Capitolo 3
“No!!!”
Dan non sapeva
più che fare. Rideva per non piangere. Anche se in
realtà, la scena aveva più
di un lato comico. Soprattutto per chi la vedeva da fuori. Dan si
voltò e il
suo sguardo incrociò quello a metà tra
l’esasperato e il divertito dei
genitori: tre persone tenute in scacco da una bambina di quattro anni.
Hinata,
dal canto suo, fissava il resto della famiglia con
un’espressione imbronciata,
pronta, se avessero cercato di prenderla in braccio per portarla a
forza
all’asilo, a piangere con tutto il fiato che aveva in gola. E
pochi minuti
prima ne aveva dato la dimostrazione. Nella mano teneva stretto il suo
inseparabile orsetto di peluche che, all’occorrenza, poteva
diventare la sua
personalissima arma. La madre si inginocchiò per
l’ennesima volta parlando alla
figlia nel modo più dolce possibile.
“Hinata,
tesoro… arriverai tardi all’asilo. E Dan
farà tardi a scuola. Così verrete
sgridati entrambi.”
La bambina si
voltò verso la madre, senza cambiare di un millimetro la
propria espressione.
“Dan
ha promesso
che gioca con me. Non va via di nuovo!”
Dan
ridacchiò:
lo aveva chiamato con il suo nome. Bruttissimo segno: Hinata lo
chiamava sempre
fratellone… tranne quando era arrabbiata con lui. Allora
diventava Dan. Ed era
una missione farlo tornare “fratellone”. E poi
dicevano che era lui quello
testardo…
Dan si
inginocchiò vicino alla sorella che lo guardava offesa. Dopo
qualche attimo di
attesa, però, Hinata gli lanciò uno sguardo
carico di speranza e velatamente
deluso.
“Hai
detto che
giochiamo…”
Dan sorrise e
alzò la mano porgendo alla sorellina il mignolo. La bambina
lo guardò senza
capire.
“Certo.
Ma
adesso dobbiamo andare a scuola e all’asilo…
quando torno, giochiamo. È una
promessa.”
Hinata lo
fissò
per qualche istante poco convinta. Dondolandosi sui piedi, la bambina
prese con
entrambe le mani il peluche. Per alcuni secondi fissò il
giocattolo con aria
molto concentrata, poi tornò a guardare Dan.
“A
quello che
voglio io?”
Dan non
rispose
subito e sorrise perplesso. Alla fine sospirò e
annuì: sapeva già di starsi per
cacciare nei guai.
“Va
bene.”
Il visetto
della bambina venne illuminato da un enorme sorriso. Subito dopo
Hinata, con
un’espressione seria, strinse con il proprio mignolo quello
di Dan.
“Evviva!
Giocheremo
con le bambole!”
Ecco, come
volevasi dimostrare. Hinata gettò le braccia al collo di
Dan, ignara dello
sconforto del fratello a quella prospettiva.
“Ti
voglio
bene, fratellone!”
Dan
abbracciò Hinata
e sorrise rassegnato: uno di quei giorni doveva insegnare alla sorella
a
giocare a Battle Spirits. Ma almeno, ora, era riuscita a convincerla.
Dan si
alzò
prendendo per mano la bambina che continuava a sorridere saltellando:
la crisi
di pochi minuti prima sembrava completamente dimenticata. Subito, il
padre
prese le chiavi della tasca senza riuscire a nascondere un sorriso di
sollievo.
“Forza,
rapidi
salutate la mamma e andiamo: altrimenti arrivo anche io in ritardo a
lavoro!”
La donna si
voltò verso di lui sorridendo divertita. “Tesoro,
ma tu rischi di arrivare
tardi ogni mattina.”
Dan e Hinata
scoppiarono a ridere, mentre l’uomo fulminò la
moglie con lo sguardo. La donna,
in tutta risposta, gli lanciò un bacio con la punta delle
dita continuando a
sorridere. Alla fine, il padre di Dan scosse la testa e prese in
braccio
Hinata. I tre corsero ridendo verso la macchina. l’uomo si
sedette al posto di
guida mentre Dan si sedette dietro con Hinata nel suo sedile agganciato
accanto
a lui. Durante il tragitto, mentre Hinata continuava serena a
giocherellare con
il suo orsacchiotto, Dan e suo padre chiacchierarono del più
e del meno.
“Dopo
ti
incontri con i tuoi amici?”
Dan
annuì
sorridendo e prese in mano il proprio mazzo di carte.
“Sì.
Non vedo
l’ora. Sono giorni che non ci vediamo… mi
piacerebbe tanto fare un duello con
Yuuki.”
Il padre
sorrise. “Ma mi raccomando devi vincere!”
Dan sorrise a
sua volta. In quel momento Hinata si sporse verso di lui guardando il
mazzo di
carte.
“Cos’è
Batto
Spiit?”
Dan sorrise e
si voltò verso di lei. “Battle Spirits:
è un bellissimo gioco. Se vuoi uno di
questi giorni te lo insegno.”
Hinata si
riposò al sedile annuendo entusiasta e riprendendo a giocare
con l’orsacchiotto.
“Sì!”
Dopo pochi
minuti Dan scese dalla macchina, mentre il padre proseguì
per accompagnare
Hinata all’asilo e poi andare a lavorare. Doveva fare ancora
un piccolo tratto
a piedi per arrivare alla scuola, ma era una bella giornata e,
nonostante
tutto, non era neanche in ritardo. Sarebbe stato bello rivedere i
propri amici:
magari durante il riposo avrebbe potuto fare un duello con qualcuno di
loro.
Dan sorrise: così si sarebbe tenuto in allenamento per il
pomeriggio. Sperava
proprio di poter fare un duello con Yuuki. E, in generale, non vedeva
l’ora di
poter stare di nuovo con tutti i suoi amici: Mai, Clarky, Hideto e
Kenzo. Avrebbero
passato insieme un bellissimo
pomeriggio.
In quel
momento, Dan vide venire verso di lui uno dei suoi professori. Quando
l’uomo lo
vide, sembrò accelerare il passo verso di lui. Dan non ci
fece caso.
“Buongiorno,
professore.”
L’uomo
lo
raggiunse e gli posò una mano sulla spalla, visibilmente
sollevato.
“Buongiorno,
Bashin. Per fortuna ti ho trovato.”
Dan lo
guardò
senza capire. “Ma è successo qualcosa,
professore?”
L’uomo
sospirò.
“No, niente di grave… solo che il cancello
è assediato da giornalisti venuti
per intervistarti. Il preside mi ha mandato per aiutarti ad entrare a
scuola.
Dopotutto sei ancora un minorenne… quei giornalisti
potrebbero avere anche un
po’ di buon senso!”
L’espressione
stupita sul volto di Dan fece spazio ad una divertita di fronte al tono
indignato del professore. I due ripresero a camminare e
l’uomo rimase al suo
fianco.
“Ma
perché sono
venuti?”
L’uomo
lo
guardò divertito. “Bashin sei l’eroe del
momento… sei o no quello che ha
battuto quel tipo… il Re del Mondo Altrove.”
Dan sorrise
imbarazzato. “Beh, sì… ma mi sembra
esagerato.”
L’uomo
sospirò.
“Imparerai presto, ragazzo mio, che per i giornalisti non
esiste questa parola…
soprattutto di fronte ad uno scoop. E un’intervista al
Guerriero Rosso è lo
scoop del momento.”
Dan non
rispose. In quel momento, i due videro davanti a loro il cancello.
Subito Dan
si rese conto che il professore aveva ragione. Almeno una dozzina, se
non di
più, di giornalisti e cameramen era in attesa davanti al
cancello, osservata
con curiosità dal via vai di studenti. Il professore
posò una mano sulla spalla
di Dan.
“Forza…
non
sarà peggio di quello che hai affrontato fino a poche
settimane fa.”
Dan
annuì. Fu
allora che i giornalisti si accorsero della sua presenza. Senza perdere
tempo,
uno dopo l’altro lo raggiunsero spingendo avanti i propri
microfoni o i
registratori. Dan e il professore in pochi istanti vennero circondati.
L’uomo
non si perse d’animo e tenendo saldamente la mano sulla
spalla di Dan, cercò di
farsi largo tra i giornalisti.
“Dan
Bashin
cosa hai provato ad affrontare il Re del Mondo Altrove?”
“Come
mai sei
stato scelto tu per affrontarlo?”
“Il
Mondo
Altrove era un luogo pericoloso? E i suoi abitanti sono un pericolo per
noi?”
“Come
sei
diventato il Guerriero Rosso?”
Queste e altre
erano le domande che i giornalisti continuavano a fare a Dan. Grazie al
professore, però, il ragazzo riuscì a percorrere
quasi tutto il cortile
nonostante i tentativi sempre più pressanti dei giornalisti.
“Dan
Bashin ci
lasci una dichiarazione! Gli abitanti del Mondo Altrove sono pericolosi
come la
creatura…”
Dan a quel
punto si voltò, fermandosi. Il professore avrebbe voluto che
proseguisse, ma
capì che c’era qualcosa che Dan voleva dire. Il
ragazzo fissò con uno sguardo
deciso i giornalisti.
“Gran
RoRo non
è un luogo pericoloso. Anzi, è un luogo
bellissimo con tante persone gentili e
simpatiche. Non ci sono mostri, se non quelli del Re del Mondo Altrove.
E chi
voi chiamate mostro, si chiamava Kajitsu. Era mia amica e una ragazza
dolce e
gentile con tutti. È grazie a lei e a suo fratello Yuuki, il
Guerriero Bianco,
se sono potuto andare a Gran RoRo e conoscere tanti amici. Quelle del
Re del
Mondo Altrove sono solo bugie strumentalizzate!”
Il professore
sorrise ammirato e orgoglioso di Dan. A quel punto, però,
l’uomo lo spinse
dentro al portone, impedendo poi ai giornalisti di entrare.
“Signori,
questa è una scuola e quel ragazzo è un
minorenne. Non vorrei vedermi costretto
a chiamare la polizia.”
A quel punto,
i
giornalisti si arresero allontanandosi. La maggior parte di loro,
però, si
fermò poco lontano la scuola in attesa che
l’orario delle lezioni finisse. Nel
frattempo, Dan raggiunse la propria classe tra due file di compagni di
classe e
di scuola che gli facevano i complimenti o gli chiedevano di poter un
giorno
duellare con lui. Dan, sorridendo leggermente imbarazzato e anche
stupito da
quanto fosse diventato popolare, rispose a più ragazzi che
poté. Alla fine, una
volta seduto al suo banco, lanciò un sospirò di
sollievo.
Durante la
lezione, ogni tanto, si trovò a pensare preoccupato alla
fine delle lezioni. Quel
pomeriggio doveva andare alla “riunione” con i suoi
amici. Ma come avrebbe
fatto se fosse stato di nuovo assalito dai giornalisti? Suo padre e sua
madre
lavoravano e non sarebbero potuti venirlo a prendere. E poi, da un
certo punto
di vista, non avrebbe neanche voluto. Aveva affrontato così
tanti pericoli, che
gli sembrava ridicolo chiedere aiuto ai genitori per una cosa simile.
Senza
contare che, in certi momenti, avrebbe voluto rispondere a tutte le
loro
domande: gli dava così fastidio la visione distorta che
avevano di Gran RoRo. Lui
e i suoi amici si sarebbero dovuti impegnare per far sapere a tutti
come
stavano le cose.
“Bashin…
so che
è una giornata difficile per lei, ma potrebbe anche cercare
di stare attento.”
Dan si
voltò di
scatto verso la professoressa. Alcuni suoi compagni ridacchiarono. Dan
si passò
una mano tra i capelli sorridendo imbarazzato.
“Mi
scusi.”
La
professoressa annuì e tornò a voltarsi verso la
lavagna. Dan riprese in mano la
penna tornando a concentrarsi e a copiare quello che c’era
scritto. Così
passarono le prime ore e arrivò il riposo. Durante quei
minuti, Dan duello con
uno dei suoi amici e un sacco di studenti si accalcarono attorno a loro
per
vederlo duellare. Alla fine Dan vinse ma l’amico, invece, di
essere triste sembrava
entusiasta di aver potuto duellare con Dan, il Guerriero Rosso.
Durante le ore
successive, nei momenti in cui non doveva copiare qualcosa dalla
lavagna, Dan
tornò a pensare alle domande dei giornalisti. Una in
particolare gli continuava
a tornare in mente: come era diventato il
Guerriero Rosso. Glielo avevano chiesto come se gli avessero
domandato come
era diventato attore, calciatore o professore. Ma era diverso. Forse,
non c’era
un vero motivo per cui lui e i suoi amici erano diventati di Maestri
della
Luce. Lo erano diventati, perché lo avevano voluto loro:
quando avevano avuto
di fronte la scelta di essere i Maestri della Luce, lo avevano
accettato. Era
per quello che lo erano diventati. Come gli aveva detto Yuuki durante
il loro
primo duello: lo erano diventati nel momento in cui avevano deciso di
restare a
Gran RoRo. Perché avessero avuto loro
quell’opportunità? Forse era il destino,
ma non gli interessava. Dan sorrise: qualunque cosa fosse gli aveva
fatto
incontrare tutti i suoi amici. A lui bastava questo.
Alla fine
delle
lezioni, come da lui immaginato, si trovò di nuovo ad
affrontare i giornalisti.
E quella volta, nonostante l’aiuto dei professori, non
riuscì ad evitare di
venire fermato. E così, per lungo tempo, Dan rispose a tutte
le loro domande
con sincerità e facendo di tutto per far capire loro che
Gran RoRo era un luogo
bellissimo. Quando finalmente riuscì ad andarsene, Dan venne
accompagnato dallo
stesso professore della mattina alla fermata del tram. Lì,
Dan ringraziò l’uomo
e, non appena lui si allontanò, guardò
l’orologio. E non poté che sospirare.
“Sono
in
ritardo… chissà che diranno gli altri.”
In quel
momento, fortunatamente, arrivò il tram. Dan salì
e si sedette su uno dei
sedili. Nell’attesa di arrivare a destinazione, Dan
tirò fuori il mazzo di
carte e iniziò a sfogliarlo sorridendo. Sperava tanto che
Yuuki ci fosse: dopo
tutto quello che aveva passato in così poche ore, voleva
proprio svagarsi con
un duello con lui. Era da settimane che non duellavano… Dan
sorrise felice: si
prospettava davvero un bellissimo pomeriggio.
- - - - - - -
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Mai sedeva nel
vagone di un’affollatissima metropolitana. Fortunatamente,
era riuscita a
trovare un posto a sedere prima che la calca di studenti, pendolari e
semplici
passeggeri trasformassero lo scompartimento nel formato gigante di una
scatola
di sardine. Stretta tra una donna che tentava invano di calmare il
bambino urlante
che cullava tra le braccia e un signore che leggeva il giornale, Mai
stava
usando tutta la sua forza di volontà per concentrarsi sullo
schermo del
computer posato sulle sue gambe. Ma era un’impresa titanica
e, semplicemente,
impossibile. Tra il bambino che stava mettendo seriamente a rischio il
suo
timpano e la generale confusione che regnava nel treno, Mai riusciva a
malapena
a capire che cosa c’era scritto: vedeva le scritte e le
sembrava quasi che
fossero scritte in un’altra lingua. Dopo l’ennesimo
urlo del bambino che andò
molto vicino a perforarle un timpano, Mai strinse le mani a pugno e
chiuse gli
occhi obbligandosi a non perdere la pazienza. Lentamente
cominciò a contare
fino a dieci, sperando fosse sufficiente. Capiva che il bambino aveva
tutte le
ragioni del mondo per piangere, al suo posto avrebbe pianto anche lei
se si
fosse trovata in un simile caos… ma a lei stava venendo un
mal di testa
colossale! Quanto rimpiangeva la sua Limoviole… era
così bello aver tutto
quello spazio per sé, tutta quella tranquillità.
Mai sospirò rassegnata…
Quando
l’ennesima persona rischiò di farle cadere il
computer dalle ginocchia, Mai si
rassegnò e chiuse il computer posandosi allo schienale.
Aveva decine di
discussioni a cui rispondere o da aggiornare, ma avrebbe dovuto
rimandare ad un
altro momento. Di sicuro, non voleva impazzire prima ancora che
iniziasse il
primo giorno di scuola. Mai alzò lo sguardo e i suoi occhi
ametista fissarono
il finestrino scuro oltre al quale sfrecciavano le luci della galleria.
Le
sembrava così strano esser di nuovo lì.
Lì, seduta nella metropolitana, vestita
con la divisa scolastica, sembrava
quasi
che i mesi trascorsi a Gran RoRo fossero stati solo un sogno, quasi non
fossero
esistiti. Se non fosse stato per i suoi amici e per i migliaia di
contatti sul
suo blog, “Parole Violette”, avrebbe fatto fatica a
non pensare di essersi
immaginata tutto. E come sarebbero stati i giorni, le settimane e i
mesi
successivi? Avrebbe tanto voluto saperlo… Era la prima
volta, da quando tutto era
finito, che si sentiva così. Non sapeva neanche lei come si
sentisse
esattamente: scontenta, insoddisfatta… vuota. Sì,
forse era quella la parola
più appropriata. Aveva combattuto con tutte le sue forze,
rischiando qualsiasi
cosa, si era impegnata con tutta sé stessa per la loro
missione… e ora, che
cosa le era rimasto ora? Certo, c’erano tutti i suoi amici,
gli altri Maestri
della Luce… ma quello che provava, non c’entrava
con loro. Era diverso. Si
sentiva svuotata da quei pochi mesi così intensi. Sarebbe
mai riuscita a
riempire quel vuoto? Istintivamente, la sua mano sfiorò uno
dei suoi codini, in
cui teneva legati i suoi capelli. Iniziò a giocherellarci
sovrappensiero,
cercando risposte a tutti i suoi dubbi.
Passarono vari
minuti, senza che Mai facesse attenzione alla confusione che la
circondava,
persa nei propri pensieri. Poi, il treno si fermò e Mai,
riscuotendosi, si
alzò. Seguendo la fiumana di persone che scendeva, Mai si
ritrovò finalmente a
camminare tar i corridoi della stazione, impaziente di uscire
all’aria aperta.
Con una mano si sistemò la gonna azzurra della divisa
scolastica e iniziò a
dribblare la folla. Non fece neanche caso se tra gli altri studenti
c’era
qualcuno che conosceva. Voleva solo uscire per scacciare i pensieri
malinconici
in cui era sprofondata. Lei era Mai Viole e quel pomeriggio doveva
anche
incontrarsi con gli altri, la loro prima “riunione dei
Maestri della Luce”:
poteva comportarsi come una bambina piagnucolosa? No, signore. Mai si
diresse
verso le scale ma, quando ne aveva salite la metà, una voce
la fermò.
“Mai!”
La ragazza si
voltò di scatto, curiosa di sapere chi l’aveva
chiamata. Vide a qualche metro
da lei tre ragazze e due ragazzi cercare di raggiungerla con passo
rapido.
Indossavano tutti e cinque la sua stessa divisa: camicia bianca e gonna
azzurra
per le ragazze, pantaloni grigi e giacca blu chiaro per i ragazzi. Mai
sorrise
con sicurezza agitando la mano in segno di saluto.
Pochi istanti
e
Mai venne raggiunta dai cinque ragazzi. La prima a raggiungerla, una
ragazza
con lunghi capelli neri, si fiondò ad abbracciarla. Subito
dopo venne imitata
dalle altre due ragazze, una con corti capelli biondi ricci e
l’altra con una
lunga treccia castana e gli occhiali. Mai sorrise divertita, cercando
di
divincolarsi dall’abbraccio delle tre. Quando ci
riuscì, Mai si allontanò di un
passo cercando di sistemarsi il vestito. Sorridendo, la ragazza si
voltò a
guardarle.
“Ragazze…
è
solo un estate che non ci vediamo, non sono mica tornata dalla
Luna!”
Uno dei due
ragazzi, con i capelli castani spettinati, la guardò
sbalordito. Poi sorrise
ironico.
“Certo,
hai
ragione Mai… sei solo tornata da un altro mondo dove hai
combattuto contro un
pazzo che voleva conquistare e distruggere tutto! Che vuoi che
sia… normale
routine!”
L’altro
ragazzo
rise e annuì. “Giusto, cose da tutti i giorni. Ve
l’ho detto che la scorsa
settimana ho combattuto contro gli alieni?”
Mai li
guardò
ridendo. “Che esagerati… dopotutto è
stato solo duellare a Battle Spirits!”
La mora la
guardò con gli occhi stralunati.
“Solo?
Mai te
le riesci ad immaginare le nostre facce quando ti abbiamo visto in
televisione?
Ci riesci? Ti rendi conto che ormai sei una star?”
La bruna,
ignorando le parole dell’amica, afferrò per un
braccio Mai e la guardò con gli
occhi di un cucciolo implorante.
“Mai,
amica
mia… non è che mi presenti i tuoi amici? Ti
prego, ti prego, ti prego!”
La bionda
scoppiò a ridere vedendo lo sguardo perplesso e leggermente
sorpreso di Mai.
“Mai
non ti
preoccupare… Ayako fa così da quando ha visto in
televisione il Guerriero Bianco!”
Il castano
ridacchiò colpendo con un gomito l’amico.
“Questa
si
chiama cotta adolescenziale…”
Ayako, rossa
fino alle orecchie, si voltò e li guardò
imbarazzata e arrabbiata.
“Ma
la smettete
di prendermi in giro? Lo sapete che non c’entra niente!
Voglio solo conoscere i
Maestri della Luce!”
L’altro
ragazzo
rise divertito e guardò Mai in modo eloquente.
“Va
bene, se lo
dici tu… ma prima dovresti chiedere alla nostra Mai se
qualcuno è già occupato
con lei!”
Mai lo
fissò
muta per alcuni secondi. Quando capì a che cosa si riferiva,
lo guardò in
cagnesco nell’estremo tentativo di nascondere il rossore.
“Ma
si può
sapere perché a tutti non viene in mente altro? Sono solo
miei amici… A-MI-CI!
Sono stata chiara?”
La mora
sorrise
divertita nascondendo la bocca con una mano.
“Allora
perché
sei arrossita, Mai?”
Mai
sbuffò
voltando la testa di lato. “Ho solo caldo!”
La bionda
sorrise comprensiva, mentre Ayako veniva convinta ad aspettare per la
sua
richiesta.
“Ok,
forse
stiamo esagerando… ma sai che ti chiederanno tutti queste
cose?”
Mai
tornò a
voltarsi e la ragazza proseguì.
“Se
prima eri
famosa, ora sarai la ragazza in assoluto più popolare di
tutta la storia delle
scuole… e di tutta la storia dei blog! Mio zio, che lavora
in un giornale, ha
detto che molto probabilmente verrete assediate da giornalisti e
intervistatori!”
Mai
alzò le
spalle, sorridendo incurante. Ayako la guardò emozionata.
“Vi
rendete
conto, che stiamo parlando con uno dei Maestri della Luce…
Mai sei
assolutamente il mio idolo!”
Mai sorrise
sicura, guardando verso i due ragazzi e parlando con tono allusivo.
“Visto
che ho
fatto bene a scegliere il Viola quando eravamo all’asilo,
Daichi?”
Il ragazzo
interpellato sbuffò. “Ancora rinvanghi quella
storia… e poi che c’entra?”
L’altro
ragazzo
gli cinse le spalle con un braccio ridendo.
“Brucia
ancora
la tua sconfitta? Mi sa che sei rimasto
traumatizzato…”
Il primo
sbuffò
ignorandolo. Mai sorrise divertita.
“Comunque
c’entra,
Daichi… quella è stata la prima volta che ho
usato le carte viola. Ora che ne
dite se andiamo? Altrimenti facciamo tardi…”
I sei ragazzi
si avviarono verso la scuola chiacchierando del più e del
meno e, soprattutto,
facendosi raccontare da Mai come era stata coinvolta. Quando finalmente
videro
in lontananza l’edifico della scuola, Mai sorrise e si
trovò a sperare che quel
giorno finisse presto: non vedeva l’ora di rincontrare Dan e
gli altri. Ma Mai
non sapeva che cosa la stava attendendo a scuola…
Non appena
mise
piede oltre il cancello, tutti i suoi compagni di classe la raggiunsero
facendole i complimenti e facendole così tante domande,
accavallandosi gli uni
sopra gli altri, che Mai ne riuscì a capire appena la
metà. Ma era solo
l’inizio. Una calca di studenti la circondava chiedendole
l’autografo e
dichiarandosi fedeli fan del suo blog, “Parole
Violette”. E, sopra ogni altra
cosa, tutti le chiedevano che cosa aveva fatto a Gran RoRo, come era
quel
mondo, come aveva fatto ad essere scelta come Guerriero Viola e mille
altre
cose che si confusero nella sua testa. Per lunghi minuti Mai si
sentì come una
trottola, trascinata in un vortice di voci, abbracci e domande. Non si
era
aspettata un’accoglienza simile e, nonostante la sua
precedente fama, non ne
era preparata. Nell’impresa titanica di raggiungere
l’aula, Mai si ritrovò
anche a promettere alle due ragazze, che coordinavano il giornalino
scolastico,
che avrebbe concesso a loro la sua prima intervista come Maestra della
Luce.
Mai annuì senza quasi aver capito la domanda, nella speranza
che la lasciassero
andare. Sorrideva a tutti con sicurezza comportandosi come si era
sempre
comportata, come Mai Viole la creatrice di “Parole
Violette”. Alla fine, finalmente,
Mai riuscì a sedersi al suo solito banco sotto la finestra e
tutti i suoi
ammiratori vennero convinti a dirigersi verso la propria classe.
Mai
tirò un
sospiro di sollievo, mentre la professoressa spiegava agli altri che
dovevano
comportarsi con lei come si erano sempre comportati. Mai non la
ascoltò neanche
e guardò fuori dalla finestra. Si sentiva strana. Fino a
pochi mesi prima,
sentirsi ammirata e conosciuta da tutti le faceva piacere e la
inorgogliva.
Ora, invece, sentiva una strana inquietudine: era tutto troppo
esagerato,
troppo esasperato. Mai, però, alla fine sorrise pensando al
pomeriggio: non
vedeva l’ora di rivedere i suoi amici… sempre se
glielo avrebbero permesso. Mai
scosse la testa sorridendo e si obbligò a seguire la lezione
che iniziò in quel
momento.
Forse era lei
troppo negativa… dopotutto avevano salvato il mondo.
Sì, sicuramente era lei
che stava esagerando.
Quel pensiero
convinse Mai per tutta la mattinata di lezione. Quando suonò
il campanello,
però, si ricredette. Non appena si alzò, vide
fuori dal cancello decine di
telecamere e di giornalisti. Provò quasi nausea di fronte a
quella sbandierata
ipocrisia: fino a quando non avevano sconfitto il Re del Mondo Altrove,
nessuno
li aveva presi veramente in considerazione. Ora, invece… Mai
cercò di non
pensarci e alla fine sorrise: se era davvero diventata una star, era
ora di
comportarsi in quanto tale.
E
così, grazie
all’aiuto degli amici, riuscì ad uscire dal
cancello posteriore. Mai, dopo
averli salutati e ringraziati, salì sull’autobus
ridendo. Quando il bus passò
dietro ai giornalisti, Mai sorrise e salutò con la mano
quelli che si erano
voltati. Doveva ancora nascere chi l’avrebbe fatta a Mai
Viole… non aveva certo
intenzione di perdersi l’incontro con gli altri a causa loro.
Mai, sorridendo
soddisfatta, si sedette e tirò un sospiro di sollievo. Poi
guardò fuori dal
finestrino e si chiese come se la stessero passando gli
altri…
- - - - - - -
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Clarky, a
occhi
chiusi, cercava di stringersi il più possibile alla schiena
del fratello. Non
voleva neanche pensare a quanto veloce stesse andando…
maledetta la sua
boccaccia: ma come gli era venuto in mente di dirgli sì
quando gli aveva
chiesto se voleva un passaggio per andare a scuola? E lo sapeva come il
fratello guidava quella cavolo di moto. E poi gli chiedeva
perché non voleva
diventare astronauta… lui voleva vivere! Aveva
già rischiato abbastanza la sua
vita su quel maledetto sellino: perché mai avrebbe dovuto
voler essere lanciato
a velocità assurde fuori dall’atmosfera? Lui non
ci sarebbe mai andato e
nessuno sarebbe mai riuscito ad obbligarlo: parola di Clarky Ray.
Non vedeva
l’ora di scendere da quell’arnese. Per fortuna che
il pomeriggio avrebbe
raggiunto gli altri con un comodo e sicuro autobus. Concentrandosi su
quello,
Clarky riuscì a ritrovare un po’ di calma e
riuscì a non pensare troppo al
percorso in moto. Non poté, però, non pensare che
le strade di Tokyo non gli
erano mai sembrate così piene di curve.
Quando
finalmente, Andrew rallentò e si fermò accanto al
marciapiede, Clarky non
aspettò neanche un secondo a scendere e togliersi il casco,
tirando un sospiro
di sollievo.
“Finalmente
a
terra!”
Andrew si
tolse
il casco, scuotendo la testa rassegnato. “Sei sempre il
solito esagerato,
Clarky…”
Clarky
sbuffò
passandogli il casco. “Non credo proprio…
l’unica cosa esagerata era quanto
premevi il pedale dell’accelerazione!”
Andrew
sgranò
gli occhi. “Guarda che andavo sempre entro i limiti di
velocità! Sei tu che sei
paranoico.”
Clarky lo
guardò in cagnesco. “Non è
vero.”
Andrew
scoppiò
a ridere. “Sì, invece. Comunque… sicuro
che non vuoi che ti venga a prendere?
Oggi ho lezione solo la mattina. Così eviterai tutti i tuoi
fan… e le tue fan.”
Clarky lo
guardò divertito. “Non penso che avrò
addirittura i fan impazziti che mi
seguiranno… semmai è Dan che dovrà
preoccuparsi di un simile problema.”
Andrew
alzò le
spalle, rimettendosi il casco. “Come vuoi,
fratellino… se ci ripensi chiamami.”
Clarky sorrise
convinto. “Non succederà… a stasera,
Andrew.”
Il ragazzo
fece
un cenno con la mano e mise in moto. Clarky rimase fermo, fino a quando
non
vide la moto del fratello scomparire ad una curva. A quel punto, il
ragazzo si
incamminò verso la scuola poco distante. Non aveva fretta di
arrivare: grazie
al fratello era in anticipo. E ne era contento. Aveva ancora voglia di
riflettere un po’ per conto suo. Era una bella giornata,
perché non goderne
ancora prima di ritrovarsi chiuso nelle aule?
Istintivamente,
portò la mano alla tasca dove teneva il proprio mazzo di
carte. La sua Grande
Angelia Sophia era lì, il suo portafortuna,
la sua amata. Ok, amata non nel senso letterale… ma aveva un
legame speciale
con quella carta. Dopotutto, era stata la prima carta in assoluto che
aveva
posseduto. Era grazie a lei che aveva scelto il colore
giallo… e a quanto
pareva, era stato il destino a fargliela avere: era o non era diventato
il
Guerriero Giallo? Quel pensiero lo fece sorridere: era incredibile il
destino,
a volte. Lui non aveva mai avuto dubbi sul colore da usare nel proprio
mazzo…
quasi fosse stato qualcosa dentro di lui che glielo avesse detto. E poi
c’era
stata lei, la sua Sophia.
Se mai un giorno
avesse trovato la sua anima gemella e se un giorno avesse avuto una
figlia,
l’avrebbe chiamata così, Sophia. Clarky
scoppiò a ridere a quel pensiero. Ma
come gli venivano certe idee?
Non era certo
quello il momento. Ora doveva pensare alla mattinata di lezione e, poi,
al
pomeriggio che avrebbe passato insieme ai suoi amici. Erano un paio di
settimane che non si vedevano, fatta esclusione per quel pomeriggio che
aveva
fatto di tutto per non lasciare da solo Yuuki. Non doveva essere stato
facile,
per lui, tornare in quella casa… ma era stato difficile per
tutti. Kajitsu era
comunque una loro amica. Mai li aveva praticamente obbligati a fare
colletta
per comprare il mazzo di fiori. Quel pomeriggio, invece, sarebbe stata
la prima
vera e propria “riunione dei Maestri della Luce” e
l’avrebbero passata in
allegria. Non vedeva l’ora: tra famiglie, inizio della scuola
e impegni vari
non si erano neanche sentiti molto.
Pensandoci,
sarebbe stata la prima volta in cui loro avrebbe potuto passare uno
spensierato
pomeriggio insieme. E, ne era sicuro, sarebbe stato il primo di una
lunga
serie.
Con quel
pensiero, Clarky svolto all’angolo e vide davanti a
sé il solito via vai di
studenti vocianti che, con più o meno voglia, si dirigevano
verso l’edificio
scolastico. Clarky sorrise divertito vedendoli. Non che lui bramasse di
trovarsi
in aula, ma gli era quasi indifferente. Dopotutto, almeno lì
sarebbe stato
sicuro di non trovarsi davanti un nemico che ti sfida a Battle Spirits
mettendo
in gioco la libertà di fanciulle e abitanti di Gran RoRo. Ma
sì, pensò, dopo
tutto quello che avevano passato a Gran RoRo, quel primo giorno sarebbe
stato
una passeggiata. Ma aveva cantato vittoria troppo presto, decisamente
troppo
presto.
“Guardate,
c’è
Clarky!”
Quelle furono
le parole che accolsero il Guerriero Giallo non appena entrò
nel cortile della
scuola. Clarky, sorpreso, si fermò vedendo venire verso di
lui un gruppo di
studenti e, soprattutto, studentesse. All’inizio, ne sorrise
divertito e fece
apparire una rosa gialla nella mano con uno dei suoi trucchetti.
“Non
pensavo di
essere così…”
Clarky non
riuscì
neppure a finire di parlare che si ritrovò accerchiato da
ragazze che gridavano
e ragazzi che gli chiedevano di duellare.
“Clarky,
ti
ricordi, sono una delle tue compagne di classe!”
“Clarky
devi
fare un duello con me!”
“Clarky
voglio
un appuntamento!”
Inizialmente,
Clarky ridacchiò imbarazzato cercando di calmare la folla
che lo circondava. Ma
i suoi tentativi valsero a poco. Sembrava che tutta la scuola volesse
parlare
con lui, avere un appuntamento o fare un duello con lui. Alcune ragazze
cominciarono anche a strattonarlo per le braccia. Clarky
alzò lo sguardo
stralunato verso il cielo mentre veniva sballottato di qua e di
là.
La calca
aumentò, ma, fortunatamente, questo aiutò Clarky.
Il ragazzo, infatti, riuscì a
divincolarsi e a gattoni riuscì a sgattaiolare tra le gambe
degli ammiratori e
ammiratrici: decisamente troppo soffocanti per i suoi gusti.
Ridacchiando
nervosamente, nella speranza di non farsi sentire, Clarky si
trovò a pensare a
Dan: chi sa che cosa stava passando lui in quel momento… se
lui si era trovato
un’accoglienza simile, che cosa avrebbero fatto nella scuola
di Dan? Non voleva
neanche pensarci.
Quando
finalmente arrivò in aula, Clarky non fu mai così
felice di esserci arrivato.
Mentre si sedeva al suo posto, dopo aver risposto a tutte le domande
dei propri
compagni di classe, Clarky sperò che nel corso delle ore
della mattinata tutto
quell’entusiasmo scemasse. E sperò che anche le
ragazze si calmassero.
Dopotutto, lui non voleva avere decine di ragazze, lui voleva solo
trovare la
sua anima gemella. Se faceva il galante e un po’ il don
Giovanni con le
fanciulle che incontrava, era perché sperava che tra una di
quelle ci fosse
lei. Quella lei che gli avrebbe detto sì. Ma come poteva
trovarla in tutta
quella confusione?
Le ore
passarono e Clarky non si azzardò neanche ad uscire dalla
porta durante il
riposo e preferì restare nell’aula con i propri
amici che, in modo molto più
pacato, gli chiedevano di raccontare come era stato essere il Guerriero
Giallo
a Gran RoRo. Mentre raccontava, Clarky si rilassò,
dimenticandosi che presto
avrebbe dovuto affrontare di nuovo il caos della mattina.
E se lo
ricordò
bene nel momento in cui risuonò la campanella che annunciava
la fine delle
lezioni. Non appena mise il piede fuori, vide arrivare di nuovo il
gruppo di
ragazze della mattina. Sospirando rassegnato, Clarky si mise a correre.
Ma
venne inseguito.
Semi
terrorizzato dal non arrivare a seminare quel gruppo di ragazze
scalmanato,
Clarky cercò di raggiungere l’uscita dove
però scorse i giornalisti. A quella
vista, Clarky scoppiò quasi a piangere e fece una brusca
virata dirigendosi
verso la palestra. Lì, riuscì a nascondersi
dentro uno dei ripostigli
chiudendosi la porta alle spalle.
Clarky, con il
fiatone e gli occhi fuori dalle orbite, sperò che quello
bastasse per seminare
tutti. Un po’ andava bene, ma così…
doveva decisamente trovare un modo per
gestire la faccenda. Possibile che le persone non si potessero
comportare in
maniera un po’ più civile? Magari avrebbe chiesto
qualche consiglio a Mai… lei
era famosa anche prima.
Nell’immediato,
però, aveva un altro problema. Come fare ad uscire e
allontanarsi sano e salvo
dalla scuola? Non poteva fare tardi alla prima riunione dei Maestri
della Luce!
Improvvisamente, un pensiero attraversò la mente di Clarky.
Una smorfia si
dipinse sul suo volto. Ma era l’unica soluzione. Il ragazzo
sospirò rassegnato
e prese il cellulare su cui compose un numero. Dopo qualche istante di
attesa,
una voce rispose dall’altra parte della cornetta.
“Pronto,
Clarky?”
Clarky
sospirò
ancora una volta. “Andrew… me lo daresti ancora
quel passaggio in moto?”
Andrew non si
fece pregare e gli disse che sarebbe arrivato entro breve. Ora,
però, toccava a
lui. Clarky si passò una mano tra i capelli e sorrise
sicuro. Con un po’ di
faccia tosta e con il suo fascino, doveva riuscire a raggiungere il
cancello
dove lo aspettavano i giornalisti. Andrew sarebbe arrivato presto,
doveva solo
resistere un po’.
Presa quella
decisione, Clarky uscì con le mani in tasca. Con enorme
fortuna, il gruppo che
lo inseguiva si era un po’ ridotto e riuscì a
tenerlo a bada fino al cancello.
Lì, venne sostituito dal gruppo di giornalisti. Subito, una
mezza dozzina di
microfoni vennero puntati verso di lui e i giornalisti gridarono
contemporaneamente le proprie domande.
“Come
è stato
essere il Guerriero Giallo?”
“Cosa
avete
fatto per convincere il Presidente a collaborare?”
“Il
Mondo
Altrove è un pericolo oppure no?”
Clarky sorrise
alzando le mani davanti a sé e, abilmente, spostandosi
vicino al bordo del
marciapiede.
“Signori,
uno
per volta e risponderò a tutte le vostre domande.”
Non
finì quasi
di parlare, che il rumore di una moto si fece più vicino.
Clarky si voltò,
contento per la prima volta, di sentire quel rumore. Anche i
giornalisti
sembrarono interessarsi a chi stava arrivando e distolsero
l’attenzione da
Clarky.
Andrew si
fermò
a pochi passi da Clarky. Il ragazzo, senza farsi pregare come suo
solito per
salire su quella moto, prese il casco che il fratello gli passava e,
dopo
averlo indossato, salì sul sellino posteriore. Andrew
aspettò appena di sentire
Clarky che si afferrava a lui e premette il pedale
dell’accelerazione.
Mentre si
allontanavano, Clarky scoppiò a ridere al pensiero delle
facce dei giornalisti
che erano rimasti di sasso di fronte alla sua uscita di scena. Subito
dopo,
però, si ricordò di dove era e si
afferrò saldamente al fratello. Andrew,
sorridendo, si voltò leggermente.
“Cosa
ti avevo
detto, fratellino?”
Clarky,
vedendolo, lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite.
“Andrew, guarda
davanti!”
Andrew
ridacchiò e tornò a voltarsi. “Ok,
fifone… dove ti porto?”
Clarky si
rilassò leggermente sapendo che il fratello stava guardando
la strada.
“Verso
il mare…
poi quando siamo lì, ti dico.”
Andrew
annuì.
“Agli ordini, capo.”
Clarky a quel
punto sospirò: non vedeva l’ora di essere a casa
di Kenzo per bersi una tazza
di tè in pieno relax. Sperava ardentemente che i giorni
successivi non
sarebbero stati uguali… Mentre le strade sfrecciavano a lato
dei due, Clarky
pensò a Dan: non sarebbe voluto essere nei suoi
panni…
Salve a tutti!
Forse con leggero ritardo
(ma siamo sempre nel week-end, quindi va bene…
^-^)… ma sono qui con questo
terzo capitolo. Inizialmente volevo metter tutti i sei Maestri della
Luce nello
stesso capitolo, ma veniva troppo lungo. E così li ho
divisi: tre questa
settimana, tre la prossima. ;) In questo capitolo, dunque abbiamo visto
le
prime esperienze di Dan, Mai e Clarky con la fama di Maestri della
Luce: che ne pensate? Aspetto i
vostri commenti. Avete notato i riferimenti a Brave? ^-^ Spero vi siano
piaciuti. Comunque, non vado tanto per le lunghe e passo ai
ringraziamenti:
Per le
preferite: chicca12lovestory,
Lacus Clyne e ShawnSpenstar
Per le seguite: martinacaboni,
Reb e Ju
Per le
recensioni del capitolo 2: chicca12lovestory,
Lacus Clyne e ShawnSpenstar
Inoltre,
ringrazio come sempre anche chi
solo legge questa storia, augurandomi che gli possa piacere. ^-^ Per
quanto
riguarda il prossimo capitolo, che sarà il penultimo di
questa “Prima parte”
del Prequel (eh, sì penultimo… essendo
strutturati come episodi, non posso
farli durare troppo, no? XD), vedremo come se la cavano Hideto, Kenzo e
Yuuki.
Poi ci sarà l’ultimo capitolo… e
arriverà la “Seconda parte” del Prequel:
e lì
le cose cominceranno a cambiare… immaginate già
come, vero?
Beh, con questo
vi saluto e vi do
appuntamento alla prossima settimana. Grazie ancora a tutti. ^-^
Alla prossima, Hikari