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Autore: John_Hawkins    17/11/2013    0 recensioni
PROLOGO: E attraverso la porta trasparente vide un ragazzino che doveva avere la sua età, fermarsi davanti allo scompartimento, con l'evidente voglia di bussare, anche se esitò non poco fermo lì, battendo il pugno contro la porta soltanto quando vide che Jade lo guardava, facendo del suo meglio per sconfiggere la timidezza.
[Jade Ieth - Benjamin Theattle] [past!Epilogo, post!II Guerra]
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Nonostante ciò, la vita continuava

Il viaggio proseguì in modo abbastanza noioso, Jade si addormentò quasi subito, dopo aver detto il suo nome, e Benjamin prese un libro di Pozioni e incominciò a leggerlo, facendo sì che l'unico rumore nell'aria fosse quello delle pagine che venivano voltate lentamente – per non strapparlo ulteriormente, visto che quel libro sembrava risalire al quindicesimo secolo o giù di lì.
Un rumore continuo, picchiettante, incominciò a disturbare la lettura del ragazzo, qualcuno bussava alla porta dello scompartimento, e Jade non dava segni di volersi svegliare. Benjamin alzò lo sguardo del libro, osservando chi vi era dietro la porta di vetro: una ragazza più grande, forse del terzo anno, con il viso rotondetto, gli occhi grigioazzurri e i capelli color del grano legati in una treccia che le arrivava fino a metà schiena. Era vagamente somigliante alla Ieth, rifletté Benjamin.
La sconosciuta, forse pensando che aveva ricevuto il permesso per entrare, aprì la porta e si accomodò di fianco a Jade, guardando Benjamin con uno sguardo che non sembrava esattamente amichevole.
«Sei il fratello di Theattle.» Non era una domanda.
Non è che andasse fiero di essere il fratello di Dominic, o di somigliarli così tanto nonostante i due anni di differenza, quindi senz'altro essere etichettato semplicemente come suo fratello non gli faceva molto piacere.
Lui era Benjamin, diamine! Non quel mostro che bruciava gli insetti, giusto perché era divertente vederli soffrire, non quell'essere che si divertiva a inventare le più subdole torture per quei poveri animali.
«Sono Theattle. Benjamin Theattle.» Replicò, provando a mantenere la calma, sforzandosi di non estrarre la sua bacchetta di noce nero, per vedere cosa era capace di combinare, per fare male a quella lì, che parlava come se lui e Helen non fossero persone perfettamente normali, solamente perché fratelli di Dominic.
La tizia storse il naso, e si allontanò ulteriormente da Benjamin, come se avesse la peste, o qualcosa del genere.
«Vanne fiero!» Esclamò, sarcastica, mentre nella testa le si proiettava l'immagine di quel mostro, quasi identico al bambino che le sedeva praticamente di fronte, con quei suoi capelli scurissimi, quasi neri, come le piume dei corvi, e gli occhi azzurri, con una luce malvagia; la corporatura esile, spigolosa.
«Comunque io sono Erzébeth Ieth. E gradirei stessi lontano da mia sorella.» E da me, era sottinteso. In quanto a orribile mostro, Benjamin non doveva stare vicino alle persone normali, giusto? Avrebbe potuto attaccar loro chissà che morbo, magari sarebbero diventati tutti un branco di psicopatici.
«Non le ho fatto niente.» Replicò lui, quasi sulla difensiva, a voler dimostrare la sua innocenza, essendo la sua unica colpa quella di essere nato nella famiglia sbagliata, dopo il fratello sbagliato. Come se non fosse stato lui quello a subire maggiormente per colpa di Dominic.
«Sarà meglio» Sibilò Erzébeth, mentre Jade incominciava ad aprire, lentamente, le palpebre, svegliata dalle chiacchiere degli altri due.
Si sentì subito la testa troppo pesante, e aveva un lieve dolore al collo, ma riuscì comunque a sorprendersi, vedendo la sorella che guardava malissimo Benjamin. Cos'era successo da quando si era addormentata? Quanto tempo era passato?
Guardò con aria interrogativa l'altra, che distolse lo sguardo dal primino, per prestare attenzione alla sorellina appena svegliata.
«Vieni, Jade. Non stare con certa gente.» Le disse Erzébeth, mentre lei continuava a guardarla con aria interrogativa. Cosa diamine aveva fatto quello lì – Benjamin, se non errava – di male perché fosse etichettato come "certa gente" detto in un tono che di amichevole non aveva niente? Non si mosse dal sedile, e continuò a guardare alternativamente la sorella e il ragazzino, che aveva ricominciato a leggere il vecchio tomo, ed era evidentemente deciso a ignorare entrambe le sorelle. Jade sprofondò un poco nel sedile e incrociò le braccia al petto.
«Perché?» Cosa poteva essere successo, proprio non se lo spiegava. In genere la sorella era una persona molto socievole, forse aveva provato a socializzare con Benjamin, che si era rivelato troppo diffidente? Ne dubitava: Erzébeth era anche una ragazza abbastanza paziente, e con le persone timide era abbastanza brava.
«Te lo ha detto il suo cognome?» Chiese retorica la più grande, mentre la primina scuoteva la testa, in segno di dinego, e Benjamin si irrigidì, dietro alla copertina del suo libro.
Jade non riusciva a capire quale fosse il motivo di quella – stupida – domanda, come se il cognome di una persona potesse importare.
«The-» Incominciò la tredicenne, prima che un movimento brusco la interrompesse, distogliendo lo sguardo, per osservare l'argomento della sua conversazione, che stava prendendo il suo baule issato precedentemente sulla reticella.
«Non importa.» Affermò Theattle, mentre la rabbia che provava sembrava potersi toccare, visto che traspariva totalmente nella sua voce. «Non importa!» Ripeté, un po' più forte, quasi temesse che le due Ieth – che lo guardavano come se fosse un evaso dal manicomio – non avessero sentito in precedenza le sue parole. «Me ne vado io! Tranquilla!» Esclamò, aprendo la porta, e uscendo, trascinandosi dietro il baule.
L'anno non era incominciato per niente bene: nonostante andare a Hogwarts significasse anche dover stare ventiquattro ore su ventiquattro nello stesso edificio del fratello, Benjamin non poteva negare di aver aspettato quel momento con la stessa eccitazione dei suoi coetanei. Eppure si era ritrovato, così, per caso, una tizia che lo avvertiva di stare alla larga dalla sorellina, come se fosse una sorta di maniaco sessuale.
Sapeva bene che Helen era sicuramente con i suoi amici Grifondoro, Trevor e Samantha, e non aveva voglia di incontrarli, non che non fossero brave persone, ma semplicemente si sarebbe sentito poco a suo agio, e sarebbe stato senz'altro un disturbo per gli amici di Helen, che avrebbe dedicato attenzioni al suo fratellino.
Per quel motivo incominciò, ancora arrabbiato con quelle due – nonostante la minore non avesse fatto niente – a cercare uno scompartimento con poche persone, possibilmente non del terzo anno.
Non poteva essere troppo difficile, nonostante molti scompartimenti fossero sovraffollati. Non poteva certo passare il viaggio in piedi, dopo tutto.
Continuò a camminare, trascinando a fatica il baule, raggiungendo quasi la fine del treno, prima di andare a sbattere contro qualcuno. Preso alla sprovvista, Benjamin cadde, e fu quasi sul punto di insultare quel povero malcapitato che gli era andato addosso, prima di decidere che non aveva fatto niente di male, e per di più gli stava tendendo la mano per aiutarlo ad alzarsi. Dopo tutto non lo aveva certo fatto apposta.
Theattle tornò in piedi, con l'aiuto dello sconosciuto, ed ebbe il tempo di osservarlo meglio. Nella mano che non aveva usato per aiutarlo teneva stretto un libro ben curato, ma che non sembrava essere esattamente nuovo, intitolato "Il codice Da Vinci", che Benjamin non conosceva e non era sicuro di volerlo conoscere. I capelli erano biondo scuro – o castano chiaro – leggermente mossi e lunghi fino a poco dopo le orecchie. Era un viso abbastanza anonimo, uno di quelli che si può trovare ovunque, in Gran Bretagna, e così anche a Hogwarts.
«Grazie.» Borbottò – o almeno, l'intento doveva essere quello, ma non uscì altro che uno strano suono che stupì entrambi – e provò a ricominciare a camminare, aggirando il tizio.
«Uhm, se vuoi puoi entrare qui.» Disse il biondo, in evidente disagio, forse essendo timido anche lui, o forse non volendo invitare a caso qualcuno nello scompartimento, aprendo la porta del suo scompartimento, in cui si vedeva una ragazza grassottella guardare una Cioccorana di fronte a lei, con tutta l'aria di chi sta facendo del suo meglio per non fare qualcosa, in questo caso saltare addosso a quel dolce.
Entrambi – il biondo e la sua amica – dovevano essere del primo – al massimo secondo – anno, e lo scompartimento era semi-vuoto. Per la precisione quello che cercava!
«Grazie.» Ripeté, ma questa volta riuscì a dire qualcosa di comprensibile, ed entrò all'interno, sistemando il baule sulla reticella, e sedendosi il più lontano possibile dagli altri due.
«Io sono Rachel!» Disse la ragazza grassottella, tendendogli la mano. Tutto sommato, pensò Benjamin, non sarebbe stato male farsi qualche amico. E quei due lì sembravano abbastanza simpatici, nonostante il maschio avesse cominciato a concentrarsi sul suo libro, esternandosi dal resto del mondo.
«Benjamin.» Rispose, dopo un po', stringendo la mano a Rachel, che subito dopo scosse l'amico, che imprecò a mezza voce su qualche finestra, prima di rispondere: «Che c'è, Pec-»
A fermarlo fu l'occhiataccia gentilmente concessagli dalla ragazza, che con un cenno del capo indicò il bruno, che aveva osservato quell'improbabile scena con un sopracciglio inarcato.
«Non chiamarmi Pecora, ed evita il tuo sproloquio sul significato dei nomi! Nel caso non te ne fossi accorto, sarebbe gentile da parte tua presentarti a Benjamin!» Esclamò, e per un attimo l'altro si chiese come facesse Rachel a conoscere il nome di quello sconosciuto. Prima di rendersi conto che forse avevano conversato almeno un poco.
«Io sono Sherlock, piacere.»


Angolo dell'autore - più o meno.
Allora, nonostante nessuno mi abbia - passatemi il termine - cagato, eccomi qui con questo secondo capitolo, particolarmente concentrato su Benjamin caro. Qualche appunto, per facilitarvi la lettura:
Sherlock inizialmente stava leggendo uno Sherlock Holmes, ma poi ho deciso che era troppo "coincidenze? io non credo, un abbraccio, Adam", quindi l'ho cambiato nel famoso libro di Dan Brown.
Sempre su Sherlock, che è il mio personaggio preferito, è un fan-boy (boh, volevo dirvelo, così, non stupitevi se un giorno si presenterà dicendo "i'm the Doctor!" e sperando che qualcuno risponda "Doctor who?"), e sa il significato dei nomi dei suoi amici. Rachel vuol dire pecora, quindi a volte la chiama così. Per par condicio lei a volte lo chiama  Bei Capelli (...), si i loro nomi hanno dei significati particolarmente... significatosi.
Il rapporto Ben-Dominic sarà approfondito successivamente. Ci tengo solo a dire che Dominic - appunto - frequenta il terzo anno, poi nei prossimi capitoli si scoprirà anche la Casata.
Spero vi piaccia (se qualcuno per qualche remoto motivo legge) e che se vi va qualcuno recensisca. Così, sì, sto elemosinando (...) recensioni.

 

  
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