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Autore: ELLEcrz    26/11/2013    8 recensioni
Klaroline is THE way!
Gli occhi di Caroline non guardano più Klaus allo stesso modo, questo la spaventa, la confonde, la cambia. La cambia ma non la rende diversa da Klaus.
“Noi siamo uguali, Caroline” [Cit. Klaus]
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Roma è stata favolosa. Non potrò mai dimenticare questa città, le emozioni che mi ha regalato, le cose che mi ha fatto scoprire, il modo in cui mi ha fatta sentire, ed ovviamente non mi riferisco solo a palazzi e monumenti, mi riferisco a Klaus, a me, a noi.

NOI.

Non sono ancora in grado di definire questo noi, non dopo quella notte, quelle a seguire, e non credo che sarò in grado di farlo. Siamo noi, quel modo strano di essere noi che non è cambiato perché ora lo conosco di più, perché mi fido di lui o perché sono stata sua. Non dimentico, non mi illudo, ma sono felice, di questo presente e di quello che è successo, non me ne pento e vado avanti. Voglio continuare a conoscerlo perché la sfida non l'ho ancora vinta e non credo che l'eternità possa bastarmi per conoscere quest'enigmatico, complicato, impossibile, uomo la cui mano è stretta alla mia in questa affollata via parigina.
Non mi pento di nulla si ma non posso affermare che non sono preoccupata, il futuro resta un incognita, ora più che mai. Oggi più che mai.
Oggi è l'ultimo giorno di questo viaggio assurdo e fin'ora perfetto. Domani dovremmo uscire da questa teca di cristallo che ci siamo costruiti, in cui mi sono rifugiata lasciandomi tutto alle spalle, non pensando a nulla se non a quello che stavo vivendo. Domani il viaggio termina e chissà. Una parte di me spera di addormentarsi in volo e di risvegliarsi a Tokyo, in fondo faceva parte della lista, di quella promessa. Sembra però che non andrà così, stando a Klaus.
Deve tornare a New Orleans, a quanto pare quegli affari che lo legavano a quella città non sono stati ancora risolti, più di una volta l'ho sentito discutere al telefono, con Elijah credo, ma non posso esserne certa, sulla data del suo ritorno. Di certo Klaus non sta ad ascoltare suo fratello, come non ha mai fatto, come non fa mai con nessuno, pensa da se, agisce come crede, questo non potremmo mai cambiarlo.
«Quanto manca?» chiedo impaziente. È una vita che camminiamo, non che sia stanca, visto che sono un vampiro, non che mi dispiaccia, dato che mi sento bene, con me, con lui, ma sono curiosa, per natura ansiosa e IMPAZIENTE.
«Cerca di resistere.» mi risponde probabilmente per la terza volta.
«Se mi dicessi dove siamo diretti forse ci riuscirei» gli sorrido nella speranza di saperlo.
Si volta in mia direzione «non ho mai conosciuto qualcuno più insistente di te Caroline Forbes, e dire che di persone ne ho conosciute.»
Lo guardo aspettando ancora che mi dica dove stiamo andando.
«Arrenditi» distoglie lo sguardo «non te lo dirò.»
Sbuffo scherzando, sapevo sarebbe finita così ma dovevo comunque provarci, di nuovo.
«Crudele»
«Sempre stato» sorride.
Scuoto la testa sorridendo a mia volta.
«Arriveremo tardi» constata.
«Sei tu che hai insistito per andare a fare shopping, io te l'avrei risparmiato.»
Improvvisamente svoltiamo a destra, in una via stretta, angusta e deserta a differenza di quella che stavamo percorrendo.
«È una scorciatoia» mi avvisa prima che io possa formulare la domanda.
«Secondo me ti sei perso.»
«Pensi davvero che possa perdermi?» mi guarda sorpreso.
«Dimenticavo» alzo gli occhi al cielo «hai preso lezioni da Magellano.»
Annuisce compiaciuto. «Ma Magellano non mi ha di certo insegnato a girare per Parigi, ho imparato da me in questi secoli che l'ho vista crescere.»
Quando ripenso a quanto ha vissuto mi rabbuio, come posso conoscere qualcuno che ha vissuto cento vite? come posso interessargli io che non ne ho vissuta nemmeno una?
Perché io? Quanto vorrei conoscere la risposta a questa domanda.
Chino il capo con lo sguardo perso, lui se ne accorge ma non dice nulla, è stranamente silenzioso da questo pomeriggio e non so il perché. Forse è sollevato che questo nostro viaggio stia ormai per finire, che questo mese passato insieme gli ha fatto capire che non sono poi così interessante come credeva, che ormai potrà trovarsi un altro passatempo, un mio rimpiazzo da corteggiare ed avere.
Mi irrigidisco e questa volta non può far finta di nulla perché la mia mano si separa dalla sua cadendomi lungo il fianco.
«Che succede?» il tono della sua voce è vacuo, anche lui si ferma come me poco prima.
Devo chiederglielo, devo saperlo, prima che tutto questo finisca, prima che la vita vera torni a travolgermi me lo deve dire. I miei respiri accelerano, sento il cuore in gola, gli occhi umidi.
Alzo gli occhi nei suoi e cedo, non riesco a chiederglielo, la risposta potrebbe stravolgermi più di tutte quelle che ho ottenuto finora.
«Hai appena detto che arriveremo tardi e ti fermi?» gli chiedo sperando che non noti la strana intonazione della mia voce, o dei miei occhi probabilmente lucidi.
Mi osserva per qualche secondo senza dire nulla. Sorrido cercando di reggere meglio e sembro riuscirci, mi offre il braccio che afferro immediatamente.
«Andiamo allora.»

 

Il tramonto sta ormai lasciando spazio alla notte, ed iniziano a distinguersi le luci artificiali che illuminano la città. Stiamo per raggiungere la fine di questo lurido cunicolo quando lui si fermai di nuovo.
«Che succede?» sono sorpresa.
«Siamo arrivati.»
Mi guardo intorno confusa. «Arrivati dove?» È buio, sudicio ed umido questo posto.
Apre una porta arrugginita alle sue spalle provocando un fastidioso rumore acuto.
Che diavolo ha in mente? Non possiamo entrare in un edificio così a caso. La mia espressione deve riflettere perfettamente la mia confusione.
«Vieni.» Sono titubante. «Non mordo» mi porge la mano come a quel ballo, e come a quel ballo io la afferro.
Cosa possono fare, arrestarci? Sorrido, sarebbe esilarante.
Dentro è ancora più buio di fuori, seguo i suoi passi attenta a non inciampare su nulla. Studio per quanto mi sia possibile il posto in cui ci troviamo mentre saliamo queste scale in legno, che sento scricchiolare sotto i nostri piedi, sembrano antiche, tutto è ricoperto uno strato di polvere che sento graffiarmi la gola, nessuno deve essere entrato qui dentro da molto tempo... Sorrido al buio. Da molto tempo o dall'ultima volta in cui ci è entrato lui.
Giungiamo in cima alle scale dove troviamo un'altra porta, arrugginita come quella d'entrata.
«Chiudi gli occhi.» mi guarda ed io obbedisco.
Sento lo stesso rumore acuto di prima, lui mi stringe la mano e lo stesso faccio anch'io mentre mi fa avanzare lentamente.
Una leggera brezza calda mi accarezza il viso e sento in sottofondo il RUMORE cittadino.
Poggia le nostre mani su un muretto sui cui porto anche la mano libera.
«Ora puoi aprirli»
Inspiro. Espiro. Apro gli occhi.
Parigi, più magica, bella e perfetta che qualsiasi foto posso aver mai catturato. Ho l'intera città davanti a me, l'orizzonte è ancora avvolto nei colori caldi del tramonto che sfumano dolcemente in quelli freddi della notte stellata sopra di noi, le luci delle case, dei lampioni, delle auto avvolgono la città. Il respiro mi manca, un brivido dato dall'emozione attraversa il mio corpo, la mia bocca è socchiusa ed i miei occhi indubbiamente lucidi. È bellissimo.
Non so quanto rimango catturata da questo panorama prima di guardare lui che anziché ammirare Parigi osserva me. È soddisfatto dalla mia reazione, il suo sorriso è caldo e coinvolge l' intero viso.
Non so cosa dire, non credo ci siano parole adatte da dire, non c'è nulla da dire. Mi avvicino a lui alzandomi leggermente per raggiungere le sue labbra. Le sue mani salgono sui miei fianchi e dolcemente avvicina il mio corpo al suo.
«Grazie» sussurro mentre lui appoggia la sua fronte sulla mia. «È meraviglioso»
«Ho fatto bene a non dirtelo.»
Mi mordo un labbro. «Assolutamente si.»

 

 

 

 

«Vivevi qui?» gli domando mentre vago su quel tetto panoramico, lui è appoggiato contro il muretto a braccia conserte, mente risponde alle mie domande, o meglio, mentre lo interrogo.
«Mi sembra inutile dover spiegare il perché» sorride beffardo.
«Quando?»
«XVI secolo, ma non per molto.»
«Perché?» Torno ad avvicinarmi al muretto accanto a lui.
«Non è stato un secolo facile per me, per Elijah, Rebekah, Kol. Avevo appena perso le speranze di spezzare la maledizione e non ero molto... civile all'epoca. Tornavo a Parigi di tanto in tanto, l'arte e la sua grandezza mi attiravano ma questo posto non sono mai riuscito ad apprezzarlo, sono sempre stato offuscato dal ricordo e l'ho legato a sofferenza, rammarico e rabbia.»
Continuo a sorprendermi di quanto parli ormai apertamente del suo passato, come fosse semplice ormai per lui.
«Allora perché mi ci hai portata?»
Rimane interdetto socchiudendo la bocca. «Probabilmente perché volevo sostituire quel ricordo con uno migliore.»
Sorrido abbassando lo sguardo per qualche secondo.
Dopo questa risposta pensa di aver finito con le domande.
Torno ad ammirare il panorama e questa volta mi soffermo sulla
torre Eiffel, meravigliosa anche a questa distanza. Segue il mio sguardo intuendo su cosa si fosse posato.
«Vuoi andarci?»

Mi volto ed asserisco con il capo. Con un colpo di reni si allontana dal muretto, di nuovo dritto in piedi e con un cenno della testa indica la porta. «Andiamo allora.»
Sorrido elettrizzata ed afferro la sua mano anche se non me l'aveva offerta.

 

 

 

 

Sono sotto la torre Eiffel a bocca spalancata per la meraviglia con occhi sgranati che la osservano sognanti.
«Possiamo salirci?» gli chiedo senza distogliere lo sguardo.
«È chiuso al pubblico ora.» mi avvisa.
Mi cadono le spalle e mi volto a guardalo, incredula. E da quando questo è un problema per lui?
«E quindi?»
«Devo avere un brutta influenza su di te, Caroline» sorride fin troppo divertito.
«Pessima.» confermo saccente.
«Mmh mmh» mugola avvicinandosi.
Si china su di me baciandomi, facendomi perdere l'equilibrio come sotto al Colosseo, fortunatamente le sua mani sulla mia schiena mi sorreggono. Quel contatto mi sorprende ancora, come sotto al Colosseo, ma c'è molto più naturalezza che mi sorprende maggiormente. Socchiudo gli occhi mentre poggio le mani delicatamente sul suo viso.
Sono felice, lo sono davvero, e sono di gioia le lacrime che ora mi bagnano gli occhi.
La terra mi manca da sotto ai piedi e non spolo metaforicamente. Spalanco gli occhi, sconvolta, ed incontro i suoi, che sono subito in grado di rassicurarmi.
Mi volto alla mia sinistra e ci siamo, siamo sulla
torre, un altro panorama incredibile ci avvolge e non sono più in grado di trattenere quelle lacrime che costringevo a tornare indietro da troppo. Mi rigano le guance, calde e lente. Con le mani le asciugo velocemente ma sono seguite da altre, ed altre ancora. Non riesco a smettere.
«Caroline?» mi chiama preoccupato.

Scuoto la testa, non riuscirei a comporre una frase tanto meno a pronunciarla con il groppo bloccato in gola.
«Perché piangi?» il tono della sua voce è dolce ma non riesce a nascondere perfettamente la delusione e la confusione.
Mi inumidisco le labbra e cerco di respirare regolarmente, scoppio a ridere e sono sicura stia credendo di avere a che fare con una pazza.
«Non lo so» rido ma nuove lacrime seguono la scia lasciata dalle prime.
Lui mi osserva aspettando che continui.
«Sono felice Klaus» annuisco con il capo per dare maggior peso e verità a quelle parole. «lo sono davvero.»
Mi alza il mento in modo da potermi guardare negli occhi «Allora smettila di piangere» è quasi supplichevole.
Inspiro ed espiro velocemente. Lo faccio di nuovo ed almeno i miei respiri si regolarizzano. Le lacrime sono di meno, ma ci sono ancora, allunga la mano e mi aiuta ad asciugarle.
«Ho risposto a tutte le tue domande, Caroline, perciò rispondi tu ad una delle mie ora e dimmi cos'hai.» I suoi occhi sono sui miei, è confuso e preoccupato.
«Sono felice..» abbasso lo sguardo «e questo mi spaventa perché..»
«Perché?» insiste.
'Perché?'
'Perché Caroline?'
«perché domani tutto questo finirà, questo viaggio, questo effimero sogno in cui e di cui per un mese mi sono beata.» non curante alzo la voce senza accorgermene «perché non so cosa dovrò affrontare domani, non lo so perché non ci ho voluto pensare. Perché sono spaventata, perché non so cosa significhi per te questo viaggio ed ho paura a conoscere la risposta se te lo domandassi. Perché non so nemmeno io cosa questo viaggio ha significato per me.» inspiro e quelle lacrime che ero riuscita a controllare riappaiono. «Perché ho paura, ho paura di quello che potrei volere e non poter avere» lo guardo . C'è una domanda, quella che più mi opprime, quella che l'ha sempre fatto quando si trattava di lui «Perché me?»
Non riesco a capacitarmi di tutto quello che ho appena detto, non sono nemmeno certa di averlo detto sul serio o averlo solamente urlato nella mia testa come sempre.
Studio il suo sguardo mentre torno a calmarmi a respirare e smettere di piangere. Non sono una che piange, odio piangere, me ne ricordo e mi costringo a smetterla. È buio in viso, non sta sorridendo, le sue sopracciglia contratte trasformano il suo sguardo, il suo corpo rigido, le sue braccia incrociate.
'È arrabbiato? Deluso? Perché stai zitto? Parla!'
«Domandamelo» mi ordina duro.
Lo guardo ancora. È distante qualche passo dopo che mi sono allontanata durante la mia sfuriata.
«Domandamelo, Caroline» mi sollecita di nuovo.
«Perché me, Klaus?» sussurro, la voce mi esce più tranquilla ma è spezzata.
«Cosa aspetti di sentirti dire?» la sua voce è fredda e distaccata «Che sei stata una sfida per me? Che rappresentavi un premio? Che visto che eri di Tyler, volevo strapparti da lui per ferirlo, deriderlo e denigrarlo per l'ennesima volta? Che ora che ti ho avuta mi sono tolto lo sfizio?» fa una breve pausa «e questo che ti aspetti che dica?»
Ora dovrei piangere, ora potrei farlo, ora vorrei farlo davvero. Ma no, mi irrigidisco, il mio viso è inespressivo come le mie emozioni, nulle.
Lo guardo con rabbia, con timore, lo guardo come lo guardavo una volta e lui sembra restituire lo sguardo.
Non era questo che mi aspettavo dicesse, era quello che temevo perché era la risposta più probabile che ero in grado di darmi.
Muove un passo avanti in mia direzione ed io automaticamente ne compio uno indietro, allontanandomi.
«Perché secondo te sono un mostro giusto?» non riesce a mantenere il tono glaciale di poco prima.
Sta aspettando che io reagisca, ma non lo faccio, sono ferma immobile e lo fisso con rabbia. Sorride scuotendo la testa il che mi lascia allibita.
«Se lo pensassi ancora credi che sarei qui?» rimango sorpresa quanto lui nel sentire le mie parole. Il suo viso si rilassa ma per poco «Penso che tu sia spietato, crudele e meschino..» corruga la fronte «non ci sono limiti per te per ottenere quello che vuoi, sacrificheresti ogni cosa, ogni persona. Penso che tu lo faccia perché sei in grado di fidarti solo di te stesso, perché sei stato ferito troppe volte e non sei più in grado di perdonare né in grado di rimarginare quelle ferite che sono sempre davanti ai tuoi occhi per ricordarti gli errori che hai commesso. Penso che tu abbia paura... e che nasconderti dietro ad un mostro te ne fa provare meno, per un po'.» la mia voce è fluida e sincera.
La sua espressione è vacua, probabilmente sta assimilando il fiume di parole di cui inaspettatamente mi sono trovata a rivolgergli. Continuiamo a fissarci negli occhi, studiandoci e sfidandoci. Per una frazione di secondo ripenso a ciò che ho detto e sì, anche se spontanee quelle parole rispecchiano ciò che penso.
Sospira «Di te mi fido Caroline, te non ti sacrificherei mai..» il suo tono e calmo e dolce «ecco perché te.»
Sgrano gli occhi e socchiudo la bocca, colpita in pieno. Vorrei dire qualcosa ma non ci riesco, e cosa mai potrei dire?
Muove qualche passo e questa volta non mi allontano. Alza la mano sfiorandomi con leggerezza la guancia, socchiudo gli occhi al contatto.
«Sono innamorato di te Caroline» sgrano nuovamente gli occhi incontrando i suoi, calmi e caldi, come la sua voce. Arrossisco.
'Sono innamorato di te Caroline' gli sento nuovamente ripetere nella mia testa.
«Ma questo probabilmente già lo sapevi, come tutto del resto.» sorride.
«No.» mi schiarisco la gola, all'improvviso secca. «Potevo pensarlo ma non potevo realmente crederci.»
«E ora mi credi?» i nostri sguardi sono indissolubilmente legati.
«Ora ti credo.» sussurro arrossendo di nuovo.
Si china su di me e le nostre labbra si rincontrano, cosa che temevo non sarebbe più accaduto sino ad un certo punto della nostra conversazione. Un bacio casto, a suggellare quel nostro rapporto che si è trovato in bilico, quel noi forse non più così strano.

 

 

 

Siamo tornati nel nostro lussuoso hotel parigino, scelto e pagato dal mio accompagnatore, sarei curiosa di sapere quanto e se ha mai pagato qualcosa in questo mese.
«Domani.»
«Domani.» ripeto. «Che accadrà domani?» domando insicura.
«Solo quello che tu vuoi che accada.» risponde di rimando, sorridendo enigmatico e lasciando a me ogni decisione, come ogni responsabilità.
Sono imbarazzata nell'esprimere quello che realmente vorrei che accadesse perciò esito nel rispondere.
«Cosa vuoi, Caroline?» mi stuzzica mentre sono ancora stretta tra le sue braccia in quell'enorme letto, cosa che mi rende meno razionale e lucida.
Di certo non posso dirglielo chiaro e tondo, quindi meglio girarci intorno e farcelo arrivare da solo.
«Non vorrei che questo viaggio finisse.» e con viaggio non mi sto riferendo solo all'Europa.
«Non deve per forza finire» sembra stare al gioco.
«Sarà impegnativo..»
«... e vantaggioso.» sussurra sfiorandomi il collo, la clavicola, risalendo sulla spalla, il braccio fino a stringere la sua mano sopra la mia. Sono percorsa da un brivido che per un attimo mi distrae dalla conversazione, la cosa sembra appagarlo.
«Difficile da continuare..» proseguo.
«..non deve esserlo per forza.» enfatizzando l'ultima parola mi afferra i polsi portandomeli sopra la testa, salendo sopra di me.
Non riesco a trattenere un sorriso complice del suo.
«Sarà... invadente..» continuo mordendomi il labbro guardandogli le labbra.
«... ma piacevole.» si china a baciarmi, mordendomi il labbro che poco prima era imprigionato tra i miei denti.
«Verrai con me a New Orleans?» mi sussurra, nella sua voce e nei suoi occhi c'è speranza ed aspettative, aspettative che non posso e non voglio tradire.
«Sì» esclamo senza trattenere un sorriso soddisfatto.
Lui sorride di rimando tornando a baciarmi, con molta più passione rispetto a prima. Le nostre mani si stringono, ancora sopra la mia testa, mentre il desiderio aumenta.

 

Spazio autore:  
Non ci sono più scuse, sono un eterna ritardataria e come è giusto che sia ogni volta che scrivo qualcosa penso faccia schifo, ma io ve le faccio lo stesso.
Capitolo breve ma pieno di cosette, adoro inventarmi cose sul passato degli Originals. Mi sembrava giusto spiegare il perchè Klaus abbia questo particolare interesse per Caroline che nessuno si spiega, mi sembrava giusto che lei lo sapesse prima di raggiungere (OVVIAMENTE) con lui NOLA come una coppia ormai.
SPOILER: Nel prossimo capitolo Caroline verrà finalmente a sapere di Hayley ed il bambino! Stay tuned ;)
Spero che il capiolo vi sia piaciuto, ringrazio le bellissime recensioni, anche se ad alcune non ho risposto le ho comunque lette tutte ed ovviamente risponderò a tutti (quando EFP non farà storie).

Grazie quindi a: 
Francy_KC
pillyA
Jolly J
i_love_tvd
AliMorganDevota
Mery1992
Elyxa85

 

Grazie soprattutto a chi continua a seguire questa storia di questa scostante imbranata ''scrittirce''.
Un beso,
ELLEcrz.

 

 

 

 

  
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