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Autore: Cruel Heart    23/11/2013    4 recensioni
Caro Sk8er Boi_83,
ci siamo scambiati e-mails per…quanto?
Settimane? Mesi?
Beh, sinceramente… non m’importa molto.
Sei entrato nella mia vita, così come io sono entrata nella tua.
Hai scoperto un lato del mio carattere di cui neanche io ero a conoscenza, e mi hai fatto riscoprire le piccole ma fondamentali cose che il destino ci riserva.
Siamo stati fino ad ore inimmaginabili a parlare delle nostre vite, dei nostri problemi, di quello che vorremmo fare da grandi.
Ma sai qual è la cosa più buffa?
È che… non so neanche quale sia il tuo vero nome, non so come sia il tuo viso, di che colori siano i tuoi capelli, i tuoi occhi.
Dicono che i segreti, soprattutto quelli più inconfessabili, non debbano mai essere rivelati alle persone estranee. Ma so che tu non lo sei, per me.
Quindi, il mio segreto è questo: credo… credo… credo proprio di essermi innamorata di uno Sk8er.
[Fan Fiction ispirata al film “Cinderella Story”]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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A disgusting millepede crawls in the mud. – Un disgustoso millepiedi striscia nel fango.

 

Pov Avril

 

 

[Un’ora dopo]

 

Sospirai ed incominciai a pulire i tavoli e ad apparecchiarli, strisciando su quei dannatissimi pattini.

Vidi Angela parlare con un cliente, con la solita aria simpatica e disponibile che la caratterizzava.

“Ciao Chuck! Come stai?”

 

“Alla grande.” rispose un uomo baffuto e grassottello.

 

“Bene. Allora, vediamo se mi ricordo…” disse, prendendo il taccuino e incominciando a scrivere. “Omelette al formaggio, tortino di pancetta, patate fritte, crostata di mirtilli e una coca, giusto?”

 

“Sì, ma quella senza zucchero. Tengo d’occhio il peso.”

 

Trattenni a stento un risolino nel vedere la faccia sconvolta di Angela.

 

“Beh, certo… è senz’altro la coca, il problema…”

Si allontanò dal balcone con gli occhi ancora spalancati.

 

“Le focacce al salmone sono pronte!” urlò Sam. “Qualcuno le venga a prendere.”

 

“Sì, faccio io.” risposi. Se non altro, avrei tenuto la mente occupata e avrei evitato di progettare il modo più efficace per uccidere Judy.

 

Mentre mi avvicinai. Angela si girò verso di me. Sembrava sorpresa e leggermente incazzata.  

“Avril, che ci fai qui?” Infatti.

 

“Ho quasi finito.” le risposi, pulendomi le mani sul grembiule rosa. Prima finivo di lavorare, prima me ne sarei andata da quel posto.

 

“Guarda che così fai tardi all’università!”

 

“Lo so. Adesso vado, non preoccuparti. Lo sai che Judy va in menopausa se non finisco.” provai ad alleggerire la situazione..

 

Non sembrava voler stare allo scherzo. “Sai quanto me ne importa di Judy?! A me interessa solo la tua istruzione.”

 

“Ma-”

 

“Ti fa sempre svegliare all’alba, neanche fossi un gallo.”

 

“Ma io-”

 

“Tuo padre ti vorrebbe a scuola, non qui.”

 

“Ma lei-“

 

“Niente ma, è chiaro? Judy e le sue chiappe dovranno vedersela con me.” mi rispose, strappando il piatto dalle mie mani.

Nonostante mi avesse interrotta per ben tre volte, mi sentii in dovere di ringraziarla. Lei era l’unica che mi capiva davvero.

“Grazie, Angela.” dissi, abbracciandola.

 

“Sì, sì, basta con queste smancerie. Ora vai.”

L’unico difetto, se possiamo chiamarlo così, era l’incapacità di esprimere a pieno i suoi sentimenti. Ma io sapevo che, sotto quella scorza da dura, si nascondeva un cuore dolce.

 

Mi cambiai in fretta, rimettendomi i miei abiti, e guardai l’orologio.

Cazzo, erano le sette e mezza, e tra mezz’ora sarebbe iniziata la prima ora di lezione.

Uscii e m’infilai subito nella Mercedes, accedendola e partendo.

Meglio andare a prendere Gabriel, pensai.

 

Se vi state chiedendo chi è Gabriel, la risposta è semplicissima.

Posso definirlo, senza alcuna ombra di dubbio, il mio migliore amico.

Ci conoscemmo a sette anni, sulla spiaggia di Santa Monica, quando io mi divertivo ancora a fare i castelli di sabbia e il mare si divertiva a distruggermeli.

Soltanto che, quel giorno di undici anni fa, al suicidio dei castelli contribuì anche qualcos’altro.

Il piede di Gabriel, appunto.

Subendo quel gesto come un affronto, ho incominciato a piangere davanti a mio padre e ad incominciare con il possessore di quel piede malefico una battaglia di palle di sabbia con i fiocchi.

Risultato? Una gita di corsa all’ospedale più vicino e una congiuntivite a testa.

Dopo la visita, scoprii che abitava a due isolati da casa mia, e così mio padre e i suoi genitori si sono incominciati a frequentare, e con loro anche noi.

La nostra amicizia era stata messa in crisi dall’arrivo di Judy, che lo definiva un pazzoide che non combinerà mai niente nella vita, ma per fortuna siamo stati in grado anche di superare questo tipo di ostacolo.

Gabriel è un tipo a posto… credo.

Suonai più di una volta il clacson, per segnalare il mio arrivo.

Vidi che il signor Panduro era fuori, ad innaffiare le sue amatissime piante.

 

“Ehi Gabriel, è arrivata Avril.” lo avvisò il padre.

 

“Sì, arrivo.” gridò lui di rimando.

 

“Grazie, signor Panduro.” lo ringraziai con un sorriso.

 

“Di nulla. Ah, a proposito, cerca di essere comprensiva con lui oggi. Sai, per lui è un giorno particolare.” mi disse, sparendo sul retro.

 

Questa cosa mi preoccupò molto.

Che significava che dovevo essere comprensiva?

E che tipo di giorno era oggi?

 

La risposta mi arrivò appena Gabriel uscì dalla porta di casa e venne incontro alla mia macchina.

Indossava degli occhiali da sole neri e una tuta color rosso acceso su cui spiccava una vistosissima collana color oro, e stava rappando un brano che leggeva su un foglio.

 

“Yo, yo, qualsiasi cosa è possibile quando si crede, esatto, qualsiasi, ragazzi.”

 

Presa da un vortice di disperazione, feci andare a sbattere di proposito la testa contro il clacson della macchina, che produsse un rumore talmente assordante da spaventarlo.

 

“Yo Avril, amica, posso sapere che ti prende?”

 

Rialzai la testa, molto lentamente, e lo fulminai con lo sguardo.

“Gabriel…perché ho la vaga sensazione che tu abbia un provino oggi, e che tu non mi abbia avvisato?!”

 

“Yo, esatto sorella, ci hai preso in pieno.” disse, aprendo la portiera e accomodandosi sul sedile del passeggero.

 

“Smettila di dire yo! E comunque… come…come…come ti sei vestito?”

 

“Perché? Cosa c’è che non va?” mi chiese, ritornando a parlare normalmente. “Questo è il mio look da rapper.”

 

Roteai gli occhi. “Va bene, mettiamola in un altro modo. Io non ti porto a scuola conciato… così.”

 

Si tolse gli occhiali da sole, con fare da saputello. “Ascolta Avril, questo è un metodo che seguiamo al corso di teatro. In questo modo, entri nel personaggio.”

 

Approfittai della sua distrazione per togliergli tutte quelle stupide catene che si ritrovava al collo. “Lo so, ma… non ti sembra di esagerare?”

 

Sospirò pesantemente. “Va bene, va bene, la prossima volta vado a piedi.”

 

“Bravo, vedo che inizi a capire.” conclusi il discorso, accendendo il motore e partendo verso l’università.

 

Il viaggio durò sì e no cinque minuti, l’università era vicina.

Appena attraversammo il grosso cancello per entrare nel parcheggio, sentimmo il grosso altoparlante dare le ultime notizie sull’università.

 

“Buongiorno a tutti gli studenti, insegnanti, addetti alle pulizie e, nel caso che ce ne siano, robot dell’UCLA. In tempo di siccità, un consiglio per risparmiare l’acqua. Fate docce brevi, ma l’importante è che ci siano. La palma d’oro va al professor Smith, di economia, che non si lava da ben due settimane, ormai. Bleah, ho come l’impressione che ci sarà un brusco calo delle affluenze nella classe del signor Smith, dopo questa notizia. D’altronde, se non economizza lui…

Bene, studenti e robot, vi do appuntamento a ora di pranzo, quando i nostri cervelli saranno scollegati e i nostri stomaci riempiti. A dopo.”

 

Feci un leggero sorriso, pensando alla condizione in cui si doveva ritrovare il professor Smith dopo questa informazione, ma fui prontamente risvegliata da Gabriel. “Avril, c’è un posto lì.”

 

Feci per accelerare, ma una Porsche ci tagliò la strada.

“Ehi, perdenti, chi dorme non piglia pesci. Ah-ah-ah.” dissero le tre ragazze perfettamente in coro.

 

Dio, quanto odiavo le ragazze che si comportavano così!

Chi erano queste tre Barbie?

Facile, molto facile.

 

“Oh, ecco Nicole Fear e le sue damigelle di corte!” esclamò sarcastico Gabriel, roteando gli occhi. “Sono sicuro che Nicole voglia portarmi a letto.”

 

Cosa?! “Ma non avete neanche mai parlato!”

 

“Oh, sì che abbiamo parlato. Nella mia testa. E ti assicuro che, nella mia testa, lei vuole portarmi a letto.”

 

“Gabriel, puoi cercartene una molto meglio di Nicole Fear, anche nella fantasia. È così… stupida.” dissi, indicandola con la mano.

 

“Sì, sì…oh, lì, a sinistra, c’è un posto libero.”

 

“Bene, questo non me lo frega nessuno.” esclamai, convinta.

 

Misi la retromarcia, ma proprio quando stavo per fare la manovra, arrivò una Jeep nera che, per l’appunto, mi fregò il posto.

 

“Ma che cazzo!” mi stizzii.

 

Dalla Jeep uscirono due ragazzi, che si stavano sganasciando dalle risate per avermi rubato il parcheggio.

Purtroppo per me, riconobbi anche il terzo ragazzo, che era alla guida. Eccolo, il ragazzo biondo e perfetto che scendeva dall’auto neanche fosse un angelo appena caduto sulla Terra, quando in realtà non era nient’altro che uno schifoso millepiedi strisciante nel fango.

 

“Pff, Taubenfeld…” mormorai.

 

***

 

Ok, scusatemi per il ritardo con cui sto aggiornando.

I compiti (sia in classe, sia a casa) mi stanno sommergendo.

In realtà, per come stava andando la serata, non avrei neanche dovuto aggiornare oggi, ma, per fortuna, sono riuscita a farlo.

So, so, so, che ne dite del verme strisciante?

Eheheheh.

Questo sarà solo l’inizio.

Good, ho finito.

*evaporizzazione in corso*

Cruel Heart.

 

   
 
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