Fanfic su attori > Jared Leto
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Autore: artemide82    29/04/2008    7 recensioni
Autunno a New York, un attore che cerca di calarsi nella parte...ed una ragazza che gli ricorderà il sapore di certi momenti.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ECCOMI QUI COME PROMESSO. ULTIMO CAPITOLO. SPERO CHE VI PIACCIA E SPERO DI AVERVI FATTO UN PO' DI COMPAGNIA IN QUESTI MESI. GRAZIE A TUTTI COLORO CHE HANNO RECENSITO O SOLO SEMPLICEMENTE LETTO, GRAZIE A TUTTE E TREDICI LE PERSONE CHE MI HANNO MESSO TRA I PREFERITI.

E SICCOME FINALMENTE LA PRIMAVERA IN QUALCHE MODO E' ARRIVATA, E CON LEI LE CRISI SEMI-MANIACALI DI SCRITTURA (VEDI UNO DEI CAPITOLI INIZIALI) VI COMUNICO CON GIOIA CHE OGGI HO POSTATO IL PRIMO CAPITOLO DELLA MIA NUOVA FAN FICTION!!! VI AVVERTO: QUALCOSA DI TOTALMENTE DIVERSO.







Nella hall non le fecero nessuna domanda, il suo angelo custode andò a ritirare la chiave per lei e gliela porse. Se la receptionist aveva pensato che doveva essere una groupie ben strana non lo dette a vedere.

  • - la accompagno? - le chiese l'uomo

  • - no, grazie, credo di riuscire a trovare la strada da sola. - già, quel passo voleva farlo in completa solitudine.

    Si avviò all'ascensore e spinse il bottone del quinto piano.

Le porte si aprirono su un ampio ed elegante corridoio. Viola sbirciò i numeri e si diresse verso la stanza di Jared.

Notò che sulla maniglia era appeso il cartoncino “do not disturb” e le venne da ridere: Jared doveva essere diventato un maniaco della privacy con quel lavoro, tanto da non tollerare neanche che le cameriere riordinassero la stanza in sua assenza.

Fece scorrere la carta magnetica nella serratura e la porta si aprì con un piccolo scatto.

Letteralmente si lasciò scivolare dentro.

Nella camera, come aveva previsto, regnava un vissuto disordine: il letto era sfatto, qualche vestito era abbandonato in giro, sul cuscino, rovesciata, la t-shirt che doveva aver usato per dormire.

Sul comodino dei monili, il suo I-Pod infilato nelle casse, una bottiglietta d'acqua a metà. Lasciò scivolare lo sguardo altrove, muovendo i primi passi nella stanza. Sullo scrittoio, vicino alla finestra che dava sul terrazzo c'era il suo lap-top, spento ma lasciato aperto, il divano del salottino era occupato da una chitarra acustica, sul tavolinetto lì di fronte una manciata di fogli piene di versi e correzioni.

Era come vederlo vivere e muoversi per quella stanza: ogni oggetto in ogni singolo posto le parlava di lui.

Sfiorò col le dita il legno lucido della chitarra, con le unghie pizzicò le corde: era leggermente scordata.

Cautamente si avvicinò al letto, sfiorò il suo cuscino e finalmente si decise a prendere in mano quella dannata maglietta che continuava a catalizzare i suoi pensieri da quando era entrata.

Era lisa, vissuta. Si chiese perché la sua mente continuava a notare particolari così irrilevanti.

Sedette sul letto, per assecondare le gambe che erano state colte da un leggero tremito, e come in trance allungò la mano accendendo l'I-Pod, abbassò il volume e schiacciò play. I Nine Inch Nails riempirono l'aria. Solo allora notò, sul pavimento, un piccolo libro: Così Parlò Zarathustra.

Lettura leggera, d'intrattenimento... mormorò ridendo.

Quella risata le fece bene, alleggerì un po' la tensione, così finalmente si decise a fare quello di cui aveva più paura: chiuse gli occhi e si avvicinò la t-shirt al viso, respirando a fondo.

La sensazione fu violenta come se l'era aspettata. Il suo profumo in quell'indumento era forte, assoluto, lo stomaco le si contrasse per il piacere, per la familiarità che quell'odore le regalava.

Era il profumo più buono del mondo. Era il suo profumo.

Adesso percepiva la sua presenza in maniera ancora più concreta. Fu come se il suo corpo si fosse risvegliato dopo mesi di torpore e stesse prendendo il controllo sulla mente.

Un calore struggente e quasi doloroso, misto all'ansia, le cresceva nello stomaco.

Doveva fumare una sigaretta.

Cercò l'occorrente nel fondo delle tasche del cappotto che si rese conto di avere ancora addosso. Si alzò, diretta al terrazzino, ma qualcosa catturò la sua attenzione: Almeno una decina di braccialetti colorati, di vari materiali, erano appoggiati sul comodino, li aveva già notati entrando , ma adesso sembravano esercitare su di lei uno strano potere. Allungò il braccio, e ne prese uno, uno uguale a molti altri, che non avesse un particolare valore per lui. Un cerchietto di caucciù nero e insignificante. Solo allora poté raggiungere l'esterno.

Sedette a terra, con le spalle alla parete e lo sguardo perso sul panorama notturno, laggiù, lontana ma perfettamente visibile, si stagliava la Tour Eiffel. Accese la sigaretta e lasciandola penzolare dalle labbra infilò il braccialetto al polso destro. Lo guardò per un lungo momento, accarezzandolo, e con un sorriso quasi non si stupì più delle sensazioni che le faceva nascere in petto.

Prese la sigaretta tra le dita e guardò ancora una volta quel cerchietto di plastica, prima di rivolgere lo sguardo al cielo scuro e quasi privo di stelle.

Adesso era pronta, adesso lo attendeva.

Rientrò perché stava cominciando a fare freddo davvero. Si voltò un attimo per chiudere la finestra, e dietro di lei sentì la porta aprirsi.

Rimase immobile, tremando appena per l'emozione, finché non la sentì richiudersi. E allora, solo allora, Viola si voltò.

Fu come trovarsi di fronte allo stesso Jared, ma in qualche modo diverso, non solo perché adesso era perfettamente inserito nel suo contesto o perché aveva ancora sul viso il trucco sbafato del concerto. Lui sorrise, ed aprì le braccia per accoglierla, e fu come se qualcosa esplodesse dentro di lei, il suo cuore rimbombava talmente tanto da assordarla mentre si gettava contro il suo petto e lui la stringeva. Era caldo e ancora un po' sudato, quando gli affondò il viso nell'incavo del collo il suo odore le parve così invitante che avrebbe avuto voglia di leccarlo.

Si quella volta era diverso perché anche il loro avvicinarsi lo era stato: non più pacato o in punta di piedi, stavolta era privo di filtri o freni, era un precipitarsi l'uno nell'altro. C'era la volontà in lei di perdere finalmente il controllo. E ora nella testa le risuonavano le parole di sfida urlate in una delle canzoni di lui:

Try and stop me

Try and save me

I want to fall!

Ed era esattamente così, era bastato un solo secondo, era bastato toccarlo di nuovo. Non avrebbe più potuto fermarsi, non avrebbe più voluto farlo.

Cercò la sua bocca, avida, e lui rispose al suo bacio, la voltò e l'appoggiò al muro senza interrompere il loro contatto e in fretta, con urgenza, cominciò a spogliarla, a cercare la sua pelle.

Viola era come se non si riconoscesse più, sentiva le sue mani e la sua bocca esplorarla febbrili, bruciare di una passione che non aveva mai provato. Esplorò e raggiunse registri di piacere mai conosciuti prima, neanche con lui.

Sentiva il suo ventre reclamare il corpo di Jared, implorare il contatto , la penetrazione.

E quando entrò in lei sentì ogni fibra nervosa viva come non mai, fu come se ogni cosa dalla notte dei tempi tornasse al proprio posto. Si sentì completa come non aveva mai provato.

E le fu chiaro una volta di più che quella strada era senza ritorno...e a che a lei stava benissimo così.


  
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