sussulta, esattamente come faccio io, perché dirle addio è difficile, immaginare la nostra vita senza la sua allegria, la sua esuberanza, senza il suo amore... è decisamente impossibile, ma lo faremo per lei, per andare avanti nonostante tutto e camminare a testa alta.
- Ti voglio bene, Isy... mi mancherai da impazzire. -
- Anche tu, piccola peste... Ti voglio un mondo di bene. -
Si sorridono, poi Isabel sposta la sua attenzione sui miei Guardians.
- Prendetevi cura di Erika, è una ragazzina testarda e scontrosa, ma ha un cuore grande, basta solo trovare la chiave. -
Mi fa l’occhiolino, facendomi ridere tra le lacrime, mentre Shiro e Nozomi annuiscono, promettendole silenziosamente che mai, mai mi avrebbero abbandonata.
- Non dare retta a quello che dicono gli altri. Tu sei speciale, Eri, non dubitarne mai. Grazie di tutto, petit, sei stata una preziosa amica. Avrei voluto conoscerti quando ancora ero... viva, ma va bene anche così, sarai sempre parte di me. -
Allunga le mani verso di noi, come per abbracciarci, come per stringerci un’ultima volta.
- Grazie, Isy... non ti dimenticherò mai. -
Una luce calda e brillante ci avvolge, è abbagliante e ci costringe a serrare gli occhi. Quando li riapriamo Isabel è scomparsa, volata via dalla nostra vista, ma perennemente presente nei nostri cuori.
Sospiro, singhiozzando, accogliendo tra le braccia Meredith, assorbendo le sue lacrime e il suo dolore, mentre Nozomi e Shiro ci raggiungono, altrettanto commossi, pronti a unirsi al nostro abbraccio, un abbraccio di tristezza, di malinconia, ma anche un abbraccio che sa di sollievo e di libertà.

***


- Cosa farai adesso? -
- Credo che tornerò a casa, devo raccontare tutto a mamma e papà, saranno felici di sapere come si sono risolte le cose... e poi devo occuparmi di Lizzy e di suo fratello, no? -
Mer mi sorride, mostrandomi per la prima volta un’espressione davvero rilassata.
- E voi, che farete? -
Scambio un’occhiata con i miei Guardians, seduti accanto a me sul divano della loro casa, mentre entrambi si stringono nelle spalle, con fare indifferente.
- Le solite cose... -
- Andare a scuola e studiare... -
- Disegnare dalla mattina alla sera... -
- Imparare a scassinare come si deve una porta... -
- Affrontare spiriti furiosi... -
- Portare a termine una missione... -
- Festeggiare il successo... -
- Una passeggiata insomma! -
- Esatto. -
Scoppiamo tutti e quattro a ridere, finalmente felici, grati di essere insieme, perché insieme possiamo affrontare tutto, anche il male del mondo.
- Ci rivedremo, vero? -
- Certo, perché siamo una squadra... la migliore di tutte. -
Non importa quanto lontani saremo, ormai siamo legati da un destino comune, da un passato che porta il nome di Isabel e da un futuro scritto per essere percorso in questo modo, l’uno al fianco dell’altro, mano nella mano.
Issho ni eien ni.


Fine







L'angolino ai confini del mondo dell'autrice.

Eccomi qua anche con l'ultimo capitolo, spero che vi sia piaciuto ^^ E poi un'ultima immagine: Meredith.

Grazie a chiunque sia arrivato sino alla fine <3

Un bacio grande,
Noccy :3
  
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