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Autore: Symphonia    18/11/2013    3 recensioni
Sono passati vent'anni, ma non per questo la storia è finita!
Elizabeth è alle prese con i suoi sei figli, Jane deve mantenere buoni i rapporti con Caroline e anche Mary ha dei pensieri sulla sua "futura suocera". Inoltre, Kitty non desidera esporre troppo le figlie all'influenza di Lydia, che tenta di ripristinarsi in famiglia.
Insomma, il matrimonio non ha fatto tramontare il sole sulle figlie della famiglia Bennet e le loro avventure quotidiane, famigliari e matrimoniali tra nuove e vecchie conoscenze.
[STORIA INCOMPLETA]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II



            Ad una settimana dal compleanno di Lyanna, la famiglia Darcy giunse nella tenuta del signore e della signora Bingley. Le ragazze passeggiarono volenterose per il giardino di casa con la loro madre e la zia Jane, mentre venivano scaricate le valigie. Iniziarono ad escogitare uno dei loro intrattenimenti preferiti, la musica. Volevano inventare una qualche simpatica canzoncina con la zia per la sua bambina e qualche danza di gruppo per farla divertire. Rosamund si recò nel salotto a provare qualche melodia, ma pensò subito che se ci fosse stato bel tempo, sarebbe stato uno spreco rimanere in casa ed allora cercò di comporre una canzone che non avesse per forza la necessità di un accompagnamento musicale. Matthew intanto illustrò ai suoi cugini, Aaron e il piccolo William, un gioco che avrebbero potuto fare. Approvata l’idea la condivisero con Alice, la primogenita di Jane, e le quattro sorelle di Matthew.
    La settimana dei preparativi passò in fretta e tutti cercarono di mantenere la piccola Lyanna all’oscuro abbastanza a lungo da non insospettirla troppo sul piano che infine erano riusciti a mettere su tutti quanti insieme.
    Arrivò la mattina del fatidico giorno. Con tutta la leggerezza che il sig. Bingley e il sig. Darcy disponevano, entrarono nella stanza di Lyanna e il padre la prese in braccio portandola in giardino, cercando di non svegliarla. Le loro mogli stavano intanto preparando il giardino, mentre i figli tornarono con dei piccoli cestini e ne porsero due alle signore. Il sig. Bingley adagiò la sua bambina ancora assopita sulla sedia imbottita posta in mezzo al prato del giardino a ovest della villa. Lui e sua moglie si scambiarono un sorriso e poi prese il suo cestino, lasciando a Jane il resto.
    La madre prese delicatamente le mani di Lyanna tra le sue e cominciò a canticchiare la canzone composta dalla nipote Cecilia.
    “Per il tuo compleanno sarà festa tutto il dì. Regina oggi tu sarai se canterai così.”
    Lyanna strabuzzò gli occhietti chiari e la prima cosa che vide fu sua madre sorriderle ed indietreggiare saltellando. Elizabeth le porse il suo cestino e cominciarono a ballare battendo le mani e canticchiando il motivetto, provocando il più sincero e fanciullesco divertimento. Dai cestini le ragazze lanciarono dei petali di fiori, mentre i ragazzi mantenevano il ritmo e continuarono a danzare in girotondo, finché non vennero interrotti dall’arrivo di una carrozza.
    “Dev’essere Caroline.” informò Jane sua sorella, che la fissò allibita.
    “L’hai invitata?”
    “Certo, non potevo non farlo. Doveva però arrivare appena questa sera.”
    Lyanna si guardava intorno preoccupata e i suoi cugini pensarono bene di riprendere a cantare e così il divertimento ricominciò. Cantata l’ultima strofa - giusto in tempo per andare a riceve la propria ospite - il signor Bingley si avvicinò alla sua bambina e le chiese di assentarsi un attimo con sua madre e gli zii, cosa che gli venne concessa, mentre i cugini la intrattenevano con danze semi inventate tra quei pochi petali che rimanevano nei cestini.
    I quattro si avvicinarono alla carrozza dalla quale stava scendendo la signora Hamilton, ma potevano ancora sentire distintamente le voci dei ragazzi che si divertivano. Le due sorelle controllarono alle loro spalle e non poterono fare a meno di sorridere, vedendoli così contenti.
    Lady Caroline non era invece dello stesso raggiante buon umore e guardava in modo quasi sprezzante quello che i suoi numerosi nipoti combinavano sull’erba.
    “Sorella cara. Non ti aspettavamo prima di stasera.” l’accolse suo fratello Charles con grande e calorosa cortesia.
    “Ho potuto liberarmi dai miei impegni prima del dovuto e volevo farvi una sorpresa.”
    “Molto ben riuscita.” confermò Jane con un sorriso più gentile del dovuto.
    “Cosa sta facendo Lyanna?” chiese la zia con una nota di disappunto nella voce.
    “Gioca e danza con i suoi cugini e fratelli. Abbiamo da poco finito di cantarle una canzone che Cecilia si è premurata di scriverle.”
    “Già, veramente deliziosa.” aggiunse il sig. Bingley accennando un segno di sincero ringraziamento all’amico, che rispose con un sorriso.
    Notava che Bingley era veramente contento per la riuscita della sorpresa e questo allietò il suo animo già abbastanza turbato dagli ultimi eventi. Ultimissimo tra questi la venuta così anticipata della sig.ra ….
    “Non lo metto in dubbio. Idea graziosa. Vostra figlia ha sempre avuto un buon gusto per la musica.”
    “Grazie.” rispose fredda Elizabeth.
    “Scusate la scortesia. Prego, accomodatevi.”
    Un tuono fece cenno della sua presenza da lontano e le nuvole oscurarono il cielo.
    “Strano. Fino a poco fa c’era il sole…” mormorò Grace.
    “Temo che sia stata la zia Caroline a farlo sparire.” le sussurrò Matthew.
    La battuta piuttosto tagliente fece ridere tutti i presenti, che si prepararono a rimettere tutto quanto a posto. Non avevano parecchia voglia di aspettare i domestici per una sedia, così mentre le signorine e William fecero a gara a chi arrivava prima alla villa, Matthew e Aaron presero cestini e sedia e rientrarono con calma. Durante il tragitto discussero a lungo sulla torta che il giovane Bingley avrebbe visto, ma non era sicuro se fosse con le fragole, i lamponi o entrambe.
    Matthew entrò dalla porta finestra e domandò dove appoggiare la sedia. Un domestico la prese in custodia sotto lo sguardo attento dell’appena arrivata parente, che non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio, mentre Aaron si complimentava con il cugino per la forza. Sostenne che in un confronto, era lui quello più mingherlino, ma Matthew ribadì che avrebbe potuto benissimo riuscire anche lui a fare una simile fatica, se non peggiore. Le madri quasi si commossero e furono orgogliose del legame che si era instaurato tra i due.
    I padri rientrarono con lo stuolo di figli appresso e William si riunì ai due cugini, mentre le altre parlottarono tra di loro e Lyanna, che si sentiva al centro dell’attenzione, elargiva sorrisi disinteressati e dolci a chiunque nella stanza.
    Un altro rombo di un tuono segnò l’inizio di un’altra pioggia primaverile e Grace balzò in piedi pensando che uno dei giochi che avevano organizzato era caccia al tesoro e si sentì in colpa per il regalo che avevano nascosto in giardino per la cugina. Corse fuori senza mantello e così il fratello la dovette rincorrere nel parco seguito dal padre.
    Grace era la più giovane delle sorelle, non aveva neanche dieci anni ed era estremamente onesta e generosa, nonché innocente come tutte le bimbe della sua età. Coperta dal fratello, che l’accompagnò fino all’albero in cui avevano sepolto il regalo, si mise di buona lena a scavare per terra con lui ed infine col padre, che li raggiunse poco dopo, e tirarono fuori il pacchetto e finalmente rientrarono.
    Al loro rientro, più di qualcuno non riuscì a trattenere una risata, gli stessi interessati compresi. Solo Lady Caroline non riusciva a comprendere le ragioni di quella ilarità generale, squadrandoli con occhi critici e stupiti. Avevano un aspetto scandaloso: erano ricoperti di fango dalla vita in giù tutti e tre, la graziosa crocchia di Grace si era completamente scompigliata e le mani sporche di terra che reggevano l’oggetto in una carta che, anche se pulita, sarebbe risultata decisamente poco elegante, la fecero allibire.
    Bingley la prese con molta più leggerezza, ammirazione e gratitudine. Nel primo caso, era contento di vedere l’amico e i suoi figli lasciarsi andare a cuor così leggero di tanto in tanto, trascinati dalla frenesia della piccola Darcy, nel secondo l’ammirazione fu provocata dall’affetto familiare che li univa e nel terzo, erano in quello stato proprio per l’affetto che provavano verso Lyanna e non poté non essere grato per aver stretto una parentela più felice di quella. Jane comprese il sorriso che accompagnava lo sguardo del marito sui tre e condivise il pensiero, ma si riprese prima di lui e chiamò una domestica per accompagnarli in un’altra stanza, dove si sarebbero potuti cambiare ed asciugare. La prontezza della padrona di casa non mancò le aspettative di Elizabeth.
    Non appena usciti, la signora Hamilton si avvicinò a suo fratello e coprendosi col ventaglio - perché nonostante la pioggia sosteneva di sentire caldo - cominciò a criticare quel comportamento per lei così irragionevole.
    “Non ho mai visto il signor Darcy comportarsi così, Charles. Mai. Il matrimonio lo ha cambiato profondamente, non lo nego, ma in così tanti anni è in assoluto la prima volta che lo vedo così diverso. Non sembra neanche più lui, cielo!”
    “Si vede che non hai figli, Caroline.”
    “Cosa c’entra adesso, questo?”
    “Se tu avessi figli, comprenderesti il cambiamento radicale come questo che stai ora criticando.”
    “Smettila di dire assurdità. Il solo fatto di aver sposato quella campagnola che diventa sempre più indecente per lui col passare degli anni e la sua influenza, devono averlo reso così diverso.”
    “Attenta a come parli. Ti proibisco di insultare così i membri della mia famiglia, sorella. Non lo accetto!”
    Alzatosi con uno sdegno che non riuscì a passare inosservato agli occhi dei presenti e che per di più stupì la signora Hamilton, l’uomo uscì dalla stanza per accertarsi che i suoi ospiti stessero bene. Jane lo seguì con lo sguardo preoccupato finché non sparì dietro la porta e lo avrebbe anche fisicamente raggiunto, se la sua piccola Lyanna non l’avesse tenuta per uno dei nastri che adorava portare, attirando la sua attenzione.
    Dopo un’innaturale silenzio per casa Bingley, Alice si dimostrò perfettamente capace di intavolare e intrattenere una conversazione con le sue cugine e suo fratello Aaron, estendendo poi questo a tutti i presenti con frequenti e dolci interventi della madre e altrettanti, più freddi e razionali, della zia. Anche Elizabeth si unì con qualche frase, ma solo se interpellata, perché era preoccupata per la figlia minore. In un modo o nell’altro, anche Matthew, che era definito il cugino meno loquace in assoluto, finì per essere coinvolto, forse, per far piacere alla cugina Lyanna, che gli aveva chiesto notizie sul suo viaggio.
    “Cosa sei andato a fare a Londra, cugino?” chiese Alice cordiale.
    “Ho accompagnato mio padre per questioni d’affari. Cose che, di solito, le signorine come te non apprezzano molto.”
    “Cosa sono le questioni d’affari, mamma?” domandò ingenuamente la festeggiata.
    Jane non poté non sorridere ad una domanda postale con tale innocenza che iniziò a spiegarle con calma e cercando di essere chiara sull’argomento un po’ insidioso. Gli altri continuarono il loro colloquio e le ragazze sfogarono la curiosità che per troppi giorni rimasta celata.
    “Hai incontrato qualche signorina di tuo gradimento?” domandò schietta Gwendolyn.
    “No, nessuna. Temo che tutte le signorine di mio gradimento siano riunite in questa stanza.”
    Una risata generale avvolse i presenti e Matthew scoccò un’occhiata eloquente ad Aaron che si apprestò a reggergli il gioco.
    “Ma cugino… Non puoi affermare una cosa simile. Ci dev’essere almeno una che ti sia più gradita delle altre.”
    “Non costringermi a scegliere, te ne prego. Non favorirebbe l’amore fraterno né quello tra cugini. Il cielo non me ne voglia.”
    “Qual è il vostro problema con le damigelle che esistono fuori dalla vostra cerchia familiare, Matthew?” intervenne con tono petulante la signora Hamilton.
    “Il fatto che siano fuori dalla cerchia familiare!”
    L’ironica battuta produsse l’effetto sperato e tutti risero capendo che non stava parlando sul serio, ma allo stesso tempo Lady Caroline, che aveva posto la domanda, capì che a Londra non aveva trovato nessuna ragazza interessante per lui.
    “Santo cielo! Devo supporre che vi apprestiate a fare una proposta ad una vostra cugina in futuro?”
    A questa affermazione, Alice e Meredith ammutolirono di colpo, mentre Jane e Elizabeth guardavano sprezzanti Caroline che si permetteva di mandare avanti con tanta impertinenza, un argomento che non era stato citato per essere preso seriamente.
    “Come ho già ribadito, il cielo non me ne voglia a scegliere una delle mie cugine.” rispose Matthew ora con un disagio che decise, saggiamente, di non far trapelare.
    “Alice sarebbe più che adatta.”
    “Certamente. Alice è una fanciulla graziosissima. Sarebbe però sprecata con Matthew. Sono così differenti che la passione si spegnerebbe all’istante e il matrimonio non durerebbe neanche un giorno.” scherzò Gwendolyn, augurandosi di terminare così una conversazione, che non solo lei stessa aveva incitato, ma che stava diventando piuttosto imbarazzante.
    “Hai veramente così poca fiducia nei sentimenti del mio cuore?”
    “Bada a come parli dei tuoi sentimenti, Matthew. Un giorno ti innamorerai anche tu e dovrai imparare a tenere a freno la lingua.” lo zittì la cugina.
    Meredith aveva i capelli più rossastri ed era di carattere nobile e spensierato, ma non per questo meno seria della sorella Alice, nonostante i sedici anni da poco passati. Era veramente graziosa e sognava l’amore vero, per questo le infastidivano tutte quelle battute.
    “Parole simili Jane le aveva rivolte anche a me, tanti anni fa. Sinceramente, credo che sia un buon consiglio.” concluse Lizzy con un sorriso divertito.
    L’ironica e pungente conversazione che aveva fatto arrossire la signorina Bingley e le sorelle Darcy volse presto al termine con un’ultima domanda da parte della signora Hamilton e del suo personale interesse verso i Darcy.
    “Vostro fratello Percival rimarrà a Londra ancora molto?”
    “No, è partito poco prima di noi con i gli zii Gardiner alla volta dei Laghi. Si scusa di non essere riuscito a venire e promette a te, Lyanna, di portare il più bel regalo che tu abbia mai visto.”
    “Lo prendiamo in parola.” scherzò Meredith.
    “Ve lo sconsiglio. Ha un gusto così particolare che potrebbe portare la cosa più inaspettata che si conosca.”
    “E voi non siete stato invitato?” riprese petulante Lady Caroline.
    “Oh, sì. L’invito me l’avevano esteso, ma ho preferito rinunciare e tornare a casa con mio padre.”
    La risposta era stata data con molta naturalezza, ma era troppo succinta per sembrare reale. Poco dopo, la signora Hamilton chiese ad Alice di suonare qualcosa al pianoforte. L’idea venne ben apprezzata da tutti e Matthew chiese a sua zia Jane di poter andare in biblioteca a prendere un libro, perché non desiderava conversare oltre, ma si risparmiò di dirlo. Venne seguito dalla madre, che si congedò con la scusa di andare a vedere lo stato della figlia minore.
    Entrata in biblioteca, notò il figlio osservare i libri con palese distrazione e si avvicinò per cercare di capire cosa contenesse lo scaffale interessato.
    “Non sei mai stato un grande amante della botanica.” affermò alle sue spalle, facendolo trasalire.
    Si ricompose quasi subito e rispose: “E’ vero, ma ci sono certe piante di cui vorrei conoscere almeno il nome. Temo però che questo non sia il momento per consultare questi volumi. Cosa mi consigli?”
    “Quello che più può sollevarti dal dispiacere.”
    “Allora dubito che qua ci sia qualcosa di simile, al di fuori della tua presenza.”
    “Vogliamo parlarne?”
    Si sedettero sulle poltroncine poste vicino ad un caminetto, uno di fronte all’altro e nel mezzo solo un basso tavolino per appoggiarvisi i libri a dividerli. Matthew si mise comodo e sospirò, guardando in direzione della finestra e oltre, verso l’incontaminata natura del …shire con un totale cambiamento nella sua espressione.
    “Vorrei poter dedurre che si tratti solo di una delusione amorosa.” trasse Elizabeth da quello sguardo così afflitto. “Ma evidentemente, non è così.”
    Lui la guardò con una scintilla di dispiacere negli occhi e le curve della sua bocca gli diedero un’aria ancora più avvilita ed amareggiata.
    “E’ stato tradito, ferito ed umiliato. Diceva di non avere più un onore, di voler dimenticare al più presto tutto ciò che gli è capitato, in modo da poter tornare più sereno a casa. Ovviamente, nostro padre non sa nulla e preferirei che mantenessi questo riserbo.”
    “Sono mai stata pettegola?”
    La risposta lo fece sorridere, anche se l’espressione fu una smorfia amara che non alleviò la preoccupazione che costernava le madri e che ora Elizabeth ne sentiva completamente il peso.
    “Ho fallito, madre. Come fratello, come amico e come confidente. Non ho saputo fare niente per Percival ed ora potrebbe, giustamente, essere arrabbiato con me. Mi sento così ridicolo e stupido però, a non esser riuscito a far di più!”
    “E’ per amore?”
    “Sembrerebbe, ma c’è di più. Oh, se c’è molto di più! Quella donna lo ha ingannato in tutti i modi possibili e quelli che si definivano i suoi amici da tanti anni si sono dimostrati dei traditori della peggior specie e…!”
    “Modera le tue parole! C’è troppa rabbia e amarezza in esse. Calmati e parla con più un occhio più oggettivo.”
    “Non ci riuscirei neanche se mi minacciaste! Santo cielo… Lo hanno trattato in modo meschino e benché nella nostra famiglia nessuno non sia sensibile come in quella della zia Jane, ferire così l’orgoglio di un ragazzo tanto rispettabile e amabile è assolutamente inconcepibile. Non li perdonerei mai, neanche tornassero a chiedermelo in ginocchio! Avrei preferito vivere io una simile sciagura. Sarei stato più attento e avrei sicuramente assorbito meglio il colpo.”
    “Gli amici di cui parli sono i fratelli della famiglia Wighton, suppongo.”
    “Esattamente. Mai li voglio rivedere, né risentire! E tanto meno sarò d’accordo che le mie sorelle riaprano con loro i rapporti.”
    “Questo lascia che sia io a deciderlo. Per tua sfortuna, non sei ancora a capo della famiglia.”
    Nel tono della signora c’era ironia, ma un fondo di amara e severa verità che a Matthew non poté sfuggire. Era troppo attento e di mente troppo sveglia, perché non se ne accorgesse. Sospirò profondamente per più volte e dopo aver camminato di nuovo fino alla finestra, tornò indietro e con più calma si accomodò sul divanetto color edera.
    “Perdona la mia insolenza madre. E’ stata detta in un momento di rabbia, non era mia intenzione offendere nessuno. Ma ora che mi sono sfogato sono pronto a raccontarti tutto. Per primo, è meglio che tu legga questa lettera. Poi ti detterò i fatti.”
    La signora Darcy prese la busta e notò che i lati erano parecchio stropicciati. Era stata tenuta in mano non solo da mani forti, ma presumibilmente anche emotivamente toccate e che sfogarono su quel foglio la forza delle loro emozioni. Non poté non immaginare il figlio minore con le lacrime agli occhi, di rabbia, se aveva ben inteso il messaggio di quello maggiore.
    Pensò che non valesse la pena di crucciarsi così e aprì la lettera. Portava la data di poco più di due settimane fa.
    Mio caro signor Percival Darcy,
    non dimenticherò mai la vostra gentilezza, la sincerità e l’emozione con cui mi avete privilegiata dell’onore della vostra proposta che a quel tempo, ho accettato. Ero forse troppo confusa o accecata dalla vostra grandezza per far chiarezza sui miei sentimenti. Ora sono invece propensa, per la mia e la vostra felicità, a declinare la vostra offerta che è stata poi indegnamente approvata dai miei parenti, pensando solo al profitto di tale unione. Credo che sarebbe davvero un’offesa nei vostri confronti, per questa ragione vi scrivo.
    Non ho il coraggio di respingervi a viso aperto, perché so che il dovere che sento nei vostri confronti è decisamente troppo forte e mi farebbe mentire di nuovo. Vi prego di comprendere queste mie parole, che so, posso immaginare, vi addoloreranno molto. Prendo atto di cosa avete passato per me e per convincere non solo voi stesso, ma il resto del mondo che scruta sempre con un occhio più impertinente, crudele e giudizioso di quanto dovrebbe, le ragioni del cuore, in questo caso il vostro. Il mio dolore mentre scrivo è immenso.
    Non spero di certo che possiate perdonarmi, vi conosco da troppo tempo per sapere che il vostro orgoglio creerà una barriera, d’ora in poi insormontabile per me, e preferirei di certo il vostro disprezzo al vostro compatimento.
    Con questa lettera desideravo solo poter liberare tutti i miei amari sentimenti e non le scuse, bensì la verità, che credo almeno di dovervi. Vi ringrazio per tutto, amico mio.
    Addio,
             Violet Shelley

    Elizabeth era rimasta allibita dal fatto che la rabbia di Matthew fosse stata provocata da una lettera, che anche lei in realtà, aveva trovato a dir poco sconvolgente. Sapeva che la signorina Shelley era una ragazza a modo, molto graziosa e sensibile e stentava a credere che proprio lei avesse scritto cose di simile peso. Ancora di più non riusciva a credere che suo figlio Percival, che aveva sempre visto come un ragazzo spensierato come lei, avesse l’intenzione di chiederla in sposa - lui aveva compiuto da poco diciotto anni e la signorina Shelley era ancora una dolce sedicenne - e che soffrisse così tanto per un rifiuto, da non poter tornare a casa. Poi ricordò l’amarezza che aveva costernato la lettera che suo marito le aveva lasciato a Rosings molti anni prima e si rese conto che, da quel punto di vista, era il ritratto del padre.
    Il figlio la guardava però con un’espressione da farle paura, perché sembrava che il peggio non fosse ancora arrivato. Chiuse la lettera e si preparò a ricevere la peggiore delle notizie.
    “E’ scappata.”
    “Santo cielo…”
    “Lasciatemi finire. E’ scappata dai suoi sentimenti per un uomo che non ama e che non la renderebbe felice nemmeno con tutto il suo patrimonio! Ed inoltre non ha dato spiegazioni nemmeno ai suoi amici. Se n’è andata, ha fatto le valigie per …shire con la sua famiglia e nessuno li ha più visti. Sono anche stato a casa sua, ma non mi hanno permesso di vederla. A me, che sono un suo caro amico d’infanzia! Dovevi vedere Percival, madre. Era così triste che la zia Gardiner si augurava che non morisse di crepacuore.”
    “Era la dote di tuo fratello il problema? Hanno litigato?”
    “No! No. In realtà, credo che avesse fatto il doppio gioco da un po’. Non dico da quando ci siamo conosciuti più di sette anni fa, ma immagino ci abbia pensato bene.”
    “Le accuse che lanci sono molto gravi.”
    Fece una pausa per dare nuova lettura alla lettera. Alcuni passaggi erano così colmi di tristezza che stava cominciando a capire la rabbia di suo figlio, non per Violet, ma per chi l’aveva indotta a rinunciare ad un simile matrimonio preferendo un altro. Eppure da ogni punto di vista - rispettabilità, posizione, vantaggio economico - era un ottimo matrimonio, seppur non era riuscita a conquistare il primogenito dei Darcy.
    “Per chi?”
    “Per un certo pavone imbellettato di Londra che è stato nominato Sir dalla regina non più di tre o quattro mesi fa.”
    “Ah, sì. Sir Harris, ne ho sentito parlare.”
    “Anch’io e l’ho persino conosciuto. L’uomo meno gradevole che conosca.”
    “Più del il signor Collins?” la buttò sull’ironico Elizabeth.
    “Lui passa in secondo piano, a confronto. E’ un pomposo buffone, mentre Sir Harris è proprio sgradevole di carattere e modi, e non lo dico per Violet. E’ l’impressione che mi ha fatto, se non fin da subito, in meno di un’ora e parlargli più e più volte in diverse occasioni per  ragioni di decoro è stata per me una gran tortura, credetemi.”
    “Ti crederò, se mi spiegherai cos’è successo esattamente a Percival.”
    “Io… Io non lo so. Quella lettera, il suo atteggiamento, tutto era cambiato. Lui si è chiuso, diventando freddo con me e so che non mi ha mai raccontato tutta la verità.”
    “Questa lettera oltre che ad essere dolorosa, sembrerebbe essere stata scritta in maniera forzata.”
    “Sembra anche a voi? Anch’io e Percival eravamo arrivati a questa conclusione e abbiamo provato a fare delle ricerche all’inizio. E sai cosa? Quell’uomo li ha portati tutti dalla sua parte, i fratelli Wighton e il signor Moore e chiunque altro potesse essere amico. Tutti. Ci hanno ostacolato in tutti i modi, ti assicuro e i Wighton hanno anche gravemente insultato mio fratello, definendolo un arrogante ed uno spocchioso, perché si riteneva più altolocato di loro e un traditore per aver svelato alcune loro scappatelle. Ti garantisco che quando lo abbiamo scoperto noi dalla loro bocca, ci siamo sentiti molto peggio di loro. Erano definiti da Percival tra la cerchia di amici avesse a Londra. Hanno continuato ad infangare il nostro nome per tutto il palazzo del signor …, che come ben sai è piuttosto importante, ma tutte le voci vennero smentite da papà, anche se non capiva il perché tanto risentimento nei nostri confronti. Percy non gli aveva rivelato completamente le sue intenzioni con Violet e io avevo giurato che finché non avessimo avuto un’argomentazione decente fra le mani, non avrei aperto bocca con lui. Non desideravo dargli dispiaceri. Oh, madre, credevo ci fossimo scelti degli amici migliori!”
    “Ho anch’io avuto modo di avere simili dispiaceri, figlio mio. E’ triste, ma bisogna imparare a convivere con la doppiezza delle persone o con le ragioni che le spingono a fare certe cose. E dimmi, alla fine l’avete trovato il motivo del rifiuto di Violet?”
    “No, purtroppo. Quando siamo riusciti a parlare con il signor Shelley è stato chiaro nel volerci mandare via e a non voler più l’unione di sua figlia con lui. Non ha dato giustificazioni abbastanza valide - parlava di misera dote per lei e di stupide accuse sul comportamento di lui - e noi avevamo insistito nel voler sapere la verità, ma ci ha letteralmente mandati via. C’è qualcosa di strano sotto.”
    “C’è di sicuro, ma non so se Percy ha i mezzi per scoprirlo, così come tutti noi. Se il motivo è conosciuto solo a Violet e alla sua famiglia, è difficile che lui riesca a scoprire qualcosa.”
    “Dopo quella conversazione ha trovato la lettera e l’ha letta. In tutta la mia vita non ricordo di averlo mai visto piangere così tanto, né di essere mai stato così in collera con qualcuno, madre. Era una fortuna che tu non ci fossi, ma allo stesso tempo forse sarebbe stato meglio che fossi stata al suo fianco. L’ho costretto a rimanere a casa e al massimo di andare dagli zii a Gracechurch Street per un paio di giorni, ma non si placò così facilmente. I fratelli Wighton hanno continuato ad inondarci di insulti e scortesie ogni volta che ci incontravamo e, ti confesso, una volta siamo venuti alle mani.”
    “Buon Dio! Tutto questo per una ragazza?”
    “Non per una ragazza, per onore e per orgoglio. C’è sotto qualcosa mamma, ma non so che cosa. E’ questo che mi turba e mi fa sentire così in pena! Il non sapere come agire e il non essere riuscito a proteggere mio fratello da quelle malevolenze dei Wighton.”
    “Non ti viene nemmeno un’idea con quale pretesto sparlassero di Percival, se non quelli elencati?”
    “Nessun altro.”
    “E’ così, Percival è andato ai Laghi a sfogare il suo dolore.”
    “Suppongo di sì. Un bagno o due forse lo faranno stare meglio, ma ho chiesto agli zii di avere un occhio di riguardo.”
    “I cugini Julian e Laurence, sono andati anche loro ai Laghi?”
    “Sì. Loro sono veramente provvidenziali.”
    “Come mai un tale elogio?”
    “Hanno aiutato gli zii a smentire le cattive voci che giravano in città su di noi. Ci sarebbe davvero dispiaciuto che papà perdesse credito per delle ragioni futili come l’invidia. Però all’interno i rapporti si stanno incrinando un po’, se non con Percival, con me. Dice che ho fatto male a non aver voluto raccontargli nulla di quel che era successo da quando ci aveva lasciati da soli a casa dei Wighton e che quindi ero in parte responsabile dell’infelicità di mio fratello. Non so se l’hai notato ma ha sempre una faccia parecchio contrariata quando mi guarda e con me parla poco.  E’ a dir poco una situazione penosa, per non dire peggio.”
    Elizabeth guardava suo figlio così abbattuto e non poté non condividere il suo dolore, però lo rassicurò sui rapporti col padre, che in qualche modo si sarebbero sicuramente ristabiliti. Sapeva che se lo trattava così era per correggere la presunzione dovuta al desiderio di proteggere la sua famiglia dall’infamia e non per un qualche risentimento nei suoi confronti. Ne era certa, conosceva bene suo marito. Queste parole furono di grande conforto a Matthew, che riprese il suo racconto.
    “Comunque ci sono stati molto vicini, sai, i cugini Gardiner, così come i signori Harvey e Adams. Sono felice che io e Percy condividiamo la maggior parte dei cari amici di Londra, anche se non capisco perché certi se la siano presa solo con lui.”
    “Probabilmente la sua proposta era scomoda a qualcuno di più potente. Ho sempre visto in Percy una predilezione per Violet, mi auguravo che la chiedesse in sposa (certo, non così presto forse), perché né io né tuo padre abbiamo nulla da obiettare nei suoi confronti. Non capisco perché nessun altro ci fosse mai arrivato e tuttavia vedo che la situazione è più misteriosa e complessa per essere solo questa la ragione di tale subbuglio.”
    “Troppo complicata, forse. Ormai dubito che si rivedranno ancora. E se accadrà, lei sarà una donna sposata.”
    “Semmai dovesse accadere, auguriamoci che la passione di lui sia sopita e le ragioni di lei più valide di quelle espresse da chiunque altro. Il dolore provocato è stato grande su molti fronti.”
    “Avete capito alla perfezione.”
    Al termine della loro conversazione rimasero in silenzio e Elizabeth consolò dolcemente Matthew raccontandogli piccoli aneddoti che lo fecero sorridere, ma non quanto lei sperasse. Immaginò che ciò che le avesse raccontato fosse sì la verità, ma che avesse di proposito trascurato qualcosa. D’altro canto, lui si sarebbe rifiutato di raccontarle tutte le cattiverie dette contro di lei da gente che già conosceva, ragion per cui non desiderava rientrare nel salotto quando il signor Bingley li trovò in biblioteca. Si scusò del disturbo, prese il volume di botanica e si ritirò in camera sua dicendo di avere un forte mal di testa, lasciando la madre e lo zio perplessi.

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    Nota autrice:
Salve a tutti. Uhm, in questo capitolo trovate una visione completa delle famiglie Darcy e Bingley.
Lo so, lo so... Il cognome Hamilton sembra quello del tipo di Formula1? MotoGP? Ma non potevo farne a meno... Secondo me, stava bene a Caroline.
xP In realtà, non ho ancora bene capito come funziona la differenza tra Lady, Marchesa, Duchessa, ecc...per cui farò una ricerca più approfondita, ma non le cambierò il grado, signor no. (mi sta antipatica, se non si fosse capito ù3u )
Ma parliamo della famiglia Bingley! (la parte piacevole s'intende). I nostri cari Charles e Jane hanno cinque figli: Alice, la primogenita di circa vent'anni e a seguito Aaron, primo figlio maschio, Meredith e i più piccoli Lyanna e William.
Ho inoltre accennato alla famiglia Gardiner (che personalmente adoro!), di cui due figli maschi, Julian e Laurence, di ventisette e ventiquattro anni.
Così giusto per chiarirvi un po' le idee.

Al prossimo capitolo e grazie ancora per aver letto
   
 
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