La
prima brina della stagione. C’è una luna che
rivela una
distesa di ghiaccio lì dove la sua luce algida pennella di
ombre la notte. L’astro
è soltanto una falce crescente graffiata in un cielo nero in
cui le stelle
sembrano essere state ricamate con maniacale cura, tanto da creare un
atmosfera
finta degna della carta doppio strato delle natività, ma
è così ostinata
nell’illuminare la distesa boschiva che fa da bordo al grigio
asfalto della
strada da potersi scambiare per una traditrice nei confronti del cervo.
Gli zoccoli del giovane maschio – un mantello ancora non
uniforme - si
posano sui cristalli di ghiaccio infrangendoli
in un tintinnio di campanelli di vetro, udibile nel silenzio.
Il cervo agita il suo bel palco verso la Buick color amarena, ergendosi
al
centro della carreggiata davanti a due insonni.
L’auto inchioda, scivolando sulle ruote consunte, e in un
attimo l’animale è
balzato via. In fuga.
Dentro l’abitacolo Lucky Florio, medico legale, ansima con la
fronte poggiata
sul manubrio.
E’ una ragazza sveglia, e tiene parecchio al suo primo
incarico completamente
da sola, e non ha alcuna intenzione di morire per una bestiaccia che
gli si
presenta davanti sulla strada. Così senza avvertire, per
puro dispetto.
Accanto a lei il suo accompagnatore si limita a sorridere vagamente con
gli occhi fissi lì dove c’era l’animale.
Il dottore è quasi sgraziato nell’altezza che lo
comprime dentro l’abitacolo
dalla Buick.
Ha lineamenti marcati ed una apparente fretta. Fa un cenno a Lucky, per
ripartire.
Entrambi sono stati svegliati dal telefono, ed entrambi durante il
rispettivo
turno di guardia.
Nulla di insolito, se
non che la natura umana impone di lottare strenuamente per
tutto ciò che è vita, ed entrambi sono stati
chiamati a testimoniare una, anzi
due, morti.
E perfino a chilometri di distanza dall’ospedale, nel verde.
Lucky Florio rappresenta una delle eccezioni alla regola della
sopravvivenza.
La
specializzanda si è lasciata alle spalle il calduccio della
sua stanza per andare
incontro ai morti, per incontrare gli umani su un tavolo lucidissimo
fra le
cause che li portano ad essere esseri orizzontali piuttosto che
verticali più precisamente,
e a farne il dovuto rilievo. E’ un compito ingrato che svolge
ormai da anni,
quando nessuno si ricorda mai della moltitudine di camicie buone che
finiscono
per essere consumate dagli agiti dei parenti più o meno
arrabbiati o dolenti.
Il compito che sognava da bambina. A dieci anni, un futuro come
anatomopatologa. O meglio, come una parola troppo complicata perché una bambina la pronunci.
Era arrivata a coronare le sue ambizioni prendendo in scacco il padre che la voleva ennesima pedina di una famiglia di avvocati.
Sei anni di guerra,e poi il trauma di dover affrontare
l’esame in cui sei
costretta ad abbattere quegli stessi colleghi con cui poco prima
dividevi i
libri, il sonno e le scatolette di tonno quando si era talmente stanche
dallo
studio da essere incapaci perfino di seguire una alimentazione
dignitosa.
Molti saluti, qualche addio ed infine l’orgoglio di
guadagnarsi da vivere da
sole e pagare la Buick tramite i pomeriggi nella stanza del silenzio,
lì dove non
c’è nessuno che possa vederti o sentire.
Perché se chi è morto è morto non vede
e non sente. Pomeriggi di deliziosa
solitudine.
Ma stavolta c’è un intera mandria di festaioli da
consolare (o ricoverare?) ed
allora la ligia specializzanda digita un numero al cercapersone e
giù dal letto
anche lo psichiatra. Ma proprio lo psichiatra, che si pretende che sia
quantomeno un po’ strapazzato per il non essere abituato ad
essere traslato in
piena notte, ha l’aspetto lindo e quieto di chi non ha mai
dormito; in tutta la
sua figura soltanto i capelli sono in disordine, tagliati alla rinfusa
in
ciuffi diseguali che si espandono in tutte le direzioni.
Lucky vorrebbe scostarglieli quantomeno dalla fronte, ma finisce per
annodare
un dito intorno ai propri riccioli gettando
così la testa all’indietro in un vezzo
capriccioso che le consente di osservare di sottecchi il suo
accompagnatore:
niente poco di meno che Llewellyn Elsker, il leggendario Herr Doktor,
l’imprendibile
ombra sulla piazza del Brothers Bright Hospital.
Si potrebbe definire una vero capitombolo della fortuna, questo. Sicuramente è
qualcosa da raccontare alle
colleghe l’indomani. Moriranno di invidia. Come è
che dicono gli
strizzacervelli? Sincronicità.
Tutti quanti sanno quanto il dottore odi spostarsi durante
l’orario di lavoro e
soprattutto guidare, così tocca adularlo perché
salga in macchina ed ancor più
sopportarlo come passeggero. Dicerie ormai diventate leggenda
raccontano di
come sia solito approfittare dei numerosi passaggi per pensare.
Ma
Elsker bigia
tamburellando le dita sulla plastica dura che contorna il finestrino
fino ad
animare un ritmo da canzone. Non sembra affatto che stia pensando
intensamente
a come vada il mondo o a quelle cose che si suppone affollino la mente
di chi
si occupa di inconscio e cose del genere, o di aria fritta, secondo le
perspicaci idee del resto del mondo.
- Ci sarà da bere, Luck – concede l’uomo
alla ragazza, lasciando scivolare la
voce dalle labbra, quasi senza muoverle. Lì sulla brina le
orme che il cervo in
corsa si è lasciato alle spalle si perdono nel fango del
sottobosco fino a non
vedersi più. Rimane una traccia di erba piegata come
zucchero caramellato.
La Buick si rimette in moto, ingranando la marcia e diffondendo
nuovamente
all’interno dell’abitacolo il tepore offerto
dall’impianto di riscaldamento
prontamente riacceso. Presto sarà inverno, e
quell’impianto non basterà più
così che dovranno far la loro comparsa dei plaid multicolore
a fornire calore
extra.
La villa dove fare il rilievo è proprio dietro un ultima
macchia di verde, svoltando
sulla sinistra in una tenuta immersa nel bosco ed oltremodo lussuosa.
Oltrepassando
due grossi leoni di pietra che fanno la guardia al cancello lo spiazzo
antistante la casa padronale è gremito da una moltitudine di
automobili, alcune
molto belle e rare ma altre banalmente appartenenti ai poliziotti ed a
qualche sporadico
paparazzo.
Lucky guida fino ad accostare la sua fidata compagna al vialetto che
porta alla
piscina e balza giù lasciando le chiavi appese, offrendo ad
Elsker via libera
attraverso il suo sedile o una disagevole discesa
direttamente in una siepe potata di fresco a
forma di coniglietto. Il dottore opta per la siepe sempreverde, che
cerca di
non abbattere aprendo molto delicatamente lo sportello e maledicendo al
contempo quell’infausto giardiniere.
Misha il poliziotto è già sul posto ed accoglie
entrambi in un caloroso
abbraccio che ignora del tutto lo spiacevole evento che costringe un
nutrito
gruppetto di insonni a vedersi a quell’ora della notte a
chilometri dalla
rispettive tane.
La scena incriminata è proprio davanti a loro, nel gazebo
vicino alla jacuzzi
lì dove è stato montato un provvisorio ma ben
fornito studio fotografico.
Pannelli di colore neutro ed ombrelli riflettenti esaltano la bellezza
cinerea
dei corpi seducenti di due ragazzine riverse in pose innaturali,
talmente
identiche da rendere inconfutabile l’idea che siano gemelle,
ed entrambe
vestite con abiti scollacciati che tanto stridono con una
età che sembra essere
ancora molto giovane. Sembrano in tutto e per tutto due grosse effimere
e
colorate falene trafitte dalla luce dei fari e da quelle luci
stroboscopiche
che ancora funzionano a tratti giusto per ricordare a tutti quanti che
qualsiasi cosa accada la festa deve continuare.
Abbracciate ed ancora in posa con le bocche spalancate di stupore, gli
occhi
truccati pesantemente con ombretti color pastello che si abbinano
malissimo al
gonfiore della morte che rende identici tutti quanti, belli e brutti,
fissano
ancora il punto dove dovevano esserci le macchine fotografiche, adesso
inerti e
più morte dei cadaveri stessi, con i loro rullini penzoloni
come viscere
esposte.
Una macchia di liquido che si espande intorno a loro non turba il
quadro.
Ovviamente il tutto è stato lasciato intatto in attesa del
medico legale, che
adesso scavalca senza alcuna indecisione il nastro bicolore teso dalla
polizia
per dirigersi speditamente verso la scena del delitto.
- Set fotografico per le reginette del ballo – conferma
Misha, preferendo
rimanere al di là di quel confine.
- Due ninfette – sottolinea il dottor Elsker. Ma ha lo
sguardo distratto verso
il limitare della proprietà.
In qualche modo è sfiorato dal brivido che il cervo possa
essere ancora lì, da
qualche parte, trovando rifugio nell’opulenza ordinata di
quegli alberi
piuttosto che nei piaceri che la natura selvaggia può
offrire.
Che il cervo abbia vegliato la morte, e lo abbia composto lui il numero
che lo
ha svegliato dal suo sonno farmaco-indotto e portato fino
all’ennesimo stridore
di malinconia. Così stringe gli occhi, fino a visualizzare
l’immagine delle
corna del maschio ed a contare mentalmente le punte viste sui palchi.
- E’ così giovane – bisbiglia, in uno
sbuffo di condensa tiepida di vita.
- Oh, Lucky se la caverà – esclama il poliziotto,
osservando la sua squadra
raggrumarsi come formichine intorno alla giovane dottoressa, che ha
già tirato
fuori i guanti, il metro e la propria macchina fotografica.
- Ma adesso venga, che c’è una lì
dentro che non ha fatto la madre in diciotto
anni di vita e ci vuole cominciare ora che sono morte. Vedrà,
ha
buttato giù tutte le porcellane del salotto. Sta
terrorizzando tutti quanti
-
Più
tardi, quando l’alba sveglierà perfino i
leoni di pietre con il suono mesto di diverse ambulanze, il dottor
Elsker
onorerà le sue parole notturne offrendo da bere a Misha,
alla sua squadra di
ragazzi ed alla collega Lucky Florio, un attimo alcool di annata
offerto dalla
casa (e impudentemente lasciato incustodito fra le mani degli agenti)
in
costosissime tazze di porcellana, rimasugli della distruzione boriosa
di una
madre che per la prima volta si accorge di aver perduto le sue bambine.
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