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Autore: rolly too    28/04/2008    5 recensioni
[Partecipante al Storie Edite Contest indetto da Mokochan]
Il Villaggio della Sabbia sta attraversando una situazione critica; Gaara è stato deposto e condannato a morte, e il nuovo Kazekage sta trascinando Suna verso la rovina con una guerra contro Konoha.
Mentre Kankuro dovrà chiedere aiuto a Konoha, Temari e Shikamaru cercheranno di salvare Gaara...
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Shikamaru Nara, Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Eccomi con il nuovo capitolo! Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo, e rispondo a lilithkyubi che mi ha chiesto se apparirà Matsuri. No, non ci sarà, perchè ho deciso di incentrare questa fic esclusivamente sulla coppia Shikamaru/Temari, senza altri pairing, per potermi anche concentrare meglio sul tema fondamentale, che è sempre e comunque il rapporto di Temari con la famiglia. Detto questo, vi lascio al capitolo!

 

Temari fissò con evidente disapprovazione Shikamaru, che dormiva beatamente in un angolo della stanza.
Da quando erano tornati al rifugio, lei non era riuscita a chiudere occhio. Il ricordo del volto pallido di Gaara le tornava in mente ogni volta che cercava di addormentarsi, causandole una forte fitta allo stomaco, così, alla fine, aveva deciso di rinunciare.
Ma ascoltare il respiro un po’ pesante del ninja di Konoha le dava fastidio. Avrebbe voluto svegliarlo, e gridargli che non c’era motivo di essere così tranquilli, ma sapeva che sarebbe stato stupido e alquanto infantile.
Non erano suoi i fratelli che rischiavano la pelle. Cosa poteva importargli se uno dei due era lontano chilometri, ed un altro era stato torturato?
Si alzò, ed iniziò e camminare avanti e indietro per la stanza. Non poteva certo fargliene una colpa, dopotutto lui si stava già impegnando molto per aiutarla...
“Stai un po’ ferma, Mendekouze, mi fai venire il mal di testa...” la voce svogliata del giovane le giunse come uno schiaffo. Si voltò velocemente verso di lui, che si era tirato a sedere e la fissava stancamente.
“Cerca di startene tranquilla, e prova a dormire, invece che agitarti tanto.” la rimproverò con un sorriso appena accennato.
Sapeva perfettamente che non era stata in grado di chiudere occhio per tutto il tempo, e che era rimasta a rimuginare sulla sorte dei suoi fratelli, sentendosi in colpa per ciò che stava accadendo.

Si alzò e le si avvicinò. Le posò una mano sulla spalla, e lei chinò lo sguardo.
“Dai, Mendekouze. Sforzati di dormire almeno un po’. Io adesso vado al villaggio, cerco di capire dove sia l’entrata di quel carcere. Mi è venuta un’idea. Tu nel frattempo riposa. Pensa che Kankuro è forte come un toro, e Gaara, anche se forse non sta proprio bene, è vivo.” Le portò due dita sotto il mento e le sollevò dolcemente il capo, in modo da poter incrociare il suo sguardo. Gli occhi le brillavano, lucidi di lacrime che, Shikamaru lo sapeva benissimo, non avrebbe mai versato.
Le spostò una ciocca di capelli ricci da davanti al volto, e le indicò il futon.
“Forza.” la incoraggiò. “Se non dormi, voglio proprio vedere come farai ad aiutarmi. Dobbiamo salvare Gaara, ricordi?” lei annuì, cercando di sorridere. Non ci riuscì, ma acconsentì comunque a sdraiarsi, senza dire una parola.
Aveva un nodo alla gola che le impediva di parlare, a meno di non far risultare la sua voce estremamente fioca e tremula, così rimase zitta quando il ragazzo aprì la botola e sparì nella luce accecante del deserto.

Shikamaru si diresse a passo spedito verso il Villaggio, con una nuova determinazione in corpo. No, quella Temari non gli piaceva neppure un po’. Era deciso più che mai, e, per una volta, decise che alla fine, forse, era una gran seccatura, ma che se serviva a riavere indietro quella ragazza prepotente e orgogliosa che aveva incontrato agli esami di selezione dei chunin, ne valeva la pena.
Aveva smesso già da un pezzo di cercare di convincersi di non provare nulla per la kunoichi. Mentre la osservava, fingendo di dormire, si era accorto che stare insieme a lei gli provocava una strana sensazione di sfarfallio nello stomaco. Si sentiva bene accanto a lei, felice. E con un cervello come il suo, non poteva non capire cosa fosse accaduto.
Temari aveva semplicemente preso il sopravvento nella sua mente, ed era diventata la destinataria di tutte le sue attenzioni.
Si concesse di fantasticare sulla ragazza fino all’entrata del Villaggio, quando una guardia lo fermò, esattamente come il giorno prima. Lo fissò per qualche istante.
“Chi sei e che vieni a fare a Suna?”
“Devo vedere il Kazekage.” rispose il giovane, impassibile. “E sono già in ritardo.” aggiunse con tono eloquente. La guardia si fece da parte senza fiatare. Non sembrava del tutto convinto, ma non indagò oltre. Shikamaru rifletté che, probabilmente, nel dubbio, era meglio scegliere la soluzione che l’avesse tenuto ben lontano dal nuovo Kazekage e dalle sue punizioni.
Una volta entrato al Villaggio, si fermò a respirare l’aria che profumava di sabbia.
Quanto era cambiato da quando Gaara era stato deposto... Per un po’, prima di quella guerra, aveva dovuto fare la spola tra Suna e Konoha per organizzare gli esami di selezione dei chunin.
Allora Suna era un luogo pacifico, con i bambini che giocavano in strada, i venditori ambulanti che lo fermavano per offrirgli le loro mercanzie e un forte profumo dolce nell’aria.
Ora, invece, nelle strade deserte si avvertiva soltanto l’odore metallico del sangue, che contribuiva a rendere estremamente temibile quel nuovo governatore che nessuno aveva mai visto.
Era stato un colpo di Stato piuttosto abile, che non aveva scatenato rivolte del popolo e che era passato praticamente inosservato. Tuttavia, Shikamaru era convinto che nessuno, al Villaggio, non avesse notato che pochi giorni prima delle deposizione di Gaara, molti dei consiglieri erano scomparsi nel nulla, e che erano stati proprio i nuovi arrivati a proporre il suo allontanamento dalla carica di Kazekage.
Ed ora, quel ninja che aveva terrorizzato tutti, solo pochi anni prima, all’esame di selezione dei chunin, non poteva più far paura a nessuno.
Era un prigioniero come tanti, che attendeva pazientemente il momento della sua esecuzione sopportando torture, sete e fame.

Si fermò quando giunse davanti alla casa dei tre fratelli della Sabbia.
Era evidente che il Kazekage l’aveva fatta perquisire; tutto era sottosopra, e la porta giaceva abbandonata in angolo della strada.
Diede le spalle all’abitazione e vide, in lontananza, ciò che stava cercando.
Lungo il perimetro del Villaggio, nelle rocce che fungevano da confine, aveva notato, mesi prima, una piccola porta scura. Si mimetizzava quasi perfettamente con l’ambiente, ma ad un occhio attento come quello del ragazzo non era sfuggita.
In linea d’aria era perfettamente allineata con il carcere, e la sera prima gli era venuto il sospetto che fosse proprio quello l’accesso dell’edificio.
Dopotutto, era una delle strade meno affollate di Suna, e non sarebbe stato difficile trascinarvi un prigioniero senza farsi notare.
Forse era proprio per aumentare la sensazione che fosse solo una porta messa lì a caso, ma non c’era nessuna guardia all’esterno, cosa di cui Shikamaru fu estremamente grato. Certo era una seccatura in meno, ma il problema era che non aveva idea di quello che avrebbe trovato all’interno.
Nella migliore delle ipotesi, sentinelle e carcerieri. Nella peggiore, avrebbero dovuto affrontare una delle Squadre Speciali del Villaggio.
Rimase fermo lì davanti a lungo, indeciso sul da farsi. Per scoprire se la sua ipotesi era vera, l’unico modo era entrare. Ma quanto sarebbe stato prudente? Non era stato lui stesso, dopotutto, ad affermare che non sarebbero mai dovuti arrivare ad uno scontro? Si sentiva estremamente combattuto. Una parte di lui era ancora recalcitrante all’idea di aiutare Temari e sfidare apertamente il nuovo Kazekage, e tutto ciò implicava che ritenesse anche decisamente fuori luogo penetrare in quella che era a tutti gli effetti una fortezza, da solo, con soltanto tre tecniche a sua disposizione e il fisico ancora molto provato dall’esplosione che l’aveva ferito e dalla febbre, che non era certo gli fosse passata del tutto.
Eppure, era perfettamente consapevole che trascinare anche Temari lì dentro sarebbe equivalso a consegnarla alla giustizia; c’erano tantissime possibilità che venisse catturata, e cosa le avrebbero fatto, una volta scoperto che aveva abbandonato abusivamente il Villaggio ed aveva tramato alle spalle del Kazekage con la complicità di un nemico?
Si sedette e congiunse le mani nel suo gesto abituale.
Cercò di concentrarsi il più possibile, ma, con suo grande disappunto, scoprì che era un’operazione che gli riusciva impossibile. Le immagini che si susseguivano nella sua mente certo non lo stavano aiutando a prendere una decisione razionale e ponderata.
Temari accoccolata in un angolo che piangeva; Temari che radeva al suolo un’intera foresta con un colpo solo, Temari che scendeva nell’arena sul suo grande ventaglio.
Temari, che seccatura. Gli impediva persino di pensare.
In quel momento, l’unico istinto che aveva era di tornare al rifugio e guardarla mentre dormiva -aveva scoperto che era estremamente dolce quando era addormentata, e bella oltre ogni sua immaginazione-, oppure abbracciarla e lasciarsi cullare dal suo profumo.
Ma, si disse, facendo tutto questo, l’unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stato un biglietto di sola andata per il cimitero.
Piuttosto, doveva tornare a concentrarsi sulle sue possibilità riguardo al carcere.
Cercò di rallentare il ritmo dei suoi pensieri. Quando si accorse che non serviva a nulla, respirò a fondo e si avvicinò alla porta lentamente, controllando che nessuno lo stesse osservando.
Abbassò lentamente la maniglia con il cuore in gola e un forte senso di nausea, lo stomaco contratto in una morsa di terribile terrore.
Se si fosse fatto ammazzare, come avrebbe fatto Temari ad aiutare i suoi fratelli? Non sapeva quando sarebbe riuscito a tornare Kankuro, e i tempo che avevano per salvare Gaara era davvero poco. Lei, da sola, non sarebbe mai riuscita a sopraffare le proprie emozioni per ragionare a mente lucida, non sarebbe riuscita ad ideare un piano sicuro. Si sarebbe fatta catturare...

La porta si aprì con un cigolio che lo fece sobbalzare. Se ci fossero state delle guardie, l'avrebbero sicuramente sentito. Mosse un passo incerto all'interno di quello che sembrava un corridoio buio e stretto. La porta si chiuse alle sue spalle, e lui fu inghiottito dall'oscurità.
Dovette aspettare diversi minuti prima che i suoi occhi riuscissero a distinguere la luce tenue di una fiaccola. Cercando di fare meno rumore possibile, avanzò cautamente, stando all'erta.
Sentiva, in lontananza, le voci di alcuni uomini che discutevano e ridevano. Tese le orecchie, distinguendo due voci, più un gemito sommesso di sofferenza.
Camminò fino a che non scorse la fine del corridoio. Rimase abbastanza lontano dai due uomini, sperando che non si voltassero e non si accorgessero della sua presenza; non c'era nessuno spazio dove nascondersi e l'unica via di salvezza era quel corridoio che si era lasciato alle spalle.
Aguzzò la vista. Dietro ai due uomini c'era una porta di metallo. Il gemito che sentiva, probabilmente, veniva da lì. Mosse un altro passo per cercare di capire cosa stessero dicendo le due guardie, e si fermò quando si accorse di riuscire a cogliere le loro parole.
“Non dice dove sono.” stava raccontando la prima guardia, e l'altra annuì.
“Sì, lo so. Non cede. Continuano a torturarlo, e non gli danno da mangiare né da bere, ma continua a tacere.”
“Non mi stupisce affatto. Dopotutto, lo abbiamo sempre saputo che era un osso duro.”
“Già, ma se non scopriamo dove sono gli altri due ragazzini, il Kazekage ci fa impiccare. Non c'erano a casa.”
“Se tu fossi stato al loro posto non ti saresti fatto trovare. E poi sono i tre ninja migliori del Villaggio. Secondo me ci porterà soltanto un sacco di guai, questo arresto. Se Gaara perde il controllo, siamo finiti.” concluse la prima guardia con un sospiro.
“E se cercassero di tirarlo fuori?” ipotizzò dopo qualche istante di silenzio l'altro.
“Non credo. L'unico accesso è questo qui ed è troppo ben nascosto. Se proveranno ad entrare, li uccideremo.”
Shikamaru trattenne il fiato. Esattamente come aveva previsto, quello era l'ingresso della prigione.
Ritenne di aver visto abbastanza.
Iniziò ad indietreggiare cautamente, sperando che il suo respiro non fosse udibile per quelle guardie, così impegnate nella loro conversazione da non essersi accorte della sua presenza.
Tuttavia, sapeva benissimo che non poteva essere fortunato per sempre.
Quando fu abbastanza lontano da loro da rendersi conto che non l'avrebbero più potuto sentire, cominciò a correre. Raggiunse la porta e l'aprì di scatto, convinto che non ci sarebbe stato nessuno fuori ad aspettarlo.

“Ciao, ninja della Foglia.” fece una voce beffarda davanti a sé. Guardò l'uomo che aveva parlato. Era la guardia che il giorno prima l'aveva fatto entrare al villaggio, davanti a lui con una katana.
“Credevi davvero che non mi fossi accorto che sei uno straniero? Ti ho visto, qualche giorno fa, insieme ai ninja di Konoha.” spiegò sorridendo. “Ora ti catturerò e ti porterò dal Kazekage, e lui mi premierà per aver preso un nemico tutto da solo...”
A quelle parole, Shikamaru si riscosse. Tutto da solo? Significava forse che non aveva avvertito nessuno? Se fosse stato realmente così, quello che aveva davanti era uno degli shinobi più stupidi che avesse mai incontrato.
Era davvero convinto che sarebbe riuscito a catturarlo da solo? In fin dei conti, se era stato mandato in guerra lontano da Konoha, era proprio perché non era uno dei ninja più sprovveduti che si trovavano al Villaggio.
Sospirò.
Per liberarsi di lui, avrebbe dovuto ucciderlo. E in quel deserto, con il sole alto nel cielo, non sarebbe stato difficile farlo.

Shikamaru agì talmente in fretta che l'altro quasi non se ne accorse. Lo catturò, legando la propria ombra a quella dell'uomo, che lo fissò terrorizzato, conscio di aver fatto un passo falso e di essersi lasciato abbindolare come un bambino.
“Hai detto a qualcuno della mia presenza?” chiese svogliatamente il ragazzo. “Perché, se l'hai fatto, sarebbe davvero una grande seccatura.”
“N-no.” balbettò la guardia.
“Perfetto, allora. Ti ammazzo subito. Non ti preoccupare, non sentirai nulla.” aggiunse, fissandolo. La vicinanza con il suo nemico gli permise di ucciderlo molto velocemente. Lo guardò mentre si afflosciava a terra, poi lo scavalcò ed iniziò a correre verso il rifugio. Ormai era pomeriggio inoltrato; aveva dormito fino all'ora di pranzo ed era rimasto in quel lunghissimo corridoio per quasi due ore.
Uscì dal Villaggio senza farsi vedere, aiutato da una bomba che era stata fatta esplodere nella parte nord del Villaggio. Guardando la Squadra Speciale che correva in quella direzione, pensò con rammarico che in quella zone si trovavano anche i ninja di Konoha.
Improvvisamente tutto gli sembrò stupido.
Perché non si erano fatti aiutare da loro? In quel gruppo si trovavano anche Neji e Kiba, e loro non avrebbero mai rifiutato di aiutare Gaara. Sarebbero stati molto più utili di lui. Eppure, in qualche modo, sentiva che chiedere a loro sarebbe stata la scelta sbagliata.

Quando entrò nel rifugio, si avvicinò a Temari, in silenzio. La ragazza era sdraiata sul futon e teneva gli occhi chiusi, ma era evidente che non stava dormendo.
“Mendekouze...” la chiamò dolcemente, posandole una mano sulla spalla. Lei si voltò e lo guardò. Aveva gli occhi lucidi e rossi di pianto, come sempre quando in quei giorni la lasciava sola.
Quella vista lo fece star male. Era davvero così incapace da non riuscire a consolare una ragazza disperata?
“Ho trovato l'ingresso.” disse. A quelle parole, lei scattò a sedere.
“Dov'è?” domandò.
“Proprio di fronte a casa tua.”
“La porta nella roccia...” mormorò Temari, e Shikamaru annuì.
“Sono entrato.”
“Folle!” Lui la ignorò e proseguì.
“C'è un corridoio molto lungo, stretto e basso, proprio come avevi detto. L'ingresso è costituito da una porta di metallo, davanti a cui ci sono due guardie. Le ho sentite parlare, si aspettano che qualcuno cerchi di tirare fuori Gaara e sono pronte ad ammazzare chiunque ci provi.” Seguirono dei lunghi minuti di silenzio, durante i quali la ragazza spostò lo sguardo su un orsacchiotto impolverato abbandonato in un angolo.
Lo fissava con intensità, persa in chissà quali pensieri. Ad un tratto, puntò gli occhi verdi su quelli scuri del giovane, che rimase senza fiato davanti a quel colore che lo faceva impazzire.
“Ma noi ci proveremo lo stesso, vero?” chiese con un filo di voce.
Shikamaru annuì.
“Certo.”
“Questa notte?”
Il ragazzo tentennò, incerto. Dopo aver visto il luogo in cui dovevano entrare, era sempre più convinto che non ce l'avrebbero mai fatta. Tentare quella notte stessa sarebbe stato un suicidio, e sapeva che Temari ne era perfettamente a conoscenza.
Quanto era disposta a rischiare pur di abbracciare suo fratello? Perché, alla fine, poco importava che fosse una grande kunoichi. Qualcuno, tempo prima, gli aveva detto che un ninja era soprattutto una persona con dei sentimenti. In quel momento non gli erano sembrate parole di così grande valore; lo sapeva perfettamente. Ma ora, davanti a lei, aveva capito ciò che quella persona intendeva.
Temari era cambiata radicalmente, soffocata e torturata dalle sue stesse emozioni, sepolte da anni, con chissà quale sofferenza e sacrificio.
L'aveva fatto per amore dei suoi fratelli, che non sarebbero stati in grado di andare avanti senza di lei, che aveva svolto la funzione di collante nella famiglia, ma che era quella che per prima avrebbe avuto bisogno di consolazione e di supporto.
Una ragazza cresciuta troppo in fretta in un mondo crudele che non aveva orecchie per il pianto di quei bambini, traditi dalle ambizioni del padre, che era stato disposto a sacrificare la vita della moglie e, in qualche modo, anche quella di suo figlio, pur di creare un'arma potente e temibile.
In quel momento, per la prima volta, Shikamaru si era accorto di quello che era Temari per i suoi fratelli, pur non avendo praticamente mai parlato con loro.
Temari per loro era un'amica, una sorella, una madre.
In quella famiglia dai ruoli confusi, dove chi era fratello poteva essere anche figlio e padre contemporaneamente, dove era importante mantenere un equilibrio perfetto al fine di garantire la stabilità delle loro vite.
Erano tre fratelli vissuti in solitudine, che erano riusciti ad avvicinarsi solo da pochi anni e con molta fatica.
E lei, che era il punto di congiunzione tra i due maschi, che avevano un carattere più freddo, in quel momento cosa stava passando? Terrorizzata all'idea di vedere il giorno della morte di Gaara, in ansia per Kankuro, che era da qualche parte, lontano, doveva trovare la forza di reagire, di svolgere anche lei il suo compito.
“Cry-baby...” mormorò improvvisamente lei, distogliendolo dai suoi pensieri. “Ti è mai capitato di pensare che tutto quello che hai fatto è sbagliato?”
Lui rimase silenzioso.
“No.” ammise infine.
Lei abbassò il capo. Sembrava sfinita.
“Io credo, invece, che tutto quello che ho fatto non sia servito a nulla. Vedendo questo posto... quello che Gaara ha fatto, da solo, penso che avrei potuto stargli più vicino, aiutarlo. So che è una follia cercare di salvarlo questa notte, ma io voglio tentare, lo capisci? Devo impedire che gli sia fatto ancora del male, dopo che io gliene ho fatto tanto.”
“Non dire così. Hai fatto tanto per loro, e sono sicuro che lo sanno e te ne sono riconoscenti.” le sussurrò, carezzandole la schiena.
Contrariamente a quanto aveva immaginato, lei lo lasciò fare.
“Non possiamo andare lì stanotte.” tentò di convincerla il giovane. “Non siamo pronti.”
La scrutò attentamente, e aggiunse, con tono di rimprovero:
“E poi, tu devi dormire.”
Con un mano la costrinse a sdraiarsi nuovamente, e la coprì fino alle spalle.
“Dormi, Mendekouze.” le sussurrò. “Chi vuoi salvare, se non sei neppure in grado di reggerti in piedi?”

***

Kankuro maledisse per l'ennesima volta la pioggia che scendeva inesorabile, e gli bagnava i vestiti e i capelli. Il trucco gli si era sciolto e gli era colato sul volto, causandogli un immenso fastidio. Lui odiava la pioggia, ma la sua presenza voleva dire che era riuscito a mettere una considerevole distanza tra sé e il Villaggio.
Cercò di accelerare ancora, ma un senso di vertigine lo invase, costringendolo a fermarsi definitivamente. Il giorno prima non aveva pranzato, pur di non perdere tempo, ma in quel momento la fame gli stava facendo perdere le forze.
Rassegnato, si sedette nel bel mezzo della pianura in cui si trovava, e prese un po' del cibo che aveva portato con sé.
Mangiò in fretta, ignorando l'acqua che lo inzuppava.
Sollevò lo sguardo quando si accorse che c'era qualcuno, nelle vicinanze.
Due ninja si stavano avvicinando minacciosi, con le armi in pugno. Li osservò attentamente. Non sembravano affatto pericolosi. Vestiti di stracci e con il volto coperto, segno che non erano intenzionati ad uccidere il loro avversario.
Probabilmente, dunque, dei briganti.
Si alzò, deciso ad evitare lo scontro, se fosse stato possibile.
“Non porto ricchezze con me, né denaro.” disse a quello che si trovava più vicino, mettendo comunque mano ad un kunai. “Non voglio combattere.” aggiunse.
“Lo sai quante persone ci hanno detto così, e poi abbiamo scoperto che in realtà avevano con sé molti oggetti di valore?” fece quello più lontano. “Meglio verificare!” esclamò, iniziando a correre verso di lui.
La velocità con cui gli si scagliò contro sorprese Kankuro, che fu costretto ad indietreggiare per evitare di cadere. Si riprese subito, e con il kunai fermò l'attacco del nemico, mentre l'altro lo afferrava alle spalle.
Sbuffò. Erano più forti di quello che sembravano, in fondo. O forse, più semplicemente, era lui ad essere esausto per il viaggio che stava affrontando.
Lo stavano rallentando, e questo non andava bene. Non aveva molto tempo per arrivare a Konoha, doveva salvare Gaara, non poteva certo perdere tempo con quei due! Scivolò in una pozza di fango, mentre lottava violentemente per toglierseli di dosso.
Per evitare di cadere si aggrappò al collo di uno dei due, mandandolo a terra.
Facendo appello a tutte le sue forze, afferrò quello che gli stava alle spalle per i capelli, e, facendo leva sulle propria spalla, lo fece crollare sopra al compagno.
Quell'espediente gli consentì di allontanarsi da loro. Iniziò a correre verso Konoha. Lo scontro non gli interessava, doveva giungere a destinazione il prima possibile.
Una fitta improvvisa alla gamba lo fece cadere rovinosamente. Finì col volto nel fango, gemendo per il dolore. Guardò la gamba sinistra e si accorse che uno dei due ninja era riuscito a trafiggerlo con un kunai.
Lo estrasse con violenza, inghiottendo il dolore e rialzandosi. Quella complicazione lo avrebbe rallentato non poco, e la cosa lo innervosiva molto.
Perché non volevano capire che non aveva nulla di valore con sé? Perché non lo lasciavano andare? Scosse il capo, ripetendosi che quei pensieri erano inutili e non facevano altro che ritardare il suo arrivo a Konoha.
Senza indugiare oltre, decise che sarebbe ricorso alle sue marionette.
Bastarono poche, mosse per imprigionarli entrambi all'interno di Kuroari. Le grida disperate dei due uomini si persero nello scrosciare della pioggia.
Quando la tensione per lo scontro si allentò, fu costretto ad inginocchiarsi, incapace di reggersi in piedi.
La ferita non era grave, e probabilmente neppure profonda, eppure gli doleva molto e lui non aveva nulla per curarsi.
La osservò a lungo.
Forse sarebbe riuscito a raggiungere il villaggio della Foglia prima di dissanguarsi. In fondo, mancava poco più di un giorno.
Si rialzò, appellandosi a tutta la sua volontà.
Si rimise a correre, stringendo i denti, deciso a non abbandonare Gaara se prima la vita non avesse abbandonato lui.
Avrebbe proseguito con le unghie e con i denti, se fosse stato necessario.
Doveva correre e non pensare al dolore.
Mancavano solo cinque giorni.

Ecco qui! Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Baci,

rolly too

   
 
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