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Autore: Morganna    19/11/2013    2 recensioni
[IN PAUSA]
Il Brothers Bright è un edificio imponente, ideato per spalancare le sue braccia di nosocomio in epoca vittoriana, e conserva in parte una struttura romantica e decadente. Si potrebbe dire, e forse a ragione, che sia abitato ancora quando ogni luce sembra affievolirsi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La prima brina della stagione. C’è una luna che rivela una distesa di ghiaccio lì dove la sua luce algida pennella di ombre la notte. L’astro è soltanto una falce crescente graffiata in un cielo nero in cui le stelle sembrano essere state ricamate con maniacale cura, tanto da creare un atmosfera finta degna della carta doppio strato delle natività, ma è così ostinata nell’illuminare la distesa boschiva che fa da bordo al grigio asfalto della strada da potersi scambiare per una traditrice nei confronti del cervo.  
Gli zoccoli del giovane maschio – un mantello ancora non uniforme -  si posano sui cristalli di ghiaccio infrangendoli in un tintinnio di campanelli di vetro, udibile nel silenzio.
Il cervo agita il suo bel palco verso la Buick color amarena, ergendosi al centro della carreggiata davanti a due insonni.
L’auto inchioda, scivolando sulle ruote consunte, e in un attimo l’animale è balzato via. In fuga.
Dentro l’abitacolo Lucky Florio, medico legale, ansima con la fronte poggiata sul manubrio.
E’ una ragazza sveglia, e tiene parecchio al suo primo incarico completamente da sola, e non ha alcuna intenzione di morire per una bestiaccia che gli si presenta davanti sulla strada. Così senza avvertire, per puro dispetto.
Accanto a lei il suo accompagnatore si limita a sorridere vagamente con gli occhi fissi lì dove c’era l’animale.
Il dottore è quasi sgraziato nell’altezza che lo comprime dentro l’abitacolo dalla Buick.
Ha lineamenti marcati ed una apparente fretta. Fa un cenno a Lucky, per ripartire.
Entrambi sono stati svegliati dal telefono, ed entrambi durante il rispettivo turno di guardia.
Nulla di insolito,
se non che la natura umana impone di lottare strenuamente per tutto ciò che è vita, ed entrambi sono stati chiamati a testimoniare una, anzi due, morti.
E perfino a chilometri di distanza dall’ospedale, nel verde.
Lucky Florio rappresenta una delle eccezioni alla regola della sopravvivenza
. La specializzanda si è lasciata alle spalle il calduccio della sua stanza per andare incontro ai morti, per incontrare gli umani su un tavolo lucidissimo fra le cause che li portano ad essere esseri orizzontali piuttosto che verticali più precisamente, e a farne il dovuto rilievo. E’ un compito ingrato che svolge ormai da anni, quando nessuno si ricorda mai della moltitudine di camicie buone che finiscono per essere consumate dagli agiti dei parenti più o meno arrabbiati o dolenti. Il compito che sognava da bambina. A dieci anni, un futuro come anatomopatologa. O meglio, come una parola troppo complicata perché una bambina la pronunci.
Era arrivata a coronare le sue ambizioni prendendo in scacco il padre che la voleva ennesima pedina di una famiglia di avvocati.
Sei anni di guerra,e poi il trauma di dover affrontare l’esame in cui sei costretta ad abbattere quegli stessi colleghi con cui poco prima dividevi i libri, il sonno e le scatolette di tonno quando si era talmente stanche dallo studio da essere incapaci perfino di seguire una alimentazione dignitosa.
Molti saluti, qualche addio ed infine l’orgoglio di guadagnarsi da vivere da sole e pagare la Buick tramite i pomeriggi nella stanza del silenzio, lì dove non c’è nessuno che possa vederti o sentire.
Perché se chi è morto è morto non vede e non sente. Pomeriggi di deliziosa solitudine.
Ma stavolta c’è un intera mandria di festaioli da consolare (o ricoverare?) ed allora la ligia specializzanda digita un numero al cercapersone e giù dal letto anche lo psichiatra. Ma proprio lo psichiatra, che si pretende che sia quantomeno un po’ strapazzato per il non essere abituato ad essere traslato in piena notte, ha l’aspetto lindo e quieto di chi non ha mai dormito; in tutta la sua figura soltanto i capelli sono in disordine, tagliati alla rinfusa in ciuffi diseguali che si espandono in tutte le direzioni.  
Lucky vorrebbe scostarglieli quantomeno dalla fronte, ma finisce per annodare un dito intorno ai propri riccioli
gettando così la testa all’indietro in un vezzo capriccioso che le consente di osservare di sottecchi il suo accompagnatore: niente poco di meno che Llewellyn Elsker, il leggendario Herr Doktor, l’imprendibile ombra sulla piazza del Brothers Bright Hospital.
Si potrebbe definire una vero capitombolo della fortuna, questo.  Sicuramente è qualcosa da raccontare alle colleghe l’indomani. Moriranno di invidia. Come è che dicono gli strizzacervelli? Sincronicità.
Tutti quanti sanno quanto il dottore odi spostarsi durante l’orario di lavoro e soprattutto guidare, così tocca adularlo perché salga in macchina ed ancor più sopportarlo come passeggero. Dicerie ormai diventate leggenda raccontano di come sia solito approfittare dei numerosi passaggi per pensare.

Ma Elsker bigia tamburellando le dita sulla plastica dura che contorna il finestrino fino ad animare un ritmo da canzone. Non sembra affatto che stia pensando intensamente a come vada il mondo o a quelle cose che si suppone affollino la mente di chi si occupa di inconscio e cose del genere, o di aria fritta, secondo le perspicaci idee del resto del mondo.
- Ci sarà da bere, Luck – concede l’uomo alla ragazza, lasciando scivolare la voce dalle labbra, quasi senza muoverle. Lì sulla brina le orme che il cervo in corsa si è lasciato alle spalle si perdono nel fango del sottobosco fino a non vedersi più. Rimane una traccia di erba piegata come zucchero caramellato.
La Buick si rimette in moto, ingranando la marcia e diffondendo nuovamente all’interno dell’abitacolo il tepore offerto dall’impianto di riscaldamento prontamente riacceso. Presto sarà inverno, e quell’impianto non basterà più così che dovranno far la loro comparsa dei plaid multicolore a fornire calore extra.
La villa dove fare il rilievo è proprio dietro un ultima macchia di verde, svoltando sulla sinistra in una tenuta immersa nel bosco ed oltremodo lussuosa. Oltrepassando due grossi leoni di pietra che fanno la guardia al cancello lo spiazzo antistante la casa padronale è gremito da una moltitudine di automobili, alcune molto belle e rare ma altre banalmente appartenenti ai poliziotti ed a qualche sporadico paparazzo.
Lucky guida fino ad accostare la sua fidata compagna al vialetto che porta alla piscina e balza giù lasciando le chiavi appese, offrendo ad Elsker via libera attraverso il suo sedile o una disagevole discesa  direttamente in una siepe potata di fresco a forma di coniglietto. Il dottore opta per la siepe sempreverde, che cerca di non abbattere aprendo molto delicatamente lo sportello e maledicendo al contempo quell’infausto giardiniere.
Misha il poliziotto è già sul posto ed accoglie entrambi in un caloroso abbraccio che ignora del tutto lo spiacevole evento che costringe un nutrito gruppetto di insonni a vedersi a quell’ora della notte a chilometri dalla rispettive tane.
La scena incriminata è proprio davanti a loro, nel gazebo vicino alla jacuzzi lì dove è stato montato un provvisorio ma ben fornito studio fotografico. Pannelli di colore neutro ed ombrelli riflettenti esaltano la bellezza cinerea dei corpi seducenti di due ragazzine riverse in pose innaturali, talmente identiche da rendere inconfutabile l’idea che siano gemelle, ed entrambe vestite con abiti scollacciati che tanto stridono con una età che sembra essere ancora molto giovane. Sembrano in tutto e per tutto due grosse effimere e colorate falene trafitte dalla luce dei fari e da quelle luci stroboscopiche che ancora funzionano a tratti giusto per ricordare a tutti quanti che qualsiasi cosa accada la festa deve continuare.
Abbracciate ed ancora in posa con le bocche spalancate di stupore, gli occhi truccati pesantemente con ombretti color pastello che si abbinano malissimo al gonfiore della morte che rende identici tutti quanti, belli e brutti, fissano ancora il punto dove dovevano esserci le macchine fotografiche, adesso inerti e più morte dei cadaveri stessi, con i loro rullini penzoloni come viscere esposte.
Una macchia di liquido che si espande intorno a loro non turba il quadro.  
Ovviamente il tutto è stato lasciato intatto in attesa del medico legale, che adesso scavalca senza alcuna indecisione il nastro bicolore teso dalla polizia per dirigersi speditamente verso la scena del delitto.
- Set fotografico per le reginette del ballo – conferma Misha, preferendo rimanere al di là di quel confine. 
- Due ninfette – sottolinea il dottor Elsker. Ma ha lo sguardo distratto verso il limitare della proprietà.
In qualche modo è sfiorato dal brivido che il cervo possa essere ancora lì, da qualche parte, trovando rifugio nell’opulenza ordinata di quegli alberi piuttosto che nei piaceri che la natura selvaggia può offrire.
Che il cervo abbia vegliato la morte, e lo abbia composto lui il numero che lo ha svegliato dal suo sonno farmaco-indotto e portato fino all’ennesimo stridore di malinconia. Così stringe gli occhi, fino a visualizzare l’immagine delle corna del maschio ed a contare mentalmente le punte viste sui palchi.
- E’ così giovane – bisbiglia, in uno sbuffo di condensa tiepida di vita.
- Oh, Lucky se la caverà – esclama il poliziotto, osservando la sua squadra raggrumarsi come formichine intorno alla giovane dottoressa, che ha già tirato fuori i guanti, il metro e la propria macchina fotografica.
- Ma adesso venga, che c’è una lì dentro che non ha fatto la madre in diciotto anni di vita e ci vuole cominciare ora che sono morte. Vedrà, ha buttato giù tutte le porcellane del salotto. Sta terrorizzando tutti quanti - 

Più tardi, quando l’alba sveglierà perfino i leoni di pietre con il suono mesto di diverse ambulanze, il dottor Elsker onorerà le sue parole notturne offrendo da bere a Misha, alla sua squadra di ragazzi ed alla collega Lucky Florio, un attimo alcool di annata offerto dalla casa (e impudentemente lasciato incustodito fra le mani degli agenti) in costosissime tazze di porcellana, rimasugli della distruzione boriosa di una madre che per la prima volta si accorge di aver perduto le sue bambine.





  
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