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Autore: NanaLattina    24/11/2013    1 recensioni
Raphael non è bravo con le parole. E' con i pugni che esprime meglio se stesso.
Finchè qualcosa va storto.
Michelangelo resta ferito, si aggrava, si ammala. Il piccolo di casa Hamato, straziato dalla febbre, vede suo fratello maggiore inforcare la moto e andare via.
Al di la di New York si estende un insidioso, quanto misterioso, deserto dalla fine sabbia rossa. E' qui che Raph farà gli incontri più strani, alla ricerca di una cura per il suo fratellino.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: Cross-over, De-Aging, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
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Aveva solo voglia di esplodere.

Nel suo classico modo di “fare le cose come Raffaello”, lui voleva esplodere.

Non finire sotto tre chilometri terra.

Non lasciarsi cancellare dalle ombre o lasciarsi ingurgitare da una folla di persone.

Voleva esplodere. Non deprimersi.

Se piangeva, era per raffreddare la pelle calda di rabbia. Non perché volesse essere consolato. Se singhiozzava, era per reprimere la forza che gli montava dentro. Chissà poi perché lo faceva.

Di solito, non si tratteneva così a lungo. Esplodeva. Lasciava la sua energia defluire via. E poi stava meglio.

“Si” pensò, “è di questo che ho bisogno.”

Fermò la moto e la lasciò scivolare a terra, sul ciglio sabbioso della strada.

Come ci era arrivato, non riusciva a ricordarselo. Aveva solo guidato, spinto la moto oltre ogni limite di velocità, per brevi tratti aveva sentito dietro di se le sirene della polizia, ma aveva continuato ad accelerare e accelerare.

Attraverso la sabbia rossa.

Si tolse con forza il casco, lo buttò a terra.

Tremava. Se ne accorse solo dopo aver tirato la testa fuori da quella boccia per pesci. Tremava.

Tremava di rabbia, di gelosia, un gelo che lo uccideva dentro, fuoco che lo consumava, tempesta che lo frustava. Era rabbia, e impotenza, quella che provava.

Era sicuro di aver fatto le cose per bene, questa volta. Di poter fare le cose come Leonardo.

E invece aveva incasinato tutto, di nuovo.

Ecco perché fuggiva. Per non distruggere le cose che gli erano più care. Per distruggere tutto il resto. Come quel deserto rosso sangue che non aspettava altri che lui per essere distrutto.

###

Io sono il migliore in quello che faccio. Ma non sempre quello che faccio è piacevole.

Questo almeno se lo ricordava.

Tutto il resto continuava a sfuggirgli di mente, ed era frustrante scoprire di poter richiamare alla memoria solo frammenti confusi.

Una guerra sanguinosa dietro l’altra. Bombe, cannoni, fucili, si rincorrevano nella memoria. Non ne era sicuro, ma una volta era stato eseguito assieme ad un uomo.

Ma se era stato ucciso da un plotone di esecuzione, perché era ancora lì?

Spinse la moto sulla strada, sperando di trovare presto una pompa di benzina. Certo, speranza un po’ campata in aria, in un deserto.

“Ma non si sa mai”

Poi c’era suo fratello. Era sicuro di aver avuto un fratello, una volta, in un’altra vita forse. Sembrava tutto così datato, I mobili, I vestiti, il dialetto, come se fosse stato piccolo solo molto tempo prima.

Suo fratello lo rimproverava di essere sempre malato, lui rispondeva che alla sua età anche lui era spesso a letto.

Fece schioccare le ossa del collo taurino. Era davvero tutto così esasperato, così strano, nella sua testa, che a stento ne riusciva a venirne a capo.

Sicuro, non era stato un santo. Ma quel Gambit aveva continuato ad insistere che fosse stato una buona persona. Non la smetteva più di parlare, quel tipo.

Logan portò avanti la moto come se fosse leggera, come se fosse un origami di carta sottile.

Andò avanti. Finché non vide la moto di Raffaello sdraiata a terra, e la tartaruga oltre il guard rail.

“Qualcuno ha avuto una brutta giornata” disse.

Una seconda tartaruga lo affiancò.

“Lui si chiama Raffaello. Ed ora è molto arrabbiato”

“Perché dovrebbe interessarmi?” fece apatico Logan.

“Perché…” continuò Michelangelo “perché mio fratello ha bisogno subito di un eroe che lo salvi da se stesso.
Subito. Fallo per me.”

Logan portò di nuovo lo sguardo sulla tartaruga che, come un dannato, colpiva la sabbia.

Sorrise.

“Sono il migliore in quello che faccio. Ma non sempre quello che faccio è piacevole”

###

Aveva colpito la sabbia forte, più forte, sempre più forte.

Fino a sbucciarsi le nocche.

Allora aveva colpito ancora più forte, mentre la rabbia era cresciuta, il sangue si era mescolato alla sabbia.

Forse aveva pianto. Ma non ne era sicuro. D’altro canto non era sicuro di dove fosse. Non era sicuro neppure del tempo che fosse passato.

Perché doveva essere sempre così? Perché doveva essere lui quello incapace?

Quando la rabbia sembrava affievolirsi, un nuovo groppo gli si formava in gola.

Leonardo… Leonardo invece era perfetto.

Quella situazione lo animava di una inesauribile energia nervosa, che però lo stava distruggendo.

Lui era il capo. Lui il salvatore di New York. Lui era la minaccia per il cattivo di turno. Leonardo, non Raphael.

Aveva colpito ancora più forte la sabbia, e ne era rimasto intrappolato.

Non riusciva a fare le cose come Leonardo. Non riusciva ad eguagliarlo neppure lontanamente, per quanto ci provasse. Per quanto si dannasse l’anima.

Cercò di dimenarsi, senza risultati. Alla fine, sbatté frustrato la testa nella sabbia.

“Qualcuno ha avuto una brutta giornata”

Raffaello si era girato di scatto, irato. La sabbia si era attaccata sulle guance, dove prima erano scorse lacrime. Non potevano interromperlo così, chiunque fosse.

“Che vuoi?” ringhiò.

Il grosso pugno dell’altro lo colpì in faccia.

La vista di Raffaello si sdoppiò. Il suo corpo era stato spinto nella sabbia. Si alzò immediatamente, pulendosi il muso.

Te spiezzo!

Avanzò e fronteggiò l’altro, caricando il braccio; strinse le dita e sferrò un pugno a sua volta.

Logan intercettò il braccio, tirandolo a se, e sferrò una forte ginocchiata allo stomaco dell’altro.

Raffaello represse a stento un grido di dolore.

“Ti piace? È Adamantio.”

Cadde carponi a terra. Afferrò il suo Sai, lo lanciò in alto, distraendo l’uomo; Sferrò un pungo dal basso, colpendo poco più in basso del plesso solare di Logan.

“Che fai” strascicò Logan sputando disgustato “cos’era quella carezza?”

La rabbia all’improvviso era mondata nell’animo di Raphael, come un uragano pronto a distruggere. Era distratto, colpiva male, senza forza, traballando sulle gambe, già esausto.

“Ca-carezza!” non poteva crederci. Eppure, avrebbe giurato di aver colpito con tutte le sue forze… invece no.

Ne era seguito un pugno. Un calcio, un altro pugno. - Non so di quale dei due.

Però ho sentito uno scricchiolio di frattura.- Lo scontro si era fatto più animato.

Era un succedersi di ganci e pugni, dati e ricambiati dall’uno e dall’altro.

In uno scontro così frenetico, Raphael sentiva la rabbia scivolargli via, e orma si era rassegnato a battersi in apnea, senza respirare, mentre il cuore minacciava di esplodere ad ogni balzo scatto o colpo.

Fino a che Raffaello aveva riconquistato la sua arma gemella, e le aveva affiancate di fronte al petto giallo.
Per un attimo, la battaglia era cessata. Raphael sembrava sul punto di perdere I sensi.

“Stai guarendo” disse, fra un sospiro e l’altro, la tartaruga.

“Prendi fiato, ragazzo. Non ho ancora finito con te.”

“E cosa avresti contro di me?”

Stava prendendo tempo. Si era improvvisamente accorto di avere un braccio spezzato.

Cosa avrebbe fatto Splinter? Cosa avrebbe fatto … suo fratello? No; Cosa avrebbe fatto Raphael?

“Sono venuto per darti una lezione” disse, calmo.

 SNIKT! – questo suono era venuto dall’uomo -

Tre lucenti lame, ora, uscivano tra le nocche della mano destra; tre affilati artigli bucavano la pelle tra le nocche della mano sinistra. Ora Raphael poteva riconoscere in quell’uomo Wolverine, l’eroe dei fumetti di suo fratello.

Raffaello strinse le dita sull’impugnatura dei Sai. Il braccio sinistro si lamentò, ma lui non vi diede importanza. Non poteva perdere contro un personaggio dei fumetti. E prima che potesse accorgersene, Logan era a pochi centimetri da lui.

Cosa avrebbe fatto Raphael?

Strinse I denti.

“Non oggi. Non morirò oggi”

Incrociò gli artigli di Wolverine tra il Monouchi e lo Yoku dei Sai, - il rostro centrale e una delle sue proiezioni – e con un rapido movimento del polso, girò entrambe le armi facendo puntare a terra il Saki – la punta – per intrappolare gli artigli.
Spinse in basso le armi, colpendo con una spazzata la guancia dell’altro.

Ora che aveva ritrovato la sua concentrazione, quel ‘ghiottone’ non lo avrebbe certo fermato.

Colpire più forte. Senza arrendersi. Senza pietà. Per vincere il duello. E tornare dalla sua famiglia.

E chiedere perdono. Ecco cosa avrebbe fatto Raphael.

"Hai un modo idiota di chiedere scusa, Raphie”

Aveva smesso di piangere.
Ora che vedeva suo fratello impegnarsi per vincere, tornare a pensare di “fare le cose come Raffaello”, poteva essere più tranquillo.
Presto sarebbe tornato a casa. A fingere di odiare Leonardo, ad impegnarsi per proteggere New York, a cercare l’affetto di suo padre.
A litigare con lui.

“Vinci” disse Michelangelo.

E cambiò sogno.

  
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