Eccomi con il nuovo capitolo! Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo, e rispondo a lilithkyubi che mi ha chiesto se apparirà Matsuri. No, non ci sarà, perchè ho deciso di incentrare questa fic esclusivamente sulla coppia Shikamaru/Temari, senza altri pairing, per potermi anche concentrare meglio sul tema fondamentale, che è sempre e comunque il rapporto di Temari con la famiglia. Detto questo, vi lascio al capitolo!
Temari fissò con evidente disapprovazione Shikamaru, che dormiva
beatamente in un angolo della stanza.
Da quando erano tornati al rifugio,
lei non era riuscita a chiudere occhio. Il ricordo del volto pallido di Gaara le
tornava in mente ogni volta che cercava di addormentarsi, causandole una forte
fitta allo stomaco, così, alla fine, aveva deciso di rinunciare.
Ma ascoltare
il respiro un po’ pesante del ninja di Konoha le dava fastidio. Avrebbe voluto
svegliarlo, e gridargli che non c’era motivo di essere così tranquilli, ma
sapeva che sarebbe stato stupido e alquanto infantile.
Non erano suoi i
fratelli che rischiavano la pelle. Cosa poteva importargli se uno dei due era
lontano chilometri, ed un altro era stato torturato?
Si alzò, ed iniziò e
camminare avanti e indietro per la stanza. Non poteva certo fargliene una colpa,
dopotutto lui si stava già impegnando molto per aiutarla...
“Stai un po’
ferma, Mendekouze, mi fai venire il mal di testa...” la voce svogliata del
giovane le giunse come uno schiaffo. Si voltò velocemente verso di lui, che si
era tirato a sedere e la fissava stancamente.
“Cerca di startene tranquilla,
e prova a dormire, invece che agitarti tanto.” la rimproverò con un sorriso
appena accennato.
Sapeva perfettamente che non era stata in grado di chiudere
occhio per tutto il tempo, e che era rimasta a rimuginare sulla sorte dei suoi
fratelli, sentendosi in colpa per ciò che stava accadendo.
Si alzò e le si avvicinò. Le posò una mano sulla spalla, e lei
chinò lo sguardo.
“Dai, Mendekouze. Sforzati di dormire almeno un po’. Io
adesso vado al villaggio, cerco di capire dove sia l’entrata di quel carcere. Mi
è venuta un’idea. Tu nel frattempo riposa. Pensa che Kankuro è forte come un
toro, e Gaara, anche se forse non sta proprio bene, è vivo.” Le portò due dita
sotto il mento e le sollevò dolcemente il capo, in modo da poter incrociare il
suo sguardo. Gli occhi le brillavano, lucidi di lacrime che, Shikamaru lo sapeva
benissimo, non avrebbe mai versato.
Le spostò una ciocca di capelli ricci da
davanti al volto, e le indicò il futon.
“Forza.” la incoraggiò. “Se non
dormi, voglio proprio vedere come farai ad aiutarmi. Dobbiamo salvare Gaara,
ricordi?” lei annuì, cercando di sorridere. Non ci riuscì, ma acconsentì
comunque a sdraiarsi, senza dire una parola.
Aveva un nodo alla gola che le
impediva di parlare, a meno di non far risultare la sua voce estremamente fioca
e tremula, così rimase zitta quando il ragazzo aprì la botola e sparì nella luce
accecante del deserto.
Shikamaru si diresse a passo spedito verso il Villaggio, con una
nuova determinazione in corpo. No, quella Temari non gli piaceva neppure un po’.
Era deciso più che mai, e, per una volta, decise che alla fine, forse, era una
gran seccatura, ma che se serviva a riavere indietro quella ragazza prepotente e
orgogliosa che aveva incontrato agli esami di selezione dei chunin, ne valeva la
pena.
Aveva smesso già da un pezzo di cercare di convincersi di non provare
nulla per la kunoichi. Mentre la osservava, fingendo di dormire, si era accorto
che stare insieme a lei gli provocava una strana sensazione di sfarfallio nello
stomaco. Si sentiva bene accanto a lei, felice. E con un cervello come il suo,
non poteva non capire cosa fosse accaduto.
Temari aveva semplicemente preso
il sopravvento nella sua mente, ed era diventata la destinataria di tutte le sue
attenzioni.
Si concesse di fantasticare sulla ragazza fino all’entrata del
Villaggio, quando una guardia lo fermò, esattamente come il giorno prima. Lo
fissò per qualche istante.
“Chi sei e che vieni a fare a Suna?”
“Devo
vedere il Kazekage.” rispose il giovane, impassibile. “E sono già in ritardo.”
aggiunse con tono eloquente. La guardia si fece da parte senza fiatare. Non
sembrava del tutto convinto, ma non indagò oltre. Shikamaru rifletté che,
probabilmente, nel dubbio, era meglio scegliere la soluzione che l’avesse tenuto
ben lontano dal nuovo Kazekage e dalle sue punizioni.
Una volta entrato al
Villaggio, si fermò a respirare l’aria che profumava di sabbia.
Quanto era
cambiato da quando Gaara era stato deposto... Per un po’, prima di quella
guerra, aveva dovuto fare la spola tra Suna e Konoha per organizzare gli esami
di selezione dei chunin.
Allora Suna era un luogo pacifico, con i bambini
che giocavano in strada, i venditori ambulanti che lo fermavano per offrirgli le
loro mercanzie e un forte profumo dolce nell’aria.
Ora, invece, nelle strade
deserte si avvertiva soltanto l’odore metallico del sangue, che contribuiva a
rendere estremamente temibile quel nuovo governatore che nessuno aveva mai
visto.
Era stato un colpo di Stato piuttosto abile, che non aveva scatenato
rivolte del popolo e che era passato praticamente inosservato. Tuttavia,
Shikamaru era convinto che nessuno, al Villaggio, non avesse notato che pochi
giorni prima delle deposizione di Gaara, molti dei consiglieri erano scomparsi
nel nulla, e che erano stati proprio i nuovi arrivati a proporre il suo
allontanamento dalla carica di Kazekage.
Ed ora, quel ninja che aveva
terrorizzato tutti, solo pochi anni prima, all’esame di selezione dei chunin,
non poteva più far paura a nessuno.
Era un prigioniero come tanti, che
attendeva pazientemente il momento della sua esecuzione sopportando torture,
sete e fame.
Si fermò quando giunse davanti alla casa dei tre fratelli della
Sabbia.
Era evidente che il Kazekage l’aveva fatta perquisire; tutto era
sottosopra, e la porta giaceva abbandonata in angolo della strada.
Diede le
spalle all’abitazione e vide, in lontananza, ciò che stava cercando.
Lungo il
perimetro del Villaggio, nelle rocce che fungevano da confine, aveva notato,
mesi prima, una piccola porta scura. Si mimetizzava quasi perfettamente con
l’ambiente, ma ad un occhio attento come quello del ragazzo non era
sfuggita.
In linea d’aria era perfettamente allineata con il carcere, e la
sera prima gli era venuto il sospetto che fosse proprio quello l’accesso
dell’edificio.
Dopotutto, era una delle strade meno affollate di Suna, e non
sarebbe stato difficile trascinarvi un prigioniero senza farsi notare.
Forse
era proprio per aumentare la sensazione che fosse solo una porta messa lì a
caso, ma non c’era nessuna guardia all’esterno, cosa di cui Shikamaru fu
estremamente grato. Certo era una seccatura in meno, ma il problema era che non
aveva idea di quello che avrebbe trovato all’interno.
Nella migliore delle
ipotesi, sentinelle e carcerieri. Nella peggiore, avrebbero dovuto affrontare
una delle Squadre Speciali del Villaggio.
Rimase fermo lì davanti a lungo,
indeciso sul da farsi. Per scoprire se la sua ipotesi era vera, l’unico modo era
entrare. Ma quanto sarebbe stato prudente? Non era stato lui stesso, dopotutto,
ad affermare che non sarebbero mai dovuti arrivare ad uno scontro? Si sentiva
estremamente combattuto. Una parte di lui era ancora recalcitrante all’idea di
aiutare Temari e sfidare apertamente il nuovo Kazekage, e tutto ciò implicava
che ritenesse anche decisamente fuori luogo penetrare in quella che era a tutti
gli effetti una fortezza, da solo, con soltanto tre tecniche a sua disposizione
e il fisico ancora molto provato dall’esplosione che l’aveva ferito e dalla
febbre, che non era certo gli fosse passata del tutto.
Eppure, era
perfettamente consapevole che trascinare anche Temari lì dentro sarebbe
equivalso a consegnarla alla giustizia; c’erano tantissime possibilità che
venisse catturata, e cosa le avrebbero fatto, una volta scoperto che aveva
abbandonato abusivamente il Villaggio ed aveva tramato alle spalle del Kazekage
con la complicità di un nemico?
Si sedette e congiunse le mani nel suo gesto
abituale.
Cercò di concentrarsi il più possibile, ma, con suo grande
disappunto, scoprì che era un’operazione che gli riusciva impossibile. Le
immagini che si susseguivano nella sua mente certo non lo stavano aiutando a
prendere una decisione razionale e ponderata.
Temari accoccolata in un angolo
che piangeva; Temari che radeva al suolo un’intera foresta con un colpo solo,
Temari che scendeva nell’arena sul suo grande ventaglio.
Temari, che
seccatura. Gli impediva persino di pensare.
In quel momento, l’unico istinto
che aveva era di tornare al rifugio e guardarla mentre dormiva -aveva scoperto
che era estremamente dolce quando era addormentata, e bella oltre ogni sua
immaginazione-, oppure abbracciarla e lasciarsi cullare dal suo profumo.
Ma,
si disse, facendo tutto questo, l’unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stato
un biglietto di sola andata per il cimitero.
Piuttosto, doveva tornare a
concentrarsi sulle sue possibilità riguardo al carcere.
Cercò di rallentare
il ritmo dei suoi pensieri. Quando si accorse che non serviva a nulla, respirò a
fondo e si avvicinò alla porta lentamente, controllando che nessuno lo stesse
osservando.
Abbassò lentamente la maniglia con il cuore in gola e un forte
senso di nausea, lo stomaco contratto in una morsa di terribile terrore.
Se
si fosse fatto ammazzare, come avrebbe fatto Temari ad aiutare i suoi fratelli?
Non sapeva quando sarebbe riuscito a tornare Kankuro, e i tempo che avevano per
salvare Gaara era davvero poco. Lei, da sola, non sarebbe mai riuscita a
sopraffare le proprie emozioni per ragionare a mente lucida, non sarebbe
riuscita ad ideare un piano sicuro. Si sarebbe fatta catturare...
La porta si aprì con un cigolio che lo fece sobbalzare. Se ci
fossero state delle guardie, l'avrebbero sicuramente sentito. Mosse un passo
incerto all'interno di quello che sembrava un corridoio buio e stretto. La porta
si chiuse alle sue spalle, e lui fu inghiottito dall'oscurità.
Dovette
aspettare diversi minuti prima che i suoi occhi riuscissero a distinguere la
luce tenue di una fiaccola. Cercando di fare meno rumore possibile, avanzò
cautamente, stando all'erta.
Sentiva, in lontananza, le voci di alcuni uomini
che discutevano e ridevano. Tese le orecchie, distinguendo due voci, più un
gemito sommesso di sofferenza.
Camminò fino a che non scorse la fine del
corridoio. Rimase abbastanza lontano dai due uomini, sperando che non si
voltassero e non si accorgessero della sua presenza; non c'era nessuno spazio
dove nascondersi e l'unica via di salvezza era quel corridoio che si era
lasciato alle spalle.
Aguzzò la vista. Dietro ai due uomini c'era una porta
di metallo. Il gemito che sentiva, probabilmente, veniva da lì. Mosse un altro
passo per cercare di capire cosa stessero dicendo le due guardie, e si fermò
quando si accorse di riuscire a cogliere le loro parole.
“Non dice dove
sono.” stava raccontando la prima guardia, e l'altra annuì.
“Sì, lo so. Non
cede. Continuano a torturarlo, e non gli danno da mangiare né da bere, ma
continua a tacere.”
“Non mi stupisce affatto. Dopotutto, lo abbiamo sempre
saputo che era un osso duro.”
“Già, ma se non scopriamo dove sono gli altri
due ragazzini, il Kazekage ci fa impiccare. Non c'erano a casa.”
“Se tu fossi
stato al loro posto non ti saresti fatto trovare. E poi sono i tre ninja
migliori del Villaggio. Secondo me ci porterà soltanto un sacco di guai, questo
arresto. Se Gaara perde il controllo, siamo finiti.” concluse la prima guardia
con un sospiro.
“E se cercassero di tirarlo fuori?” ipotizzò dopo qualche
istante di silenzio l'altro.
“Non credo. L'unico accesso è questo qui ed è
troppo ben nascosto. Se proveranno ad entrare, li uccideremo.”
Shikamaru
trattenne il fiato. Esattamente come aveva previsto, quello era l'ingresso della
prigione.
Ritenne di aver visto abbastanza.
Iniziò ad indietreggiare
cautamente, sperando che il suo respiro non fosse udibile per quelle guardie,
così impegnate nella loro conversazione da non essersi accorte della sua
presenza.
Tuttavia, sapeva benissimo che non poteva essere fortunato per
sempre.
Quando fu abbastanza lontano da loro da rendersi conto che non
l'avrebbero più potuto sentire, cominciò a correre. Raggiunse la porta e l'aprì
di scatto, convinto che non ci sarebbe stato nessuno fuori ad aspettarlo.
“Ciao, ninja della Foglia.” fece una voce beffarda davanti a sé.
Guardò l'uomo che aveva parlato. Era la guardia che il giorno prima l'aveva
fatto entrare al villaggio, davanti a lui con una katana.
“Credevi davvero
che non mi fossi accorto che sei uno straniero? Ti ho visto, qualche giorno fa,
insieme ai ninja di Konoha.” spiegò sorridendo. “Ora ti catturerò e ti porterò
dal Kazekage, e lui mi premierà per aver preso un nemico tutto da solo...”
A
quelle parole, Shikamaru si riscosse. Tutto da solo? Significava forse che non
aveva avvertito nessuno? Se fosse stato realmente così, quello che aveva davanti
era uno degli shinobi più stupidi che avesse mai incontrato.
Era davvero
convinto che sarebbe riuscito a catturarlo da solo? In fin dei conti, se era
stato mandato in guerra lontano da Konoha, era proprio perché non era uno dei
ninja più sprovveduti che si trovavano al Villaggio.
Sospirò.
Per
liberarsi di lui, avrebbe dovuto ucciderlo. E in quel deserto, con il sole alto
nel cielo, non sarebbe stato difficile farlo.
Shikamaru agì talmente in fretta che l'altro quasi non se ne
accorse. Lo catturò, legando la propria ombra a quella dell'uomo, che lo fissò
terrorizzato, conscio di aver fatto un passo falso e di essersi lasciato
abbindolare come un bambino.
“Hai detto a qualcuno della mia presenza?”
chiese svogliatamente il ragazzo. “Perché, se l'hai fatto, sarebbe davvero una
grande seccatura.”
“N-no.” balbettò la guardia.
“Perfetto, allora. Ti
ammazzo subito. Non ti preoccupare, non sentirai nulla.” aggiunse, fissandolo.
La vicinanza con il suo nemico gli permise di ucciderlo molto velocemente. Lo
guardò mentre si afflosciava a terra, poi lo scavalcò ed iniziò a correre verso
il rifugio. Ormai era pomeriggio inoltrato; aveva dormito fino all'ora di pranzo
ed era rimasto in quel lunghissimo corridoio per quasi due ore.
Uscì dal
Villaggio senza farsi vedere, aiutato da una bomba che era stata fatta esplodere
nella parte nord del Villaggio. Guardando la Squadra Speciale che correva in
quella direzione, pensò con rammarico che in quella zone si trovavano anche i
ninja di Konoha.
Improvvisamente tutto gli sembrò stupido.
Perché non si
erano fatti aiutare da loro? In quel gruppo si trovavano anche Neji e Kiba, e
loro non avrebbero mai rifiutato di aiutare Gaara. Sarebbero stati molto più
utili di lui. Eppure, in qualche modo, sentiva che chiedere a loro sarebbe stata
la scelta sbagliata.
Quando entrò nel rifugio, si avvicinò a Temari, in silenzio. La
ragazza era sdraiata sul futon e teneva gli occhi chiusi, ma era evidente che
non stava dormendo.
“Mendekouze...” la chiamò dolcemente, posandole una mano
sulla spalla. Lei si voltò e lo guardò. Aveva gli occhi lucidi e rossi di
pianto, come sempre quando in quei giorni la lasciava sola.
Quella vista lo
fece star male. Era davvero così incapace da non riuscire a consolare una
ragazza disperata?
“Ho trovato l'ingresso.” disse. A quelle parole, lei
scattò a sedere.
“Dov'è?” domandò.
“Proprio di fronte a casa tua.”
“La
porta nella roccia...” mormorò Temari, e Shikamaru annuì.
“Sono
entrato.”
“Folle!” Lui la ignorò e proseguì.
“C'è un corridoio molto
lungo, stretto e basso, proprio come avevi detto. L'ingresso è costituito da una
porta di metallo, davanti a cui ci sono due guardie. Le ho sentite parlare, si
aspettano che qualcuno cerchi di tirare fuori Gaara e sono pronte ad ammazzare
chiunque ci provi.” Seguirono dei lunghi minuti di silenzio, durante i quali la
ragazza spostò lo sguardo su un orsacchiotto impolverato abbandonato in un
angolo.
Lo fissava con intensità, persa in chissà quali pensieri. Ad un
tratto, puntò gli occhi verdi su quelli scuri del giovane, che rimase senza
fiato davanti a quel colore che lo faceva impazzire.
“Ma noi ci proveremo lo
stesso, vero?” chiese con un filo di voce.
Shikamaru
annuì.
“Certo.”
“Questa notte?”
Il ragazzo tentennò, incerto. Dopo aver
visto il luogo in cui dovevano entrare, era sempre più convinto che non ce
l'avrebbero mai fatta. Tentare quella notte stessa sarebbe stato un suicidio, e
sapeva che Temari ne era perfettamente a conoscenza.
Quanto era disposta a
rischiare pur di abbracciare suo fratello? Perché, alla fine, poco importava che
fosse una grande kunoichi. Qualcuno, tempo prima, gli aveva detto che un ninja
era soprattutto una persona con dei sentimenti. In quel momento non gli erano
sembrate parole di così grande valore; lo sapeva perfettamente. Ma ora, davanti
a lei, aveva capito ciò che quella persona intendeva.
Temari era cambiata
radicalmente, soffocata e torturata dalle sue stesse emozioni, sepolte da anni,
con chissà quale sofferenza e sacrificio.
L'aveva fatto per amore dei suoi
fratelli, che non sarebbero stati in grado di andare avanti senza di lei, che
aveva svolto la funzione di collante nella famiglia, ma che era quella che per
prima avrebbe avuto bisogno di consolazione e di supporto.
Una ragazza
cresciuta troppo in fretta in un mondo crudele che non aveva orecchie per il
pianto di quei bambini, traditi dalle ambizioni del padre, che era stato
disposto a sacrificare la vita della moglie e, in qualche modo, anche quella di
suo figlio, pur di creare un'arma potente e temibile.
In quel momento, per la
prima volta, Shikamaru si era accorto di quello che era Temari per i suoi
fratelli, pur non avendo praticamente mai parlato con loro.
Temari per loro
era un'amica, una sorella, una madre.
In quella famiglia dai ruoli confusi,
dove chi era fratello poteva essere anche figlio e padre contemporaneamente,
dove era importante mantenere un equilibrio perfetto al fine di garantire la
stabilità delle loro vite.
Erano tre fratelli vissuti in solitudine, che
erano riusciti ad avvicinarsi solo da pochi anni e con molta fatica.
E lei,
che era il punto di congiunzione tra i due maschi, che avevano un carattere più
freddo, in quel momento cosa stava passando? Terrorizzata all'idea di vedere il
giorno della morte di Gaara, in ansia per Kankuro, che era da qualche parte,
lontano, doveva trovare la forza di reagire, di svolgere anche lei il suo
compito.
“Cry-baby...” mormorò improvvisamente lei, distogliendolo dai suoi
pensieri. “Ti è mai capitato di pensare che tutto quello che hai fatto è
sbagliato?”
Lui rimase silenzioso.
“No.” ammise infine.
Lei abbassò il
capo. Sembrava sfinita.
“Io credo, invece, che tutto quello che ho fatto non
sia servito a nulla. Vedendo questo posto... quello che Gaara ha fatto, da solo,
penso che avrei potuto stargli più vicino, aiutarlo. So che è una follia cercare
di salvarlo questa notte, ma io voglio tentare, lo capisci? Devo impedire che
gli sia fatto ancora del male, dopo che io gliene ho fatto tanto.”
“Non dire
così. Hai fatto tanto per loro, e sono sicuro che lo sanno e te ne sono
riconoscenti.” le sussurrò, carezzandole la schiena.
Contrariamente a quanto
aveva immaginato, lei lo lasciò fare.
“Non possiamo andare lì stanotte.”
tentò di convincerla il giovane. “Non siamo pronti.”
La scrutò attentamente,
e aggiunse, con tono di rimprovero:
“E poi, tu devi dormire.”
Con un mano
la costrinse a sdraiarsi nuovamente, e la coprì fino alle spalle.
“Dormi,
Mendekouze.” le sussurrò. “Chi vuoi salvare, se non sei neppure in grado di
reggerti in piedi?”
***
Kankuro maledisse per l'ennesima volta la pioggia che scendeva
inesorabile, e gli bagnava i vestiti e i capelli. Il trucco gli si era sciolto e
gli era colato sul volto, causandogli un immenso fastidio. Lui odiava la
pioggia, ma la sua presenza voleva dire che era riuscito a mettere una
considerevole distanza tra sé e il Villaggio.
Cercò di accelerare ancora, ma
un senso di vertigine lo invase, costringendolo a fermarsi definitivamente. Il
giorno prima non aveva pranzato, pur di non perdere tempo, ma in quel momento la
fame gli stava facendo perdere le forze.
Rassegnato, si sedette nel bel mezzo
della pianura in cui si trovava, e prese un po' del cibo che aveva portato con
sé.
Mangiò in fretta, ignorando l'acqua che lo inzuppava.
Sollevò lo
sguardo quando si accorse che c'era qualcuno, nelle vicinanze.
Due ninja si
stavano avvicinando minacciosi, con le armi in pugno. Li osservò attentamente.
Non sembravano affatto pericolosi. Vestiti di stracci e con il volto coperto,
segno che non erano intenzionati ad uccidere il loro
avversario.
Probabilmente, dunque, dei briganti.
Si alzò, deciso ad
evitare lo scontro, se fosse stato possibile.
“Non porto ricchezze con me, né
denaro.” disse a quello che si trovava più vicino, mettendo comunque mano ad un
kunai. “Non voglio combattere.” aggiunse.
“Lo sai quante persone ci hanno
detto così, e poi abbiamo scoperto che in realtà avevano con sé molti oggetti di
valore?” fece quello più lontano. “Meglio verificare!” esclamò, iniziando a
correre verso di lui.
La velocità con cui gli si scagliò contro sorprese
Kankuro, che fu costretto ad indietreggiare per evitare di cadere. Si riprese
subito, e con il kunai fermò l'attacco del nemico, mentre l'altro lo afferrava
alle spalle.
Sbuffò. Erano più forti di quello che sembravano, in fondo. O
forse, più semplicemente, era lui ad essere esausto per il viaggio che stava
affrontando.
Lo stavano rallentando, e questo non andava bene. Non aveva
molto tempo per arrivare a Konoha, doveva salvare Gaara, non poteva certo
perdere tempo con quei due! Scivolò in una pozza di fango, mentre lottava
violentemente per toglierseli di dosso.
Per evitare di cadere si aggrappò al
collo di uno dei due, mandandolo a terra.
Facendo appello a tutte le sue
forze, afferrò quello che gli stava alle spalle per i capelli, e, facendo leva
sulle propria spalla, lo fece crollare sopra al compagno.
Quell'espediente
gli consentì di allontanarsi da loro. Iniziò a correre verso Konoha. Lo scontro
non gli interessava, doveva giungere a destinazione il prima possibile.
Una
fitta improvvisa alla gamba lo fece cadere rovinosamente. Finì col volto nel
fango, gemendo per il dolore. Guardò la gamba sinistra e si accorse che uno dei
due ninja era riuscito a trafiggerlo con un kunai.
Lo estrasse con violenza,
inghiottendo il dolore e rialzandosi. Quella complicazione lo avrebbe rallentato
non poco, e la cosa lo innervosiva molto.
Perché non volevano capire che non
aveva nulla di valore con sé? Perché non lo lasciavano andare? Scosse il capo,
ripetendosi che quei pensieri erano inutili e non facevano altro che ritardare
il suo arrivo a Konoha.
Senza indugiare oltre, decise che sarebbe ricorso
alle sue marionette.
Bastarono poche, mosse per imprigionarli entrambi
all'interno di Kuroari. Le grida disperate dei due uomini si persero nello
scrosciare della pioggia.
Quando la tensione per lo scontro si allentò, fu
costretto ad inginocchiarsi, incapace di reggersi in piedi.
La ferita non
era grave, e probabilmente neppure profonda, eppure gli doleva molto e lui non
aveva nulla per curarsi.
La osservò a lungo.
Forse sarebbe riuscito a
raggiungere il villaggio della Foglia prima di dissanguarsi. In fondo, mancava
poco più di un giorno.
Si rialzò, appellandosi a tutta la sua volontà.
Si
rimise a correre, stringendo i denti, deciso a non abbandonare Gaara se prima la
vita non avesse abbandonato lui.
Avrebbe proseguito con le unghie e con i
denti, se fosse stato necessario.
Doveva correre e non pensare al
dolore.
Mancavano solo cinque giorni.
Ecco qui! Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Baci,
rolly too