4)Meg
Arrivare
a casa dopo una
bella serata di solito è triste, ma se vivi con la persona
che te l’ha regalata
questo sentimento scompare.
Io e Benji arriviamo a
casa nostra, io salgo a piedi nudi, lui ridacchia come un demente,
abbiamo
urlato frasi senza senso a tutti i passanti che ci capitavano a tiro.
Fuggivano tutti
terrorizzati, ovviamente, vista la stazza del mio
“amico”. Estraggo le chiavi
ed entriamo nel salotto.
Io mi appoggio alla porta
e lui si avvicina a me, ha uno sguardo strano, serio. Senza dirmi
nulla, mi dà
un bacio delicato sulla bocca, non prova nemmeno ad approfondirlo.
Io lo guardo e – seguendo
il mio istinto – lo attiro a me e lo bacio sempre con
dolcezza, ma
approfondendo, lui rimane e lei sue mani mi stringono più
forte sui fianchi.
Ci stacchiamo solo quando
non abbiamo più fiato, rimaniamo comunque vicini, io abbasso
il volto, lui me
lo rialza gentilmente.
“È dalla prima volta che
ti ho visto che volevo farlo.”
Io sorrido.
“Mi piaci molto.”
“Anche tu, Match.”
Mi accarezza il volto e mi
sposta una ciocca.
“E adesso?”
“Adesso, cosa?”
“Mi butti fuori?”
“No di certo!”
Gli prendo una mano tra le
mie.
“Ti va se dormiamo
insieme?
Senza fare niente, così.”
Lui mi guarda per un
attimo e poi annuisce.
“Non mi era mai capitato
prima, di solito io cerco ragazze solo per fare sesso.
Tu sei diversa, non so
perché, lo sei e basta.”
Io lo guardo piacevolmente
sorpresa.
“Che bella frase! È la
prima volta che me la sento dire.”
Mano nella mano ci avviamo
nella mia camera da letto, dotata di un comodo letto matrimoniale, ci
spogliamo
e ci mettiamo sotto le coperte.
A Londra fa freddo e ci
abbracciamo stretti stretti, lui emana un calore piacevole.
“Sei fredda!”
Esclama lui,
massaggiandomi la schiena.
“Lo so. Forse non mi sono
ancora abituata al clima.”
“Uhm, una vera inglese si
abitua subito!”
Dice lui scherzando e io
rido con lui.
“Forse puoi aiutarmi a
farmi ambientare, che ne dici?”
“Che è una proposta molto
interessante.”
Mi risponde sbadigliando e
poi seppellendo la faccia nel collo, tra i miei capelli sciolti.
“Che buon odore!”
“Merito dello shampoo
naturale che uso io.”
Lo sento annuire, poco
dopo il suo respiro si fa pesante: si è addormentato.
E così ho una specie di
ragazzo, ho il cuore che mi scoppia dalla felicità,
finalmente sento che la mia
vita sta andando avanti in qualche modo lontana da Hao.
Ce la sto facendo,
lentamente, ma ce la faccio.
Sono orgogliosa di me
stessa.
Mi addormento così,
positiva.
Mi risveglio tra le sue
braccia e noto che sta sorridendo, con gentilezza lo scuoto e gli
indico l’ora,
siamo quasi in ritardo per il lavoro.
Lui sobbalza, mi dà un
bacio e insieme corriamo a prepararci, rinunciando alla colazione, e
poi ci
infiliamo in macchina.
Lo scarico davanti al suo
negozio, dopo averlo baciato, infine mi reco alla casa editrice senza
fiato.
Mi sono appena seduta alla
scrivania che il mio cellulare vibra,
“Buongiorno,
piccola.
Ti
va se ci vediamo a pranzo? Decidi tu il posto.
Ti
amo.”
Io
sorrido e digito rapida
una risposta prima di mettermi al lavoro.
“Ciao,
Benji!
Sì,
va bene. Non vedo l’ora che sia ora di pranzo.
Ops,
ho fatto un casino con le parole.
Potremmo
andare dove siamo andati ieri, che ne dici?
Ti
amo anche io”
La
risposta arriva subito
dopo.
“Va
benissimo.
A
dopo <3!”
“A
dopo <3 <3!”
Mi
metto al lavoro sorridendo,
particolare che non sfugge alle mie colleghe, che così
possono ricamare ancora
un po’ sul mio fidanzato.
Che lo facciano pure, io
non ho intenzione di dire una parola su Benji prima che le cose si
siano fatte
più stabili.
La mattina trascorre
tranquilla, traduco quello che serve, lo passo a chi si occupa di
metterlo nei
balloon e penso che la mia vita stia prendendo una bella piega.
A mezzogiorno e mezza
scatta la pausa pranzo e io – ancora una volta – me
ne vado via da sola,
rifiutando cortesemente l’invito delle colleghe.
Salto in macchina e Benji
non è fuori dal tatuatore, così entro in negozio.
Anneliese mi sorride e i mi
siedo su un divanetto davanti al bancone.
“Aspetti Benji?”
“Sì, come la sta cavando?”
“Bene, Maxi è
soddisfatto.”
“Sono contenta.”
Lei mi guarda attenta.
“Oh, ma qui c’è sotto
qualcosa!
Tu sei la ragazza di
Benji.”
Io arrossisco.
“Beh, c’è qualcosa, ma non
abbiamo ancora deciso i termini.”
Lei sorride.
“Ti auguro buona fortuna,
lui è un bravo ragazzo!”
“Lo è, spero che mi vada bene
per una volta.”
Poco dopo esce Benji
accompagnato da Maxi, si illumina quando mi vede.
“Ciao, scusa per il
ritardo, ma una seduta si è rivelata più lunga
del previsto.”
“Non ti preoccupare.”
“Posso andare adesso,
Maxi?”
Lui annuisce.
“Certo, a dopo Ben, ciao
Mathilda.”
Io e Benji usciamo mano
nella mano, è stato lui a prendermela e il gesto mi ha fatto
un immenso
piacere.
“Scusa per il ritardo.”
“Ti sei già scusato, non
mi sono arrabbiata comunque, so quanto vale per te il tuo
lavoro.”
“Grazie, penso che
Anneliese mi bombarderà di domande.”
“Anche le mie colleghe lo
faranno.”
Rimaniamo un attimo in
silenzio.
“Cosa diremo loro? Non
abbiamo ancora definito cosa siamo.”
“Io dirò a Anneliese che
tu sei la mia ragazza, se per te va bene.”
Io mi illumino letteralmente
e gli salto in braccio.
“Va benissimo.”
Lui sorride e mi porta in
braccio fino alla macchina.
Mi depone e io entro dalla
parte del guidatore, lui non ha la patente, e metto in moto, lui si
allaccia la
cintura e partiamo.
Andiamo al nostro solito bar
e ordiniamo due panini.
“Anneliese mi ha detto che
Maxi è molto soddisfatto di te.”
Lui sorride.
“Beh, sono felice. Nessuno
è mai stato soddisfatti di me prima di allora,
all’istituto ero la pecora
nera.”
“Ti capisco, prima di
incontrare Kanna e Mari mi sentivo allo stesso modo, anche adesso ogni
tanto mi
sento così. Mi mancano i miei genitori, ogni tanto li sogno.
Sogno di quando
vivevamo al nostro villaggio e mia madre preparava i muffins alla
mattina
presto o quando mio padre mi spingeva sull’altalena del
nostro giardino.
Tutto andato, perso e
distrutto oramai.”
Dico amara.
“Io i miei manco me li
ricordo. Ho una loro foto che tengo nel portafoglio, ma non ho nessun
ricordo.
I miei ricordi partono tutti da quella merda di orfanotrofio in cui mi
hanno sbattuto.
Ci credi che nessuno dei
miei parenti voleva prendersi cura di me?”
“Oh, ci credo. Nemmeno i
miei parenti si sono voluti prendere cura di me.”
Lui dà un morso al suo
panino.
“E tu cosa hai fatto?”
Io alzo le spalle.
“Una notte sono scappata dall’istituto
e sono tornata a casa mia, fortunatamente per me c’era in
giro una vecchia e mi
ha preso sotto la sua protezione.
Abitava nel bosco, non
aveva parenti, si faceva viva solo per la spesa e la pensione, era una
strega
anche lei e mi ha insegnato quello che sapeva.
Poi è morta anche lei e mi
ha trovato Hao, forse sarebbe stato meglio se mi avessero ritrovato i
servizi
sociali.”
“Non lo so. Sono brutte
cose tutte e due.”
Io annuisco, lui mi
stringe la mano.
“Almeno sappiamo cosa
significa essere non voluti e possiamo capire i problemi
dell’altro.”
“Magra consolazione!”
Esclamo io finendo il mio
panino.
“No, beh, è importante.”
“In un certo senso ha
ragione, ma è comunque triste.”
Lui mi guarda negli occhi.
“Ma ce la faremo.”
Io sorrido.
“Giusto, ce la faremo.”
La
prima settimana da
conviventi passa senza problemi.
Lui dissemina la casa di
piccole attenzioni per me e io
faccio lo
stesso, ci andiamo cauti, tutti e due abbiamo un po’ paura.
Forse lui ne ha più
di me, i ragazzi di quell’età di solito vogliono
solo scopare e forse lui ha
paura di una storia seria che implichi sentimenti.
Per me è più o meno lo
stesso, ho paura di lasciarmi andare e non sono un’esperta di
relazioni, per
fortuna ci sono Kanna e Mari. Mi tengo in contatto con loro e
soprattutto Kanna
– essendo la più grande – mi
dà qualche consiglio.
Forse però ce la stiamo
cavando bene perché non ci sono stati litigi e tutto sembra
filare liscio.
Speriamo che duri.
Ormai è sabato pomeriggio,
stasera potremmo uscire a fare un giro.
“Senti, Benji, cosa ne
dici se torniamo in quel locale dove ci siamo conosciuti?”
“Uhm, sì. Perché no?
Mi hanno detto che la band
che si esibisce stasera è brava.”
“Perfetto, allora è
andata!”
Lui annuisce.
Io preparo la cena,
mangiamo tranquillamente e poi ci prepariamo. Lui si veste come la
prima volta
che l’ho visto, io metto un paio di pantaloni pieni di
cerniere, una maglia
nera con un teschio e una felpa senza maniche, anfibi e il mio chiodo
di pelle
nera.
“Stai bene così, non te le
metti mai le gonne?”
Chiede ridendo.
“No, sono un po’ a
disagio, ma magari
posso provare a
vincerlo.”
“Sarebbe bello, ma magari
un’altra volta. Adesso dobbiamo andare!”
Io alzo le braccia verso
l’alto.
“Giusto! Ci aspetta una
notte di divertimento.”
Lui mi sorride e io chiudo
la porta di casa, poco dopo sto guidando al locale cantando una canzone
dei
blink, lui si mette a cantare con me.
Parcheggio e scendiamo
mano nella mano, il locale è molto affollato quindi la band
deve essere
effettivamente brava.
Entriamo a malapena e ci buttiamo
subito in pista, nel pogo vengo separata da Benjamin e lo cerco. Lo
trovo con
una tizia con una cresta appiccicata addosso, cosa diavolo vuole dal
mio
ragazzo quella?
Riesco ad arrivare vicino
a lui e mi piazzo tra lui e la ragazza.
“Benji è già impegnato,
gira al largo!”
Lei scoppia a ridere.
“Benji non è impegnato,
Benji è mio e lo sarà sempre, tu sei solo una
stupida parentesi!”
Detto questo se ne va
ridendo, io rimango di ghiaccio.
“Cosa significa?”
Mi volto verso il mio
ragazzo, ma lui abbassa gli occhi, io sgrano i miei – come un
cervo davanti
alla macchina che lo investirà – e poi giro i
tacchi ed esco dal locale.
Non me ne frega niente
della macchina, mi metto a correre lontano da quel posto ed entro nel
primo
locale che trovo. Vado spedita verso il bancone e ordino un bicchiere
di vodka
e poi un altro e un altro ancora.
Alla fine ne bevo troppi e
mi ritrovo a barcollare, perciò mi siedo su uno degli
sgabelli e chiedo ancora
alcool.
“Non glielo serva.”
Ordina una voce dietro di
me: Benji.
“Cosa ci fai qui? Vai da
quella con la cresta e non rompere il cazzo, tanto sei suo, no?
Un’altra vodka!”
Il barista me la serve e
Benji me la toglie dalle mani.
“Smettila di rompere il
cazzo, ridammi da bere e togliti dalle palle e dalla mia vita!
Avresti dovuto dirmi che
eri impegnato!”
Bevo la mia vodka ed esco
dal locale, lui mi segue.
“Match..”
“Mathilda!”
Lo correggo tagliente.
“Mathilda lasciami
spiegare!”
“La tua amica è stata
abbastanza chiara, adesso voglio solo andare a casa, domani fa sparire
la tua
roba!”
“Mathilda, un tentativo di
spiegare me lo devi!”
“Vaffanculo!”
Gli urlo a mo’ di
risposta.
Raggiungo a piedi il mio
appartamento e mi butto a letto non prima di aver bevuto due aspirine,
domani
mattina mi eviteranno un bel mal di testa.
Mi addormento subito, alle
nove, con la verve di un cadavere mi trascino in bagno e poi in
cucina,dove
trovo Benji, ha le occhiaie quindi non ha dormito.
Chi se ne frega!
Gli passo accanto
indifferente, lui però mi afferra per un polso e mi fa
sedere in braccio a lui.
“Cosa vuoi?
Ti sei già preso quello
che volevi.”
“No.”
“Cosa vuoi? Buttarmi fuori
casa e venirci a vivere con la tua troia!”
“Non è la mia troia!”
Io sbuffo.
“Smettila con le bugie!
Hai tenuto il piede in due scarpe e hai sfruttato me per avere una
casa. Bravo,
ci sei riuscito!
Adesso mollami!”
Lui non accenna a farlo.
“Ti prego, lasciamo almeno
provare a spiegare, ti prego.”
Io sospiro e mi massaggio
le tempie, da una parte vorrei ascoltarlo, dall’altra una
voce maligna mi dice
che perderei il mio tempo facendolo.
“Va bene, fallo se devi,
ma sbrigati.”
“La tizia, che si chiama
Meg, non è la mia ragazza. Lei crede di esserlo
perché l’ho scopata un paio di
volte quando ero in istituto, ma poi gliel’ho detto che era
finita.
Te lo giuro che gliel’ho detto,
è lei che non vuole capire.
Non mi interessa nulla di
Meg, sono venuto a cercare te e non sono rimasto con lei e ti giuro che
non sto
facendo tutto questo per la casa.
Avrei potuto chiedere
ospitalità a qualcun altro, non ti sto sfruttando.
Quando ti ho detto che ti
amavo non scherzavo, sei la prima ragazza che mi fa questo effetto.
Sei la prima per cui metto
da parte il sesso e mi godo la compagnia e non potrei vivere senza le
tue facce
buffe o i tuoi commenti sempre un po’ acidi.
Ti prego, Match, dammi
un’altra possibilità.”
“Come faccio a fidarmi?”
Lui mi guarda fisso
negli occhi e io mi perdo in quei
dannatissimi occhi scuri, che sono sinceri come non mai. Ho visto
più volte la
menzogna all’opera, ma mai tanta purezza d’animo.
Abbaglia così tanto da
farti rimanere cieco.
In fondo con Hao non ho
sperimentato solo che bugie perché non provare a dare una
possibilità alla
verità e a questo ragazzo?
“Non c’è un modo per farti
fidare di me, deve venire da te.”
Io rimango in silenzio.
“Voglio crederti…
Io… Io … Mi hai resa
debole con la storia dell’amore e della fiducia, anche se
sono ancora
arrabbiata perché quella tizia ti stava parlando, non posso
fare a meno di te.
Mi fido, tu non la
cercherai più e se te la troverai
davanti…”
“La caccerò via, te lo giuro.“
Mi abbraccia e io
seppellisco la mia testa nell’incavo della sua spalla,
mettendomi
improvvisamente a piangere, probabilmente per sfogare la tensione.
Lui mi stringe di più e mi
sussurra che andrà tutto bene, che non succederà
più nulla di simile, che non
vuole perdermi.
Il fatto che qualcuno non
voglia perdermi è destabilizzante, io sono sempre stata una
pedina senza
valore, sacrificabile senza troppi rimorsi di coscienza.
Il campanello suona
all’improvviso, andiamo tutti e due ad aprire e ci troviamo
Meg con tutta la
sua merda.
“Beh, visto che il mio
ragazzo vive qui devo seguirlo.”
La sua faccia mentre Benji
le chiude la porta in faccia è qualcosa di impagabile.
“Non sono più il tuo
ragazzo! Sono secoli che te lo sto dicendo e siccome adesso ho davvero
una
ragazza che mi ama,
vattene!
Non ti voglio più vedere,
Meg!”
Dall’altra parte della
porta si sentono solo insulti, chissà cosa si aspettava?
Che le aprissi la porta e
le stendessi il tappeto rosso?
Non sono mai stata quel
genere di ragazza, preferisco conservare i tappeti rossi e le premure
per chi
se li merita.
“Pensi che si farà viva
ancora?”
Chiedo a Benji.
“Forse con me, ma non
credo che verrà ancora a bussare a questa porta.”
“Meglio o le avrei
cambiato i connotati.”
Ringhio minacciosa, sottovoce, lui
ride.
“Tranquilla. Adesso ci
occupiamo del tuo post sbronza e della colazione.”
Mangiamo insieme i nostri
cereali e poi lui mi dà un’aspirina, secondo lui
fa miracoli e io decido di
fidarmi.
Sono circa le sette e
mezza di mattina di una piovosa domenica londinese, è un
orario assurdo, uno di
quelli che si devono passare a letto.
Sbadigliando, prendo Benji
per mano e lo trascino in camera mia, dove ha sempre dormito da quando
ci siamo
messi insieme.
“Io ho sonno e penso che
sia completamente folle stare in piedi alle sette e mezza del mattino
di
domenica, cosa ne dici se ci facciamo una dormitina in attesa che
arrivi un
orario più civile?
Lui sorride.
“Dico che è una buonissima
idea.”
Ci infiliamo sotto le
coperte e la sua presa è particolarmente salda.
“Mi è mancato tanto
stringere questo corpicino.”
Sussurra lui, mezzo addormentato.
“Benji, ti amo.”
“Anche io.”
Risponde lui sorridendo.
Questo sì che è
un bel modo per salutare le sette e mezza
di mattina domenicali.