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Autore: TheOnlyWay    22/11/2013    1 recensioni
C’era stato un tempo, prima che la Regina Cattiva prendesse il controllo della Foresta incantata, prima ancora che Biancaneve nascesse, in cui tutti gli abitanti del Regno erano felici. La vita scorreva placida e tranquilla, all’insegna della serenità, della pace e del quieto vivere.
Era quello il periodo in cui i suoi genitori si erano conosciuti: il Cacciatore lo ricordava bene.
Nelle fredde sere d’inverno, quando il fuoco scoppiettava ardente nel camino e il vento del Nord si abbatteva impetuoso contro le imposte sbarrate, sua madre era solita accomodarsi sulla vecchia sedia a dondolo davanti al focolare, con uno scialle di lana bianca avvolto intorno alle spalle esili e una coperta adagiata sulle ginocchia.
«Mamma ti racconta una storia, tesoro. Vieni, avvicinati a me.» picchiettava leggermente sulle sue gambe e il Cacciatore accorreva, le si sedeva in braccio e le permetteva di accarezzargli i capelli, fino a che il fuoco si riduceva in cenere e il vento cessava di soffiare.
C’era stato un tempo in cui il Cacciatore aveva avuto un nome, un colore preferito, la paura dei temporali e perfino un’imbarazzante cotta per una bambina che viveva nel villaggio ai margini del bosco.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Graham/Cacciatore, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III.
 


La solitudine è velenosa. Corrode, distrugge e dilania l’animo, rendendo l’uomo non tanto dissimile dalle bestie contro le quali combatte. Il Cacciatore lo sa bene: vive nella solitudine da così tanto tempo che ormai le parole faticano ad uscirgli di bocca. Per questo la lupa è la sua compagna ideale: con lei non c’è mai stato bisogno di parlare. Vega sa.
Sa quando il freddo è tanto intenso da togliergli il fiato, sa quando ha fame, sa quando ha bisogno di compagnia e quando, invece, ha l’assoluta necessità di trovarsi solo con sé stesso e con i suoi demoni.
Quella sera, però, mentre il fuoco cuoceva la carne tenera di un coniglio e al tempo stesso riscaldava un po’ l’ambiente, il Cacciatore si sentì più solo che mai. Per la prima volta da quando aveva scelto che tipo di vita condurre, aveva l’impressione di essersi condannato con le sue stesse mani. Quanto a lungo avrebbe sopportato, ancora, di vivere come un animale selvatico? Poteva fingere di essere un lupo, ma la sua natura umana avrebbe sempre preso il sopravvento.
L’idea di un focolare, di un pasto caldo e di un letto da condividere era più allettante che mai. Eloise sarebbe stata un’ottima compagna, per lui. Lo capiva, lo accettava, l’avrebbe fatto sentire amato e, forse, avrebbe scaldato il suo cuore gelido, riportandolo alla vita. Avrebbe sentito di nuovo qualcosa e la solitudine sarebbe stata meno opprimente.
Come sarebbe stato, poter contare su qualcun altro?
Addentò un pezzo di carne, ma scoprì di avere lo stomaco completamente chiuso. Guardò Vega, che sonnecchiava a qualche metro di distanza. Il pelo grigio era rischiarato dalla luce del fuoco e si era colorato di sfumature aranciate che la facevano sembrare un po’ meno pericolosa del solito. Quando si accorse di essere osservata, aprì gli occhi. Lo sguardo del Cacciatore non la infastidiva: era gentile, sincero e limpido. Non le avrebbe mai fatto del male, anche se ne sarebbe stato capace, anche se avrebbe potuto perché, in fondo, era quello che la natura di entrambi gridava.
Attacca, uccidi, difenditi.
Ma sapevano entrambi di essere al sicuro l’uno con l’altra e tanto bastava. Si addormentarono così, rannicchiati a poca distanza, con il fuoco ormai ridotto in cenere e la solitudine un po’ meno opprimente.
Nevicò, quella notte. Il Cacciatore si risvegliò in preda a brividi di freddo: la coperta e il suo improvvisato giaciglio non l’avevano protetto abbastanza. Ancora una volta, la prospettiva di un letto caldo e di un tetto sopra la testa ebbero la meglio sul suo desiderio di solitudine. Sarebbe andato da Eloise, quella sera. Le avrebbe detto che forse poteva farcela, a ricostruirsi una vita, a creare dei nuovi legami, a fidarsi di un altro essere umano. E forse Eloise l’avrebbe abbracciato, gli avrebbe detto che ci sarebbe sempre stata. Forse sarebbero stati felici, loro due, insieme.
Camminò per la foresta, mentre la neve continuava a cadere e faceva sembrare ogni cosa più candida e innocente che mai. Come poteva un mondo così bello essere vittima di tanta crudeltà? Perché gli uomini si uccidevano tra di loro, perdevano tempo in faide inutili, che avrebbero lasciato solo polvere e ossa e distrutto ogni traccia di lealtà, coraggio e amore?
Sarebbe bastato così poco, per accantonare le divergenze. Avrebbero potuto collaborare l’uno con l’altro, provvedere ai propri bisogni senza scavalcare il prossimo. Forse, avrebbero persino potuto allearsi contro la Regina che, di fatto, era il principale motivo della loro infelicità.
Era lei che aveva portato il regno alla rovina. Lei, che aveva perso di vista la sua umanità, venduto l’anima alla magia oscura e a un uomo che uomo ormai non era più. Nessuno sapeva cosa avesse spinto la Regina a diventare ciò che era e a nessuno importava. Erano tutti troppo egoisti, incapaci di comprendere. Non vedevano al di là del proprio naso e questo li avrebbe portati alla rovina. Anche il Cacciatore era come loro, in fondo. Come gli uomini che tanto disprezzava, preferiva vivere nella solitudine e nel silenzio, nella codardia e al riparo dalla società. Nascosto dalla foresta, che si era rivelata un’alleata quanto mai preziosa e indispensabile, attendeva una svolta che, forse non sarebbe mai arrivata, senza esporsi, senza prendere una decisione.
Si diresse verso il villaggio quando il cielo cominciò ad oscurarsi: la neve cadeva ancora più fitta e un vento freddo aveva cominciato a soffiare impetuoso.
Al Cacciatore tornò alla mente una delle numerose serate passate davanti al fuoco, quando era bambino. Ricordò di nuovo di sua madre, che gli porgeva una tazza di tè caldo e si accomodava sulla vecchia sedia a dondolo. Suo padre attizzava il fuoco nel camino e si sedeva sul vecchio tappeto che un tempo era appartenuto a sua nonna. Restavano lì per ore, in silenzio, a godersi una pace che davano per scontato e che presto gli sarebbe stata negata.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui aveva pensato ai suoi genitori. In genere, cercava di tenere il loro ricordo il più lontano possibile, perché nonostante avesse ormai venticinque anni, faceva ancora male. Così male che l’idea di andare incontro ad Eloise lo atterriva. Ma gliel’aveva promesso ed era un uomo di parola.
Il villaggio era avvolto nel silenzio. Non c’era un’anima in giro e i suoi abitanti erano rintanati nelle proprie case e godersi il calore di un focolare e un pasto magro, ma caldo. Percorse la via principale in tutta calma, guardandosi intorno alla ricerca di qualche avvisaglia di pericolo. Era un accorgimento che aveva preso tempo prima, quando alcuni soldati della regina erano stati avvistati ai confini della Foresta Incantata, alla ricerca di chissà chi. Il Cacciatore sospettava si trattasse di Biancaneve – correva voce che la futura regina si fosse data alla macchia per sfuggire all’odio di Regina – ma se davvero la principessa avesse cercato rifugio nella sua foresta, lui l’avrebbe senz’altro saputo. Nulla sfuggiva ai suoi occhi.
Tranne l’ombra che lo seguì, discreta e celata alla perfezione, fino alla piccola casa in cui Eloise viveva.
Prima di bussare, il Cacciatore prese un profondo respiro. Stava facendo una cosa che andava contro la sua natura di uomo solitario, ma quello era il primo passo. Presto, la solitudine non sarebbe più stata la sua compagna prediletta.
Eloise lo accolse con un sorriso splendente, che mise in mostra due fossette adorabili e gli zigomi rotondi. Si fece da parte per farlo entrare.
«Temevo che non saresti venuto.»
Il Cacciatore annuì, muovendo qualche passo lungo la stanza. Sembrava un animale in gabbia ed Eloise si sentì improvvisamente titubante: come rapportarsi ad un uomo fatto per essere libero? Lei non lo sapeva. Era abituata ai giovani del villaggio, che la guardavano come se fosse un premio da conquistare e, pertanto, se ne era sempre tenuta alla larga, sperando che prima o poi avrebbe trovato il vero amore. Poi il Cacciatore era riapparso nella sua vita e lei aveva pensato che fosse quello giusto per lei. Era un uomo buono, generoso e dal cuore puro, come non se ne incontravano spesso.
Aveva impiegato tanto tempo per trovare il coraggio di parlargli, anche solo per un timido saluto. A volte, aveva avuto l’impressione che lui la odiasse, ma dai suoi occhi scuri non era mai trapelato niente, sebbene dai suoi gesti risultasse evidente la ritrosia verso chiunque lo circondava.
«Se devo essere sincera…» continuò, vedendo che lui non accennava a parlare «Non so come comportarmi. Io ti infastidisco, Cacciatore? La mia presenza, per te, è fonte di disagio?» mormorò, tormentandosi una ciocca di capelli biondi tra le dita esili e pallide.
Il Cacciatore interruppe la sua camminata e si voltò a guardarla, un barlume di perplessità negli occhi.  
«Dovrebbe essere il contrario, Eloise.»
Fu la risposta del Cacciatore. Con passo leggero, si avvicinò all’unica donna che aveva dimostrato di non temerlo. Quando le fu davanti, sospirò.
«Non so come comportarmi. Non sono abituato a stare con le persone, non… ho voglia di scappare, Eloise. Tutto questo mi spaventa.» confessò infine, tutto d’un fiato. Sistemò una ciocca di capelli dietro le orecchie della ragazza e lasciò che lei lo abbracciasse e gli circondasse la vita con le braccia. Rimasero così, in silenzio, stretti l’uno all’altro, a bearsi di un silenzio che non sapeva più di solitudine, ma di pace.
Il Cacciatore pensò che Eloise sembrava fatta apposta per stare tra le sue braccia. Era piccola, minuta, apparentemente indifesa. Ma era coraggiosa e tenace e non si sarebbe arresa di fronte a niente.
Ancora una volta, fu lei a prendere l’iniziativa: si sollevò sulle punte dei piedi, sostenendosi sulle spalle del Cacciatore e gli sfiorò timidamente le labbra, leggera come un petalo di rose e fugace come il volo di una farfalla. Il Cacciatore tremò appena, chiuse gli occhi e si permise, per una volta, di essere un uomo come tutti gli altri. Ricambiò il bacio con intensità, con una mano tra i capelli di Eloise e una invece, sul fianco morbido.
Successe tutto in un attimo: la porta si spalancò all’improvviso e un vento gelido spazzò l’intera stanza. Eloise emise un gridolino spaventato e il Cacciatore estrasse il pugnale dal fodero, prima ancora di individuare la figura che occupava il lato est della stanza.
Era impossibile non riconoscerla. Avvolta in un lungo abito rosso sangue, con i capelli corvini raccolti in un’acconciatura elaborata e il volto sapientemente truccato di nero, la Regina Cattiva aveva il fascino della morte e la malignità del peccato.
Il Cacciatore si parò davanti ad Eloise.
«Sono spiacente, ho interrotto qualcosa?»
Regina mosse qualche passo per la stanza, apparentemente serena. Il Cacciatore seguì ogni suo movimento con lo sguardo, ben attento a non lasciarsi sfuggire nemmeno un dettaglio di quella donna pericolosa. Cosa voleva? Perché era lì?
«Vostra Maestà, desiderate accomodarvi?» pigolò Eloise, debolmente. La Regina sorrise, di quel sorriso maligno che lasciava presagire brutte intenzioni e che, pensò il Cacciatore, non annunciava niente di buono.
«Sei molto gentile, mia cara
Eloise rabbrividì e si avvicinò alla Regina per scostarle la sedia. Il Cacciatore represse l’istinto di urlarle di allontanarsi, di scappare il più lontano possibile, ma sarebbe stato impossibile.
«Cosa volete?» domandò, rigido e sempre più in allerta. Aveva un brutto presentimento.
«Mi occorrono i tuoi servigi, Cacciatore. La tua capacità, per ritrovare una persona che intralcia i miei piani.» sibilò la Regina, con gli occhi neri scintillanti di collera e odio a stento trattenuti.
«Trovate qualcun altro, io non lavoro per nessuno.»
In futuro, il Cacciatore avrebbe ripensato a quella risposta fin troppo secca e se ne sarebbe pentito amaramente, ma non allora. Non quando la prospettiva di una vita serena in compagnia di Eloise era l’unica cosa che contava, l’unico progetto nel quale intendeva impegnarsi.
Con un sorriso serafico, la Regina si allisciò le pieghe della lunga veste.
«Occorre trovare un accordo, allora. Forse, con il giusto incentivo…»
La mano della donna affondo nel petto di Eloise prima ancora che il Cacciatore potesse rendersene conto. Eloise urlò, un gemito sofferente e ferito, poi osservò con un misto di stupore e orrore il proprio cuore nella mano della Regina.
«Cacciatore.» sussurrò, terrorizzata.
La supplica sorse spontanea delle labbra del Cacciatore. Lui, che non aveva mai pregato nessuno, si ritrovava a implorare per salvare la vita di una donna gentile, che per lui aveva nutrito un sentimento così puro da riuscire a spezzare la solitudine che lo avvolgeva.
«Vi prego, lasciatela andare. Verrò con voi questa sera stessa, Maestà, ma lasciatela andare.»
A conferma delle sue parole, rinfoderò il pugnale e alzò le mani in segno di resa. La Regina sorrise soddisfatta, il cuore rosse e pulsante ancora in mano.
Eloise, immobile e terrorizzata, guardò il Cacciatore e si sforzò di sorridere. Poi il suo volto si contrasse in una smorfia e gli occhi azzurri si spalancarono per lo stupore. Si accasciò a terra, con la mano dove un tempo c’era un cuore che aveva battuto e che le aveva permesso di amare con intensità.
Nel pugno chiuso della Regina, solo un mucchio di polvere.




 
***



Sinceramente mi sento una cacca. E non solo perché ci ho messo così tanto ad aggiornare (vi chiedo umilmente perdono, a proposito), ma anche perché ho ucciso un personaggio che mi piaceva da matti, sebbene molto diverso dai miei standard. 
Perciò, addio Eloise. Davvero, mi sento male. Non ho mai ucciso nessuno, nelle mie storie, è una cosa a cui non sono abituata. Io sono più per l'happy ending e questa cosa mi distrugge, davvero. Perciò mi ritiro, non ho niente da dire. 
Scusa, Cacciatore, non volevo essere tanto stronza.
Spero che il capitolo, per quanto bleah, vi sia un po' piaciuto. Se vi va, fatemi sapere che ne pensate, davvero, sarebbe importante ed è sempre un piacere leggere le vostre opinioni :)
Con affetto,

Fede. 
   
 
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