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Autore: Rouge9    19/11/2013    0 recensioni
"Le truppe erano dimezzate, ma chi era rimasto in vita, ognuno di loro, sapeva di valere per dieci, venti o cento uomini che erano invece stramazzati al suolo poche ore dopo l'inizio della battaglia. E questo lo sapeva bene anche il generale Marcus Iunius Rubeus, che dopo 40 ore combatteva con lo stesso fervore e decisione del giorno passato[...]."
Sangue, battaglie, passioni e amori ambientate nella favolosa antica Roma. Spero vi si riveli una storia con qualcosa di nuovo e appassionante. Che dire, buona lettura!
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Una cornamusa suonava dall'alto di una piccola torre di guardia. Marcus prese per mano Glenys, correndo il più possibile per lasciarla in un luogo dove potesse essere al riparo. Saltarono fra le rocce incastonate nel fiume e si ritrovarono in una caverna poco lontana dal resto del villaggio.
''Resta qui, non ti muovere!'' le gridò Marcus in preda al delirio, non perchè non sapesse comportarsi in quel tipo di situazioni, ma perchè non sapeva cosa fare in quel preciso momento. Quelli con cui aveva condiviso una vita, i suoi stessi amici e compaesani stavano attaccando coloro che lo avevano accolto senza un minimo di pregiudizio, condividendo pasti caldi e curandogli ferite. Da un lato, il cuore batteva per la sua legione, dall'altro la mente gli continuava a ripetere che non poteva abbandonare quella gente che, anche se per poco, lo aveva accudito. Non poteva spingersi in mezzo al conflitto aperto, non doveva e sopratutto non voleva. Non avrebbe ucciso brutalmente i suoi compagni per difendere qualcuno che conosceva a malapena, e tanto meno l'avrebbe fatto per gli altri, con cui condivideva lo stesso essere. Si limitò a guardare da lontano la scena, sentendosi quasi un codardo: le lame affilate delle spade romane, tagliavano e sgozzavano i sottili colli bretoni, senza fare differenza fra uomini e donne ma semplicemente eliminando qualunque umano si fosse messo davanti alla loro strada. Non riusciva a riconoscere nessun volto da quella distanza, nè Aulo, nè Budoc, nè nessun altro di sua conoscenza. Decise di girarsi e smettere di guardare quelle immagini che gli si mostravano davanti. Chiuse gli occhi e corse come il vento, il più lontano possibile da lì. Ritornò da Glenys, sperando che, dopo la lunga corsa che avevano affrontato, si fosse ripresa: la trovò appoggiata al muro di pietra, mentre recitava alcune preghiere in celtico, biascicando frasi impronunciabili e chiudendo gli occhi nei momenti in cui voleva concentrarsi meglio sulle divinità che stava invocando. Marcus si sedette accanto a lei, ascoltando nel massimo silenzio, riuscendo anche a sentire le urla dei guerrieri morenti.
''Voglio tornare con la mia legione'' 
Riuscì a zittire Glenys che ormai era alla fine delle sue invocazioni. 
''Meglio così, qui sei solo un impiccio'' affermò la ragazza, che lo fissò dritto negli occhi verdi stupefatti del Romano. 
''Non ti rendi conto?'' continuò toccandosi il viso in segnò di disperazione. ''Io sono la promessa sposa di Budoc, ti ucciderà lo sai?''
''E lo sai che molto probabilmente invece sarà lui ad essere ucciso perchè a pochi chilometri da qui i miei soldati stanno ammazzando la tua gente e tu ti stai preoccupando per un cazzo di bacio che non ha visto nessuno e che potrai dimenticare?''
Lo guardò, rimanendo impassibile di fronte a quelle parole che la trafissero come minuscoli frammenti di ferro, sentendo che quello che aveva detto era più che giusto. Si stava preoccupando per qualcosa che in quel momento risultava essere l'ultimo dei suoi problemi. 
''Comunque sia, se tanto ti preoccupa, non accadrà più, ho una moglie e ho avuto più di un'amante, non mi va di mettermi in situazioni scomode con un uomo che mi ha aiutato in un momento di difficoltà e che posso considerare un amico.''
Dire ciò che aveva detto fece male a Marcus: per qualche strana ragione, si sentiva attratto da quella donna in modo quasi malsano, malato. Sapeva che quello non era amore ma qualcosa di più insano. Un'attrazione fatale; verso di lei provava un misto fra protezione e passione, inspiegabile e incontrollabile.
''So che non  hai detto ciò che pensi veramente''
''E' vero''
''So che pensi che mi ami o una cosa di quel genere''
''E' vero''
''Non è così, non ti preoccupare''
La osservò un attimo, cercando di capire se ciò che diceva fosse una grossa bugia per cercare di convincerlo del contrario dei suoi sentimenti o se stesse dicendo la realtà dei fatti.
''E tu come faresti a saperlo?''
''Mi sono sempre ripromessa di non sposarmi o avere rapporti con un licantropo, per me sarebbe stato fin troppo facile'' sospirò.''I miei antenati sono da secoli lupi. Ognuno di loro, nascita per nascita. Poi sono nata io un bel giorno d'inverno, in mezzo ai rovi e alla neve, senza avere il tratto caratteristico della mia famiglia. Teoricamente dovevo essere anche io una mannara, praticamente ho ereditato solo il fascino che le lupe di sangue puro imprimono sui maschi Alfa, oltre a una spiccata bellezza.''
''Modestamente, aggiungerei.'' La interruppe Marcus facendo scappare ad entrambi una risata che in quel momento era decisamente fuori luogo.
''Quindi sono solo attratto per una forza maggiore da te''
''Sì, esatto. Diciamo che la tua anima mi vede come una ottima procreatrice; bambini sani forti e lupi''
''Ho capito, perchè allora Ryana parlava di scelte al banchetto? E' ereditario no?'' 
''Perchè solo loro padre era un lupo mannaro. Per ereditare il gene entrambi i genitori devono esserlo. Così il loro capo ha fatto decidere a ciascuno di loro se diventare o meno come lui; l'unica che manca all'appello è Sarane, solo perchè ancora non è abbastanza matura secondo Budoc per decidere se esserlo o meno. Da quando è morto il loro capofamiglia lo è diventato il tuo amico e salvatore, che inoltre era anche il mannaro maggiore, suo fratello gemello conta poco, solo perchè ha deciso di non essere come tutti gli altri, per non parlare di Ryana che come hai potuto vedere vorrebbe diventare una sacerdotessa officinante, ma è donna e questa sua voglia non la mette di buon occhio, al massimo potrebbe fare l'aiutante.''
Ci fu un altro suono, più basso e cupo di quello che avevano sentito poche ore prima. Avevano perso. I celti erano stati sconfitti dalla nona legione.
''Io vado a vedere cosa è successo''
''Vengo anche io con te''

---

L'odore dei corpi bruciati e in putrefazione si era sparso fino ai boschi. Marcus vide Budoc inginocchio, di spalle, a un lato di quella che era una volta il suo piccolo paese, la sua tribù, di cui erano rimaste solo le ceneri. Si avvicinò, cercando di capire perchè il suo amico, il suo fratello, fosse lì, come una statua di bronzo, fermo. Poi capì. Teneva in braccio un piccolo corpo, sottile. Capelli lunghi, un viso ancora troppo giovane da poter definire di donna. Era Sarane. Morta, oltrepassata da un gladio al centro del capo. La stringeva, l'accarezzava, dicendole parole di rassicurazione, come se potesse sentirlo, come se fosse viva. La scena commosse Glenys che si avvicinò al futuro marito cercando di fargli lasciare il corpo della sorella, invano. 
''Ti prego Budoc, lasciala. Lasciala e vedrai che la natura se la riprenderà con se dandole una vita migliore.''
Non ascoltava Budoc. Tratteneva le lacrime, come faceva un vero uomo, un vero soldato, un vero lupo. Alexina poco lontana piangeva abbracciata ai figli e al marito che cercava di consolarla. Recitava cumpulsivamente qualcosa in celtico o un'altra lingua particolare, Marcus sentiva che era una lingua diversa, più antica forse, non lo sapeva. Iniziarono tutti intorno a lui, cantando e piangendo la intonavano.
Hi-ri, Hi-ro, Hi-ri.
Hoireann is O, ha hi, ra ha, ra ho ra.
Hoireann is O, ha hi, ra ha, ra ha ra.
Hi-ri, Hi-ra, Hi-ri.
Saol na saol,
Tús go deireadh.
Tá muid beo
Go deo.
Saol na saol,
Tús go deireadh.
Tá muid beo
Go deo.
Hi-ri, Hi-ra, Hi-ri,
Hoireann is O,
ho hi, ra ha, ra ha ra.

La commozione generale travolse anche il Romano, che per quanto fosse insensibile alla morte, il momento in cui Budoc la lasciò a terra fu per lui straziante. 
''Dov'è Ryana?'' esordì Budoc cedendo al panico già fomentato dalla morte di Sarane.
''Non lo so, calmati, sarà qui, da qualche parte'' gli parlò Alexina dopo aver asciugato il viso rigato dal pianto.
''E' notte, i Legionari sono in giro, bastardi, devono morire tutti e con loro le proprie famiglie. Maledetto anche quel Marcus, solo perchè ora è un lupo non lo devo accettare per forza, mi sono sforzato fin troppo, voglio che se ne vada, ora!''  
Marcus, che era proprio dietro di lui, si girò e se ne andò verso quello che era l'accampamento dei suoi veri compagni, i suoi soldati, il suo popolo. 
''Sapevo che questo non era il mio posto, me ne sarei andato prima o poi, ma già che ci siamo, addio.''

---

I miles erano impegnati a lucidare e pulire le loro armi insanguinate, alla luce fioca delle torce esterne. Marcus guardava le tende e i vessili sbandierati al di là della cinta in legno. Fece un lungo respiro nostalgico e fischiò, facendosi notare da un soldato poco lontano i pali che dividevano il resto della Britannia con l'accampamento. 
''Lucius, vieni qui!''
Lo riconobbe, un ragazzino di appena sedici anni, valoroso ma molto gracile che destreggiava bene con il giavellotto. Lo ricordava perchè l'aveva affiancato in molte occasione, anche l'ultima volta che aveva combattuto con la nona. 
''Per Giove, Generale Rubeus!'' il ragazzo si avvicinò e lo salutò alla maniera militare.
''Chiama gli altri e fammi aprire, spiegherò tutto dopo''
Corse verso la tenda centrale, quella probabilmente dell'altro generale, gridando a squarcia gola che, il valoroso Marcus Iunius Rubeus era stato salvato dalle grinfie dell'Ade. 
Le porte si aprirono, generando un gran fracasso. Aulo Plazio, ancora in tenuta da battaglia, lo accolse a braccia aperte. 
''Marcus, come puoi essere vivo?''
''Lo sono, è questo l'importante, no?''
L'altro gli sorrise, mostrando i suoi denti rovinati per la poco igiene orale che dominava fra i soldati. Si cominciarono a incamminare verso la tenda.
''E questi vestiti ridicoli, dove li hai presi?''
''Li ho rubati, dovevo pur vestirmi, c'ho messo un po' a trovarvi.''
''Un solo giorno! Ieri eri morto, e guardati ora... sano come un pesce!''
''Già, visto? Non mi uccide nessuno!''
''Ma tu avevi una lacerazione profonda al centro del petto, Marcus. Dov'è?''
''Entriamo e cercherò di spiegarti tutto.''

Marcus si sedette mentre Aulo faceva pulire due toghe rosse da indossare nei momenti come quello durante le guerre. Si spogliò di quelli che erano sinceramente strani abiti, e indossò la toga, ritrovando la comodità persa nel giorno passato. 
''Spiegati Rubeus'' disse con impazienza Plazio, volgendogli uno sguardo truce.
''Non so come spiegarti... io...''
''Dici Rubeus, diamine!''
''Mi sono risvegliato e non c'era più, mi ricordo solo strane scene con donne che giravano intorno al mio corpo dicendo qualcosa nella loro lingua barbara, ed eccomi...''
Non poteva veramente spiegare cosa era successo veramente: non ci credeva nemmeno lui stesso, come poteva credere reale una cosa simile qualcuno che pensava che determinate bestie e animali, come i licantropi, fossero solamente fantasie di qualche bislacco autore greco?
''Potresti essere stato maledetto, un sacrificio in cambio della guarigione della tua ferita!''
''Non essere superstizioso Aulo, non è così facile.''
''Dobbiamo chiamare immediatamente l'Augure che abbiamo qui, nel campo! Non posso rischiare di immettere nella legione qualcuno che Giove o Marte non vogliono! Nè va della vittoria di questa guerra Marcus!''
Avvicinò a se il suo schiavo e lo mandò a svegliare il sacerdote che era accampato insieme a loro. In pochi minuti arrivò nella tenda e si sedette con un grosso pollo in una mano, e nell'altra briciole di cibo avanzate la sera stessa. 
''Dobbiamo vedere come si ciba l'animale, sapete come funziona.''
Buttò per terra gli avanzi e lasciò libero il pollo su di esso: cominciò a beccare con tanta avidità che nemmeno il tempo di sbattere le ciglia che già il pavimento era ben che pulito.
''Tripudium Solistimum!'' esclamò il Pullarius, rendendo felici entrambi i generali.
''Perfetto, sei dei nostri, gli Dei vogliono questo e se lo vogliono gli Dei, lo vogliamo anche noi! Il problema ora è che nessun cerusico potrebbe capire una guarigione simile. E nemmeno io.''

 
  
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