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Autore: Diemmeci    20/11/2013    4 recensioni
«Hai bisogno di aiuto?», un ragazzo mi sta venendo incontro, ma non riesco a vedere il suo volto per via del sole che mi sta accecando.
«Sono caduta e temo di essermi slogata la caviglia», informo il ragazzo, il quale riconosco all’istante e sobbalzo per la sorpresa.
Jensen Ackles. Seguo Supernatural da una vita ed ho sempre avuto una cotta per lui. Sento le guance prendere fuoco ed abbasso lo sguardo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jensen Ackles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ventitreesimo capitolo

«Papà!» esclamo vedendolo entrare in casa, elegante come sempre.
Mi sorride. «Rachel, come sei bella stasera» il suo complimento mi fa arrossire. Lui, al contrario di mia madre, è sempre stato un asso nei complimenti.
Si accomoda in salotto, distendendo entrambe le gambe sul tavolino laccato di nero. Un’altra delle sue abitudini è questa. Sorrido ricordando le innumerevoli volte che l’ho visto in quella posizione, sin da quando ero bambina ad oggi. Non è cambiato di una virgola e ne sono felice.
«Rachel, puoi venire un attimo?» Jensen mi fa cenno di raggiungerlo.
«Che c’è?» gli chiedo, stranita dal suo comportamento. «Mio padre è arrivato, è in sala. Che ne dici di venire a conoscerlo invece di stare in cucina?»
«Certo» colgo una nota di incertezza nella sua voce.
Sbuffo, puntando le mani su entrambi i fianchi. «Forza, cosa c’è? Temi che mio padre ti possa mangiare vivo o darti in pasto ai cani infernali?» ridacchio.
«Non essere ridicola» fa roteare gli occhi, «i cani infernali non esistono davvero. E no, non temo di non piacere a tuo padre, ma non ho la più pallida idea di come presentarmi».
«Quindi hai paura di lui» riassumo il contenuto. «Senti, Jensen, non  c’è niente di cui preoccuparsi. Dico sul serio. Durante la cena dell’altra sera abbiamo parlato parecchio di te ed era entusiasta all’idea di conoscerti».
«Mi sembra un buono segno» constata.
«Appunto» sospiro, esasperata. «Quindi, adesso che ne dici se andiamo di là? Ti sembra una buona idea?»
Sorride. «Ottima».
Torniamo in sala e mio padre, vedendoci arrivare entrambi, si alza velocemente e porge una mano a Jensen. Lo noto vacillare ma, qualche istante dopo, gliela stringe. «È un piacere conoscerti, Jensen».
«Il piacere è mio, signore» Jensen alza leggermente l’angolo della bocca.
Ci rimettiamo comodi sul divano, io accanto a Jensen e mio padre sulla poltrona davanti a noi. Non è presente nell’atmosfera la tensione che mi ero aspettata, infatti dentro di me faccio i salti di gioia per questo.
«Quindi» mio padre prende parola, «come procedono le riprese della nona stagione? Sono anche io un fan di Supernatural».
Jensen ne sembra grato. «Le riprese vanno piuttosto bene, anche se a rallentatore» ammette. «Ci sono stati dei problemi con vari attori e adesso non facciamo altro che aspettare che si risolvano».
«Ovviamente» risponde prontamente mio padre. «Quali attori hanno avuto dei problemi? Se posso saperlo».
«Un’attrice» sembra indugiare parecchio prima di continuare a parlare, «ha avuto dei problemi in famiglia e un'altra che, purtroppo, si è rotta un braccio e dobbiamo aspettare che guarisca».
«Qual è l’attrice che ha problemi in famiglia?» inarco un sopracciglio.
«Victoria» sussurra, imbarazzato.
«Ah» mi limito a dire, annuendo. «Capisco».
Non pensarci, Rachel, stai calma. Ripeto a me stessa quelle parole per un lasso di tempo che non riesco a ricordare, prima di tornare ad ascoltare la conversazione.
«Segue la serie da tanto tempo?» chiede Jensen, stringendomi una mano tra la sua.
La ritraggo, infastidita.
«Diciamo da quando hanno trasmesso la seconda stagione» mio padre sorride. «Quindi è da parecchio direi».
«Già» borbotto, alzandomi improvvisamente. «Io vado in cucina a vedere a che punto è mia madre. Con permesso».
Mi reco velocemente in cucina, chiudendo la porta e lasciandomi cadere su una sedia. Aver sentito parlare di Victoria mi ha fatto ripensare a ciò che è accaduto e la rabbia, la paura, il timore, tutte sensazioni orribili, sono tornate a farmi visita.
«Tesoro» mia madre, la quale si trova davanti ai fornelli, si volta a guardarmi e sembra aver notato appena adesso che fossi lì. «Hai lasciato Jensen da solo con tuo padre?»
«Si» annuisco. «A che punto sei con la cena?» domando per distrarmi.
«Ci siamo quasi» l’entusiasmo nella voce di mia madre è così evidente che quasi mi sento in colpa a non averne quanto ne ha lei. «E adesso dimmi, cos’è successo di così grave da farti scappare dalla conversazione?»
«Niente» mento, schiaffeggiandomi mentalmente. Mia madre non saprà anche fare i complimenti, ma mi capisce più di qualsiasi altra persona.
Sospiro, arrendendomi al fatto che ormai avesse capito. Le riassumo tutto quello che è accaduto ultimamente, da quando Jensen mi ha raccontato del bacio con Victoria a quando sono rimasta a dormire da Josè e Camilla.
«Oh, tesoro» una volta terminato il racconto, mi abbraccia dolcemente. «Non immagini quanto mi dispiace che tu sia stata così male. Ma adesso è tutto risolto, no?»
Mi stacco dall’abbraccio. «Si» sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, «è tutto sistemato, ma ho ancora paura».
«Credo sia normale» mia madre mi accarezza la schiena, movimenti lenti e rilassanti. «Col tempo guariranno queste ferite che ti porti dentro».
«Lo spero».
«Vedrai» si allontanò da me per raggiungere nuovamente i fornelli. «Qui è tutto pronto!» esclama. «Forza, a tavola! Si mangia!»

Dopo aver cenato, non ho capito per quale motivo, i miei genitori se ne sono andati. Anche Jensen non ha compreso la causa per cui sono dovuti, letteralmente, scappare da casa mia.
«So io cosa devono fare» aveva detto Jensen, ridendo.
Adesso, mentre sparecchio la tavola e canticchio in sottofondo Just the way you are, sono sollevata per il fatto che durante la cena sia filato tutto liscio. Non che mi aspettassi che accadesse qualcosa di terribile ma, dato che la sfortuna è sempre dalla mia parte, un po’ di timore c’è sempre.
«Che stai facendo?» Jensen compare dietro di me, facendomi spaventare. Non l’ho sentito arrivare. «Scusa, piccola» mormora, poggiando le mani sui miei fianchi e facendo aderire i nostri corpi. «Che ne dici se guardiamo un bel film, sul divano?»
«Devo finire di sparecchiare» mi lamento. «Puoi aspettare mezz’ora?»
«No» risponde. «Tu adesso smetti immediatamente e ti vai a infilare qualcosa di comodo. Poi mi raggiungi e ci rilassiamo un po’».
«Ma…»
«Nessun ma» mi interrompe. «Ci penseremo domani, ti do una mano io e finiamo prima. Promesso».
Sorrido. «Va bene, allora».
Raggiungo la mia stanza e mi cambio velocemente, indossando un pigiama, di almeno due taglie più grandi della mia, e completamente rosso. Una sensazione di calore si cosparge su tutto il mio corpo, facendo rilassare i muscoli tesi. Un po’ di relax, finalmente!
«Che film proponi di vedere?» domando una volta tornata in sala, buttandomi di peso sul divano e coprendomi con il plaid, del medesimo colore del pigiama.
«Non hai un’ampia scelta» dice con tono di disapprovazione.
«Lo so» sbuffo, «non guardo molto spesso i film. Potremmo collegare il computer portatile alla televisione, col cavetto, in modo da vedere qualsiasi film vogliamo».
«Un’altra delle tue ottime idee» si complimenta, ridacchiando. «Vado a prendere il computer e il cavetto, quindi».
Annuisco, rimanendo stretta nel plaid rosso.
Un quarto d’ora più tardi, fortunatamente, abbiamo deciso il film da vedere e ci troviamo entrambi distesi sul divano, abbracciati. Sembra una tipica serata da innamorati, che purtroppo non ci capita di vivere spesso.
«Come ti è sembrato mio padre?» sussurro qualche istante più tardi. Guardo di lato, rendendomi poi conto che il viso di Jensen è più in alto del mio e quindi mi ritrovo a guardare il suo collo. Gli lascio un lascio appena sotto l’orecchio e lo sento rabbrividire sotto le mie labbra.
«Simpatico. Totalmente diverso da come lo avevo immaginato» mormora.
«Ah, si?» gli lascio altri baci lungo il collo. «E come lo avevi immaginato, precisamente? Un uomo cupo e sempre arrabbiato?»
«Mentirei se ti dicessi di noi» ridacchia, facendo poi aderire ancora di più i nostri corpi. Abbiamo le gambe intrecciate e la sua mano è ferma sulla mia coscia. Lo sento fremere sotto i miei baci. Per una volta sono io quella che ha il controllo e non lui.
«Per una volta sei stato sincero, almeno» mi pento all’istante di aver pronunciato quelle parole, infatti il suo corpo si tende e cerca subito i miei occhi. «Jensen, non mi riferivo alla storia che riguarda Victoria» mi precipito a dire.
«Invece si» il suo tono è fermo, non lascia trapelare nessuna emozione. «Tu non immagini come mi sento quando ripenso di averti mentito per tutto questo tempo. Ogni giorno è stato difficile e lo è ancora. Non avrei mai voluto farti soffrire».
«Lo so» lo tranquillizzo, prendendo il suo viso tra le mani. «Lo so» ripeto, «e, credimi, adesso va tutto bene. Sto bene».
«Ti amo». Poggia delicatamente le sue labbra sulle mie. Lentamente, il bacio diventa sempre più appassionato e, non ho idea di come, quando mi allontano mi ritrovo sulle sue gambe.
«Ti amo anche io» gli sorrido, intrecciando le mani dietro il suo collo. «Non ha avuto senso decidere di vedere un film, non lo stiamo guardando» sogghigno.
«Sei una distrazione». Velocemente, capovolge la situazione, facendomi ritrovare distesi sotto il suo corpo, che preme contro il mio. «Una piacevole distrazione».
«Se vuoi portami a letto» traccio il profilo delle sue labbra, «basta chiedere e il tuo desidero sarà avverato».
Rotea gli occhi, ridendo. «Ma falla finita».
«Chiedo scusa per aver frainteso le sue intenzioni, signor Ackles» mormoro dolcemente, rubandogli un bacio. «Non voleva offenderla» lo prendo in giro.
«Invece si, è proprio quello che volevi fare» continua a ridere, irradiando il mio mondo. Ogni volta che sorride il mio cuore scoppia di felicità.

Il mattino successivo, stranamente, alle sette sono fuori dal letto e sto già preparando il caffè. Indosso poi i primi panni che mi capitano sotto gli occhi e, sussurrandolo appena, informo Jensen che esco. Lui non sembra nemmeno avermi sentito, ma non mi preoccupo. Sono sicura che una volta tornata a casa, si troverà ancora sotto le coperte a dormire.
Non appena metto piede fuori casa un venticello mi punge in viso, facendomi rabbrividire e maledire mentalmente perché, come mio solito, vado sempre sul sicuro e indosso abiti leggeri. Mi incammino verso casa di Camilla e Josè, sperando di non disturbarli.
Quando la raggiungo, suono al campanello del portoncino ed attendo pazientemente. «Chi è?» la voce squillante di Camilla risuona dall’altra parte della porta.
«Rachel» alzo di qualche tono la mia voce per farmi udire.
Non c’è risposta per qualche istante poi la porta si spalanca improvvisamente, e Camilla compare sulla soglia, sorridente. «Non ti aspettavo così presto, ma sapevo che saresti passata».
«Ci scommettevo» sorrido, entrando in casa. «Josè?» domando.
«Dorme» brontola, «anche Jensen, non è vero?» prosegue, non aspettando una risposta dato che annuisco.
«Sono due pigri» mi lamento, lasciandomi cadere sul divano. «Ad ogni modo, non sono passata per lamentarmi del tuo futuro marito e il mio ragazzo» continuo, ridacchiando. «Tra due giorni ti sposi e volevo solo sapere come procedono i preparativi».
«Va tutto alla perfezione, come doveva andare. Forse anche meglio» i suoi occhi brillano al solo pensiero. «Ho solo un piccolo problema, ma non riguarda i preparativi».
«Cioè?» mi sporgo in avanti, poggiando il mento sulle mani.
«Non…» sembra in imbarazzo.
«Puoi dirmi tutto, stai tranquilla».
Annuisce. «Non riesco a scrivere il discorso» dice di getto, cominciando a riacquistare un colorito più chiaro, dal rosso che le aveva inondato il viso.
Sbotto a ridere, accorgendomi poi che lei è seria. «Ehm» mi ricompongo, «non c’è niente di male, Camilla. Se non riesci a scrivere niente, allora le parole usciranno da sole sul momento».
«Ma io preferirei leggere su un foglio di carta» blatera. «E se poi, ipotizziamo, mi blocco e non riesco più a parlare?»
«Le probabilità sono scarse» constato.
«So che hai ragione» sospira, «ma voglio scrivere un dannato discorso e leggerlo. Sarò troppo emozionata per ricordare tutte le cose che ho da dirgli».
«Capisco» schiarisco la gola. «Che ne dici, allora, se ti aiuto io a scrivere un bel discorso?» propongo improvvisamente.
Lei sembra pensarci e alla fine sorride. «Ottima idea. Mettiamoci a lavoro».
«Perfetto!» ricambio il sorriso.


Spazio autrice:
Ciao a tutti, finalmente ho aggiornato e posso tirare un bel sospiro di sollievo!
Mi dispiace di avervi fatte aspettare, ma il tempo manca e ho avuto dei problemini. Ho appena scoperto di essere Miope e ho comprato gli occhi che, detta sinceramente, non mi donano parecchio.
Okay, la smetto di blaterale! Avevo intenzione di dirvi che, non è ancora sicuro ma allo stesso tempo si (capitemi), siamo quasi alla fine della storia. Non ho voglia di allungarla troppo, le idee sono poche e temo di rovinare tutta la trama. Avevo pensato di scrivere un ultimo capitolo, un epilogo, e terminare in bellezza. E penso farò così. 
Lo scoprirete voi quando aggiornerò, comunque.
A presto, e mi scuso per tutto questo giro di parole per dire una cosa. Un bacione e grazie della vostra attenzione!


Diemmeci
 
  
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