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Autore: Kylu    19/11/2013    6 recensioni
Sul fatto che Kathleen Aster fosse una babbana, non c'erano dubbi.
Vita normalissima (per i quanto i suoi continui sogni ad occhi aperti permettessero), famiglia che si distingueva unicamente per la sua eccessiva severità, e nessun aneddoto magico della sua infanzia o prima adolescenza da raccontare. Scuola babbana, vestiti babbani, casa babbana, e – la cosa le provocava un'inimmaginabile repulsione verso se stessa – cervello babbano.
Eppure, c’era qualcosa che distingueva Kathleen Aster da tutti i suoi simili.
Lei credeva.
Le credeva e, in fondo, quel mondo magico di cui tanto si parlava nei libri lo sentiva anche un po' suo.
Era la differenza, si diceva, tra essere trascinati a forza in una bataglia mortale e entrare nell'arena a testa alta. In molti avrebbero pensato che la scelta personale in fondo non c'entrasse nulla, e che non ci fosse poi questa grande differenza, ma lei sapeva -allo stesso identico modo per cui lo aveva saputo Harry Potter, con pensieri quasi identici a questi, tanto tempo prima- che c'era tuttala differenza del mondo.
Perchè "sono le nostre scelte che mostrano chi siamo realmente, molto più delle nostre abilità".
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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-IMPORTANTE: una piccola nota a inizio capitolo… Rileggendo qui e là il testo originale della fanfiction mi sono resa conto di aver commesso un madornale errore: i nomi dei serpeverde amici di Scorpius sono infatti Nott e Zabini, ovviamente, mentre io nella confusione dovuta alla velocità di scrittura al pc ho sempre scritto Blaise e Zabini, ovvero nome e cognome della stessa persona, tra l’altro della vecchia generazione. Ora l’errore è stato corretto nei capitoli precedenti e d’ora in poi si parlerà con i cognomi appropriati. Scusate ancora per la svista!
Kylu
 
 
Kathleen sospirò, esausta, gettandosi di peso su un divano sfondato color cremisi davanti al camino, le cui lingue di fuoco diffondevano una calda luce aranciata nello spazioso ambiente circolare. La sala comune di Grifondoro era quasi vuota; i pochi studenti presenti cercavano di godersi una delle ultime ore buche senza montagne di compiti da sbrigare.
“Per Merlino” sbuffò Rose, trascinando una poltrona accanto al divano e sprofondandoci a sua volta. “E’ il secondo giorno e mi sento come se mi fossi scolata mezza bottiglia di Pozione Soporifera! Questo sesto anno si trasformerà presto in un suicidio di massa” sentenziò, scostandosi i corti boccoli rosso scuro dal viso e gettando la testa all’indietro, gli occhi serrati.
Kathleen sospirò di nuovo, senza trovare nemmeno la forza per annuire. Si massaggiò la fronte con due dita, avvertendo già un principio di emicrania. Era stata una giornata estenuante… e non era ancora finita.
Dopo una colazione veloce in Sala Grande, lei, Rose ed Albus si erano affrettati verso l’aula di Trasfigurazione; la professoressa Dunat, per quanto i suoi tratti ancora dolci, quasi da ragazzina, non lo lasciassero presagire, era un’insegnante molto rigorosa e non ammetteva ritardi. La doppia ora con lei – in compagnia, ancora una volta, dei Tassorosso – si era rivelata tanto interessante quanto stancante. Per finire in bellezza, poi, la Dunat aveva assegnato alla classe un tema di cinquanta centimetri sulla trasfigurazione animale.
Storia della magia era stata terribile. Fin dai primi tre minuti Kathleen aveva capito che non avrebbe mai seguito realmente quella materia, limitandosi a riscuotersi ogni tanto dal torpore che la voce soporifera del professore fantasma ispirava per prendere qualche appunto distratto.
E ora lei e Rose avevano appena concluso una doppia lezione di Aritmanzia - la giovane Weasley aveva una vera e propria passione per la materia, e sembrava conoscere a memoria il programma del’intero anno. Albus, che seguiva corsi aggiuntivi differenti, era partito invece alla volta di divinazione.
Kathleen si guardò attorno con fare circospetto. Assicuratasi di non avere nessun compagno di casa a portata d’orecchio, si sedette più compostamente sul divano e si raccolse velocemente i capelli in una crocchia alta.
Stava per cominciare a parlare, quando Rose la precedette. “Dobbiamo parlare” disse semplicemente. Kathleen annuì.
“Ieri, dopo che ho raccontato a te ed Al quello che avevo visto… hai detto di avere un’idea riguardo a ciò che significava”.
La ragazza annuì di nuovo. Poi, vedendo che l’amica non proseguiva ma la fissava con malcelata impazienza, si apprestò a spiegare il proprio ragionamento.
“Ecco, beh, magari è una cosa stupida, ma ho pensato… Un gruppo di persone invasate e completamente votate ad un obiettivo comune come erano i mangiamorte – una setta, una congrega, come preferisci – non si sfalda semplicemente perché il loro capo viene a mancare. Anzi, potrebbe essere considerato da loro come una sottospecie di martire della causa e rafforzarne le convinzioni…”
“Ma dopo la battaglia finale i mangiamorte sono stati uccisi o rinchiusi ad Azkaban” osservò Rose, le prime avvisaglie di panico nella voce.
“Non tutti. Non tutti, e lo sai meglio di me” rispose l’altra. “Hanno aspettato che le acque si fossero calmate, hanno atteso qualche anno nell’ombra, come in letargo” cominciò ad ipotizzare poi, parlando lentamente. “ Dopo un po’ di tempo hanno iniziato a ricongiungersi, sempre senza fretta per non dare mai nell’occhio. Formato il gruppo dei sopravvissuti ancora latitanti, hanno iniziato a cercare nuovi seguaci”.
“Stai dicendo…” cominciò Rose, il viso come una maschera bianca. “Stai dicendo… che i seguaci di Tu-sai-chi… vogliono proseguire l’opera anche senza il loro padrone?”
“E’ un ipotesi. Ma non trovo altre spiegazioni plausibili. Una cosa è certa: dobbiamo andare a fondo a questa faccenda. Se dovessi avere ragione…” Puntò gli occhi fuori dalla finestra della torre. La luce inondava ancora i prati verdi e lussureggianti del Castello; la Foresta Proibita si stagliava ombrosa contro il cielo terso.
“…là fuori si sta preparando l’inferno. E probabilmente noi siamo gli unici a poterlo fermare in tempo”.
 
                                                                       ***
 
Domani sera, solito posto, solito modo.
E’ importante, la situazione non può e non deve sfuggirci di mano.
Dovrai risolvere la questione.
A modo nostro.
Ti saranno comunicati modi e tempi in cui dovrai agire.
 
Poche righe, vergate in quella calligrafia che aveva imparato a riconoscere ormai anni addietro.
Poche righe, con l’incredibile capacità di gelargli il sangue nelle vene.
Scorpius piegò la pergamena ormai consumata per le troppe volte in cui era stata letta, accartocciata per la rabbia, stretta nel pugno serrato per il terrore di ciò che si doveva apprestare a compiere.
Solito posto, solito modo.
Non era la prima volta che si mettevano in contatto con lui, affatto. Era forse la fonte più sicura che avessero all’interno di Hogwarts. Un perfetto burattino nelle loro mani.
Bastava tirare un filo o lasciarne un altro, e lui doveva abbassare il capo ed eseguire.
Non che avesse scelta. Non l’aveva mai avuta, e per quel che ne sapeva, non ne avrebbe avuta mai neanche in futuro. Un futuro che si delineava con precisione di fronte a lui, cupo e claustrofobico come non mai.
Dovrai risolvere la questione.
La “questione”… è così che la chiamavano ora? Ovvio, nelle lettere non si poteva lasciare trapelare nulla di più dello stretto necessario. Però quel modo così asettico ed impersonale di nominarla gli procurò un brivido. L’ennesimo della giornata. D’altra parte, non per caso non era in quella combriccola di Grifondoro, coraggiosi fino alla nausea.
A modo nostro.
Era questo che lo spaventava maggiormente.
A modo loro.
E lui conosceva alla perfezione i loro metodi.
 
                                                                       ***
 
L’ultima lezione di Kathleen della giornata era Antiche Rune.
La ragazza si era stupita non poco quando aveva constatato che Rose non avrebbe seguito quel corso; l’amica si era spiegata al riguardo bofonchiando qualcosa sul fatto che avere una madre fissata con le rune ti porta a non poterne più di quella materia fin dall’età dei tre anni.
Rose si offrì però di accompagnare Kathleen fino all’aula giusta, visto che la ragazza non aveva ancora dimestichezza con le scale incantate, i passaggi segreti e i mille trabocchetti del castello.
Appena uscite dalla Sala Comune s’imbatterono in Albus, che strascicava i piedi con un’aria cupa ed abbattuta. Quando le vide alzò appena la testa per salutarle con un cenno, per poi sibilare qualcosa contro “quella perdita di tempo di materia assolutamente inutile e idiota”.
“Povero cugino” commentò Rose tirandogli una pacca sulla spalla. “Per la prossima lezione vedo di procurarti una merendina marinara da zio George, okay?”.
“Si, forse dovrei iniziare a paccare… Ma non tutti hanno la fortuna di quel Malfoy, per esempio. L’anno passato non è venuto a metà delle lezioni e nessuno gli ha mai detto niente. Se mancassi io una volta manderebbero la squadra Auror a cercarmi. Adesso che ci penso” aggiunse poi, “neanche oggi ci ha concesso l’onore di presentarsi, quel serpeverdino inutile. Vabbè ragazze, io vado a buttarmi giù dalla torre dalla finestra del mio dormitorio. A dopo, se venite a raccogliermi!” Albus si congedò con un sorriso sghembo e sparì dietro il buco del ritratto.
“Papà e zio Harry glielo avevano detto di evitare assolutamente divinazione” osservò Rose scuotendo la testa mentre lei e Kathleen passavano oltre. “Ma zia Ginny sosteneva che ora che ad insegnarla c’è solo Fiorenzo sia meglio… E poi a divinazione c’è una certa tassorosso” rise la ragazza.
“Ah, volevo giusto chiedertelo…” cominciò Kathleen, cercando di provare a pensare a qualcosa d’altro (il suo cervello si era inceppato quando Albus aveva nominato Scorpius). “Lui e quella Micol si piacciono, si vede lontano un chilometro, e se me ne sono accorta io in due giorni, possibile che non se ne accorgano i diretti interessati?” chiese.
“A quanto pare si. Possibilissimo, soprattutto se uno dei due è una testa di Nargillo assoluta che non lo capirebbe neanche se glielo dicessi, e l’altra ha un’autostima pari o inferiore a zero e non riterrebbe neanche possibile piacere a lui”.
Erano ormai quasi arrivate all’aula di Antiche Rune quando Rose fece segno a Kathleen di bloccarsi, estraendo la bacchetta.
Passò un paio di secondi osservando il corridoio apparentemente deserto con gli occhi ridotti a due fessure. Improvvisamente alzò la bacchetta contro una vecchia armatura arrugginita.
Depulso!
L’armatura venne scaraventata di lato con un baccano assurdo. Appiattito al muro, fino al secondo prima celato alla vista altrui, stava James, un’espressione ridicola sul viso e i capelli ritti in testa per lo spostamento d’aria causato dall’incantesimo.
Kathleen scoppiò a ridere.
Rose si limitò a fissarlo tra lo scioccato, l’incredulo e il divertito.
“Non dirmi che stai facendo quello che sto pensando che tu stia facendo” esordì poi, l’aria minacciosa, probabilmente a causa della bacchetta ancora stretta in pugno.
“Ehm.”
“JAMES SIRIUS POTTER!” esclamò allora la ragazza, in un tono che avrebbe reso fiera nonna Molly.  “Non avrai cominciato a PEDINARLA, vero?”.
“Ehm…” ripetè James. Poi si staccò finalmente dalla parete e sembrò ritrovare la parola. “Cugina, calmati. Ero qui più o meno per caso e ho pensato di aspettare solo un paio di minuti in più, tutto qui…”
“Tutto qui?” sbottò Rose, per poi unirsi finalmente all’amica in una risata incontrollabile.
“James, sei ridicolo, ti dai tante arie da Casanova e poi sei ridotto a nasconderti dietro le armature per vedere trenta secondi la ragazza che… Oh, ciao Ayumi!” s’interruppe poi, sforzandosi di tornare seria.
“Ciao Rose, ciao Kathleen. Che ci fate qui?”
“Stavo accompagnando lei alla prima lezione di Antiche Rune… e venendo qui abbiamo incrociato per caso James, e ci siamo fermati a scambiare… quattro chiacchiere” sorrise divertita.
“Ah, vedo... Mi stavo giusto chiedendo da dove fosse venuto quel fracasso di prima" disse la Serpeverde alludendo al rumore provocato dall'incantesimo di Rose. "Mi ero quasi scordata che quello lì potesse essere peggio di Pix” commentò poi squadrando James come se stesso osservando un insetto particolarmente disgustoso.
Lui arrossì vistosamente. “Si, ehm, si, ecco, io stavo giusto andando che devo…” il resto della frase si perse in un borbottio indistinto. Dopo di che sparì dietro all’angolo in fondo al corridoio. Ayumi scosse la testa con aria rassegnata, poi salutò le due ragazze e se ne andò a sua volta.
“James è proprio perso” commentò Rose. “Non mi sarei immaginata che potesse uscire di testa a questo modo per una… Comunque siamo arrivate” aggiunse, indicando all’amica un’aula abbastanza piccola ma molto luminosa. I pochi studenti già presenti in aula si stavano sistemando nei banchi in prima fila, recuperando dalle borse pesanti tomi dall’aria antica.
Nel giro di dieci minuti la classe, formata unicamente da una ventina scarsa di studenti del sesto anno di tutte le case – i sopravvissuti ai GUFO, più Kathleen – osservava attenta l’insegnante, che esponeva  il programma dell’anno.
Sandy Temple* era una donna sulla trentina d’anni, giovanile e dal’aria simpatica. Sembrava mantenere con gli studenti un’intesa particolare, impossibile per gli altri docenti.
La lezione passò veloce, classificandosi di gran lunga come la migliore tra quelle succedutesi fino a quel momento. Il suono della campanella decretò fin troppo presto la fine delle due ore. Gli studenti cominciarono a raccogliere le proprie cose e a lasciare l’aula alla spicciolata.
“Kathleen, posso parlarti un attimo?”
Kathleen si avvicinò titubante alla cattedra. Forse l’insegnante voleva dirle che quel corso era troppo avanzato per lei? Che non sarebbe riuscita a stare al passo con il programma e che perciò avrebbe dovuto abbandonarlo?
“La preside McGrannit mi ha raccontato la tua storia… Notevole, davvero notevole” esordì la donna, un sorriso sincero e aperto dipinto sul viso. “Pensavo che avresti avuto parecchie difficoltà a seguire questo corso, che in fin dei conti è uno tra i più difficili. Invece mi hai, come dire, stupita  molto positivamente. Hai letto qualcosa del nostro libro di testo quest’estate?”
“Tutto, professoressa. Tre volte” ammise Kathleen, imbarazzata.
La Temple rimase senza parole per un attimo, poi scoppiò a ridere.
“Vedi te che quest’anno avremo una nuova Hermione Granger… Notevole, sul serio” ripetè. “In ogni caso” aggiunse, “quello che ci tenevo a dirti era che se hai bisogno, per qualunque cosa, passa dal mio ufficio. E’ qui a fianco a quest’aula. Posso darti una mano in quasi tutte le materie, rispiegarti qualche concetto, o anche solo scambiare quattro chiacchiere”.
Kathleen arrossì. L’insegnante pareva così ben disposta, così… sincera.
“Grazie mille” rispose. “Io… non so che dire. Grazie, sul serio”.
“Figurati. Quando posso, aiuto. Ora però va’ a riposare. Di corsa!”.
 
                                                                                  ***
 
I passi di Kathleen rimbombavano per i corridoi vuoti. Tutti gli studenti di Hogwarts erano nelle proprie sale comuni o già in Sala Grande ad attendere la cena. La ragazza camminava con calma, godendosi il silenzio del castello e gli ultimi raggi di sole che filtravano dalle alte finestre.
All’improvviso avvertì una serie di passi provenire da una qualche direzione attorno a lei. Non sembravano seguirla, parevano più che altro andare avanti e indietro, come nel movimento tipico di chi è particolarmente nervoso o angosciato.
Due secondi di silenzio, poi… eccoli di nuovo.
Il suono non proveniva dal corridoio che si apriva di fianco a lei, né si perdeva in lontananza verso le scale che le stavano di fronte.
Kathleen si guardò attorno. Aveva una sola soluzione: una porta in fondo allo stesso corridoio dal quale era venuta. Indietreggiò, un po’ spaventata.
I passi sembravano essersi fermati.
Con gli occhi fissi davanti a sé continuò a procedere camminando all’indietro, finche non avvertì contro la schiena la superficie dura e fredda della porta. Allungò una mano dietro la schiena e abbassò la maniglia d’ottone.
Con uno scatto, aprì la porta e vi s’infilò dentro, svelta.
Un secondo dopo era a terra, dolorante
“Che diamine ci fai tu qui?”
Biondo platinato, gli occhi grigi d’un mare in tempesta, Scorpius Malfoy cercava di ritrovare l’equilibrio perduto dopo lo scontro con la ragazza.
Kathleen cercò di mettersi seduta sul duro pavimento di pietra. “Cosa ci fai tu qui, piuttosto” gli rispose a tono.
“Si da il caso che questo sia il bagno dei maschi. Devo giustificare il mio bisogno di andare in bagno, Aster?”.
Esitò, portando gli occhi su qualunque cosa non fossero gli occhi della ragazza. Le allungò una mano con fare incerto. Kathleen la fissò per qualche secondo, poi si tirò su da sola. Non intendeva ricevere altri aiuti da quel ragazzo. Con un gemito di apprensione notò che la caduta le aveva riaperto la ferita che si era procurata al braccio durante la traversata del lago.
Rialzò gli occhi sul viso del biondo, impedendo alle proprie gambe di tremare.
“Già che ci siamo…" cominciò lei. "Vorrei dirti due parole. Grazie per quello che hai fatto per me ieri dopo colazione e a pozioni, davvero. Grazie. Però ora basta. Non capisco il tuo gioco. E non voglio provare a capire te” mentì, “ma se per caso ti senti in qualche modo, che ne so, obbligato ad aiutarmi… Lascia stare. Fare il gentile per poi sfottermi alla grande con i tuoi amici… no, grazie. Detto questo, ci si vede, ora vado in infermeria”.
Si girò nuovamente verso l’uscita, una mano a stringere  il braccio leso, dimentica perfino del rumore dei passi che l’avevano condotta fino a quella porta.
“Aspetta”.
Kathleen si girò. Cosa c’era ora, Malfoy aveva intenzione di chiederle scusa? Di spiegarle il suo comportamento da bipolare?
Il biondo estrasse la propria bacchetta dalla tasca della divisa, poi la puntò sul braccio della Grifondoro. Un veloce incantesimo non verbale, e nuove bianche bende di lino fasciarono il braccio sanguinante.
“Nessuno mi obbliga a fare nulla, Aster” affermò poi.
Dopo di che si voltò e uscì.
I suoi passi si persero presto nel silenzio.
 
 
                                                                                  ***
 
Jeremy le si era seduto vicino durante cena, aveva preso a chiacchierare e non la mollava neppure ora, mentre si avviavano con gli altri verso la Sala Comune. Non che le desse fastidio, tutt’altro. Kathleen però era stanca morta e aveva un’emicrania pazzesca; non avrebbe desiderato nulla di più di buttarsi sul suo letto a baldacchino del dormitorio nella torre e concedersi una sana dormita rigeneratrice.
“…Quindi la McGrannit ha detto che penserà se lasciarti venire ad Hogsmeade nonostante tu non abbia il permesso scritto dei tuoi. Ma l’ho quasi convinta, tranquilla. Se proprio va male però puoi sempre chiedere a James di imprestarti il vecchio Mantello dell’Invisibilità, a te non dirà di no, d’altra parte… Aspetta, quello cos’è?” s’interruppe Jeremy.
Un aereo planino di carta si era appena raggiunto Kathleen librandosi a mezz’aria, e ora la seguiva passo dopo passo. La ragazza si fermo, allungò la mano e lo afferrò, per poi dispiegarlo lentamente.
 
Devo parlarti.
Domani dopo la tua punizione in infermeria.
Mi troverai dietro la terza serra di erbologia.
Nicholas
 
Kathleen scosse la testa, fremente di rabbia. Quella sottospecie di schifoso Schiopodo Sparacoda  col cervello di un vermicolo! Come si permetteva?
“Tutto a posto?” chiese Jeremy preoccupato. In tutta risposta Kathleen gli passò il biglietto.
“Che pezzo di…” iniziò, furente.
“Lascia perdere” disse in fretta lei.
“Non lascio perdere, quell’ipocrita!, ti giuro che se lo becco io…”
“Kathleen!”
Una nuova voce interruppe quello che si prospettava essere un fantastico monologo di Jeremy contro Nicholas.
“Kathleen, mi manda la McGrannit, devi assolutamente venire nel suo ufficio! Corri, muoviti, dai!”
Era Albus, ed era semplicemente sconvolto.
“Questa volta non ha fatto assolutamente nulla! Era con me, non ha fatto niente, sono io che tra un po’ vado a picchiare Nicholas e appenderlo a testa in giu dalla torre di astronomia…”
“Kathleen, muoviti” ripetè Albus ignorando l’altro grifondoro, “Dalla McGrannit, subito!”
“Ma cosa diamine è successo?” chiese la ragazza, un principio di terrore nella voce.
Albus distolse lo sguardo dal suo ed esitò.
“Si tratta di tua madre” mormorò infine, la voce spezzata.
“Hanno appena chiamato dal San Mungo. Tua madre è ricoverata lì… in coma”.
 
 
 
 
*In onore di Miss Temple in Jane Eyre, l’insegnante che per prima crede nella protagonista del libro e le da tutto l’aiuto di cui è capace.
 
 
SPAZIO AUTRICE
Ma ciao lettori (: Tutto bene?
Si, lo so che sono imperdonabile. Sono passati secoli dall’ultimo aggiornamento.
Non uccidetemi però. Se mi uccidete chi continua la fanfiction?
Beh, ho poco da dire sul capitolo. Il prossimo arriverà nel giro di pochi giorni, e stavolta sul serio, perché a differenza delle altre volte so già esattamente come proseguire la storia.
Nel frattempo voi recensite, recensite, recensite! Sapete che è importante per me. Per sapere che ne pensate, per avere nuove idee, per capire se devo proseguire la storia o mollarla lì incompiuta…
Vi ricordo il gruppo della fanfiction, https://www.facebook.com/groups/509139912512552/541943085898901/?notif_t=like (spero funzioni il link).
Al prossimo capitolo… e grazie a tutti (:
Kylu
 
Nox!
  
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