Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Road_sama    17/11/2013    2 recensioni
[Fanfic sospesa fino a che non mi tornerà l'ispirazione giusta. Chiedo scusa a tutti i lettori che aspettano un aggiornamento da un bel po' di mesi, ma ho troppe cose per la testa in questo periodo. Spero di riprendere in mano la fic presto.]
Questa è la prima long fic in questo fandom quindi fatemi sapere cosa mettere a posto!
I Perfect Maker sono una piccola band europea, arrivata in California da poco per fare una serie di concerti. Non sanno ancora cosa vuol dire essere delle star e non sanno nemmeno cosa possono diventare i Paparazzi per loro. Sarà proprio questa piccola avventura ad insegnarglielo e a cambiarli per sempre.
Buona Lettura!
/UsUk//GerIta//Spamano//Franada//PruHun//accenni AusHun/InghilterraxIrlanda/
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buon giorno a tutti! Finalmente sono riuscita a finire questo capitolo (che è venuto fuori molto lungo alla fine eheh). So che è passato molto tempo dall’ultimo aggiornamento, ma a scuola hanno subito cominciato a caricarci di compiti. Se poi, tua madre di punto in bianco ti ritira il computer per tutta la settimana e te lo lascia usare solo il week end perché secondo lei ti distrae…beh, avete capito il perché del mio ritardo^^
In ogni caso, vi devo dare degli avvertimenti per il capitolo (niente di grave eheh) per prima cosa: ad un certo punto compare il nome di un giornale, ebbene l’ho inventato e non penso che esista davvero. Seconda cosa: non so come chiamare Nonno Roma, quindi gli ho dato un nome abbastanza scontato.
Terzo: Nonno Roma e Feli non sono imparentati
Quarto: uhm…non centra molto con il capitolo ma con quello che accadrà in seguito…si comincia con le fregature. Nel senso, ok, si sono viste già delle brutte cose come la storia di Francis, etc, ma ora si va sul pesante. Quindi…tenetevi pronti^^
Detto questo…Buona Lettura! :)
 



VELOCITA’


-Ragazzi! Ho preparato la colazione svegliatevi!- un Roderich dotato di grembiulino bianco fece il suo ingresso nella camera della sua ex ragazza e del suo ormai ufficiale coinquilino. 
-Uhm…!- da sotto le coperte si levò un borbottio irritato che doveva corrispondere alla voce di Gilbert.
Roderich aprì le imposte e la luce di una grigia giornata entrò nella stanza.
-Ahn…!- questa volta a lamentarsi era Elizabeta.
L’austriaco sospirò, mentre con la mano libera dalla spatola afferrò le lenzuola. Con un colpo secco scoprì i due ragazzi.
-Rod dannazione!- Gilbert lanciò un cuscino nella direzione del moro che schivò per un soffio.
-Ho sonno!- il secondo cuscino lo sferrò l’ungherese e questa volta riuscì a colpire in testa l’intruso.
-Ahia! Perché questa accoglienza dopo che vi ho preparato la colazione?!-
-Perché abbiamo sonno, accidenti!- mugugnò il tedesco mentre spintonava Elizabeta un po’ più in la, la ragazza, di rimando, non si spostò di un millimetro.
-Santi Numi!- sospirò. –Quando avrete intenzione di alzarvi, in cucina ci sono i krafen.- disse infine il moro allontanandosi.
-Cosa?!- si impennò Gilbert con la bava alla bocca.
-I krapfen!- anche Eliza si era rizzata sul letto.
Roderich non fece nemmeno in tempo a varcare la soglia della camera da letto che i due ragazzi prendendolo per le spalle lo spintonarono indietro, anticipandolo in cucina.
-Almeno mettetevi qualcosa di decente addosso…non sono vostro padre…!-
-O Santo cielo.- sospirò infine l’austriaco massaggiandosi le tempie con le dita.
 
-Eliza, Eliza, Eliza! Vieni, vieni, vieni!-
-Lasciami cambiare, accidenti a te.-
-Rod, Rod, Rod, ci accompagni, ci accompagni, ci accompagni?-
-Ho alternative?-
-No, kesese!-
-Perché ho accettato di aiutarti?- disse rassegnata Eliza mentre si sistemava delle ballerine nere.
-Perché sono MAGNIFICO!-
-Dimenticavo. Comunque sia, dobbiamo fare in fretta perché sta sera ho un concerto a Los Angeles.-
-Si si tranquilla non prenderò molto tempo della tua vita da star, intanto andiamo! Prendiamo la mia macchina.- disse frettolosamente Gilbert. L’ungherese lo fulminò con un’occhiataccia.
-Uhm…Gil che macchina hai?- chiese l’austriaco sistemandosi la maglietta a maniche corte nera, che gli aveva prestato l’albino.
Il tedesco ghignò e appena arrivarono ad una fila di garage, probabilmente corrispondente a tutti i condomini, premette il pulsantino di un telecomando blu. Il garage si aprì lentamente.
-Una BMW M6!-
Eliza e Roderich rimasero per qualche secondo con la bocca aperta.
-M-Ma t-tu non avevi s-soldi?- balbettò l’ungherese senza staccare gli occhi dalla macchina.
-Kesesese, sai stando qui ho avuto modo di conoscere molte cose che in Germania ignoravo completamente. In particolare il gioco d’azzardo…se poi Ivan, quello del bar, riesce a truccare benissimo le carte, beh, si fanno molti affari.-
-Al diavolo il gioco d’azzardo! Questa macchina è magnifica!- urlò Roderich cominciando ad accarezzare il cofano del BMW.
-Ok, Rod. Afferrato, ti piace, ma lascia in pace la mia macchina, da bravo cucciolo.-
L’austriaco si risollevò e si sistemò gli occhiali facendo come se nulla fosse.
I tre salirono velocemente in macchina ed Eliza con un’occhiataccia costrinse Roderich a stare dietro. Nonostante questo, il moro non si dava per vinto e con sempre maggiore interesse studiava l’auto.
-Rod, stai calmo sennò mi consumi i sedili!- ghignò il tedesco guardando l’altro dallo specchietto.
-N-No, non consumo proprio niente, caro. Mi rincresce solo ammettere che questa macchina guidata da una testa vuota come la tua sia un vero errore.- disse risistemandosi per l’ennesima volta gli occhiali.
-Cosa? Io intanto ce l’ho una macchina!- gridò Gilbert girandosi verso l’austriaco e facendogli una linguaccia.
-Vedi? Questo tuo modo di cambiare discorso mostra come io abbia ragione e tu non abbia argomenti per sostenere la mia tesi.- scandì calmo, tutte le parole, l’altro.
Gilbert ringhiò ed Eliza cominciò a massaggiarsi piano le tempie.
-Se io sono senza “argomenti” perché tu usi questi paroloni per insultarmi?!-
-Non sono paroloni, sono le parole che usano le persone intelligenti per scambiarsi idee. Non mi stupisco che tu non sappia queste cose visto il tuo quoziente intellettivo.-
-Mi hai dato dello stupido, maledetto testa d’uovo?!-
-Non ti ho dato dello stupido, ho detto che tu lo sei.-
-Io ora vengo li e ti strappo le-
-Volete piantarla?! Sono dieci minuti che siamo in macchina e non ci siamo mossi di un millimetro! Sbaglio o dobbiamo fare altro che litigare?!- intervenne Eliza rossa in volto dalla rabbia.
I due si zittirono. Per lunghi attimi l’unica cosa che si sentiva era il respiro pesante della ragazza, poi Gilbert convenne che era meglio non contraddirla e mise in moto.
 
Per tutto il tragitto Roderich non aveva fatto altro che domandare cose assurde su quella macchina e aveva annoiato così tanto Elizabeta e Gilbert che ad un certo punto gli avevano regalato il libretto informativo della macchina. Dopo di che  l’austriaco non aveva più fiatato e il tedesco riuscì ad accendere la radio per ascoltare un po’ di musica. In un certo senso, tutto quello sembrava una cosa normale e…sembravano una specie di famiglia.
-Ok, il posto dovrebbe essere qui.- era da qualche minuto che facevano tornanti e dai palazzi della zona residenziale, erano giunti fino ad una collinetta immersa in una pace quasi innaturale per una città americana, e circondata da arbusti verdi. Ritornare in quel posto, anche se di giorno, fece ricordare ad Elizabeta il giorno in cui lei e Gilbert si erano baciati per la prima volta.
Pensò anche l’avrebbe seguito in quel posto altre mille volte. Quella serata era stata la cosa più bella che avesse mai vissuto.
Il tedesco parcheggiò in una piazzola da cui si riusciva a vedere tutta la città. Non era come di notte, ma vedere la sua immensità faceva lo stesso un certo effetto.
-Questo posto è tranquillissimo…- sussurrò Roderich. – Non pensavo che esistesse un posto così, qui a San Francisco…-
L’albino ridacchiò, poi condusse gli altri due davanti a un palazzo alto più o meno una ventina di metri. Era pieno di vetrate, molto larghe e sembrava una di quelle costruzioni futuristiche.
-E’ questo. Ho appena avvisato la mia amica, fra poco dovrebbe essere qui per mostrarci l’interno.- disse Gilbert guardando lo schermo del suo cellulare.
-Amica?- chiese l’ungherese fissandolo storto.
-Tranquilla, Eliza, è solo la sorella di Ivan.- ghignò l’albino.
-Comunque sia…è carino…almeno fuori..- affermò l’ungherese girandosi verso la struttura.
Aspettarono ancora qualche minuto, poi arrivò la proprietaria: una ragazza, più o meno della loro età, molto inquietante. Aveva dei capelli lunghi capelli, talmente chiari da sembrare bianchi, occhi scuri con qualche riflesso violaceo e vestita da abiti costosi.
 -Ciao Gilbert. Vedo che alla fine sei tornato.- disse gelida guardando l’albino negli occhi. Solo dopo averlo studiato per lunghi secondi si degnò di guardare gli altri.
-Piacere, Natalia Braginski.-
Natalia non diede nemmeno la possibilità agli altri di presentarsi che già si stava dirigendo verso la porta del palazzo. Appena la aprì i tre rimasero senza parole. Il pavimento era stato fatto con un parquet marroncino chiaro e le pareti erano di un verde pallido. La stanza era tempestata da teli bianchi che ricoprivano quelli che dovevano essere stati tavolini da ristorante. In fondo alla stanza si poteva notare anche un mobile lungo, probabilmente il bancone.
-Questa è la stanza più grande del piano terra, ce n’è una uguale al piano di sopra.-
Riprese a camminare veloce verso un’altra stanza e quando si accorse che gli altri tre non la seguivano si schiarì la voce per attirare la loro attenzione.
Lentamente Natalia, seppur con qualche “Tsk…” e qualche sbuffo, mostrò tutto l’edificio ai tre ragazzi che erano sempre più stupiti di stanza in stanza. Al secondo piano, da qualsiasi finestra si guardasse si riusciva ad avere una bellissima vista su San Francisco; per non parlare dell’esteso terrazzo che dava su un piccolo giardinetto.
Difficile ammetterlo, ma Gilbert questa volta aveva fatto la scelta giusta.
-Accidenti è proprio una bella casa!- disse estasiata Elizabeta.
–Quanto costerebbe?- azzardò Roderich.
Natalia lo squadrò indagatore.
-E’ da molto che voglio disfarmi di questa casa quindi non chiedo molto. In più…non sono i soldi ad interessarmi.- piantò uno sguardo di ghiaccio su Gilbert.
-Quindi…?- incalzò sorridendo benevolo il tedesco.
- 40.000 dollari.-
Roderich proruppe con una forte tosse e Gilbert gli mollò qualche pacca sulla spalla per evitare che si soffocasse. Ovviamente lo stesso tedesco rischiava il soffocamento. Elizabeta era l’unica che non si era scomposta.
-Va benissimo così!- l’ungherese le strinse la mano senza preavviso, ma questa la ritirò con stizza.
-Tsk…ora Gilbert dammi quello che mi avevi promesso.-
-Cosa le avevi promesso?- chiese interrogativa e sospettosa l’ungherese.
Gilbert estrasse una grossa busta gialla dalla tasca interna del giubbotto e la tese alla bielorussa.
-Ecco qua, tranquilla…mantengo sempre la mia parola io, kesese.-
Natalia sbuffò, gli strappò la busta dalle mani e in cambio gli diede le chiavi.
-Per ora mi basta questo. I soldi più avanti.- detto questo si dileguò.
 
Gilbert cominciò a saltellare allegramente per la stanza urlando “ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta!” Ma Eliza non era del suo stesso umore anzi era sospettosa.
-E’ stato troppo facile, che hai dato in quella busta gialla a Natalia?- Gilbert sorrise a trentadue denti.
-Quella tipa è una pazza! O meglio…una stalker. E’ fissata con suo fratello Ivan e li dentro non c’erano altro che foto, una sciarpa e qualche video. Se tutto va bene tornerà tra un paio di mesi a chiedere soldi, tanto è già mezza ricca!-
L’ungherese stese l’agitazione che si era formata nel suo volto e sospirò lentamente. Gilbert si avvicinò a lei.
-E questo grazie a te…- fece uno dei sorrisi più belli che la ragazza avesse mai visto.
-Ho solo ripagato il mio debito!- ridacchiò.
Il tedesco le depositò un breve bacio sulle labbra stringendole un braccio intorno alla vita.
-Viglio ancora qualcosa da te..- disse malizioso.
-Per favore…non davanti a me…- borbottò Roderich sistemandosi gli occhiali.
-Vai fuori un attimo allora!- disse la ragazza stringendo le braccia intorno al collo dell’albino.
L’austrico borbottò un “ma vaffanculo…” poi uscì.
I due si baciarono di nuovo e si guardarono per lunghi secondi negli occhi.
-Ho un regalo per te.- disse improvvisamente Gilbert stringendo ulteriormente a se la ragazza.
-C-Cosa..?- Elizabeta arrossì mentre il tedesco si frugava in tasca. Ne estrasse una scatolina quadrata in plastica verde. Si separarono un attimo e gliela porse. Anche se si vedeva molto poco, Eliza riuscì a vedere un leggero rossore sulle guance dell’altro. Appena l’aprì le si mozzò il fiato. La scatolina conteneva un braccialetto che seppur semplice era molto bello. Era formato da una striscia di cuoio marrone scuro con al centro una sfera di verde e intenso smeraldo.
Gilbert lo prese dalla confezione e lo legò al polso destro della castana.
-G-Grazie…è bellissimo…- sussurrò senza parole. Il tedesco la strinse nuovamente a sé e la ragazza fece altrettanto.
-I-Io…penso di essermi innamorato Eliza.- sussurrò l’albino appoggiando delicatamente la fronte a quella dell’ungherese.
-Ah si? Dev’essere proprio bella questa ragazza per aver fatto innamorare un egocentrico ragazzo come te.- disse con finta noncuranza.
-Beh, questa ragazza non è solo bella è bellissima. E’ una delle poche che asseconda le mie pazze idee, che vuole dormire fino a tardi alla mattina, che tira fuori padelle da luoghi sconosciuti, ma soprattutto…-
-Ma soprattutto cosa..?- sorrise complice Elizabeta.
-E’ l’unica che amo in tutto quello che fa, che sia la sua posizione, il suo attorcigliare una ciocca di capelli all’indice o che sia un suo sguardo.- fece una pausa. – Ed è un guaio perché un ragazzo magnifico come me non dovrebbe abbassarsi a pensare e a dire certe cose…-
-E…dimmi, chi è queste ragazza?- chiese l’ungherese avvicinandosi alle labbra dell’albino.
-Elizabeta, ti amo.-
Gilbert la baciò intensamente fino a che non ebbe più fiato; poi l’abbracciò.
-Ti amo anch’io.- rispose senza più alcuna esitazione Eliza.
 
Il cellulare di Elizabeta cominciò a vibrare nella sua tasca, lo prese in mano e rispose.
-Pronto?-
-Ciao Eliza!- disse Feliciano, la ragazza riusciva a sentire molte voci, riconobbe immediatamente quella acuta di Alfred e quella altrettanto alta di Antonio. Evidentemente stavano facendo una specie di pranzo in compagnia.
–Sei con Gilbert?- l’ungherese guardò all’interno della macchina in cui da poco erano saliti.
-Le canne Eliza, attenta! Lascia quel telefono che sennò non fumiamo!- gridò il tedesco mentre guidava.
-Quali canne, idiota?!- intervenne Roderich ispezionando i sedili davanti.
-E’ uno scherzo! Sai, magari sta parlando con sua madre…-
Eliza rimase allibita e Feliciano, sempre con allegria, diede voce alla sua risposta.
-A quanto pare si! E c’è anche Rod! Che ne dite di venire a mangiare qui? Siamo quasi al completo, dovrebbero arrivare anche Francis e Luddy, tra poco!-
-Penso che non ci siano problemi! Arriviamo!- affermò la ragazza.
Feliciano riattaccò.
-Cambio di programma ragazzi! Venite a mangiare da me oggi!-
 
Ludwig scese le gradinate e prese a camminare lungo il vialetto fiancheggiato, ai lati, da un folto prato verde. Si mise la cartella a tracolla ed estrasse dalla tasca esterna di quest’ultima il biglietto dell’autobus. Erano le 12.30. La lezione all’Università era durata più del solito.
-Ehi Ludwig!- il suo professore di corso lo bloccò.
-Ti ricordi che tra due settimane hai l’esame vero?- disse l’uomo sorridendo. Era un uomo sulla quarantina, aveva una folta barba e dei capelli molto scuri. Si chiamava Rome e per questo giravano voci che fosse nato in America, ma avesse parenti italiani e, il tedesco non poté fare a meno di pensare che fosse, per molti aspetti, simile a Feliciano. A partire da quegli strani riccioli…
 Il biondo annuì.
-Bene, sei lo studente più promettente di tutto il corso quindi mi aspetto grandi cose da te.-
-Non la deluderò, professore.- Ludwig fece per andarsene, ma una seconda volta Rome lo intercettò.
-Ah, quasi dimenticavo.- il tedesco si voltò di nuovo ad osservarlo. –So già che lavori per il Gossip&Stars qui a San Francisco, ma se decidessi, dopo gli esami di cambiare redazione…beh, non esitare a chiedermi, ho contatti con i migliori giornali statunitensi.- l’uomo gli fece l’occhiolino.
Ludwig non sapeva che dire. Insomma…se si fosse fatto raccomandare la sua vita lavorativa sarebbe cambiata per sempre e lui, avrebbe anche potuto diventare uno dei migliori e dei più famosi giornalisti di tutti gli Stati Uniti!
-G-Grazie mille…io…ci penserò.- abbozzò un sorriso.
-Bene! Ora vado, ho una fame!- e così Rome se ne andò lasciandolo li impalato, in preda a interrogativi esistenziali. Dopo qualche minuto anche  il tedesco si riscosse e riprese a camminare lungo il vialetto non smettendo di fissare il ghiaino sotto i suoi piedi.
-Luddy!- una seconda volta il biondo sentì qualcuno che lo chiamava, alzò il capo e quasi fece un colpo.
A chiamarlo era stato Feliciano, che era venuto a prenderlo  senza avvisarlo. Non sapeva da chi avesse scoperto il nome e la posizione dell’Università, poi però si ricordò di Francis e si spiegò tutto.
Ma non era questo quello che lo preoccupava.
Feliciano, non era il solito Feliciano. Aveva una giacchetta in pelle nera e dei jeans; se ne stava con la schiena appoggiato alla fiancata di una macchina. Ma non una semplice macchina: una Ferrari, rosso fuoco, senza nessuno graffio e talmente lucida da riflettere il sole.
No, decisamente quello non era l’innocente ed innocuo italiano pasticcione.
-Che ci fai qui?- riuscì solo a dire Ludwig perché Feliciano gli era saltato al collo abbracciandolo.
-Vee! Sono venuto a prenderti!- il tedesco arrossì  e si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno nei dintorni. Per fortuna, a quell’ora erano tutti a casa a mangiare. Ricambiò l’abbraccio inspirando il profumo dei suoi capelli. Era difficile da ammettere per uno come lui ma, anche se erano stati insieme per tutta la notte prima, gli era mancato.
-C-Come mai..?- balbettò. Feliciano si staccò dall’abbraccio sorridente e gli depositò un piccolo bacio.
-Ci troviamo tutti a pranzo, oggi e mi chiedevo se volevi venire anche tu.-
-V-Va bene…- il sorriso dell’italiano si allargò ulteriormente.
-Forza, Sali! Ci stanno aspettando!- il tedesco montò con titubanza nell’auto, però non poté fare a meno di ammettere che era proprio una bella macchina. Non fece nemmeno in tempo ad osservare bene quella macchina che Feliciano partì in quarta. Non avrebbe mai pensato che uno come lui avesse una guida così spericolata.
Avevano un’altra cosa in comune: il piacere per la velocità.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Road_sama