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Autore: Ghen    17/11/2013    1 recensioni
I suoi piedi scalzi erano bagnati: guardò in basso e vide l’acqua, prima di accorgersi di trovarsi in una stanza buia.
Perché? Perché tutto questo?
Il cuore batteva impazzito, aveva voglia di gridare e strinse i pugni, ma quando vide la donna dal vestito bianco si fermò, pensando di avvicinarsi a lei, che era sospesa nel vuoto.
Quella considerazione le arrivò alla testa come un vento gelido: quella donna era morta.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Senza fine
 
 
Stava in verticale sui piedi nudi in mezzo ad una lastra di mattonelle, fredda, e attorno il vuoto. I suoi lunghi capelli si scagliavano impazziti da un angolo all’altro, gettati dal vento come il suo candido e bianco vestito. Con lo sguardo assente prese a camminare: dritta, senza pensare neanche per un attimo di potersi sbilanciare, verso la fine di quella lastra. Non guardò in basso e aprì le sue braccia come per volare, allungando un piede al vuoto che la circondava.
Poi cadde.
La lunga caduta la portò all’interno di un’immensa sala e tutto si riempì d’acqua al suo arrivo, come se ci fosse sempre stata: le bollicine create dal percorso di quel corpo volavano verso l’alto mentre la donna scendeva più leggera, guardandosi attorno.
Non respirava ma neanche tratteneva il respiro.
Cos’era quel posto? Perché si era gettata?
Provava angoscia nel vederla.
E tutto cambiò.
 
La stanza si trasformò in un luogo nuovo e la donna svanì. L’angoscia aumentava vedendo quelle ragazze in fila, tutte giovanissime e nude, con pochi stracci ognuna fra le braccia. A poco a poco le facevano passare oltre ad una porta dopo una breve interrogazione che teneva una donna con un’arma in mano.
Sentiva quel cuore che batteva fortissimo e sapeva, lo sapeva per certo, che era di quella donna che si era gettata. Lei doveva essere una di quelle ragazze. Una di queste prigioniere. Prigioniere non sapeva di cosa.
Quando la scena cambiò ancora, all’improvviso come una scarica di vento, vide quella donna con i capelli spettinati entrare in una cabina e la seguì. Non sapeva né come né perché, ma quella donna che si era gettata nel vuoto doveva ancora essere lì, in quell’acqua, in quella sala: questo era solo ciò che era stato. Sperava di vedere cosa l'avesse spinta a gettarsi.
 
Vide un uomo ringhiare e sbavare, incattivito, che faceva da guardia ad una porta. Non vedeva nessuno e sembrava che stesse fissando lo spettatore: credeva di essere solamente un fantasma che guardava e nessuno poteva interagire. Lo spettatore si voltò indietro e vide di essere entrato in un grande bagno: nella sauna le donne giocavano e ridevano; era la prima volta che le vedeva stranamente felici. Eppure lo spettatore non era felice. Si voltò indietro e poi avanti, alla ricerca di quella donna.
Sentì di avere male alla pancia e guardando ai suoi piedi vide del sangue gocciolare a terra.
Oh, no. Non capiva: perché perdeva del sangue? Lo spettatore era ferito? Era quello il dolore?
Si accasciò sulle ginocchia, alla ricerca di un bagno.
Lo spettatore si sentì sporco, aveva paura che qualcuna di quelle ragazze potesse vedere quel sangue. Pensò che sarebbe potuto morire ma che sarebbe stato meglio piuttosto che farsi vedere in quello stato. I bagni erano tutti chiusi e quando udì alcune di quelle ragazze ridere si nascose dietro un muro.
Perché stava accadendo tutto questo?
Aveva paura, sentiva il bisogno di piangere e forse lo avrebbe fatto, se la scena non fosse cambiata ancora sotto i suoi occhi, trasformando quel muro in una porta, ritrovandosi su un letto.
«Ehi, no», urlò una donna e lo spettatore si voltò. A chi si riferiva? «Quel letto è mio: gira a largo, dolcezza»
Lo spettatore si voltò al letto a fianco al suo ma si sentì presto strattonare, forzandolo a scendere dal letto.
«Non avevi capito? Abbiamo un ritardo mentale, forse?», sbottò acida la donna, gettando un borsone allo spettatore. «Questo letto è mio! Domani ti farò un disegno»
Le altre nella camera risero e lo spettatore, impallidito, si voltò indietro: non c’era nessun altro letto libero e si sentì sprofondare.
 
Sprofondare. I suoi piedi scalzi erano bagnati: guardò in basso e vide l’acqua, prima di accorgersi di trovarsi in una stanza buia.
Perché? Perché tutto questo?
Il cuore batteva impazzito, aveva voglia di gridare e strinse i pugni, ma quando vide la donna dal vestito bianco si fermò, pensando di avvicinarsi a lei, che era sospesa nel vuoto.
 
Quella considerazione le arrivò alla testa come un vento gelido: quella donna era morta.
 
Si pose accanto e le sfiorò una mano, tastando appena due dita ghiacciate. Quella donna era fradicia. Vide la mano muoversi e sentì uno schiaffo sulla sua pelle, così forte da sbatterla a terra.
L’acqua era svanita e l’immagine era cambiata ancora: lo spettatore era tornato indietro e vide che a dare quello schiaffo fu un uomo enorme, con folta barba e sguardo furioso.
«Sgualdrina!», gridò lui e lo spettatore si raggelò, pensava di poter piangere da un momento all’altro. «Ti denuncio alle autorità»
Si sentì in trappola.
Lo spettatore ebbe modo di capire più cose e il tempo che si era fatto più lento sembrava offrire questa possibilità: tutti riuscivano a vederlo perché stava vivendo in prima persona la vita di quella donna che si era gettata.
Quest’uomo l’aveva denunciata e per quella ragione era stata arrestata. Ma cos’aveva fatto di tanto male per meritarlo?
Arrivò a breve la polizia e lo spettatore fu preso, senza che potesse creare resistenza.
Era tutto così triste, così spento.
Gli sembrava di aver visto la neve cadere ma era poca, lenta come il tempo che lo condannava a vivere quell’incubo.
Si era ritrovato sbattuto ad un muro, nudo, con quelle ossa gracili che parevano potersi spezzare troppo presto e la pancia vuota che per pura abitudine continuava a brontolare, perché non aveva neanche più la forza di richiedere del cibo. L’avevano lasciato per giorni senza poter mangiare e con un po’ d’acqua il tanto appena per essere tenuto in vita. Perché tanto dolore?
Solo diversi giorni dopo rivide la lunga fila di donne nude e capì.
 
Lo spettatore era impaurito, freddoloso, ormai malato. Era certo di aver sentito qualcuno, nel cuore della notte, cercare il corpo di quella donna, il suo. Si sentiva un pezzo di carne senza anima. Sporco, infetto, terribilmente asciutto.
Sperava, a quel punto, di poter morire. Voleva andarsene e svanire per sempre, come quelle immagini facevano di tanto in tanto. Credeva di aver sognato, una notte: un sogno in un incubo. Aveva visto quella donna bambina e i suoi sogni spezzarsi per mano degli adulti.
Non c’era più la fantasia, i sorrisi sinceri, le giornate calde che riempivano di felicità gli animi. Quello era un mondo orribile, creato dagli uomini che sbagliavano senza rimorsi, come se ne avessero potuto avere un altro a disposizione. Una trincea, un baratro senza fine dove nascere era diventata una colpa.
 
Si alzò dalla sua branda e poggiando i piedi scalzi sul pavimento freddo camminò lentamente fino ad uno specchio che, riflettendo la sua immagine, si ruppe in mille pezzi.
Lo spettatore non stava vivendo la vita di quella donna, ma la sua. Quella donna riflessa nello specchio, con gli occhi vuoti mentre i suoi capelli danzavano immersi sott’acqua, non era un’estranea: era lei.
Un brivido le percorse lungo la schiena: ricordava tutto.
 
I pezzi dello specchio caddero a terra e tutto si dissolse.
 
«Sei un bastardo! Siete tutti dei vili e immorali bastardi», agguantò un fucile e sparò tra la folla, uccidendo molti aguzzini: li riconosceva tutti, tra chi l’aveva picchiata e chi aveva picchiato altre donne e bambini, tra chi aveva pestato coppie solo perché si tenevano per mano, tra chi aveva stuprato bambine e le aveva costrette al silenzio, tra chi aveva deriso e perseguitato per anni innocenti, tra chi aveva ucciso la propria compagna per futili motivi. Tutti loro erano avanzi di un mondo che stava marcendo e lei si era ribellata: li aveva uccisi.
Lei, una donna che non si era rassegnata al suo destino e aveva preso sottobraccio un’arma. Una donna che aveva osato giudicare gli uomini violenti e condannarli. Una donna che come tante altre infine, aveva desiderato scomparire fra le mura di una cella.
L’avevano annientata: avevano vinto loro.
 
Quando la lasciarono andare erano certi che non sarebbe più stata un problema.
 
Tornò nella sua vecchia casa e si assicurò i rubinetti aperti.
Restò a fissare il vuoto per giorni, seduta per terra, lasciando che l’acqua l’avvolgesse.
 
Aveva sempre amato il mare.
 
E adesso era lì, a vedere il suo corpo gonfio che galleggiava. Senza vita.
Perché tanto dolore?
 
 
 
 
Ecco, aveva rivisto tutto. Era morta e aveva ritrovato gli attimi più importanti della sua vita.
Aveva sofferto una seconda volta e senza tregua. Un’altra punizione, pensò. Il mondo era una prigione ma la morte era un incubo.
Poi vide una porta comparire in mezzo all’acqua nella sala e si guardò intorno. Le si accostò guardandola dal basso verso l’alto e infine si rivoltò, ad osservare ancora il suo corpo. Era finita. Girò la maniglia e una luce abbagliante la involse.
 
Un vagito aveva segnato un nuovo inizio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Volevo scrivere ma come purtroppo spesso accade, sono bloccata. Poi ho ripensato ad una cosa e ho rivisto l’immagine di una donna che cadeva in una stanza piena d’acqua: toh, pensavo che, per sbloccarmi, avrei dovuto scrivere qualunque cosa e così l’ho scritto. Partendo da quell’immagine ne è nata questa cosa.
Il bello è che adesso che l’ho finita non so come andrà avanti con i miei soliti blocchi.
 
Giusto, ho detto “ripensato” perché in verità quella è una scena che ho sognato una notte: una donna cadeva in questa grande sala piena d’acqua e provavo una strana sensazione. Che poi sì, vederlo è una scena bellissima, ma i sentimenti che mi dava non saprei descriverli.
Volevo scrivere partendo da quella scena ed è nata una sorta di “denuncia” contro quello che accade ogni giorno, tra femminicidi, omofobia, pedofilia, ecc. Sì, questa roba non è granché e non l’ho scritta per essere un capolavoro ma solo per sbloccarmi un po’, quindi mi sta bene così (e perché la pubblico? Perché mi va XD). Per il tema preferirei fare cose più grandi, è solo che questo è sfociato lì da solo, quando avevo iniziato a scrivere non sapevo davvero dove sarei andata a parare.
Anche la scena dei bagni (tranne il sangue) era nel mio sogno (anche l’uomo che ringhiava XD) e così ce l’ho aggiunta.
Per il resto non ricordo molto e ho dovuto improvvisare!
 
Saluti =^___^=
 
   
 
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