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Autore: _fedss    17/11/2013    6 recensioni
"Era stanco di tutto. Stufo di ogni cosa.
Di se stesso. Del suo carattere. Di quello che la gente pensava di lui. Di Stana. Di Castle. Dei fan.
Era stanco di tutto."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

 

 

La sveglia segnava le nove quando Nathan aveva, stancamente, aperto un occhio, infastidito dalla leggera luce del sole.

La sera prima, preso dallo sconforto e dalla stanchezza, si era dimenticato di accostare le persiane e adesso il caldo sole della California cercava in tutti i modi di intrufolarsi nella grande stanza.

Nonostante sentisse caldo, tirò il lenzuolo in modo da coprirsi la testa e cadere di nuovo in un sonno ristoratore.

Niente.

Sbuffò infastidito quando un rumore di pentole arrivò dalla cucina della suite.

Perché Stana stava cucinando?

Da quando alloggiavano lì, avevano sempre usufruito dei vantaggi e dei comfort dell'hotel, ordinando la colazione e facendosela portare con il comodo servizio in camera.

Cosa le era preso?

Ormai spazientito, si alzò e si diresse in bagno. Aprì l'acqua del lavandino e si sciacquò la faccia, si sistemò il ciuffo di capelli bagnandolo un po' e poi si guardò allo specchio, sobbalzando impercettibilmente una volta aver visto la sua figura riflessa.

Delle profonde occhiaie violacee gli contornavano gli occhi, le rughe sulla fronte erano più profonde del solito e il suo aspetto non era dei migliori.

Aveva avuto un sonno agitato, si, ma di certo non si aspettava di trovare dei segni così evidenti del poco sonno sul suo viso.

Si asciugò con il telo appeso alla porta del bagno e tornò nella camera, per cercare qualcosa da indossare. In altre occasioni, non si sarebbe di certo fatto molti problemi a camminare per la suite con addosso solo i boxer. Ma adesso, in quel momento... Non si sarebbe sentito a suo agio, sicuramente.

Scelse un pantaloncino grigio della tuta che gli arrivava al ginocchio e una semplice maglietta nera.

Quando uscì dalla sua camera, i piedi nudi si mossero silenziosi sul parquet finché non arrivò nella cucina.

Stana era indaffarata nella preparazione della colazione, armeggiava con una padella sui fornelli e ogni tanto dava un'occhiata e una mescolata ad una ciotola posata sul bancone da lavoro.

Sulla penisola di marmo al centro della sala, aveva messo due tovagliette bianche, una di fronte all'altra, ed aveva apparecchiato senza dimenticare nulla. Il caffè era pronto e fumante in due tazze, anch'esse una di fronte all'altra. Il profumo aleggiava per tutta la cucina e Nathan inspirò a pieni polmoni, beandosene estasiato.

Come preparava il caffè Stana, non lo preparava nessuno, questo era da ammettere.

Diede un colpo di tosse, facendo notare alla donna la sua presenza, che sobbalzò facendo uscire un po' di impasto dalla ciotola in cui stava girando il mestolo.

"Buongiorno", disse Nathan prima di sbadigliare. Si sentiva un po' in imbarazzo, non sapeva cosa dire. Si avvicinò lentamente ai fornelli e guardò il contenuto della padella. Pancakes. La sua colazione preferita. Poi guardò Stana, interrogandola con gli occhi.

"Ehm... Buongiorno, Nathan", rispose lei abbassando lo sguardo sul cibo che cuoceva.

Lui si allontanò da lei, andandosi a sedere su uno dei due sgabelli. "Come mai stai usando la cucina?".

Stana spense il fornello girando la manovella e sospirò pesantemente. Mantenne lo sguardo davanti a se, consapevole degli occhi di Nathan fissi sulla sua schiena.

"Avevo solo voglia di cucinare, tutto qui", disse, sapendo di essere stata poco convincente.

Ma Nathan non ribatté.

"Okay".

Girò la padella in un piatto così da farci scivolare i pancakes e lo porse a Nathan. Il tutto senza guardarlo neanche per un istante. Poi, svuotò il contenuto della ciotola nella padella e riaccese il fuoco per cuocerne altri.

"Puoi iniziare a mangiare, ora preparo quelli per me", disse.

"No, ti aspetto", rispose lui. "Hai dormito bene?".

"Non ho dormito molto, in realtà", rispose lei, questa volta sinceramente "Tu?".

"Ho dormito magnificamente, il letto è davvero comodo", mentì.

Stana fece saltare i pancakes con un colpo di polso.

"Beato te". Nathan sorrise amareggiato, poi prese la sua tazza e ne bevve un lungo sorso. Si sentiva già meglio.

Osservò Stana mentre si sedeva a tavola con il suo piatto in mano.

Mangiarono in silenzio, nessuno dei due sapeva cosa dire, fino a quando Stana posò le sue posate accanto al piatto e si pulì la bocca con il tovagliolo.

"Nathan...", iniziò a dire, un po' incerta, "riguardo a ieri sera, io...".

"È tutto apposto, Stana, sul serio".

"No, non lo è", rispose, stizzita. "Ho esagerato e tutte quelle cose che ho detto, non le penso affatto...".

"È qui che ti sbagli", stavolta fu Nathan a smettere di mangiare. Alzò lo sguardo e incontrò, finalmente, gli occhi di Stana. Erano rossi. Aveva pianto?

"Come, scusa?".

"Tu quelle cose le pensi, eccome".

"Nathan, ma cosa..."

"Le pensi, Stana. Pensi quello che pensano tutti. Pensi che io cambi donna come i calzini, pensi che io non riesca ad avere una storia seria, pensi che ti porterei a letto per poi fregarmene di te. È qui che ti sbagli. Avrò anche cambiato spesso donna, ma non ho mai trattato nessuna di loro come oggetto. E con te... Non ti tratterei di certo come una di loro. Ma tu non puoi saperlo, dato che non hai mai voluto darmi una chance".

"Tu non me l'hai mai chiesta", disse lei in un sussurro.

Nathan sbatte il pugno sul tavolo. "Questa è bella!", sbraitò. Poi si alzò di scatto, facendo cadere all'indietro lo sgabello. "Questa è davvero bella", disse di nuovo, prima di dirigersi verso la sua camera.

Si chiuse la porta alle spalle sbattendola.

"Adesso basta! Non accetto di essere trattato come un cretino", disse a sè stesso, ma alzando comunque la voce.

Afferrò la valigia da sotto il letto ed iniziò a riempirla velocemente, buttandoci alla rinfusa i vestiti. Era furioso. Le mani gli tremavano, aveva caldo. Si tolse la maglietta e la tirò nel bagaglio, poi afferrò dalla sedia la camicia della sera prima e la indossò. Andò in bagno a lavarsi, poi raccolse le sue cose e mise anche quelle nella valigia.

Prese i pantaloni e se li infilò, allacciò la cinta e si mise le scarpe. Era pronto.

Diede un'occhiata alla camera, assicurandosi di non aver dimenticato nulla, ed uscì dalla stanza.

Stana era seduta sul divano, guardava il pavimento, preoccupata.

Nathan non la degnò nè di uno sguardo, nè di una parola.

Superò il soggiorno della suite e si diresse verso la grande porta della camera.

"Dove stai andando?!".

L'attore si fermò, la mano già sulla maniglia. Adesso Stana era alle sue spalle, in piedi. Lui si voltò, la guardò pensando che era davvero bella, anche di mattina dopo una nottata difficile.

"Vado via, Stana", disse con calma.

Lei spalancò gli occhi.

"Ma... Ma, Nathan, il tour non è ancora finito! Tu... Tu non puoi!" Balbettava. "Andrew andrà su tutte le furie e io...".

"Non mi importa niente di quello che dirà Andrew!".

"E di me? Di me non ti importa?", chiese in un sussurro. "Mi lascerai qui, da sola?".

"Sei adulta abbastanza per affrontare la premiazione da sola", rispose freddamente.

"Perché vuoi andartene?".

"Non voglio più restare, Stana. Non posso restare. Ho bisogno di schiarirmi le idee, voglio tornare a casa", spiegò lui, ancora troppo calmo.

Stana sorrise, le lacrime che scorrevano sul viso. "Bravo. Affronta i problemi in questo modo. Vai via".

Poi si voltò, aspettando il rumore della porta. Prima però, senti la voce di Nathan, ancora una volta.

"Non sto scappando. Ho passato sette anni della mia vita ad affrontare questo problema, ma adesso sono davvero stanco. Questa situazione... io non la reggo più. Sono stanco".

"Cosa vorresti dire?".

"Ci vediamo a Los Angeles, Stana", rispose lui, prima di chiudersi la porta alle spalle.

 

 

 

L'aereo atterrò prima del previsto. Stana si slacciò la cintura di sicurezza e prese la borsa da sotto il sedile. Si alzò sistemandosi la giacca, aspettò che la gente lasciasse libero lo stretto corridoio fra le poltrone e poi scese a sua volta.

Il suo bagaglio non tardò ad arrivare, lo prese e si diresse verso l'uscita, dove una macchina argentata la stava aspettando. L'aria calda di Los Angeles l'investì all'instante, impedendole di respirare per un attimo.

Senza aspettare che suo fratello le aprisse lo sportello, mise la valigia sui sedili posteriori prima di sedersi accanto al conducente.

"Stana!", la accolse stupito il giovane, non avendola neanche sentita entrare. L'abbracciò maldestramente a causa del freno a mano che li divideva. "E Nathan dov'è?", chiese innocentemente, guardando dietro di se.

Stana abbassò lo sguardo, un velo di tristezza comparve sul suo volto.

"Oh, lui non è qui. È dovuto tornare prima".

"Capisco", rispose il ragazzo. "È successo qualcosa?".

Stana negò con il capo senza dire nulla. Non aveva voglia di parlarne.

Il fratello capì, così ingranò la marcia e partì, senza più tornare sull'argomento Nathan.

 

 

 

"Stana, ragazza mia, ben tornata!", Andrew l'accolse con un caloroso abbraccio, prima di baciarle le guance. L'attrice arrossì, ricambiando la stretta. "Complimenti! Davvero complimenti! Eri splendida a quella cerimonia, ti ho vista in televisione", disse entusiasta. "Mi dispiace che Nathan non sia potuto rimanere... A proposito, stasera abbiamo organizzato una cenetta fra di noi, il nostro ragazzone deve fare un annuncio. Te la senti?".

A Stana gelò il sangue nelle vene. Che tipo di annuncio doveva fare Nathan? Annuì titubante, prima di sorridere, cercando di rassicurare Andrew.

"Ora vatti a riposare, per favore. Domani dobbiamo ricominciare a girare!"

Stana fece per andarsene, ma Andrew la fermò ancora una volta.

"Ah, Stana, ti passerà a prendere Tamala, lo stava dicendo prima quando Nathan ha organizzato...".

"Nathan era qui?", lo interruppe.

"Certo, perché non dovrebbe esserci? Adesso è nel suo camerino".

Stana sorrise contenta "Grazie, Andrew. Vado a risposare. A stasera!", lo salutò prima di uscire dall'ufficio.

 

 

 

 

 

 

 

Ecco il primo capitolo.
Aggiorno puntuale, stranamente.
Grazie a Ivi, che ha betato (trovando degli errori, finalmente *-*), e mi ha suggerito alcune cosette u.u
Al prossimo capitolo,
baci, Fede.

 

 

   
 
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