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Autore: holls    16/11/2013    9 recensioni
Mary Sullivan è la classica ragazza perfetta: è bravissima, è bellissima e, soprattutto, è terribilmente odiosa.
Susy Carlsson è la classica ragazza normale: voti mediocri, né bella né brutta e, soprattutto, odia Mary Sullivan.
Ma cosa potrebbe accadere se le due si ritrovassero insieme per una ricerca di scienze? Mary Sullivan sarà davvero così perfetta come sembra?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3. Le lacrime di Mary Sullivan
 
« Ve lo giuro! Il signor Sullivan stava limonando con un’altra donna! Mette le corna alla moglie, capite? »
Monica e Lara mi ascoltano rapite, a bocca aperta per la rivelazione.
« Ma tu sei sicura di quello che hai visto, Susy? Sarebbe un bel colpo! Uno a zero per noi. »
« Credimi, Lara, non sai come ci sono rimasta! Quella famiglia così perfetta… Non posso crederci. »
Monica si infila nuovamente gli occhiali, dopo averci alitato per poterli pulire.
« Non so perché, ma me lo aspettavo. Mary è troppo perfetta, oltre che terribilmente odiosa, è chiaro che da qualche parte c’è una crepa che si cerca di nascondere. »
Già, una crepa. Smetto di ascoltare per vagare nei miei pensieri. Non avevo mai pensato al fatto che Mary Sullivan potesse avere qualche difetto. E mi sto chiedendo, in questo momento, se lei sia a conoscenza della scappatella di suo padre.
Provo pena, per lei. Riesco quasi a dispiacermi. Anche se ciò non toglie che sia un’oca intollerabile e anche più falsa della sua faccia inceronata.
Ripensandoci, ho cambiato idea, non mi dispiace.
Però, forse,  mi dispiace.
Non mi dispiace.
Mi dispiace.
Non… oh, basta! Che mi importa di Mary Sullivan? È solo una stupida, una cosa del genere può solo meritarsela.
Aspetto che Monica e Lara finiscano le loro considerazioni, poi passo a raccontare loro la vicenda della ricerca di scienze. Ma mi accorgo che, di fronte alla bomba che ho sganciato poco prima, questa è davvero niente, in confronto.
Monica mi offre comunque conforto.
« Quella Mary è proprio imperdonabile, ma ce la farai, Susy, vedrai. Se poi hai bisogno, puoi sempre chiedere aiuto a me e Lara. »
Gli occhi mi brillano. Getto le braccia intorno al collo di Monica, felice.
« Grazie, grazie, grazie. È bello avere amiche come voi! »
Sorridente, torno al mio posto. Le lezioni ricominciano, ma mi sento piena di nuova speranza.
Ho delle amiche fantastiche, davvero. Mica come quelle di Mary Sullivan!
Butto un’occhiata verso il suo posto con l’idea di farle una linguaccia, quando mi accorgo che non c’è. Il posto di Mary Sullivan è vuoto.
Ero talmente presa dal racconto, che non mi sono nemmeno accorta della sua assenza. Che abbia scoperto della scappatella di suo padre? Chissà, magari adesso è a casa a piangere, disperata.
Mary Sullivan piange? Nah, che sto dicendo!
 
Le ore di lezione passano e nemmeno me ne accorgo. Sono troppo presa dai miei pensieri, questo è certo. Monica e Lara sostengono che Mary Sullivan sia perfettamente a conoscenza di questa donna misteriosa, ma io non ne sarei così sicura. Ha sempre e solo frivolezze per la testa; se sapesse la verità, non starebbe così.
E io lo so bene. Troppo bene, purtroppo.
Forse è questo che mi spinge a pensare a Mary Sullivan e a come può sentirsi. E a domandarmi perché non sia venuta a scuola.
Potrei chiedere alle sue galline – cioè, amiche – ma mi sentirei davvero sciocca. Mi riderebbero dietro e mi prenderebbero in giro, ne sono certa.
Però, è anche vero che tentar non nuoce, giusto? Potrei intercettarle alla ricreazione, magari in bagno. Ci vanno sempre, rigorosamente in tre.
Sì, sì.
Farò così.
 
Sembrerò banale, ma la ricreazione è il momento che preferisco. Anche solo per sgranchirmi le gambe! Comunico a Monica e Lara che, per quella volta, non andrò giù in cortile con loro. Mi guardano storto, cercano di capire perché, e mi limito a dire che ho un urgente bisogno di andare in bagno.
Mi credono, o forse fingono di farlo, e mi dirigo verso la mia meta.
Lo so, non avrei dovuto mentire alle mie amiche, ma non so come reagirebbero se scoprissero che mi sto preoccupando per quella là. Monica non le ha mai perdonato l’accusa di aver copiato il compito di matematica, e Lara non manda ancora giù che Mary Sullivan abbia rivelato i sentimenti della mia amica al ragazzo che le piaceva.
So che non sto facendo niente di male, ma come potrei giustificarmi dopo due precedenti così?
Arrivo di fronte al bagno delle tre grazie, e le sento starnazzare – cioè, sghignazzare. Entro con passo deciso, ma qualcosa mi ferma subito.
« Le sta proprio bene, a quella stupida. Così impara a credersi perfetta! »
E ridono ancora. Ma di chi stanno parlando?
« Povera Mary, » aggiunge un’altra, e il cuore perde un battito, « dev’essere stato un bel colpo, per lei, scoprire che suo padre ha un’altra. Povera, povera Mary. Sì, proprio poverina! »
E continua a ridere, ancora e ancora.
Parlano di Mary Sullivan, è chiaro. Ma non dovevano essere le sue amiche, quelle? Perché parlano così di lei? Ma soprattutto, come fanno a sapere del padre di Mary?
« Sto godendo proprio, ragazze. Finalmente abbiamo avuto la nostra vendetta! Per una volta non è più la reginetta che tutti invidiano! »
Mi sento triste per lei. Non ha senso, è vero. Ma immagino Mary che si sfoga con le sue amiche, loro che fanno finta di confortarla e che poi le voltano le spalle così. Che cosa starà facendo, adesso, Mary?
Mi fa pena pensare che sia così sola.
Forse dovrei andare a casa sua e dirle qualcosa?
 
Suonata l’ultima campanella, decido di seguire il mio istinto. Qualcosa, dentro di me, mi spinge a voler sapere come sta Mary e perché non è venuta a scuola. E poi, proverò a raccontarle delle sue galline-amiche.
Torno nuovamente davanti alla villa un po’ troppo nuova per sembrare vecchia, suono il campanello e aspetto che il cancello si apra. Una volta entrata, sbircio ai lati e noto il solito giardiniere, che stavolta, però, non degno di uno sguardo: se lo merita!
Giungo davanti al portone, mi faccio aprire e attendo in salotto, come l’altra volta. Aspetto l’arrivo di Mary – stavolta senza toccare niente, non sia mai –, ma di lei neanche l’ombra.
È già passato un quarto d’ora, ma ancora Mary non si è vista. Forse sta male?
E se…
No, Susy, levatelo dalla testa! Hai detto di startene qui, ferma, immobile per non combinare casini. Quindi resterai qui, intesi?
Oh, voce della coscienza! Come faccio a rimanere ancora seduta qui? Cosa potrà mai succedere se gironzolo per casa in cerca di Mary?
Sì, a volte parlo con la mia coscienza. Niente di grave, almeno spero.
 
Mi alzo impettita da quel divano – senza cadere, fortunatamente – ed esco dal salotto. Mi affaccio sul corridoio, constatando con orrore che, in fondo, c’è una rampa di scale. Mi ci vorrà più tempo del previsto, temo.
Provo a pensare un po’. Le camere da letto, generalmente, stanno ai piani più alti. Potrei saltare il piano terra e andare direttamente su. Sì, buona idea, Susy!
Mi dirigo verso le scale e salgo al piano superiore. Comincio a percorrere il corridoio, guardandomi intorno e cercando di non fare troppo rumore mentre calpesto il pavimento. Eh sì, l’interno sembra vecchio quanto le colonne corinzie – quelle vere! – e ogni passo è uno scricchiolio. Probabilmente, nemmeno il ladro più scaltro avrebbe scampo.
Alla fine, sulla sinistra, scorgo una porta diversa dalle altre: attaccato a un chiodo, sulla porta, c’è una piccola insegna di legno, con su scritto “Mary”. Mi sommergo di complimenti per la bella intuizione che ho avuto, decidendo di esaminare per primo il piano superiore e, intanto, raccolgo il mio coraggio.
Uno, due, tre.
Busso.
Aspetto un po’, pensando di essere cacciata via malamente, ma, invece, nessuno risponde.
Busso ancora.
Niente.
Deduco che non ci sia nessuno, ma non voglio mollare. Poso le dita sulla maniglia, l’abbasso e spingo piano. Poi intrufolo la mia testa tra la porta e lo stipite, sbirciando dentro.
« È permesso? »
È lì, distesa sul letto.
Mary scatta su, un po’ spettinata e con gli occhi gonfi. Poi li spalanca e, come una tigre infuriata, salta giù dal letto e corre verso di me.
« Vattene via! Vattene! »
Per poco non vengo colpita da un orsetto di peluche, che schivo con fare rocambolesco. Mi ritrovo faccia a faccia con Mary, che stringe i pugni.
« Chi ti ha dato il permesso di entrare? Che ci fai qui? Vattene via! »
Urla talmente tanto da farmi indietreggiare. Sembra un mostro indiavolato!
« Mary, calmati! Volevo solo sapere come stavi e… »
« Sì, certo! Sei proprio falsa, Susy! »
Aggrotto la fronte, senza capire.
« Ma di che parli? »
E, soprattutto: da che pulpito! Ma perché Mary si accanisce così verso di me? E io che ero venuta con le migliori intenzioni!
« Sei stata tu, lo so! Tu hai messo in giro quelle voci su mio padre! »
Mi fermo un attimo, e capisco. Ecco perché le tre grazie ne erano a conoscenza. Ma io sono ben conscia di non aver diffuso questa voce! E allora, chi è stato? Intanto, però, devo cercare di difendermi: Mary è più accanita che mai.
« È vero, ho raccontato questa storia alle mie amiche, ma solo a loro! E poi, perché avrei dovuto farlo? »
« Forse perché mi odi? »
Mi trattengo dall’impulso di rispondere “Ma se tutti ti odiano!” e mi fermo un attimo a pensare. Mary, intanto, sembra essersi calmata.
« Probabilmente, qualcuno ha sentito mentre lo raccontavo a Monica e Lara e ha diffuso la notizia. Io non c’entro, davvero! »
Mary incrocia le braccia e sorride a mo’ di beffa. Solo in quel momento gli occhi mi cascano sulla sua vestaglia, di lucente seta rosa e dalle finiture meticolose. È davvero bella e raffinata! La camera, però, è un po’ troppo piena di orsacchiotti per una sedicenne. Una sedicenne come Mary Sullivan, ovvio.
Intanto, come a farmi tornare in questo mondo, Mary ribatte.
« Sì, certo. Arrampicati pure sugli specchi, Susy. Ora dimmi cosa vuoi da me, e poi vattene. Vuoi forse dire a tutti che mi hai visto piangere? »
Io non me ne capacito. Cosa dovrei volere da lei?
« Mary, com’è possibile che tu sia così ottusa? Che sciocca, sono stata. Ero venuta qui, pensando che avessi bisogno di conforto. Avevo anche lasciato da parte i pregiudizi, pensando che tu fossi nel tuo letto a piangere per la scoperta di tuo padre, e invece sai solo gettarmi veleno addosso! Hanno ragione le tue amiche, sì! »
Faccio dietro-front, intenta ad andarmene, ma la mano di Mary mi afferra una spalla e mi ferma.
« Che c’entrano le mie amiche? »
« Scoprilo da sola! Addio! »
Scosto con decisione la sua mano dalla mia spalla, per poi correre via verso le scale.
Sento la voce di Mary che mi chiama, ma non ho alcuna intenzione di fermarmi.
Mentre corro, mi riempio di pugni in testa e di insulti. Cretina io e stupida lei! Ma come ho potuto pensare, anche solo per un momento, che Mary Sullivan fosse diversa da come l’avevo immaginata?
Certo, però, che sono stata davvero sciocca. Mi ha odiata fino al giorno prima, come potevo pretendere che volesse la mia spalla? E io, perché gliel’ho offerta?
Cretina, ecco cosa sono.
 

Sera a tutti! Eccoci al terzo capitolo di Façade. Occupo questo spazio perché vorrei fare alcune considerazioni sulla storia (che cercherò poi di infilare nella stessa). Come avrete notato o noterete, le due adolescenti protagoniste sono un po' atipiche se paragonate a quelle dei giorni nostri. Infatti, anche se involontariamente, mi sono rifatta ai romanzi di fine Ottocento con bambini protagonisti (ho letto da poco Principessa Sara); quindi, da questa storia, aspettatevi pure sentimenti e personaggi un po' naif ^^ Se proprio volessimo ambientarla in un periodo più vicino al nostro, direi gli anni 90 (e questo perché ho citato i cellulari, sennò potevano benissimo essere gli anni 80). 
Ci tenevo a fare questa precisazione perché non vorrei che mi si dicesse che le adolescenti di oggi non pensano a queste cose e non parlano così XD Ne sono conscia, ma la mia storia voleva avere un "sapore" diverso. 
Detto questo, vi saluto e ringrazio tutte le persone che seguono questa storia ^^
Alla prossima!
   
 
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