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Autore: HikariMoon    17/11/2013    3 recensioni
(Post-Dan il Guerriero Rosso e Pre-Brave) Vittoria contro il Re del Mondo Altrove e 30 agosto 2010, giorno in cui Mai porta Dan nel futuro: due anni separano questi due avvenimenti. Ma che cosa è successo veramente in questo lasso di tempo?
Mai, Yuuki, Hideto e Kenzo, riuniti alla villa di Elisabeth, non possono che constatare quanto le loro vite siano cambiate da allora. La vittoria contro il Re del Mondo Altrove aveva trasformato i Maestri della Luce in eroi lodati da tutti, rincorsi come star da televisioni e giornali. Erano tornati a casa, ma non avevano più la vita di un tempo e mal sopportavano quel successo che li stava cambiando. Ma alcuni avevano interesse a nascondere la verità di quello che era successo, a distogliere l’attenzione da ciò che avveniva nel mondo e il successo dei Maestri della Luce faceva al caso loro…
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
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Capitolo 3

“No!!!”

Dan non sapeva più che fare. Rideva per non piangere. Anche se in realtà, la scena aveva più di un lato comico. Soprattutto per chi la vedeva da fuori. Dan si voltò e il suo sguardo incrociò quello a metà tra l’esasperato e il divertito dei genitori: tre persone tenute in scacco da una bambina di quattro anni. Hinata, dal canto suo, fissava il resto della famiglia con un’espressione imbronciata, pronta, se avessero cercato di prenderla in braccio per portarla a forza all’asilo, a piangere con tutto il fiato che aveva in gola. E pochi minuti prima ne aveva dato la dimostrazione. Nella mano teneva stretto il suo inseparabile orsetto di peluche che, all’occorrenza, poteva diventare la sua personalissima arma. La madre si inginocchiò per l’ennesima volta parlando alla figlia nel modo più dolce possibile.

“Hinata, tesoro… arriverai tardi all’asilo. E Dan farà tardi a scuola. Così verrete sgridati entrambi.”

La bambina si voltò verso la madre, senza cambiare di un millimetro la propria espressione.

“Dan ha promesso che gioca con me. Non va via di nuovo!”

Dan ridacchiò: lo aveva chiamato con il suo nome. Bruttissimo segno: Hinata lo chiamava sempre fratellone… tranne quando era arrabbiata con lui. Allora diventava Dan. Ed era una missione farlo tornare “fratellone”. E poi dicevano che era lui quello testardo…

Dan si inginocchiò vicino alla sorella che lo guardava offesa. Dopo qualche attimo di attesa, però, Hinata gli lanciò uno sguardo carico di speranza e velatamente deluso.

“Hai detto che giochiamo…”

Dan sorrise e alzò la mano porgendo alla sorellina il mignolo. La bambina lo guardò senza capire.

“Certo. Ma adesso dobbiamo andare a scuola e all’asilo… quando torno, giochiamo. È una promessa.”

Hinata lo fissò per qualche istante poco convinta. Dondolandosi sui piedi, la bambina prese con entrambe le mani il peluche. Per alcuni secondi fissò il giocattolo con aria molto concentrata, poi tornò a guardare Dan.

“A quello che voglio io?”

Dan non rispose subito e sorrise perplesso. Alla fine sospirò e annuì: sapeva già di starsi per cacciare nei guai.

“Va bene.”

Il visetto della bambina venne illuminato da un enorme sorriso. Subito dopo Hinata, con un’espressione seria, strinse con il proprio mignolo quello di Dan.

“Evviva! Giocheremo con le bambole!”

Ecco, come volevasi dimostrare. Hinata gettò le braccia al collo di Dan, ignara dello sconforto del fratello a quella prospettiva.

“Ti voglio bene, fratellone!”

Dan abbracciò Hinata e sorrise rassegnato: uno di quei giorni doveva insegnare alla sorella a giocare a Battle Spirits. Ma almeno, ora, era riuscita a convincerla.

Dan si alzò prendendo per mano la bambina che continuava a sorridere saltellando: la crisi di pochi minuti prima sembrava completamente dimenticata. Subito, il padre prese le chiavi della tasca senza riuscire a nascondere un sorriso di sollievo.

“Forza, rapidi salutate la mamma e andiamo: altrimenti arrivo anche io in ritardo a lavoro!”

La donna si voltò verso di lui sorridendo divertita. “Tesoro, ma tu rischi di arrivare tardi ogni mattina.”

Dan e Hinata scoppiarono a ridere, mentre l’uomo fulminò la moglie con lo sguardo. La donna, in tutta risposta, gli lanciò un bacio con la punta delle dita continuando a sorridere. Alla fine, il padre di Dan scosse la testa e prese in braccio Hinata. I tre corsero ridendo verso la macchina. l’uomo si sedette al posto di guida mentre Dan si sedette dietro con Hinata nel suo sedile agganciato accanto a lui. Durante il tragitto, mentre Hinata continuava serena a giocherellare con il suo orsacchiotto, Dan e suo padre chiacchierarono del più e del meno.

“Dopo ti incontri con i tuoi amici?”

Dan annuì sorridendo e prese in mano il proprio mazzo di carte.

“Sì. Non vedo l’ora. Sono giorni che non ci vediamo… mi piacerebbe tanto fare un duello con Yuuki.”

Il padre sorrise. “Ma mi raccomando devi vincere!”

Dan sorrise a sua volta. In quel momento Hinata si sporse verso di lui guardando il mazzo di carte.

“Cos’è Batto Spiit?”

Dan sorrise e si voltò verso di lei. “Battle Spirits: è un bellissimo gioco. Se vuoi uno di questi giorni te lo insegno.”

Hinata si riposò al sedile annuendo entusiasta e riprendendo a giocare con l’orsacchiotto. “Sì!”

Dopo pochi minuti Dan scese dalla macchina, mentre il padre proseguì per accompagnare Hinata all’asilo e poi andare a lavorare. Doveva fare ancora un piccolo tratto a piedi per arrivare alla scuola, ma era una bella giornata e, nonostante tutto, non era neanche in ritardo. Sarebbe stato bello rivedere i propri amici: magari durante il riposo avrebbe potuto fare un duello con qualcuno di loro. Dan sorrise: così si sarebbe tenuto in allenamento per il pomeriggio. Sperava proprio di poter fare un duello con Yuuki. E, in generale, non vedeva l’ora di poter stare di nuovo con tutti i suoi amici: Mai, Clarky, Hideto e Kenzo.  Avrebbero passato insieme un bellissimo pomeriggio.

In quel momento, Dan vide venire verso di lui uno dei suoi professori. Quando l’uomo lo vide, sembrò accelerare il passo verso di lui. Dan non ci fece caso.

“Buongiorno, professore.”

L’uomo lo raggiunse e gli posò una mano sulla spalla, visibilmente sollevato.

“Buongiorno, Bashin. Per fortuna ti ho trovato.”

Dan lo guardò senza capire. “Ma è successo qualcosa, professore?”

L’uomo sospirò. “No, niente di grave… solo che il cancello è assediato da giornalisti venuti per intervistarti. Il preside mi ha mandato per aiutarti ad entrare a scuola. Dopotutto sei ancora un minorenne… quei giornalisti potrebbero avere anche un po’ di buon senso!”

L’espressione stupita sul volto di Dan fece spazio ad una divertita di fronte al tono indignato del professore. I due ripresero a camminare e l’uomo rimase al suo fianco.

“Ma perché sono venuti?”

L’uomo lo guardò divertito. “Bashin sei l’eroe del momento… sei o no quello che ha battuto quel tipo… il Re del Mondo Altrove.”

Dan sorrise imbarazzato. “Beh, sì… ma mi sembra esagerato.”

L’uomo sospirò. “Imparerai presto, ragazzo mio, che per i giornalisti non esiste questa parola… soprattutto di fronte ad uno scoop. E un’intervista al Guerriero Rosso è lo scoop del momento.”

Dan non rispose. In quel momento, i due videro davanti a loro il cancello. Subito Dan si rese conto che il professore aveva ragione. Almeno una dozzina, se non di più, di giornalisti e cameramen era in attesa davanti al cancello, osservata con curiosità dal via vai di studenti. Il professore posò una mano sulla spalla di Dan.

“Forza… non sarà peggio di quello che hai affrontato fino a poche settimane fa.”

Dan annuì. Fu allora che i giornalisti si accorsero della sua presenza. Senza perdere tempo, uno dopo l’altro lo raggiunsero spingendo avanti i propri microfoni o i registratori. Dan e il professore in pochi istanti vennero circondati. L’uomo non si perse d’animo e tenendo saldamente la mano sulla spalla di Dan, cercò di farsi largo tra i giornalisti.

“Dan Bashin cosa hai provato ad affrontare il Re del Mondo Altrove?”

“Come mai sei stato scelto tu per affrontarlo?”

“Il Mondo Altrove era un luogo pericoloso? E i suoi abitanti sono un pericolo per noi?”

“Come sei diventato il Guerriero Rosso?”

Queste e altre erano le domande che i giornalisti continuavano a fare a Dan. Grazie al professore, però, il ragazzo riuscì a percorrere quasi tutto il cortile nonostante i tentativi sempre più pressanti dei giornalisti.

“Dan Bashin ci lasci una dichiarazione! Gli abitanti del Mondo Altrove sono pericolosi come la creatura…”

Dan a quel punto si voltò, fermandosi. Il professore avrebbe voluto che proseguisse, ma capì che c’era qualcosa che Dan voleva dire. Il ragazzo fissò con uno sguardo deciso i giornalisti.

“Gran RoRo non è un luogo pericoloso. Anzi, è un luogo bellissimo con tante persone gentili e simpatiche. Non ci sono mostri, se non quelli del Re del Mondo Altrove. E chi voi chiamate mostro, si chiamava Kajitsu. Era mia amica e una ragazza dolce e gentile con tutti. È grazie a lei e a suo fratello Yuuki, il Guerriero Bianco, se sono potuto andare a Gran RoRo e conoscere tanti amici. Quelle del Re del Mondo Altrove sono solo bugie strumentalizzate!”

Il professore sorrise ammirato e orgoglioso di Dan. A quel punto, però, l’uomo lo spinse dentro al portone, impedendo poi ai giornalisti di entrare.

“Signori, questa è una scuola e quel ragazzo è un minorenne. Non vorrei vedermi costretto a chiamare la polizia.”

A quel punto, i giornalisti si arresero allontanandosi. La maggior parte di loro, però, si fermò poco lontano la scuola in attesa che l’orario delle lezioni finisse. Nel frattempo, Dan raggiunse la propria classe tra due file di compagni di classe e di scuola che gli facevano i complimenti o gli chiedevano di poter un giorno duellare con lui. Dan, sorridendo leggermente imbarazzato e anche stupito da quanto fosse diventato popolare, rispose a più ragazzi che poté. Alla fine, una volta seduto al suo banco, lanciò un sospirò di sollievo.

Durante la lezione, ogni tanto, si trovò a pensare preoccupato alla fine delle lezioni. Quel pomeriggio doveva andare alla “riunione” con i suoi amici. Ma come avrebbe fatto se fosse stato di nuovo assalito dai giornalisti? Suo padre e sua madre lavoravano e non sarebbero potuti venirlo a prendere. E poi, da un certo punto di vista, non avrebbe neanche voluto. Aveva affrontato così tanti pericoli, che gli sembrava ridicolo chiedere aiuto ai genitori per una cosa simile. Senza contare che, in certi momenti, avrebbe voluto rispondere a tutte le loro domande: gli dava così fastidio la visione distorta che avevano di Gran RoRo. Lui e i suoi amici si sarebbero dovuti impegnare per far sapere a tutti come stavano le cose.

“Bashin… so che è una giornata difficile per lei, ma potrebbe anche cercare di stare attento.”

Dan si voltò di scatto verso la professoressa. Alcuni suoi compagni ridacchiarono. Dan si passò una mano tra i capelli sorridendo imbarazzato.

“Mi scusi.”

La professoressa annuì e tornò a voltarsi verso la lavagna. Dan riprese in mano la penna tornando a concentrarsi e a copiare quello che c’era scritto. Così passarono le prime ore e arrivò il riposo. Durante quei minuti, Dan duello con uno dei suoi amici e un sacco di studenti si accalcarono attorno a loro per vederlo duellare. Alla fine Dan vinse ma l’amico, invece, di essere triste sembrava entusiasta di aver potuto duellare con Dan, il Guerriero Rosso.

Durante le ore successive, nei momenti in cui non doveva copiare qualcosa dalla lavagna, Dan tornò a pensare alle domande dei giornalisti. Una in particolare gli continuava a tornare in mente: come era diventato il Guerriero Rosso. Glielo avevano chiesto come se gli avessero domandato come era diventato attore, calciatore o professore. Ma era diverso. Forse, non c’era un vero motivo per cui lui e i suoi amici erano diventati di Maestri della Luce. Lo erano diventati, perché lo avevano voluto loro: quando avevano avuto di fronte la scelta di essere i Maestri della Luce, lo avevano accettato. Era per quello che lo erano diventati. Come gli aveva detto Yuuki durante il loro primo duello: lo erano diventati nel momento in cui avevano deciso di restare a Gran RoRo. Perché avessero avuto loro quell’opportunità? Forse era il destino, ma non gli interessava. Dan sorrise: qualunque cosa fosse gli aveva fatto incontrare tutti i suoi amici. A lui bastava questo.

Alla fine delle lezioni, come da lui immaginato, si trovò di nuovo ad affrontare i giornalisti. E quella volta, nonostante l’aiuto dei professori, non riuscì ad evitare di venire fermato. E così, per lungo tempo, Dan rispose a tutte le loro domande con sincerità e facendo di tutto per far capire loro che Gran RoRo era un luogo bellissimo. Quando finalmente riuscì ad andarsene, Dan venne accompagnato dallo stesso professore della mattina alla fermata del tram. Lì, Dan ringraziò l’uomo e, non appena lui si allontanò, guardò l’orologio. E non poté che sospirare.

“Sono in ritardo… chissà che diranno gli altri.”

In quel momento, fortunatamente, arrivò il tram. Dan salì e si sedette su uno dei sedili. Nell’attesa di arrivare a destinazione, Dan tirò fuori il mazzo di carte e iniziò a sfogliarlo sorridendo. Sperava tanto che Yuuki ci fosse: dopo tutto quello che aveva passato in così poche ore, voleva proprio svagarsi con un duello con lui. Era da settimane che non duellavano… Dan sorrise felice: si prospettava davvero un bellissimo pomeriggio.

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Mai sedeva nel vagone di un’affollatissima metropolitana. Fortunatamente, era riuscita a trovare un posto a sedere prima che la calca di studenti, pendolari e semplici passeggeri trasformassero lo scompartimento nel formato gigante di una scatola di sardine. Stretta tra una donna che tentava invano di calmare il bambino urlante che cullava tra le braccia e un signore che leggeva il giornale, Mai stava usando tutta la sua forza di volontà per concentrarsi sullo schermo del computer posato sulle sue gambe. Ma era un’impresa titanica e, semplicemente, impossibile. Tra il bambino che stava mettendo seriamente a rischio il suo timpano e la generale confusione che regnava nel treno, Mai riusciva a malapena a capire che cosa c’era scritto: vedeva le scritte e le sembrava quasi che fossero scritte in un’altra lingua. Dopo l’ennesimo urlo del bambino che andò molto vicino a perforarle un timpano, Mai strinse le mani a pugno e chiuse gli occhi obbligandosi a non perdere la pazienza. Lentamente cominciò a contare fino a dieci, sperando fosse sufficiente. Capiva che il bambino aveva tutte le ragioni del mondo per piangere, al suo posto avrebbe pianto anche lei se si fosse trovata in un simile caos… ma a lei stava venendo un mal di testa colossale! Quanto rimpiangeva la sua Limoviole… era così bello aver tutto quello spazio per sé, tutta quella tranquillità. Mai sospirò rassegnata…

Quando l’ennesima persona rischiò di farle cadere il computer dalle ginocchia, Mai si rassegnò e chiuse il computer posandosi allo schienale. Aveva decine di discussioni a cui rispondere o da aggiornare, ma avrebbe dovuto rimandare ad un altro momento. Di sicuro, non voleva impazzire prima ancora che iniziasse il primo giorno di scuola. Mai alzò lo sguardo e i suoi occhi ametista fissarono il finestrino scuro oltre al quale sfrecciavano le luci della galleria. Le sembrava così strano esser di nuovo lì. Lì, seduta nella metropolitana, vestita con la divisa scolastica,  sembrava quasi che i mesi trascorsi a Gran RoRo fossero stati solo un sogno, quasi non fossero esistiti. Se non fosse stato per i suoi amici e per i migliaia di contatti sul suo blog, “Parole Violette”, avrebbe fatto fatica a non pensare di essersi immaginata tutto. E come sarebbero stati i giorni, le settimane e i mesi successivi? Avrebbe tanto voluto saperlo… Era la prima volta, da quando tutto era finito, che si sentiva così. Non sapeva neanche lei come si sentisse esattamente: scontenta, insoddisfatta… vuota. Sì, forse era quella la parola più appropriata. Aveva combattuto con tutte le sue forze, rischiando qualsiasi cosa, si era impegnata con tutta sé stessa per la loro missione… e ora, che cosa le era rimasto ora? Certo, c’erano tutti i suoi amici, gli altri Maestri della Luce… ma quello che provava, non c’entrava con loro. Era diverso. Si sentiva svuotata da quei pochi mesi così intensi. Sarebbe mai riuscita a riempire quel vuoto? Istintivamente, la sua mano sfiorò uno dei suoi codini, in cui teneva legati i suoi capelli. Iniziò a giocherellarci sovrappensiero, cercando risposte a tutti i suoi dubbi.

Passarono vari minuti, senza che Mai facesse attenzione alla confusione che la circondava, persa nei propri pensieri. Poi, il treno si fermò e Mai, riscuotendosi, si alzò. Seguendo la fiumana di persone che scendeva, Mai si ritrovò finalmente a camminare tar i corridoi della stazione, impaziente di uscire all’aria aperta. Con una mano si sistemò la gonna azzurra della divisa scolastica e iniziò a dribblare la folla. Non fece neanche caso se tra gli altri studenti c’era qualcuno che conosceva. Voleva solo uscire per scacciare i pensieri malinconici in cui era sprofondata. Lei era Mai Viole e quel pomeriggio doveva anche incontrarsi con gli altri, la loro prima “riunione dei Maestri della Luce”: poteva comportarsi come una bambina piagnucolosa? No, signore. Mai si diresse verso le scale ma, quando ne aveva salite la metà, una voce la fermò.

“Mai!”

La ragazza si voltò di scatto, curiosa di sapere chi l’aveva chiamata. Vide a qualche metro da lei tre ragazze e due ragazzi cercare di raggiungerla con passo rapido. Indossavano tutti e cinque la sua stessa divisa: camicia bianca e gonna azzurra per le ragazze, pantaloni grigi e giacca blu chiaro per i ragazzi. Mai sorrise con sicurezza agitando la mano in segno di saluto.

Pochi istanti e Mai venne raggiunta dai cinque ragazzi. La prima a raggiungerla, una ragazza con lunghi capelli neri, si fiondò ad abbracciarla. Subito dopo venne imitata dalle altre due ragazze, una con corti capelli biondi ricci e l’altra con una lunga treccia castana e gli occhiali. Mai sorrise divertita, cercando di divincolarsi dall’abbraccio delle tre. Quando ci riuscì, Mai si allontanò di un passo cercando di sistemarsi il vestito. Sorridendo, la ragazza si voltò a guardarle.

“Ragazze… è solo un estate che non ci vediamo, non sono mica tornata dalla Luna!”

Uno dei due ragazzi, con i capelli castani spettinati, la guardò sbalordito. Poi sorrise ironico.

“Certo, hai ragione Mai… sei solo tornata da un altro mondo dove hai combattuto contro un pazzo che voleva conquistare e distruggere tutto! Che vuoi che sia… normale routine!”

L’altro ragazzo rise e annuì. “Giusto, cose da tutti i giorni. Ve l’ho detto che la scorsa settimana ho combattuto contro gli alieni?”

Mai li guardò ridendo. “Che esagerati… dopotutto è stato solo duellare a Battle Spirits!”

La mora la guardò con gli occhi stralunati.

“Solo? Mai te le riesci ad immaginare le nostre facce quando ti abbiamo visto in televisione? Ci riesci? Ti rendi conto che ormai sei una star?”

La bruna, ignorando le parole dell’amica, afferrò per un braccio Mai e la guardò con gli occhi di un cucciolo implorante.

“Mai, amica mia… non è che mi presenti i tuoi amici? Ti prego, ti prego, ti prego!”

La bionda scoppiò a ridere vedendo lo sguardo perplesso e leggermente sorpreso di Mai.

“Mai non ti preoccupare… Ayako fa così da quando ha visto in televisione il Guerriero Bianco!”

Il castano ridacchiò colpendo con un gomito l’amico.

“Questa si chiama cotta adolescenziale…”

Ayako, rossa fino alle orecchie, si voltò e li guardò imbarazzata e arrabbiata.

“Ma la smettete di prendermi in giro? Lo sapete che non c’entra niente! Voglio solo conoscere i Maestri della Luce!”

L’altro ragazzo rise divertito e guardò Mai in modo eloquente.

“Va bene, se lo dici tu… ma prima dovresti chiedere alla nostra Mai se qualcuno è già occupato con lei!”

Mai lo fissò muta per alcuni secondi. Quando capì a che cosa si riferiva, lo guardò in cagnesco nell’estremo tentativo di nascondere il rossore.

“Ma si può sapere perché a tutti non viene in mente altro? Sono solo miei amici… A-MI-CI! Sono stata chiara?”

La mora sorrise divertita nascondendo la bocca con una mano.

“Allora perché sei arrossita, Mai?”

Mai sbuffò voltando la testa di lato. “Ho solo caldo!”

La bionda sorrise comprensiva, mentre Ayako veniva convinta ad aspettare per la sua richiesta.

“Ok, forse stiamo esagerando… ma sai che ti chiederanno tutti queste cose?”

Mai tornò a voltarsi e la ragazza proseguì.

“Se prima eri famosa, ora sarai la ragazza in assoluto più popolare di tutta la storia delle scuole… e di tutta la storia dei blog! Mio zio, che lavora in un giornale, ha detto che molto probabilmente verrete assediate da giornalisti e intervistatori!”

Mai alzò le spalle, sorridendo incurante. Ayako la guardò emozionata.

“Vi rendete conto, che stiamo parlando con uno dei Maestri della Luce… Mai sei assolutamente il mio idolo!”

Mai sorrise sicura, guardando verso i due ragazzi e parlando con tono allusivo.

“Visto che ho fatto bene a scegliere il Viola quando eravamo all’asilo, Daichi?”

Il ragazzo interpellato sbuffò. “Ancora rinvanghi quella storia… e poi che c’entra?”

L’altro ragazzo gli cinse le spalle con un braccio ridendo.

“Brucia ancora la tua sconfitta? Mi sa che sei rimasto traumatizzato…”

Il primo sbuffò ignorandolo. Mai sorrise divertita.

“Comunque c’entra, Daichi… quella è stata la prima volta che ho usato le carte viola. Ora che ne dite se andiamo? Altrimenti facciamo tardi…”

I sei ragazzi si avviarono verso la scuola chiacchierando del più e del meno e, soprattutto, facendosi raccontare da Mai come era stata coinvolta. Quando finalmente videro in lontananza l’edifico della scuola, Mai sorrise e si trovò a sperare che quel giorno finisse presto: non vedeva l’ora di rincontrare Dan e gli altri. Ma Mai non sapeva che cosa la stava attendendo a scuola…

Non appena mise piede oltre il cancello, tutti i suoi compagni di classe la raggiunsero facendole i complimenti e facendole così tante domande, accavallandosi gli uni sopra gli altri, che Mai ne riuscì a capire appena la metà. Ma era solo l’inizio. Una calca di studenti la circondava chiedendole l’autografo e dichiarandosi fedeli fan del suo blog, “Parole Violette”. E, sopra ogni altra cosa, tutti le chiedevano che cosa aveva fatto a Gran RoRo, come era quel mondo, come aveva fatto ad essere scelta come Guerriero Viola e mille altre cose che si confusero nella sua testa. Per lunghi minuti Mai si sentì come una trottola, trascinata in un vortice di voci, abbracci e domande. Non si era aspettata un’accoglienza simile e, nonostante la sua precedente fama, non ne era preparata. Nell’impresa titanica di raggiungere l’aula, Mai si ritrovò anche a promettere alle due ragazze, che coordinavano il giornalino scolastico, che avrebbe concesso a loro la sua prima intervista come Maestra della Luce. Mai annuì senza quasi aver capito la domanda, nella speranza che la lasciassero andare. Sorrideva a tutti con sicurezza comportandosi come si era sempre comportata, come Mai Viole la creatrice di “Parole Violette”. Alla fine, finalmente, Mai riuscì a sedersi al suo solito banco sotto la finestra e tutti i suoi ammiratori vennero convinti a dirigersi verso la propria classe.

Mai tirò un sospiro di sollievo, mentre la professoressa spiegava agli altri che dovevano comportarsi con lei come si erano sempre comportati. Mai non la ascoltò neanche e guardò fuori dalla finestra. Si sentiva strana. Fino a pochi mesi prima, sentirsi ammirata e conosciuta da tutti le faceva piacere e la inorgogliva. Ora, invece, sentiva una strana inquietudine: era tutto troppo esagerato, troppo esasperato. Mai, però, alla fine sorrise pensando al pomeriggio: non vedeva l’ora di rivedere i suoi amici… sempre se glielo avrebbero permesso. Mai scosse la testa sorridendo e si obbligò a seguire la lezione che iniziò in quel momento.

Forse era lei troppo negativa… dopotutto avevano salvato il mondo. Sì, sicuramente era lei che stava esagerando.

Quel pensiero convinse Mai per tutta la mattinata di lezione. Quando suonò il campanello, però, si ricredette. Non appena si alzò, vide fuori dal cancello decine di telecamere e di giornalisti. Provò quasi nausea di fronte a quella sbandierata ipocrisia: fino a quando non avevano sconfitto il Re del Mondo Altrove, nessuno li aveva presi veramente in considerazione. Ora, invece… Mai cercò di non pensarci e alla fine sorrise: se era davvero diventata una star, era ora di comportarsi in quanto tale.

E così, grazie all’aiuto degli amici, riuscì ad uscire dal cancello posteriore. Mai, dopo averli salutati e ringraziati, salì sull’autobus ridendo. Quando il bus passò dietro ai giornalisti, Mai sorrise e salutò con la mano quelli che si erano voltati. Doveva ancora nascere chi l’avrebbe fatta a Mai Viole… non aveva certo intenzione di perdersi l’incontro con gli altri a causa loro. Mai, sorridendo soddisfatta, si sedette e tirò un sospiro di sollievo. Poi guardò fuori dal finestrino e si chiese come se la stessero passando gli altri…

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Clarky, a occhi chiusi, cercava di stringersi il più possibile alla schiena del fratello. Non voleva neanche pensare a quanto veloce stesse andando… maledetta la sua boccaccia: ma come gli era venuto in mente di dirgli sì quando gli aveva chiesto se voleva un passaggio per andare a scuola? E lo sapeva come il fratello guidava quella cavolo di moto. E poi gli chiedeva perché non voleva diventare astronauta… lui voleva vivere! Aveva già rischiato abbastanza la sua vita su quel maledetto sellino: perché mai avrebbe dovuto voler essere lanciato a velocità assurde fuori dall’atmosfera? Lui non ci sarebbe mai andato e nessuno sarebbe mai riuscito ad obbligarlo: parola di Clarky Ray.

Non vedeva l’ora di scendere da quell’arnese. Per fortuna che il pomeriggio avrebbe raggiunto gli altri con un comodo e sicuro autobus. Concentrandosi su quello, Clarky riuscì a ritrovare un po’ di calma e riuscì a non pensare troppo al percorso in moto. Non poté, però, non pensare che le strade di Tokyo non gli erano mai sembrate così piene di curve.

Quando finalmente, Andrew rallentò e si fermò accanto al marciapiede, Clarky non aspettò neanche un secondo a scendere e togliersi il casco, tirando un sospiro di sollievo.

“Finalmente a terra!”

Andrew si tolse il casco, scuotendo la testa rassegnato. “Sei sempre il solito esagerato, Clarky…”

Clarky sbuffò passandogli il casco. “Non credo proprio… l’unica cosa esagerata era quanto premevi il pedale dell’accelerazione!”

Andrew sgranò gli occhi. “Guarda che andavo sempre entro i limiti di velocità! Sei tu che sei paranoico.”

Clarky lo guardò in cagnesco. “Non è vero.”

Andrew scoppiò a ridere. “Sì, invece. Comunque… sicuro che non vuoi che ti venga a prendere? Oggi ho lezione solo la mattina. Così eviterai tutti i tuoi fan… e le tue fan.”

Clarky lo guardò divertito. “Non penso che avrò addirittura i fan impazziti che mi seguiranno… semmai è Dan che dovrà preoccuparsi di un simile problema.”

Andrew alzò le spalle, rimettendosi il casco. “Come vuoi, fratellino… se ci ripensi chiamami.”

Clarky sorrise convinto. “Non succederà… a stasera, Andrew.”

Il ragazzo fece un cenno con la mano e mise in moto. Clarky rimase fermo, fino a quando non vide la moto del fratello scomparire ad una curva. A quel punto, il ragazzo si incamminò verso la scuola poco distante. Non aveva fretta di arrivare: grazie al fratello era in anticipo. E ne era contento. Aveva ancora voglia di riflettere un po’ per conto suo. Era una bella giornata, perché non goderne ancora prima di ritrovarsi chiuso nelle aule?

Istintivamente, portò la mano alla tasca dove teneva il proprio mazzo di carte. La sua Grande Angelia Sophia era lì, il suo portafortuna, la sua amata. Ok, amata non nel senso letterale… ma aveva un legame speciale con quella carta. Dopotutto, era stata la prima carta in assoluto che aveva posseduto. Era grazie a lei che aveva scelto il colore giallo… e a quanto pareva, era stato il destino a fargliela avere: era o non era diventato il Guerriero Giallo? Quel pensiero lo fece sorridere: era incredibile il destino, a volte. Lui non aveva mai avuto dubbi sul colore da usare nel proprio mazzo… quasi fosse stato qualcosa dentro di lui che glielo avesse detto. E poi c’era stata lei, la sua Sophia. Se mai un giorno avesse trovato la sua anima gemella e se un giorno avesse avuto una figlia, l’avrebbe chiamata così, Sophia. Clarky scoppiò a ridere a quel pensiero. Ma come gli venivano certe idee?

Non era certo quello il momento. Ora doveva pensare alla mattinata di lezione e, poi, al pomeriggio che avrebbe passato insieme ai suoi amici. Erano un paio di settimane che non si vedevano, fatta esclusione per quel pomeriggio che aveva fatto di tutto per non lasciare da solo Yuuki. Non doveva essere stato facile, per lui, tornare in quella casa… ma era stato difficile per tutti. Kajitsu era comunque una loro amica. Mai li aveva praticamente obbligati a fare colletta per comprare il mazzo di fiori. Quel pomeriggio, invece, sarebbe stata la prima vera e propria “riunione dei Maestri della Luce” e l’avrebbero passata in allegria. Non vedeva l’ora: tra famiglie, inizio della scuola e impegni vari non si erano neanche sentiti molto.

Pensandoci, sarebbe stata la prima volta in cui loro avrebbe potuto passare uno spensierato pomeriggio insieme. E, ne era sicuro, sarebbe stato il primo di una lunga serie.

Con quel pensiero, Clarky svolto all’angolo e vide davanti a sé il solito via vai di studenti vocianti che, con più o meno voglia, si dirigevano verso l’edificio scolastico. Clarky sorrise divertito vedendoli. Non che lui bramasse di trovarsi in aula, ma gli era quasi indifferente. Dopotutto, almeno lì sarebbe stato sicuro di non trovarsi davanti un nemico che ti sfida a Battle Spirits mettendo in gioco la libertà di fanciulle e abitanti di Gran RoRo. Ma sì, pensò, dopo tutto quello che avevano passato a Gran RoRo, quel primo giorno sarebbe stato una passeggiata. Ma aveva cantato vittoria troppo presto, decisamente troppo presto.

“Guardate, c’è Clarky!”

Quelle furono le parole che accolsero il Guerriero Giallo non appena entrò nel cortile della scuola. Clarky, sorpreso, si fermò vedendo venire verso di lui un gruppo di studenti e, soprattutto, studentesse. All’inizio, ne sorrise divertito e fece apparire una rosa gialla nella mano con uno dei suoi trucchetti.

“Non pensavo di essere così…”

Clarky non riuscì neppure a finire di parlare che si ritrovò accerchiato da ragazze che gridavano e ragazzi che gli chiedevano di duellare.

“Clarky, ti ricordi, sono una delle tue compagne di classe!”

“Clarky devi fare un duello con me!”

“Clarky voglio un appuntamento!”

Inizialmente, Clarky ridacchiò imbarazzato cercando di calmare la folla che lo circondava. Ma i suoi tentativi valsero a poco. Sembrava che tutta la scuola volesse parlare con lui, avere un appuntamento o fare un duello con lui. Alcune ragazze cominciarono anche a strattonarlo per le braccia. Clarky alzò lo sguardo stralunato verso il cielo mentre veniva sballottato di qua e di là.

La calca aumentò, ma, fortunatamente, questo aiutò Clarky. Il ragazzo, infatti, riuscì a divincolarsi e a gattoni riuscì a sgattaiolare tra le gambe degli ammiratori e ammiratrici: decisamente troppo soffocanti per i suoi gusti. Ridacchiando nervosamente, nella speranza di non farsi sentire, Clarky si trovò a pensare a Dan: chi sa che cosa stava passando lui in quel momento… se lui si era trovato un’accoglienza simile, che cosa avrebbero fatto nella scuola di Dan? Non voleva neanche pensarci.

Quando finalmente arrivò in aula, Clarky non fu mai così felice di esserci arrivato. Mentre si sedeva al suo posto, dopo aver risposto a tutte le domande dei propri compagni di classe, Clarky sperò che nel corso delle ore della mattinata tutto quell’entusiasmo scemasse. E sperò che anche le ragazze si calmassero. Dopotutto, lui non voleva avere decine di ragazze, lui voleva solo trovare la sua anima gemella. Se faceva il galante e un po’ il don Giovanni con le fanciulle che incontrava, era perché sperava che tra una di quelle ci fosse lei. Quella lei che gli avrebbe detto sì. Ma come poteva trovarla in tutta quella confusione?

Le ore passarono e Clarky non si azzardò neanche ad uscire dalla porta durante il riposo e preferì restare nell’aula con i propri amici che, in modo molto più pacato, gli chiedevano di raccontare come era stato essere il Guerriero Giallo a Gran RoRo. Mentre raccontava, Clarky si rilassò, dimenticandosi che presto avrebbe dovuto affrontare di nuovo il caos della mattina.

E se lo ricordò bene nel momento in cui risuonò la campanella che annunciava la fine delle lezioni. Non appena mise il piede fuori, vide arrivare di nuovo il gruppo di ragazze della mattina. Sospirando rassegnato, Clarky si mise a correre. Ma venne inseguito.

Semi terrorizzato dal non arrivare a seminare quel gruppo di ragazze scalmanato, Clarky cercò di raggiungere l’uscita dove però scorse i giornalisti. A quella vista, Clarky scoppiò quasi a piangere e fece una brusca virata dirigendosi verso la palestra. Lì, riuscì a nascondersi dentro uno dei ripostigli chiudendosi la porta alle spalle.

Clarky, con il fiatone e gli occhi fuori dalle orbite, sperò che quello bastasse per seminare tutti. Un po’ andava bene, ma così… doveva decisamente trovare un modo per gestire la faccenda. Possibile che le persone non si potessero comportare in maniera un po’ più civile? Magari avrebbe chiesto qualche consiglio a Mai… lei era famosa anche prima.

Nell’immediato, però, aveva un altro problema. Come fare ad uscire e allontanarsi sano e salvo dalla scuola? Non poteva fare tardi alla prima riunione dei Maestri della Luce! Improvvisamente, un pensiero attraversò la mente di Clarky. Una smorfia si dipinse sul suo volto. Ma era l’unica soluzione. Il ragazzo sospirò rassegnato e prese il cellulare su cui compose un numero. Dopo qualche istante di attesa, una voce rispose dall’altra parte della cornetta.

“Pronto, Clarky?”

Clarky sospirò ancora una volta. “Andrew… me lo daresti ancora quel passaggio in moto?”

Andrew non si fece pregare e gli disse che sarebbe arrivato entro breve. Ora, però, toccava a lui. Clarky si passò una mano tra i capelli e sorrise sicuro. Con un po’ di faccia tosta e con il suo fascino, doveva riuscire a raggiungere il cancello dove lo aspettavano i giornalisti. Andrew sarebbe arrivato presto, doveva solo resistere un po’.

Presa quella decisione, Clarky uscì con le mani in tasca. Con enorme fortuna, il gruppo che lo inseguiva si era un po’ ridotto e riuscì a tenerlo a bada fino al cancello. Lì, venne sostituito dal gruppo di giornalisti. Subito, una mezza dozzina di microfoni vennero puntati verso di lui e i giornalisti gridarono contemporaneamente le proprie domande.

“Come è stato essere il Guerriero Giallo?”

“Cosa avete fatto per convincere il Presidente a collaborare?”

“Il Mondo Altrove è un pericolo oppure no?”

Clarky sorrise alzando le mani davanti a sé e, abilmente, spostandosi vicino al bordo del marciapiede.

“Signori, uno per volta e risponderò a tutte le vostre domande.”

Non finì quasi di parlare, che il rumore di una moto si fece più vicino. Clarky si voltò, contento per la prima volta, di sentire quel rumore. Anche i giornalisti sembrarono interessarsi a chi stava arrivando e distolsero l’attenzione da Clarky.

Andrew si fermò a pochi passi da Clarky. Il ragazzo, senza farsi pregare come suo solito per salire su quella moto, prese il casco che il fratello gli passava e, dopo averlo indossato, salì sul sellino posteriore. Andrew aspettò appena di sentire Clarky che si afferrava a lui e premette il pedale dell’accelerazione.

Mentre si allontanavano, Clarky scoppiò a ridere al pensiero delle facce dei giornalisti che erano rimasti di sasso di fronte alla sua uscita di scena. Subito dopo, però, si ricordò di dove era e si afferrò saldamente al fratello. Andrew, sorridendo, si voltò leggermente.

“Cosa ti avevo detto, fratellino?”

Clarky, vedendolo, lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite. “Andrew, guarda davanti!”

Andrew ridacchiò e tornò a voltarsi. “Ok, fifone… dove ti porto?”

Clarky si rilassò leggermente sapendo che il fratello stava guardando la strada.

“Verso il mare… poi quando siamo lì, ti dico.”

Andrew annuì. “Agli ordini, capo.”

Clarky a quel punto sospirò: non vedeva l’ora di essere a casa di Kenzo per bersi una tazza di tè in pieno relax. Sperava ardentemente che i giorni successivi non sarebbero stati uguali… Mentre le strade sfrecciavano a lato dei due, Clarky pensò a Dan: non sarebbe voluto essere nei suoi panni…

Salve a tutti! Forse con leggero ritardo (ma siamo sempre nel week-end, quindi va bene… ^-^)… ma sono qui con questo terzo capitolo. Inizialmente volevo metter tutti i sei Maestri della Luce nello stesso capitolo, ma veniva troppo lungo. E così li ho divisi: tre questa settimana, tre la prossima. ;) In questo capitolo, dunque abbiamo visto le prime esperienze di Dan, Mai e Clarky con la fama di Maestri della Luce: che ne pensate? Aspetto i vostri commenti. Avete notato i riferimenti a Brave? ^-^ Spero vi siano piaciuti. Comunque, non vado tanto per le lunghe e passo ai ringraziamenti:

Per le preferite: chicca12lovestory, Lacus Clyne e ShawnSpenstar

Per le seguite: martinacaboni, Reb e Ju

Per le recensioni del capitolo 2: chicca12lovestory, Lacus Clyne e ShawnSpenstar

Inoltre, ringrazio come sempre anche chi solo legge questa storia, augurandomi che gli possa piacere. ^-^ Per quanto riguarda il prossimo capitolo, che sarà il penultimo di questa “Prima parte” del Prequel (eh, sì penultimo… essendo strutturati come episodi, non posso farli durare troppo, no? XD), vedremo come se la cavano Hideto, Kenzo e Yuuki. Poi ci sarà l’ultimo capitolo… e arriverà la “Seconda parte” del Prequel: e lì le cose cominceranno a cambiare… immaginate già come, vero?

Beh, con questo vi saluto e vi do appuntamento alla prossima settimana. Grazie ancora a tutti. ^-^

Alla prossima, Hikari

  
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