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Autore: Lily97    26/11/2013    10 recensioni
Annie Cresta è una ragazza del Distretto 4, lo stesso dal quale proviene il bel Finnick Odair, il giovane affascinante mentore che, nei 65esimi Hunger Games, vinse all'età di 14 anni.
Lei lo ritiene un ragazzo superficiale, attaccato più alla fama e alla sua bellezza che alla vita, eppure quella è l'unica facciata che Odair lascia trasparire.
Capitol City non è un luogo che realmente assicura un totale cambio di vita ai vincitori; gli abitanti dei Distretti rimarranno sempre tali e la Capitale non mancherà mai di ricordarlo.
"Prima le signore.. Annie Cresta"
Il mondo si fermò per la ragazza. Sentiva il suo nome rimbombare nelle sue orecchie e nella bocca di tutti. Si voltò, incrociando lo guardo terrorizzato di sua sorella.
Non poteva scoppiare a piangere, non davanti a lei.
Quante possibilità aveva di vincere contro altre ventitré persone, molte delle quali letteralmente superiori a lei?
Zero.
Chi avrebbe potuto aiutarla?
Solo un nome.
Finnick Odair.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1
-L'inizio-


Settant'anni prima, tra Capitol City -la capitale di Panem- ed i tredici distretti che la circondavano, era scoppiata una guerra sanguinosa, perché i territori volevano rivendicare la loro indipendenza dalla città che li sfruttava ed in cambio non dava loro nulla.
Nonostante fossero in maggioranza, non disponevano delle armi di Capitol City: dopo lunga resistenza, caddero in mano del grande nemico.
Da quel giorno, la capitale impose gli Hunger Games, i cosiddetti“giochi della fame”: ogni anno, i Distretti avrebbe dovuto inviare alla capitale un ragazzo e una ragazza scelti per sorte, di età dai 12 ai 18 anni, che si sarebbero affrontati in una sfida all'ultimo sangue in un'arena interamente progettata dagli strateghi di Capitol City.
L'ultimo sopravvissuto sarebbe stato investito dell'onorificenza di Vincitore e sarebbe ritornato a casa dai famigliare per fare, l'anno successivo, da mentore ai due ragazzi che sarebbero stati sorteggiati.
Era un destino crudele ed ingiusto, ma i Distretti non potevano far altro che abbassare il capo ed obbedire ad una forza più grande di loro.

 
•••••••••••


Per tutto l'anno, da quando ne aveva compiuti 12, Annie Cresta cercava di non pensare alla Mietitura e di vivere come se fossero un distretto qualunque, indipendente e libero e non i succubi di Capitol City.
Eppure, qualche settimana prima della data, iniziava ad avere incubi frequenti, la fame passava, le sue mani venivano scosse da tremiti d'ansia e finiva per chiudersi in se stessa, in cerca di silenzio.
Al termine di quella settimana si sarebbe svolta la Mietitura e questo significava che avrebbe avuto a disposizione ancora qualche giorno per sé.
Uscì di casa quando ancora il cielo non era illuminato dal sole e si incamminò verso il molo.
Il Distretto 4 era noto a Panem per la pesca. Erano poche le persone che non amassero l'acqua e non padroneggiassero perfettamente l'arte del nuoto.
Annie adorava camminare a lungo sulla spiaggia, immergendo i piedi nella sabbia sempre calda e respirando la brezza salmastra.
Quella mattina i suoi pensieri erano rivolti ai suoi genitori, alle sue amiche e a sua sorella, Ocean.
Aveva sempre pensato che quel nome non le si addicesse, poiché era l'unica ragazza del Distretto ad avere gli occhi grigio scuro ed i capelli neri come l'ossidiana.
Non aveva nulla del mare, della sua gente. Anzi, somigliava molto più agli abitanti del Distretto 12.
Ovviamente né Annie, né Ocean li avevano mai visti, ma la madre della loro nonna ci aveva vissuto per molto tempo, sposando uno degli abitanti, prima che iniziasse la guerra.
Il “gene del carbone” non si era rivelato fino alla nascita della sorella minore.
Da quando la gente si era accorta della sua stranezza -ovvero quando aveva messo piede fuori casa- non si era fatto altro che parlare di lei. Venivano a vederla, a portare doni: era l'unico modo di entrare in contatto con un altro Distretto, rapporto che Capitol City aveva annientato con misure di sicurezza e repressione.
Quell'anno, la sorella aveva compiuto sedici anni ed era entrata da quattro nell'età per gli Hunger Games.
Anche se cercava di non darlo a vedere, Annie era davvero preoccupata: i giochi non lasciavano scampo e in pochi, nel loro distretto, avevano vinto. Ancora in vita solo due: Mags e Finnick Odair.
Non era troppo strano l'esiguo numero di Mentori: nonostante il loro Distretto non fosse malandato e sottosviluppato come il 12, i Tributi di certo non potevano essere paragonati a quelli dell'1, del 2 e del 3.
I Favoriti.
Annie trovava disgustosa la sete di sangue e di potere che assaliva i ragazzi, che arrivavano a darsi volontari dopo anni di allenamenti.
Mags era una donna sulla settantina, dai capelli argento e gli occhi tipici del Distretto 4: verdi, striati di blu. Era piccola, magra e ricurva su sé stessa, ma sotto uno strato di rughe e di pelle ormai in decadenza, si poteva intravedere la donna che, anni prima, era uscita vincitrice dall'Arena.
Si diceva fosse molto intelligente e saggia, ma ciò nonostante, usava comunicare poco o niente con i propri tributi e far fare a loro il grande sforzo di capire ciò che lei voleva. Perché era così che si parlava nell'Arena: non avevi nessuno che ti sussurrasse all'orecchio come agire o chi uccidere; eri da solo e potevi contare esclusivamente su te stesso.
Finnick Odair, invece, aveva vinto gli Hunger Games cinque anni prima, all'età di 14 anni. Un grande record per il Distretto.
Ormai non si poteva nascondere, anche perché tutti ne erano a conoscenza: il giovane aveva vinto soprattutto grazie alla sua innata bellezza, che lo aveva reso appetibile a tutti gli sponsor. Durante i giochi non gli erano mai mancati armi, cibo e vestiti e questo aveva significato un netto vantaggio rispetto agli altri.
Ma ciò che realmente lo aveva portato alla vittoria era stato un tridente dorato, maneggevole e comodo. Per un ragazzo che aveva vissuto tutta la vita pescando, quello aveva significato la svolta della competizione. Si era rivelato un abile combattente. Nessuno era riuscito a sopravvivere contro Finnick Odair. In pochi giorni aveva conquistato il titolo di vincitore ed era stato acclamato come una star a Capitol City.
Non era passato molto, che il giovane del Distretto 4 aveva iniziato a godere della fama, trasformandosi in un divo della capitale. Nuotava nei privilegi e gongolava della sua ricchezza. Questo era il motivo principale per cui Annie, in lui, non vedeva altro che un arrogante ragazzo plagiato da Capitol City.
Erano passati cinque anni dalla sua vittoria, aveva diciannove anni lei diciassette, ma ancora l'idea della ragazza era rimasta la stessa.

Guardava il cielo, che a poco a poco stava perdendo le sue ultime stelle, quando con un piede colpì un sassolino.
Si chinò a raccoglierlo e, in un moto di curiosità, si mise a studiarlo. Era bello: nero e lucido. Al centro, da un puntino bianco come la luna, partivano diramazioni sottilissime che si arrampicavano per tutta la faccia superiore.
Con un lieve sorriso, Annie lo girò e rimase colpita nel notare che le ramificazioni si facevano via via più fitte fino a ricoprirlo completamente.
Era così attenta a studiare il piccolo sasso, da non accorgersi che qualcuno le si era avvicinato da dietro. Solo quando un respiro caldo le carezzò il collo, sobbalzò e si voltò, con gli occhi spalancati.
Davanti a lei era arrivato Finnick Odair, le labbra arricciate nel suo tipico sorriso sghembo, colpevole di aver fatto cadere ai suoi piedi l'intera popolazione femminile di Capitol City.
“Odair!” esclamò lei.
“Ti ho spaventata?” domandò divertito. Era evidente che la stesse prendendo in giro, poiché non vi era dubbio che fosse scossa.
Annie lo guardò male e decise di non rispondere. Fece per girarsi e proseguire la sua camminata, ma una mano del ragazzo le avvolse il polso, costringendola a fermarsi.
“Non andartene, dai. Ti metto per caso in imbarazzo con..?” disse e fece un gesto eloquente verso il suo corpo.
Solo allora, Annie si accorse che Finnick non vestiva altro che una salvietta azzurra allacciata ingegnosamente all'altezza del pube.
Avvampò, imbarazzata e distolse lo sguardo, facendosi cadere davanti al viso una cascata di capelli ramati.
“Non.. io..” balbettò non sapendo bene dove guardare.
Finnick esibì un sorriso sornione, compiaciuto dell'effetto che stava avendo sulla giovane. Non che solitamente ottenesse risultati diversi, comunque.
“Suvvia, non c'è bisogno di arrossire per me, anche se la cosa mi lusinga, Annie”.
Come sapesse il suo nome, lei non se lo seppe spiegare. Da quanto si ricordava, non avevano mai parlato prima.
“Non sono arrossita per te!” sbottò, divincolandosi dalla stretta di Finnick con forza ed ostinandosi a fissare un punto impreciso all'orizzonte.
“Mi puoi guardare. Non sono mica nudo!” esclamò il giovane. Era chiaro che la situazione lo stesse divertendo un mondo.
“Anche se fossi vestito ed infilato da testa a piedi in un tonno non ti guarderei comunque” rispose la ragazza, finalmente riuscendo a liberare il polso dalla stretta.
Sospettò che lui le avesse permesso di riuscirci.
“Cedi al mio fascino, eh?”
Le parole di Finnick la riscossero: infine, i suoi occhi verdi si erano posati su di lui.
“Stavo calcolando quante probabilità avrei avuto a tirarti un pugno, farti male ed evitare di rompermi la mano” replicò fredda.
Finnick scoppiò a ridere. Le riprese il bracciò e l'attirò vicino a sé. “Mi piaci, Cresta” le sussurrò ad un soffio dalle labbra.
Annie divenne viola per l'imbarazzo e l'indignazione. Si allontanò di scatto, guardandolo male. “Non pensare di riuscirci anche con me, Odair. Non sono un'altra bambola di Capitol City” esclamò.
Vide l'espressione boriosa di Finnick incrinarsi e i suoi occhi verde mare venir attraversati da un'ombra scura.
Gli lanciò il sassolino, che fino a quel momento aveva tenuto in mano; lo colpì sulla guancia e lo ferì all'altezza dello zigomo.
Per un attimo, rimase scioccata dalla semplicità con cui l'aveva graffiato: Finnick era noto per i suoi infallibili riflessi e l'agilità felina. Eppure, lei era riuscita a tracciare un solco vermiglio sulla sua guancia con facilità disarmante.
Dopo avergli rifilato un'occhiata furente, si allontanò dal Vincitore e, a grandi passi, tornò verso casa.

 
   
 
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