Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Daisy Pearl    19/11/2013    4 recensioni
Finì di parlare e ansimò brevemente, come se avesse fatto una corsa infinita, lo sentii andare avanti e indietro e in qualche modo riuscii a immaginarmelo. Aveva un lungo abito bianco che si adagiava sul pavimento in pietra. La veste ondeggiava con eleganza e sembrava brillare di luce propria. Le lunghe ali erano spalancate sulle sue spalle, candide come il vestito e, a completarne la figura c’erano i classici boccoli oro che gli ricadevano sulle spalle con gentilezza. Potevo quasi vedere gli occhi azzurri come il cielo fissarmi attendendo che fossi in grado di alzarmi, in quel modo mi avrebbe potuta portare dove dovevo stare.
Mi avrebbe portata all’inferno.
- Questa è la storia di Mar e di Dave. Una storia di magia, tradimenti, colpi di scena, pazza, lucidità, amore. Bene e male si intrecciano in continuazione fondendosi in alcuni punti per poi separarsi. Il confine tra bianco e nero non è mai stato così invisibile.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Gioco di...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Myria osservò Richard mentre parlava con un Josef. Quest’ultimo era un vecchio che se perdeva le staffe era in grado di emanare una quantità di potere in  grado di far saltare in aria tutta la tenuta. Per i primi tempi Myria aveva costruito intorno a lui una specie di campo di contenimento, in modo da contenere eventuali fuoriuscite di potere, poi, col tempo gli aveva insegnato a controllarsi  e lei era sicura che stava per giungere il momento di renderlo libero. Richard era piegato sulle ginocchia e ascoltava quello che il vecchio Josef aveva da dargli con un sorriso educato dipinto sulle belle labbra. Lei sospirò ammirando la bellezza del giovane: i capelli biondo sporco che gli arrivavano fino alle spalle gli davano un’aria regale, ma era lo sguardo a colpirla di più. I suoi occhi erano gentili e le facevano tremare le gambe ogni volta che si posavano su di lei.
Sentii dei passi che si avvicinavano e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi era giunto accanto a lei.
“E’ sotto controllo!” disse trattenendo a stento la felicità.
“No che non lo è!” Mark sembrava furioso. Lei si voltò per guardarlo in faccia e la trovò contratta, come se non fosse contento dei progressi di Richard.
“Che ti prende?” gli domandò accigliandosi.
“Lo fai stare così vicino agli altri, così minacci le loro vite e tu lo sai!”
“Ti sbagli! Lui è sotto controllo!”
“Come puoi dirlo dopo sole due settimane?”
“I suoi battiti sono sempre regolari, i suoi occhi sempre normali, lo controllo, prendo nota dei cambiamenti e nelle ultime due settimane non ne ha avuti, si sta opponendo!”
“La sua nuova natura prenderà il sopravvento!” sibilò tra i denti Mark distogliendo gli occhi dal bel viso di Myria e posandolo sul ragazzo.
“E’ questa la sua natura!” esclamò lei indicando con la mano Richard.
“Sappiamo che non è così!”
“E’ un ragazzo molto forte, ce la farà!”
“Com’è possibile che il mostro che è in lui non sia mai emerso nemmeno una volta? Non può esserci un cambiamento così netto!” ribattè lui fissando il ragazzo con odio.
“E’ piuttosto bravo a mettere in pratica i miei metodi!” sbottò lei.
“Non dire sciocchezze, i tuoi metodi sono fallaci!”
Myria sentì la rabbia crescere dentro di lei, si portò le mani sui fianchi e lo guardò malissimo.
“Puoi anche non credere che funzionano, ma i fatti parlano diversamente!”
“Io so perché sei così convinta che stia funzionando!” sbottò lui.
“Ah sì?” lo sfidò lei incollerita sempre si più.
“Lui ti piace!”
Ci fu una pausa di silenzio.
“E anche se fosse?” stette sulla difensiva.
“Dato che ti piace sei propensa a credere che lui sia normale, così potrai vivere con lui una vita piena e felice!”
Lei strinse la mascella e cercò di placare la rabbia. Mark era solo preoccupato per la sua e l’incolumità di tutte le persone che stavano in quella casa e in quella porzione di foresta.
Fu allora che avvenne quello che le meno si sarebbe aspettata.
Un urlo si sollevò nell’aria, come se venisse da tutte le parti. Il cuore di Myria accelerò e i battiti, si guardò attorno per cercare la fonte dalla quale provenisse. Vide le spalle di Richard contrarsi e una mano agitarsi davanti a lui. Si spostò di lato per vedere meglio e il terrore le attanagliò le membra. Il vecchio Josef urlò di nuovo e poi la sua mano si accasciò a terra. Myria non aveva bisogno di avvicinarsi per sapere cos’era successo.
“NO!” gridò con disperazione fiondandosi in avanti. Prese Richard per le spalle e lo allontanò dal corpo esanime di Josef, si piegò su di lui e le lacrime le inondarono gli occhi azzurri.
“Josef!” mormorò, come se questo potesse riportarlo in vita.
“Josef!” sospirò nuovamente chiudendogli gli occhi rovesciati all’indietro, di cui non si vedevano più le pupille.
Trattene il respiro mentre lentamente si voltò per fronteggiare Richard. Lui la stava fissando divertito. Aveva un sorriso meschino dipinto sul volto, un ghigno che rovinava i suoi bei tratti. Lei rabbrividì e fissò i suoi occhi. Le pupille invece di essere nere erano rosso sangue e sembravano brillare come torce. Richard si passò la lingua sulle labbra come se stesse ammirando al sua prossima succulenta preda.
“Hai tanto potere da darmi!” sussurrò studiandola con una brama sempre crescente negli occhi. Il cuore di Myria sembrò bloccarsi, mentre il mondo le cadeva addosso. Aveva sperato di essere riuscita a guarirlo, ma probabilmente la magia che lo aveva mutato era molto forte, gli serviva del tempo. Lanciò uno sguardo preoccupato a Mark che non staccava gli occhi da Richard, attento ad una sua qualunque mossa, ma non sembrava spaventato, era più ammirato.
Myria cercò di deglutire. Non sapeva cosa fare. Non poteva fare del male a Richard, non lo avrebbe sopportato, ma se si fosse lasciata uccidere non avrebbe più potuto aiutare nessuno.
Il ghigno sul volto del ragazzo si aprì e un secondo dopo Richard era scomparso. Myria riprese a respirare e sentì dei rumori proveniente da un’altra stanza. Il cuore riprese a battere furiosamente, corse verso il rumore con dietro Mark. Spalancò la porta giusto in tempo per sentire un altro urlo. La voce era più acuta e le fece gelare il sangue nelle vene. Richard teneva tra le braccia una bambina. La testa della piccola penzolava nel vuoto. Lui sorrise e la posò a terra senza molte cerimonie. Nuove lacrime sgorgarono dagli occhi di Myria mentre il peso di due vite cadeva addosso alla sua stupidità. Stava pagando per il suo errore, stava pagando a caro prezzo.
Socchiuse gli occhi e fisso con ira sempre crescente Richard, o la sua ombra.
Immaginò con tutte le sue forze una luce che si diramava da ogni suo poro e lo travolgeva in pieno privandolo dei sensi.
Una luce accecante uscì da lei, si sentì scaldare le membra, le lacrime sul suo viso e sul suo collo evaporarono, il dolore fu tutto concentrato in quel gesto. La luce travolse Richard facendo spegnere il ghigno soddisfatto che lo rendeva così diverso dal ragazzo che aveva conosciuto, dal ragazzo che aveva iniziato ad amare. Lui spalancò gli occhi mentre la luce rossa nelle sue pupille non si spegneva.
Si accasciò a terra come morto.
 
 
Mi svegliai di scatto trattenendo un urlo. Ansimavo terrorizzata, la luce accecante sembrava ancora balenare di fronte ai miei occhi. Li chiusi cercando di farla scomparire, eppure era ancora lì, come se fosse stata dipinta dinnanzi alle mie pupille. Mi stropicciai gli occhi e tentai di ricordare il sogno.
Come sempre, più i secondi passavano, più esso scivolava via dalla mia mente, però quella volta avevo raggiunto una consapevolezza in più: facevo sogni che contenevano sempre gli stessi personaggi. Cercai di rammentarne qualcuno, ma l’unico nome che mi risuonò nella testa fu Myria. Mi alzai di scatto continuando a ripetermelo per paura di dimenticarlo, presi una penna dalla scrivania di Dave e cercai disperatamente un foglio, non trovandolo me lo scrissi su un lato del palmo della mano.
Myria.
Perché mai dovevo inventarmi un personaggio del genere? Sospirai cercando di calmare il mio cuore impazzito mentre osservavo le lettere impresse nella mia pelle. Mi passai l’altra mano sulla fronte e la trovai sudata, mi asciugai con il lenzuolo del letto di Dave. Lui avrebbe preferito dormire con me, ma avevo pensato bene di fare come la sera precedente, avevo finto di dormire occupando tutto il letto e lui, per non svegliarmi, aveva deciso di dormire al piano di sotto, sul divano.
Guardai fuori dalla finestra, la notte ancora non era passata, mi avvicinai al vetro e posai la fronte su di esso, rabbrividendo per il contatto freddo del vetro contro la mia pelle calda. Sospirai. Il mio cuore stava riacquistando il suo solito ritmo pacato, mi trascinai verso il letto e mi ci buttai sopra. Se volevo eliminare quel senso di inquietudine che continuava ad albergare in me per via del sogno dovevo pensare a qualcosa che mi rendesse felice. Pensai al potere che avrei avuto se fossi riuscita a rubare a Jasmine le sue facoltà. Non sarebbe più stata lei a dettare ordini, ma io. Immaginai Dave trattenere il respiro come aveva fatto Rob, vidi la sua faccia diventare rossa, quasi bordeaux, la sua bocca si apriva e si chiudeva come quella di una pesce, cercando di far entrare in essa dell’aria, ma non ci riusciva. Poi cadeva a terra esanime. Immaginai di sovrastarlo e di ridere di lui e dei suoi vani tentativi di sopravvivere. L’inquietudine scivolò via come acqua e mi ritrovai a sorridere sperando che quel giorno arrivasse presto, ridacchiai pensando che probabilmente non era così lontano, anzi. Eravamo alla resa dei conti.
Mi stiracchiai e feci per chiudere gli occhi quando udì dei forti colpi di tosse provenire dal piano di sotto. Un grande fracasso poi si levò nella casa, rumore di qualcosa di metallico che cadeva a terra, probabilmente più di qualcosa. Altri colpi di tosse, quasi disperati. Mi misi seduta tendendo l’orecchio. Sentii dei passi in corridoio e mi precipitai verso la porta spalancandola. Cyfer, con un’agilità che non pensavo potesse avere, fece i gradini a tre alla volta. Giunse nell’atrio  e mise le mani unite di fronte al suo viso, le braccia tese. Teneva in mano una pistola. Forse c’era un intruso in casa. Camminando in punta dei piedi lo seguii giusto in tempo per vederlo scomparire oltre la porta del soggiorno. Gli arrancai dietro mentre altri passi agitati mi seguivano, mi voltai e vidi Alex in pigiama, il volto teso per la preoccupazione, gli occhi sbarrati e fissi sulla porta della sala, entrambi sapevamo chi c’era al suo interno. Sentimmo nuovi colpi di tosse, più moderati, ma non per questo meno anormali e, senza badare alla prudenza, Alex mi superò ed entrò nella stanza, lo seguii senza pensarci troppo. Una sagoma era accasciata a terra scosso da violenti colpi di tosse che sembravano dovergli aprire uno squarcio nel petto. Qualcuno accese la luce e io mi ritrovai a chiudere gli occhi non abituati al chiarore della lampadina che pendeva dal soffitto in modo poco elegante. Scorsi ad occhi socchiusi che la sagoma sul pavimento era Dave, Cyfer era accanto a lui, la pistola posata a terra vicino alla sua mano sinistra, mentre la destra era sul collo di Dave, controllava i battiti probabilmente.
Alex si precipitò dal figlioccio e si inginocchiò accanto a Cyfer portandosi una mano alle labbra. Accarezzò la testa di Dave con dolcezza mentre io rimanevo immobile dietro di lui senza capire cosa fosse successo. Sul pavimento c’erano diversi oggetti che probabilmente qualcuno aveva fatto cadere a terra.
“C’è stato un intruso?” azzardai leggermente preoccupata, non per la salute di Dave, ma piuttosto per il fatto che qualcuno potesse essere entrato in quella casa, questa era una minaccia anche alla mia sicurezza.
Cyfer scosse la testa per negare.
“Credo che abbia avuto un attacco d’asma!” sospirò mentre nuovi colpi di tosse uscivano dalla gola di Dave. “Dave non soffre di asma!” esclamò Alex con la voce leggermente più acuta del solito.
Dave non soffre di asma.
Le parole mi risuonarono nella testa come un’eco.
“Serve dell’acqua!”  intervenne Cyfer guardandomi. Mi diressi verso la cucina e riempii un bicchiere di acqua come se fossi un automa, un solo pensiero occupava la mia mente: Dave non soffriva di asma
“Chiamo un’ambulanza!”
“Non è necessario, sto bene!” biascicò lui con voce roca mentre tossiva ancora.
“E’ meglio che non parli Dave!” lo ammonì Alex agitato. Gli accarezzò la fronte e Dave cercò di alzarsi, mi avvicinai con il bicchiere d’acqua e lo passai a Cyfer. Non appena lo sguardo di Dave si posò su di me, parve stare incredibilmente meglio, perse un po’ del rossore del viso e piegò le labbra secche in un piccolo sorriso. Cercai di ricambiarlo.
“Pensavo che non ti avrei più rivista!” sussurrò prima che la tosse gli facesse serrare forte gli occhi. Si portò una mano al petto. Gli altri due uomini della stanza mi lanciarono un’occhiata prima di rivolgere nuovamente la loro attenzione  a Dave.
“Ti farò delle domande…” inziò Cyfer “Dovrai solo annuire e scuotere la testa!”
Dave annuì debolmente tornando a fissarmi come per farsi coraggio. Distolsi lo sguardo da lui e ripensai alle parole ‘Dave non soffre di asma’.
 Lo sapevo. Ero stata io. Mi ero distesa sul letto e avevo immaginato con chiarezza tutto, con estrema chiarezza.
Magia creativa. Non poteva essere stata Jasmine, lei voleva Dave vivo, le serviva per chissà quali loschi scopi, quindi non poteva essere stata lei. Ero stata io. L’avevo quasi ucciso. Non volevo la morte per Dave Sullivan, quello era un destino che si sposava perfettamente con la meschinità di Rob, Dave andava distrutto come lui aveva distrutto me, ma non si trattava di qualcosa di fisico, doveva avvenire nell’anima. Dave mi serviva vivo, ma l’avevo quasi ucciso.
Lui bevve a piccoli sorsi dal bicchiere mettendosi a sedere, la tosse era diminuita notevolmente, ma ancora lui aveva una faccia sofferente.
Per la prima volta in vita mia ebbi paura, ma non temevo né Jasmine, né Alan, avevo paura di me stessa. Solo immaginando una cosa che non volevo accadesse essa era accaduta, si era trattato di qualcosa di spontaneo e non calcolato. Il potere dentro di me non era programmato per il gioco di sguardi, era solo qualcosa di potenziale che io potevo usare per rendere reale la mia immaginazione. Era qualcosa di terribilmente pericoloso, qualcosa che dovevo imparare a controllare, altrimenti avrei potuto distruggere tutti i miei progetti.
Una voce che non apparteneva a me comparve nella mia memoria.
Da un lato è meglio così, altrimenti ci sarebbero molti più maghi pericolosi in giro!*
Pericolosi. Ogni immaginazione poteva diventare reale. Era spaventoso e allo stesso tempo stranamente eccitante, mi dava un’enorme sensazione di potere. Potevo fare tutto ciò che riuscivo a immaginare con una chiarezza tale da sembrare reale.
Era fantastico. Era terribile. Dovevo controllarlo.
“Ti sei svegliato perché non riuscivi più a respirare?” il tono di Cyfer era grave.
Dave annuì fissando il bicchiere ancora per metà pieno che aveva in mano.
“Qualcuno ha premuto un cuscino su di te?”
Scosse la testa.
“Hai visto qualcuno in questa stanza oltre a te?”
Negò nuovamente.
“Hai fatto cadere tu questi oggetti?”
Dave fece un paio di colpi di tosse prima di annuire. Emise un respiro profondo e tornò a guardarmi, come se fosse felice di riuscire ancora una vola a vedermi.
“Non riuscivo a far entrare in me l’aria!” sussurrò incatenando i suoi occhi ai miei, come se questo potesse dargli la forza di continuare a parlare senza tossire. Fu inutile perché si piegò nuovamente su se stesso.
“E’ finito all’improvviso com’è iniziato?” lui annuì.
Cyfer si fece pensieroso.
“Non so cosa sia successo, ma devi essere tenuto maggiormente sotto controllo!”
“Cosa intendi dire Edward?” domandò un po’ preoccupato Alex.
“Non c’era nessuno, lui non soffre d’asma. E’ la magia!” si guardò intorno nella stanza come se si aspettasse di veder comparire qualcuno che aveva usato i suoi poteri su di Dave, fortunatamente non sapeva che quella persona era già davanti ai suoi occhi.
“Appena farà giorno ti porteremo a…”
“NO!” mi opposi. Io e Dave ci scambiammo una lunga occhiata, entrambi sapevamo perché non poteva essere trasferito, avevamo una missione tutta nostra da compiere.
“Non ho bisogno di essere protetto!” sussurrò Dave.
“Non hai idea di ciò che hai bisogno!” il tono di voce di Cyfer era duro. Ci fissò entrambi con sospetto. “Prepara le tue cose, tra un paio d’ore partiremo!”
Dave mi lanciò un’occhiata d’intesa. Mi precipitai verso di lui e lo aiutai ad alzarsi. Se non fossi stata così stupida da immaginare tutto quello che era poi realmente successo, non avremmo avuto quella complicazione. Uscimmo dalla stanza e lo aiutai a fare le scale sotto lo sguardo attonito di Alex, che probabilmente non si aspettava tanta gentilezza da parte mia. Non ero gentile, avevamo solo fretta. Dovevamo lasciare la casa prima di due ore. Entrammo nella camera di Dave e chiusi la porta alle nostre spalle. Mi staccai da lui che barcollò leggermente, ma a me non importava. Mi chinai ed estrassi da sotto il letto la scatola blu con la scritta d’oro su un lato che recitava ‘Gioco di prestigio’. La aprì e ne estrassi il quaderno che io e Dave avevamo completato, lo portai nella mia borsa.
“Hai circa un’ora per riprenderti!” lo informai sottovoce. Lui annuì e si sdraiò sul letto chiudendo gli occhi.
“La tua macchina è nel garage?” aggiunsi.
“Vialetto!” disse semplicemente. Ancora meglio, sarebbe stato più facile aggirare Cyfer.
Dave allungò la mano e mi sfiorò la gambe dolcemente. Gli sorrisi con fare rassicurante e cercai di far lavorare il cervello nel miglior modo possibile.
Un’ora dopo Dave non era più scosso dai forti colpi di tosse e riusciva a parlare a bassa voce senza che la gola gli facesse troppo male. Uscimmo dalla sua stanza in punta dei piedi e scendemmo le scale attenti a non fare il benché minimo rumore. La luce della cucina era accesa e due voci maschili provenivano da essa: Alan e Cyfer avevano deciso di non andare a dormire, ma di parlare, di male in peggio.
“Non mi fido di lei!” stava dicendo Cyfer e non ci voleva un genio per capire di chi stesse parando.
“A me non piace, ma non ci ha mai traditi!” venne in mia difesa Alex, suo malgrado.
Attraversammo l’ingresso senza fiatare. Passammo velocemente, uno per volta, nel cono di luce che la stanza illuminata gettava nel corridoio e raggiungemmo la porta senza essere notati.
“La sentiranno sbattere!” gli sussurrai indicando la porta. Lui annuì consapevole di quel fatto.
“Lasciamo socchiusa!” suggerì lui. Poteva essere un’idea. Aprii la porta e lo feci uscire per primo, lo seguii immediatamente e socchiusi l’uscio alle mie spalle, prima di abbassarmi come lui per riuscire a passare sotto la finestra della cucina senza essere visti. Passato l’ostacolo facemmo una breve corsa fino al veicolo e senza una parola mi diressi verso la postazione da guidatore, Dave era ancora un po’ instabile per poter guidare e io conoscevo la strada, più o meno.
Lui prese posto accanto a me, mi studiò come a valutare se fossi pronta. Girai la chiave e il motore della macchina rombò facendo tremare leggermente l’intero veicolo. Uscii dal vialetto in retromarcia e finii sula strada vuota delle cinque di mattina. Fu in quel momento che vidi una sagoma uscire dalla casa di Dave, ero sicura che si trattasse di Cyfer. Mi venne da sorridere al pensiero di com’ero riuscita ad aggirarlo e ad ottenere quello che volevo io.
Premetti  a fondo l’acceleratore e, man mano acquistavamo velocità, scalavo le marce con rapidità e fluidità.
“Qualunque cosa succeda oggi, io ti amo Mar!” la voce di Dave era incredibilmente ferma e tornata al volume normale. Gli lanciai un’occhiata veloce e vidi che fissava con intensità la strada invece che me. Sentii la sua mano posarsi dolcemente sulla mia adagiata sul cambio, la strinse brevemente e poi la tolse. Fui sollevata da quel gesto, non ne potevo più di fingere che le sue tenerezze mi piacessero.
Guardai lo specchietto retrovisore e vidi una bmw nera dietro di noi, una macchina sulla quale ero stata troppo recentemente per dimenticarla.
“Merda!” dissi tra i denti afferrando il volante con entrambe le mani e stringendole attorno ad esso per scaricare la mia rabbia su qualcosa.
“E’ Edward vero?” Dave lo domandò come se sapesse già che quello sarebbe successo.
Invece che rispondere voltai velocemente a destra sperando di depistarlo. La macchina finì per pochi istanti sulla corsia opposta prima che riuscissi a raddrizzarla.
“Sì, è quel bastardo di Cyfer!” sibilai controllando nuovamente lo specchietto retrovisore. Proprio in quel momento la macchina nera stava imboccando la stessa svolta che avevo preso io.
“Merda!”
Era umanamente impossibile riuscire a mettere così tanto i bastoni tra le ruote ad una persona come riusciva a fare Cyfer.
La sua auto stava guadagnando terreno molto velocemente.
“Non lo semineremo mai, lui è stato addestrato a fare queste cose!” Dave tossì debolmente.
“Vedremo!” il mo tono di voce era minaccioso.
Immaginai che il motore della sua auto esplodesse. Vidi i pistoni che andavano su e giù sempre più velocemente  che saltavano via. Vidi il tubo che portava ad esso la benzina rompersi.
Guardai lo specchietto retrovisore sapendo già cosa avrei visto.
Un botto squarciò l’aria, la lamiera nera del cofano saltò in aria staccandosi dall’auto e cadendo alla sua sinistra. Dave si voltò e trattenne il respiro.
Le fiamme sbucarono dalla parte anteriore della macchina nera mentre essa sbandava e tagliava l’intera strada per il largo. La bmw si fermò mentre io premetti ancora più forte sull’acceleratore.
“Fermati!” mi intimò Dave “Dobbiamo aiutarlo!”
Osservai nello specchietto retrovisore l’immagine dell’auto in fiamme che si rimpiccioliva sempre di più, vidi un uomo scendere da essa a fatica ed allontanarsi dal veicolo.
“E’ in salvo!” dissi senza far trasparire alcuna emozione “Se ci fermiamo non possiamo regolare i conti con Alan Black!”
Svoltai a sinistra e tornai sulla strada principale.
“Speravo che le mie parole potessero farti tornare in te!” la sua voce era triste. Non capivo.
“Quali parole?” gli domandai.
“I miei ti amo!” sussurrò. Lo guardai con la coda dell’occhio, sul suo viso si stagliava un sorriso amaro.
“Non stiamo andando a sconfiggere Alan, Mar, tu mi stai consegnando!” non sembrava disperato piuttosto deluso e amareggiato.
“Lo affronteremo insieme, Dave!” cercai di sembrare convincente.
“Tu sei sua alleata!”
“Come puoi dire una cosa del genere?” mi finsi offesa, mi concentrai sulla strada cercando di capire la ragione per la quale stava dicendo quelle cose in quel preciso istante.
“L’ho visto nei tuoi occhi, sono sempre stato bravo a leggere le persone, non era solo per via del mio dono che ci riuscivo!”
“Certo Dave, ma stavolta hai letto male!”
“Dall’istante in cui sei tornata in quella sera, con la scatola blu sotto il braccio nei tuoi occhi c’era qualcosa di diverso, erano maligni, anche quando cercavi di essere dolce. Erano freddi come il ghiaccio, erano impenetrabili, era impossibile leggerti dentro. Di solito tu cerchi di nascondere i tuoi sentimenti, ma a volte li fai trapelare, accade con un piccolo sguardo, un piccolo gesto. Da quel momento non hai avuto nemmeno un istante di debolezza, eri di metallo, come se tu non provassi alcuna sensazione!”
“Non dire sciocchezze!” sorrisi come se reputassi stupide le cose che uscivano dalla sua bocca. Invece ero colpita, nessuno aveva capito nulla, lui invece sì, aveva intuito tutto dal semplice fatto che non era più umana, non ero più debole, debole come mi aveva plasmata lui con le sue parole e le sue occhiate.
Strinsi le mani più forte intorno al volante mentre venivo travolta dall’odio per la persona che mi sedeva a fianco.
“All’inizio feci finta di non notarlo, ma col tempo eri irriconoscibile, era troppo palese. Decisi che ti avrei fatta tornare in te!”
Strinsi i denti “Volevi distruggermi un’altra volta!” la mia voce era piena di rancore ed equivaleva ad un’ammissione di colpa, ma poco importava, tanto Dave stava per finire, poteva aver capito tutto ciò che voleva.
“Se essere umana per te vuol dire distruzione, allora sì, volevo distruggerti!”
“Ma non ha funzionato! Le tua paroline dolci, i tuoi gesti non funzionano!” ghignai.
“L’ho capito stamattina in modo definitivo!” sembrava triste, rimasi in silenzio aspettando che continuasse “Quando stavo soffocando ho sentito una risata che mi ha fatto accapponare la pelle e sapevo che era la tua risata!”
Con la coda dell’occhio lo vidi rabbrividire, ricordai che avevo immaginato di ridere godendomi lo spettacolo di lui agonizzante sul pavimento.
“E ho capito anche un’altra cosa, se consegnarmi ad Alan è ciò che ti rende felice, bene, fallo! Tu sei così preziosa per me che non me ne importa nulla di quello che farai della mia vita, puoi vendermi, maltrattarmi, possedermi. Se questo ti rende felice allora lo puoi fare!”
“Oh, non farò nulla di questo!” dissi assaporando le parole sulla lingua prima di pronunciarle “Sei così buono e altruista. Io distruggerò quello che sei, è questo ciò che mi rende felice Dave!”
Sorrisi meschinamente mentre la sorpresa compariva sul bel volto di Dave Sullivan. Aveva capito alcune cose, ma sicuramente non tutte.
Immaginai con estrema chiarezza Dave che sveniva sul sedile dov’era seduto. Un attimo dopo la sua testa penzolava di lato e sobbalzava inerte ad ogni buca.
Sorrisi, era come morto.
 
*E’ una delle frasi dette da Myria quando parla della magia creativa.




Allora che ne pensate. Mar vuole arrivare fino in fondo, ci riuscirà?
Probabilmente il prossimo aggiornamento sarà giovedì della settimana dopo questa, perchè lunedì e mercoledì ho due esami! 
Grazie mille a Bloomsbury Cleare97 ILoveItBaby shadows_fantasy che hanno commentato lo scorso capitolo! Grazia anche a quelle persoa che leggono la mia storia, siete tutti importantissimi :D
Grazie 
Daisy
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Daisy Pearl