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Autore: KillingJoker    17/11/2013    1 recensioni
Un uomo con un passato misterioso, arrivato esausto in un villaggio pacifico ed isolato dopo un lunghissimo viaggio. Un cavaliere instancabile che viene fermato da un ponte. Un cavallo che sparisce lasciando a terra solo ossa.
-"Il loro dovere era di primaria importanza su tutto. Sulla carità, sul riposo, sul cibo e persino sulla stessa vita. Nulla avrebbe dovuto fermarli. Nulla avrebbe osato..."-
A metà tra il solito fantasy e una moderna visione della magia e delle ambientazioni, questa è una storia di misteri e di strani personaggi, di potenti magie e di antiche entità. Il classico dei classici? Forse. Ma spero che resti comunque interessante.
Buona lettura
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Cap. 1, “La Fine”-

 

“Speriamo non faccia troppe storie” - disse l'umano mentre cavalcava al fianco del suo compagno. “Che storie vuoi che faccia? Quello non vede l'ora di ritornare a muoversi. Uno come lui non può semplicemente chiudersi in una casetta in collina a fare il campagnolo” - rispose l'altro - “E adesso sbrighiamoci, voglio finire questa faccenda prima possibile. Il nostro amico verrà con noi, che lo voglia o no”.

I due spronarono i cavalli. “Certo che voi elfi rossi non vi perdete in chiacchiere” - fu la frase che concluse la conversazione.

 

Quella stessa mattina Agristan stava riparando il tetto della stalla del villaggio. Era intento ad inchiodare una nuova asse, quando in lontananza scorse sulla strada due figure che si muovevano velocemente verso l'ingresso del villaggio. Turisti? Impossibile, non avrebbero tutta questa fretta, 'E poi che c'è da vedere a Cantolumino?'. Magari viandanti di passaggio? Un po' fuori strada per essere capitati in un villaggio così lontano dai grandi centri abitati. Allora forse soldati? Ma no, non vedeva certo scintillare le loro armature. Chi potevano essere? Di sicuro era meglio informare il signor Darrick, il capovillaggio. Edward Darrick, questo il nome dell'uomo, ma tutti lo chiamavano Ed, era una persona tranquilla. Non voleva problemi e non voleva crearne. Accolse i visitatori senza troppe domande e, una volta che ebbe sentito la frase che voleva sentirsi dire: - “Non siamo qui per creare trambusto” - accompagnata da un cortese - “Non si preoccupi della nostra presenza” - li lasciò entrare.


 

Nello stesso momento, ma in un altro luogo, Parthon stava attraversando le Pianure di Smeraldo a passo svelto. Essere costretto ad abbandonare la sua cavalcatura, il suo più fedele compagno, lo aveva preoccupato, da un lato perché ciò significava che l'energia magica che permeava quel luogo era più potente di quanto potesse aspettarsi, ma soprattutto perché dall'altro correva il rischio di non arrivare in tempo. Dopotutto era la prima volta che si addentrava in quella regione e cominciava a pensare che poteva non essere stata una buona idea affidare proprio a lui quella missione. Chissà cosa aveva in mente il Sire. Perché aveva posto la situazione in questo modo?

 

Il dolore era quasi insopportabile per lui. Si sentiva come se l'erba, la terra, la natura stessa lo respingesse. Ed, in effetti, non aveva poi tutti i torti, questa natura: lui era una creatura del tutto innaturale. Un tempo uomo, ora non più, era stato dannato per sempre. E la natura non perdona i Dannati, specialmente quella intrisa di ancestrale magia elfica. Un ennesimo contrasto in quel luogo così meraviglioso. Un corpo coperto di nero, avvolto da una strana e traslucida bolla violacea che camminava come una mosca bianca in quella sconfinata pianura di un verde così lucente da far quasi male agli occhi, a prima vista. Ciò che inquietava maggiormente era che, ovunque lui passasse, l'erba e le piante appassivano ad una velocità sconcertante, per poi rifiorire poco dopo. 'Speriamo che questo incantesimo resista fino al prossimo villaggio, o sarò davvero nei guai' – pensò Parthon. 'Se solo avessi ancora te, Achiraion...'. Aveva un volto triste, o almeno si convinse di averlo. Poi vide infine la prima casa.

 

Passarono i giorni, tutti uguali nel loro susseguirsi così monotono. Ne aveva visti tanti di giorni, Parthon. Durante questi ultimi però aveva potuto ammirare lo splendore della maledizione che affliggeva questi luoghi: non c'è un punto, in tutte le Pianure di Smeraldo, dove la natura non abbia il controllo assoluto. Campi coltivati ricchi di grosse verdure, degne dei migliori raccolti. Piante curate che riflettono la luce del sole con i loro colori accesi. Animali selvatici che vagano placidamente per le praterie. Per le Razze questo doveva essere un paradiso in terra. Ma non sapevano, o non volevano ricordare, che questo luogo li aveva dannati tutti. Come aveva dannato lui. Pensò che l'unica differenza tra lui e loro stava nel suo essere consapevole, a confronto con la loro ignoranza. Per la prima volta dopo tanti anni si sentì di nuovo, vagamente, umano.

 

Arrivò infine il giorno in cui Parthon giunse al villaggio che cercava, per raggiungere il quale aveva tanto sofferto. Lo stesso giorno in cui qualcuno bussò alla porta di Agristan. Lo stesso giorno in cui i due viaggiatori che erano arrivati cavalcando a Cantolumino trovarono la persona che stavano cercando.
 

“Salve sir” - era il più basso dei due a parlare.

“Mi scusi, ma lei chi è” - disse Agristan al suo interlocutore.

“Sono solo un viandante mandato con il suo compagno a trovarla sir”

“Di che stai parlando? Come puoi aver cercato proprio me

se io non so nemmeno chi sei?”

“Sono venuto da lei perché la sua presenza è richiesta dal mio maestro, sir.

Intende venire con noi? Le sarei molto grato”

“Perchè mai dovrei seguire una persona mai vista prima? Uno come te per giunta.

Io sono solo un povero falegname che lavora per questa gente”

“Sappiamo entrambi che lei è molto più di questo sir.

Noi possiamo riportarla alla sua vita passata”

“Capisco”

 

Questo è il giorno in cui due viaggiatori arrivati a Cantolumino da chissà dove mettono un sacco in testa ad un pover'uomo per poi stordirlo e caricarlo su di un cavallo, lasciando velocemente il villaggio verso nord.

 

Questo è il giorno in cui un viandante misterioso appena arrivato a Cantolumino aiuta un uomo a caricare le sue cose in sella al suo cavallo per poi partire verso est.

 

“Ma come ve lo devo dire?? IO NON SONO AGRISTAN FORCHESTER!!”

 

“Piacere di conoscerti, Parthon. Ti prego di perdonare la mia maleducazione”

“Non penarti, Agristan. In 150 anni mi sono abituato a ben peggio”

  
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