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Autore: lamogliediPaddy    22/11/2013    1 recensioni
Sua moglie Rebecca invece ha un legame molto bello con i figli, e in particolare con Paolina. Se li porta dietro quasi tutte le volte che esce e se lui le propone di fare un viaggio senza di loro lei rifiuta. Gli capita di invidiarla, per questo. Ci sono momenti in cui anche lui vorrebbe avere un figlio prediletto, qualcuno che fosse come lui e che a lui guardasse per diventare qualcosa di meglio. Un essere umano verso il cui futuro nutrirebbe un interesse speciale, che andasse oltre l'apprensione che deriva dall'essere semplicemente padre, un futuro che un giorno diventerebbe il centro del suo
Genere: Generale, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Novecento/Dittature
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- Questa storia fa parte della serie 'Non si stava così male.'
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Dicembre, 1921.


È molto tardi, quasi le tre del mattino, e dormono tutti: suo marito e i bambini, e anche Vittorio. Dalla strada non arriva più rumore della vita notturna di Roma, si sente solo qualche sporadico passante che rientra di fretta. È una notte gelida ma la cucina è calda e non sarà costretta a tornare subito a letto, dove non riuscirebbe comunque a prendere sonno per il nervoso e l'irritazione che le torcono lo stomaco. Si domanda se non abbia finalmente assaporato il famoso sapore amaro della sconfitta.

Non molte ore prima si preparava a uscire a cena col marito e Vittorio, pronta a dimostrare che era un pazzo. La sua lettera era stata presa sul serio e il suo arrivo a Roma era stato accolto con entusiasmo da suo marito, che era talmente di buon umore da voler portare in bambini in pasticceria (Paolina non è più una bambina ormai, ma era stata abbastanza matura da non polemizzare). Per quanto piacevole fosse stato il pomeriggio, la presenza dei figli non le aveva permesso di parlare col marito dell'argomento che le stava più a cuore: la sua carriera politica (che poteva finire) e la sua amiciza con Vittorio (che doveva finire). Nondimeno si era ripromessa di imporsi durante la cena, vincendo la sua timidezza per amore della pace della sua famiglia.

Senonchè il suo nemico l'aveva sconfitta prendendola il contropiede: si era presentato insieme ai genitori. Forse li aveva invitati con l'intento infantile di non sentirsi in disparte, o forse aveva maliziosamente intuito che lei gli era ostile ma che davanti ad estranei, non avrebbe avuto il coraggio di fare scandalo. In realtà non aveva avuto né lo spirito né il modo di fare assolutamente nulla: l'avvocato, il padre, aveva tenuto banco per la maggior parte del tempo. Probabilmente più benestante di loro, sicuramente meno provinciale, aveva viaggiato un po' e frequentato un certo tipo di società più mondana (e ambigua) che raffinata di cui gli piaceva parlare. Lei era quasi certa che le sue storie fossero gonfiate ad arte, nonostante ciò suo marito lo ascoltava rapito, preso nel più banale dei meccanismi: i figli della retta via si innamorano inevitabilmente dei loro opposti. Allo stesso modo il medico e deputato che si era sposato giovane e andava al casino più che sporadicamente, era entrato immediatamente in sintonia con l'avvocato che aveva sposato, già incinta, una donna più giovane di lui, era stato in Brasile ed era il padre di un assassino. La madre di Vittorio non aveva parlato granché: perlopiù aveva fumato e sparso in giro profumo. Si era limitata a qualche commento orgoglioso sull'avvenire del figlio in un'ipotetica ma probabile milizia, o su quanto sia piena di vita Roma. Il figlio le teneva la mano e le sorrideva, lei lo pettinava e vuotava il bicchiere di vino al posto suo, rimproverandolo bonariamente. Vittorio aveva parlato con moderazione e sorriso molto. Lei trovava che non gli si addicesse affatto e che avesse l'aria di una recita, ma suo marito gli sorrideva felicemente di rimando.

Nel complesso era stato come cenare con i personaggi di un libro, uno scadente oltretutto. Al rientro suo marito era entusiasta e aveva cassato il suo tentativo di riparlare della lettera dicendole che quello che aveva saputo erano solo pettegolezzi, che però capiva come avessere potuto prenderli seriamente a causa del clima di disordine che regnava da loro. Che non c'era motivo di preoccuparsi e che comunque ne avrebbero discusso ancora, e in ogni caso la sua avventura politica non era in discussione.

Passando davanti alla stanza di Vittorio lei l'aveva trovata aperta: nel silenzio della notte aveva avuto l'idea di aprire la finestra e farlo crepare di polmonite, ma aveva lasciato perdere.




Quando Vittorio gli ha presentato i genitori ne è stato felice: si possono capire molte cose di una persona quando si vede da dove viene. Conoscere sua madre e suo padre era un modo come un altro per confermare, o smentire, la lettera della moglie. L'impressione che ne aveva avuto leggendola si era affievolita giorni dopo averla letta e l'incontro con l'avvocato e la moglie aveva fugato i dubbi.

Innegabilmente non erano persone come lui e Rebecca e probabilmente era vera la voce secondo cui l'avvocato fosse un accanito puttaniere, nondimeno entrambi gli erano sembrati così vivi e liberi da fargli chiudere uno (o entrambi) gli occhi. Il padre di Vittorio aveva parlato a lungo e raccontato storie anche personali, con la tranquilla disinvoltura di chi sa che "tutto è puro per i puri". L'eccitazione che prende il figlio solo nei momenti d'impeto era sempre presente, smussata e più opaca, nel padre: come una contentezza di stare al mondo che mette le persone a proprio agio. La moglie è molto più simile al figlio di quanto avesse immaginato: bella e fredda, parlava poco ma in modo preciso e mirato. Non era gradevole quanto il marito, ma era una presenza che si sentiva.

Il figlio di qui due, lo stesso Vittorio che a tavola stringeva la mano della mamma, non assomiglia al teppista della lettera. Del resto Rebecca non era mai stata in guerra e qualsiasi violenza, anche minima, per lei era qualcosa di spaventoso e una minaccia per i suoi figli. Lui sa che invece, per il bene della sua famiglia e del suo paese, è inevitabile ricorrervi quel tanto che basta.


   
 
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