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Autore: Belinda Nero    21/11/2013    1 recensioni
C'era una volta una palude. Ed un bambino veggente. Questa è la sua macabra storia.
“Chi sei?” domandò flebilmente Vanth, rivolgendosi alla figura femminile che avanzava verso di lui senza che i piedi affondassero nel terreno divenuto lattiginoso.
“Riesci già a vedermi?” replicò lei, sorridendo: ma aveva una guancia sfregiata in putrefazione, per cui riuscì solo ad inclinare gli angoli delle labbra in un ghigno spaventoso. “Sono morta” aggiunse con la voce femminile, metallica “hai paura?”.
No, Vanth non provava paura; era stato cresciuto nella simile prospettiva che un giorno anche lui avrebbe visto e parlato ai morti."
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stava arrivando un uomo.
Lo sentiva.
Lo stava aspettando da giorni.
Le immagini si alternavano senza una sequenza logica.
Di corporatura media. Capelli castani. Ventinove anni. Già padre.
Apparentemente un uomo come tanti.
Eppure c'era qualcosa in lui di singolare che suscitava il suo interesse.
Da tempo non percepiva un'aura tanto inquieta.
Si era sforzato di captare maggiori informazioni su di lui, testando il limite massimo delle proprie capacità.
Aveva infine compreso che non poteva sapere più di quanto avesse già intuito.
Certo, i suoi poteri non erano ancora pienamente spiegati, ma c'era dell'altro: era come se quell'uomo avesse costruito intorno a sé un muro che la mente di un veggente non poteva oltrepassare.
Non riusciva ad interrogare il passato, né a prevedere il futuro. Taja non era d'aiuto, da tempo irraggiungibile, persa chissà dove. Doveva esserle capitato qualcosa di tremendo. Dunque per il momento aveva rinunciato ad avventurarsi nel limbo.
L'uomo era arrivato fino alla spiaggia verso le sei di sera. Con la mente annebbiata, Vanth lo osservò leggere la freccia che ancora, dopo anni, indirizzava verso Queen Merleen al centro della palude.
Attese estenuanti minuti prima che l'uomo trovasse abbastanza coraggio da salire sulla barchetta messa a disposizione per “i viaggi nell'oltretomba”, definiti ironicamente tali dagli abitanti del villaggio vicino.
L'uomo non era del luogo, giungeva da molto lontano. Vanth non avrebbe saputo dire quanto lontano.
Infine, l'uomo spinse la barchetta sull'acqua fetida della palude e vi saltò dentro. Remò lentamente seguendo l'indicazione della vecchia freccia.
Vanth perse il contatto ma non importava, perché presto lui sarebbe arrivato.
Il veggente uscì dalla porta d'ingresso e si sporse dalla balaustra di legno umido, interrotta in un solo punto da una scala a pioli che consentiva l'accesso alla palafitta.
Un alligatore placido nuotava intorno ai pali infissi verticalmente, a sostegno del tavolato orizzontale che reggeva l'abitazione. Vanth lo conosceva: era Mr. Jambo.
Il bambino voodoo conosceva molte cose sugli alligatori, animali estremamente attivi, carnivori e pericolosi. Nella libreria erano numerosi i volumi a loro dedicati. Essere informato su flora e fauna della palude era semplicemente fondamentale se si viveva in una palafitta immersa in quell'ambiente.
Aveva visto Mr. Jambo nascere dal suo uovo: si ricordava ancora le crepe del guscio, un occhio chiaro che lo fissava e le zampette unghiate che lottavano per aprirsi un varco verso l'esterno. Vanth non l'aveva aiutato come avrebbe fatto la madre premurosa, se fosse sopravvissuta alla trappola umana che l'aveva uccisa: era rimasto a fissarlo nella schiusa, finché il piccolo si era riuscito a liberare da solo e svelto era scivolato fino all'acqua per immergervisi.
Mr. Jambo era un caimano dagli occhiali e il primo alligatore che Vanth aveva visto venire al mondo: l'animale aveva ora poco più di tre anni, ma aveva già raggiunto i due metri di lunghezza.
Era un alligatore solitario: aveva sovvertito la struttura sociale del gruppo e ad essa aveva preferito un atteggiamento fortemente territoriale.
La sua area era intorno a quei pali e più di una volta l'aveva difesa in modo estremamente aggressivo da altri alligatori, sfociando infine in un comportamento cannibalesco.
Vanth ammirava il giovane caimano, tanto forte ed indipendente. Il bambino lo avrebbe riconosciuto fra mille. Percepiva una forte affinità con Mr. Jambo ed era convinto che anche l'animale l'avvertisse con lui.
C'era in effetti un tacito accordo fra loro.
Vanth permetteva all'alligatore di indugiare intorno alla sua casa, mentre l'animale evitava di scegliere lui e i suoi clienti come preda del giorno.
La voce che quel ragazzo fosse effettivamente figlio di un alligatore si era rinforzata da quando nel villaggio era giunta voce che Vanth Janas avesse un simile rettile come guardiano alla casa.

Sta arrivando un uomo” sussurrò Vanth in direzione di Mr. Jambo “permettigli il passaggio”.
Come se avesse intuito le parole umane, il caimano diede un vigoroso colpo di coda e si spostò di lato.
Ancora lontano, dall'altra parte della palude, l'uomo non smise di remare, seppur lentamente poiché non voleva attirare l'attenzione su di sé.
Evitò accuratamente di passare troppo vicino a quelli che erano alligatori galleggianti a filo d'acqua. Fece attenzione a non incuneare la barchetta in un canneto o in mezzo alle spesse radici acquatiche delle piante paludose.
Quando scorse finalmente la casa di Queen Merleen, sospirò di sollievo. Almeno fino a quando notò un altro alligatore nuotarvi intorno; ma rimaneva laterale rispetto alla scala. Così, ingoiando saliva a vuoto, decise che giunto fino a quel punto non poteva tornare indietro senza un nulla di fatto. Si avvicinò alla scala. L'alligatore rimase immobile. L'uomo gettò la piccola ancora oltre l'acqua e salì i pioli instabili.
Salì sul tavolato e oltrepassata l'inusuale soglia, si ritrovò in un luogo avvolto dalla penombra. Un tanfo di putrefazione ed erbe lo costrinse a portare una mano davanti al naso.
Le uniche fonti di luce erano le candele e i pallidi raggi solari che attraversavano l'ingresso alle sue spalle.
Sugli scaffali, i vasetti contenenti resti animali, le ceramiche, i teschi umani luccicavano di un brillio inquietante; così l'uomo fu sul punto di voltarsi e scappare.
Vanth percepì la sua paura e ridacchiò; l'uomo allora sobbalzò in direzione dei drappi verdi che impedivano al suo sguardo di vedere altro: ora sapeva con certezza che la casa era abitata come sperava, ma non riusciva a scorgere chi avesse riso di lui.. la donna? Non era sicuro.
"Benvenuto” esclamò Vanth “avvicinati per favore" aggiunse il veggente con la vocina acuta ed allegra, così in contrasto con l'ambiente.
L'uomo scoprì di essere rimasto paralizzato dalla suggestione.
"Per favore,
Dassen" lo incoraggiò Vanth con più enfasi, rivelandogli così che sapeva il suo nome. Il suo tono era dolce, leggermente infantile "voglio vedere come sei fatto" disse.
Dassen costrinse ogni fibra del suo essere ad avanzare. Vi riuscì dopo qualche istante. Mosse solo tre, quattro passi, sufficienti a scostare i drappi e a vedere in volto il giovane ragazzo che sedeva composto sulla scomoda poltrona.
Doveva avere sui dodici anni. I capelli biondi erano legati in lunghe treccine appoggiate sulle spalle. In testa indossava una bandana azzurra, ma il suo corpo era fasciato da una tunica marrone. Alle caviglie nude c'erano preziose cavigliere d'oro.
Ciò che destò maggiormente il suo stupore fu però lo sguardo del fanciullo. Era di un verde spento quanto le acque che aveva attraversato; eppure animato di una scintilla unica, brillante.

Tu cerchi Queen Merleen, ma lei non abita più in questa casa” esclamò all'improvviso Vanth e Dassen sussultò “ora lei abita nel mondo dei morti” concluse il bambino.
La luce tremolante delle candele tracciava giochi d'ombra sul suo viso minuto, facendolo apparire innaturalmente scheletrico. L'espressione di Dassen divenne funerea e sbiancò in volto.
Pochi cercavano ancora Queen Merleen.
La notizia della sua morte era volata come trasportata da ali e si era diffusa in poco tempo.
La potente strega era stata trovata sulla spiaggia, poco distante dal cartello che lei stessa aveva impiantato nel terreno fangoso. La salma mostrava lacerazioni in più punti e al corpo mancava un braccio, una parte di busto e l'intera gamba sinistra. Sul petto i segni della dentatura degli alligatori.
Queen Merleen era morta in modo misterioso e il suo cadavere era stato un succulento banchetto per la fauna del luogo, prima che qualcuno del villaggio avesse diffuso la notizia del suo decesso.
Nessuno aveva osato toccare la salma della potente strega, per il timore di incappare in una maledizione postuma. In seguito, era stato organizzato per lei un rude funerale e, chiusa in una bara di legno pregiato, era stata seppellita in una buca: non occuparsi del cadavere avrebbe potuto significare avere a che fare con il suo spirito rabbioso per l'eternità. Ed era anche peggio.

Avevi bisogno di parlarle” continuò il bambino “ma ora so con certezza che non conosci la ragione che ti ha spinto a cercarla” decretò, cogliendo il dubbio nella mente di Dassen.
L'uomo si ritrovò la gola secca: come poteva quel bambino saperlo? Forse era evidente: chiunque andava lì per parlare con Queen Merleen. Eppure era vero, non sapeva il motivo che l'aveva spinto ad attraversare la palude pur di farlo, quasi un incantesimo ipnotizzante.

Vieni più vicino” lo esortò Vanth e l'uomo obbedì, succube.
La luce delle candele intorno alla poltrona, finalmente, permise al bambino voodoo di scrutare i lineamenti di quel viso che nella sua testa era rimasto sgranato per molto tempo.
Dassen aveva il viso quadrato, una fronte ampia, due sopracciglia scure e cespugliose, sotto le quali si intravedevano gli occhi azzurri. Il naso era lungo e sottile, la bocca piccola e serica. La carnagione sarebbe stata naturalmente chiara, ma il sole aveva baciato il suo viso abbronzato. Profumava di fiori e vestiva all'orientale, come quei mercanti del sud est che raramente aveva incontrato.
Si ricordava di Kiir, cliente di sua madre, vecchio uomo con baffi neri e bava alla bocca. Dopo la scomparsa di Queen Merleen, non aveva più fatto visita.

Sai chi sono?” domandò Vanth. L'uomo scosse la testa.
Mi chiamo Vanth Janas” si presentò il bambino “e sono il figlio di Queen Merleen”.
L'uomo recepì la notizia ma era decisamente paralizzato per reagire.

Dammi le tue mani” lo esortò Vanth “mostrami il loro palmo”.
Se non riusciva a leggere più di così la sua mente, avrebbe letto le sue mani.
Dassen porse le mani al veggente che le afferrò con le proprie. Sotto la luce tremolante delle candele, il bambino studiò le mani dell'uomo e confronto la loro diversità. Era essenziale osservarle entrambe: nella destra intravedeva le modifiche del carattere operate tramite la volontà, nella sinistra le caratteristiche innate.
Le scrutò per qualche minuto.
Dassen era un uomo comune con una vita comune di media lunghezza.
Non possedeva talenti spiccati. Una predisposizione per il pragmatismo e il raziocinio. Paura di lasciarsi andare in amore, contrapposta alla celata dolcezza d'animo. Scarso accenno al lato mistico ed esoterico della vita. Due figli.
La linea della vita era interrotta da brevi trattini, trascurabili, ad eccezione di uno.

Vedo una disgrazia, molto recente” disse con voce tetra “che interrompe la linea della tua vita”. Questo lo lasciò sbalordito; il bambino non capiva: una simile nefasta linea non poteva che esser simbolo di recente decesso: eppure l'uomo era vivo davanti a lui! Dassen era scampato alla Manan, la morte. Come vi era riuscito?!
Dassen mostrò un'espressione perplessa.

Disgrazia recente?” domandò incerto.
Vanth era sicuro che ciò che aveva visto nelle mani dell'uomo avesse avuto ripercussioni nella memoria, procurandogli l'evidente amnesia.
Più trascorreva il tempo in compagnia di quell'uomo, più si accorgeva che c'era qualcosa di inquietante in lui. Non comprendeva cosa e in quale misura. Era una sensazione pulsante che per esperienza sapeva di dover tenere in considerazione, ed era certo avesse a che fare con quanto Taja gli aveva riferito.
Come poteva del resto un semplice uomo ergere una barriera simile a protezione dei propri ricordi? Normalmente Vanth avrebbe potuto leggerli con discreta semplicità nonostante lui li avesse apparentemente rimossi; non ci riusciva, come se in effetti Dassen non possedesse affatto memoria.

Raccontami chi sei” lo esortò “hai famiglia?”.
Era curioso che un veggente ponesse una simile domanda. Eppure il muro intorno alla mente del visitatore aveva impedito a Vanth di sondarla.
Come un antico eco, emersero nella testa del bambino parole materne.
"Se accadrà qualcosa che non saprai prevedere od intuire allora, figlio mio, quello è semplicemente il tuo destino a cui non potrai opporti in alcun modo".

Quell'uomo faceva parte del suo destino?

Io..ho una moglie” replicò Dassen “e due figlie”.
Qual'è il tuo mestiere?”.
Non era un mercante e Vanth già lo sapeva. Aveva le mani callose, un uomo abituato a mestieri più rudi.

Non lo so” esclamò infine l'uomo “davvero, io non lo so”.
Il suo sguardo vagava inquieto per la stanza. Cominciò a focalizzarsi sui vasetti che contenevano occhi umani immersi in liquidi giallognoli. Cosa ci faceva in un posto simile? E perché non riusciva a ricordare la propria vita? Sentì il terrore paralizzarlo una seconda volta.
Vanth sorrise. Non di compassione, ma di eccitazione. Aveva uno strano enigma davanti agli occhi e avrebbe dovuto risolverlo da solo. Senza Queen Merleen ad aiutarlo, senza Taja.
Alla mente si riaffacciarono le ultime frasi della sua guida:
“c'è agitazione, qualcosa di grave sta succedendo; fai di tutto.. fai di tutto per scoprirne la causa”.
Se vuoi ricordarti tutto, io posso aiutarti” esclamò Vanth Janas.
L'uomo riportò l'attenzione sul bambino.

Puoi farlo davvero?” chiese e il veggente annuì.
Preparerò una pozione. Ma avrò bisogno di alcuni ingredienti che solo tu puoi procurarmi”.

   
 
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